Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 5/6 - giu./lug. 1990

l'interesse della Lega delle cooperative per tali temi non è solo quello di svolgere un ruolo di rilievo nella finanza dei lavoratori, ma anche quello di ve- {)!). Bl.\:\CO l.XII.HOSSO Ut•ihMA dere al proprio fianco nuovi soggetti economici, espressione dei lavoratori; quello, insomma, di vedere espandersi un continuum partecipativo-cooperativo che, investendo l'insieme del tessuto imprenditoriale, si ponga come fattore di diffusione di forme concrete di democrazia economica. Democrazia economica e • cooperazione D emocrazia non è un concetto il cui contenuto sia definibile una volta per tutte ed in tutti i campi, soprattutto se consideriamo l'ampiezza e la rapidità dei cambiamenti cui stiamo assistendo. La tutela dei diritti fondamentali delle persone - per non restare astratta - va agganciata alla crescita qualitativa dei loro bisogni e delle loro aspettative. Per questo va garantita ben oltre la sfera politica e l'utilizzo di strumenti tradizionali, come quelli giuridici, per l'incidenza crescente dell'economia nella vita qu.otidiana. Non a caso la Costituzione italiana, all'art. 3, II c., afferma che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». La giustizia sociale, l'eguaglianza, l'auto-determinazione ed altre manifestazioni fondamentali della libertà sono condizionate dal grado di distribuzione delle opportunità di attività economica e delle ricchezze prodotte che, a sua volta, chiama in causa la possibilità di decentrare e di orientare il governo e gli indirizzi dei processi di sviluppo economico. L'economia, per poter rispondere alle proprie finalità strumentali (creare, cioè, ricchezza e quindi sviluppo) ha dimostrato di non gradire al suo di Dario Mengozzi interno sia forme eccessive di garantismo rigido e generalizzato, sia interventi di governo e controllo ispirati esclusivamente alle "regole del gioco" del sistema partitico. D'altra parte, nessuno più crede alla "neutralità" dell'economia nei confronti del sistema politico, e anche solo della morale, dei valori e della cultura. Ed è evidente l'incapacità del mercato di regolare, da solo, un equilibrio stabile e giusto fra tutte le esigenze dei soggetti in esso presenti e tra i differenti interessi in gioco: capitale, lavoro, produzione, consumo, famiglie, imprese, qualità della vita, progresso, persone, etc. Sarebbe quindi assolutamente riduttivo ricondurre il progetto di costruzione della democrazia economica alla creazione di strumenti che consentano la massima diffusione della proprietà dei fattori produttivi secondo ipotesi di azionariato popolare. Assetti proprietari e meccanismi decisionali interni delle aziende differenti rispetto a quelli del capitalismo tradizionale o delle imprese pubbliche, ancorché necessarie, non sono certo sufficienti a caratterizzare e salvaguardare un sostanziale (e non solo formale) pluralismo imprenditoriale, già messo in difficoltà dai processi di concentrazione in atto spinti anche dalla crescente internazionalizzazione dei mercati. Occorre molto di più, e cioè che l'impegno per l'allargamento quantitativo e qualitativo dei soggetti protagonisti sulla scena dell'economia, = 37 consegnato alla scelta dell'autogestione sul piano della soddisfazione di esigenze e di aspirazioni di singoli e di gruppi (non certo di ordine materiale ... ), si traduca in una precisa diffusa volontà di: - autodeterminazione degli obiettivi di qualità della vita e del lavoro, una volta rispettati gli equilibri di una corretta gestione aziendale; - contributo all'allargamento degli spazi del mercato, inteso come luogo dove sono trasparenti i comportamenti, i rapporti tra produttori e consumatori e tra imprese e le regole di combinazione tra i differenti interessi in gioco; - ricerca e proposta di meccanismi in grado di assicurare una costante correlazione tra sviluppo economico ed equità sociale. Il conseguente obiettivo su cui coagulare il necessario consenso per dare stabilità a modelli innovativi di diffusione del benessere e di ordinamento della vita sociale potrà, allora, essere non solo l'affermazione della democrazia (economica) intesa come eguaglianza dei punti di partenza, ma anche il suo passaggio ad uno stadio più evoluto, quello fondato sull'uguaglianza delle opportunità di crescita. Certo, la strada è lunga. Serve un diverso quadro normativo (dalla disciplina dell'antitrust, a quello sul risparmio, dal rispetto dell'equità fiscale, al controllo sulla borsa, etc.), ma

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