prese. Oggi si discute di più, ci si confronta quotidianamente, laddove il sindacato è in grado di fare il suo mestiere, in quanto i moderni processi organizzativi e la natura degli investimenti impongono un clima di consenso e di collaborazione. L'autoritarismo può far funzionare la fabbrica «fordista», ma non è in grado di pretendere ed ottenere una prestazione intelligente, qualificata, e di promuovere metodi di lavoro fortemente ricchi di conoscenza e di professionalità. L'impresa tuttavia non può essere il solo ambito d'intervento. Occorre proporsi forme di partecipazione al governo più complessivo dell'economia. Nel bagaglio culturale e politico del sindacalismo italiano possiamo recuperare due esperienze. L'una in voga negli anni settanta; l'altra negli anni ottanta. La prima chiama in causa la cultura della programmazione quale insieme di misure rivolte a dirigere il mercato. Una cultura che la sinistra ha inutilmente esibito per decenni e che finalmente ha ritenuto di poter affermare durante il governo di solidarietà nazionale, collezionando fiaschi clamorosi, sui quali la storia ha steso un pietoso velo d'oblio. Pensiamo alle leggi per la riconversione industriale, per l'attuazione del piano agricolo nazionale, e così via. A i)JJ. IU \ :\CO l.XII. H(>S-."iO ■ ftiiihlii questa logica va ricondotto altresì il «fiore all'occhiello» della Cgil di quegli anni: il piano d'impresa, idea peraltro fortemente osteggiata da un esercito di quadri che ancora considerava la democrazia economica una scelta di compromissione di classe. L'altra esperienza è quella della «concertazione triangolare» (governo e parti sociali) tentata nella prima metà degli anni ottanta. Questa esperienza è servita a mettere in campo uno sforzo solidale di controllo, di arresto e d'inversione di un processo inflazionistico che sembra avvitarsi perversamente su se stesso. Certo, i grandi accordi triangolari avevano un sovraccarico di materie rivelatosi inutile e improduttivo. Da questo punto di vista essi sono irripetibili. Mentre, è la mancanza di qualsiasi politica di concertazione (per la quale il gruppo dirigente della Cisl è indispensabile almeno quanto i comunisti della Cgil) che più sconcerta ed apre problemi la cui ingovernabilità si sta facendo vieppiù tragica. Pensiamo, ad esempio, allo sganciamento da qualsiasi logica plausibile delle retribuzioni dei pubblici dipendenti e al divario che si è aperto tra esse e quelle del comparto privato. Ciò nella medesima fase in cui vi erano risultati significativi sul piano fiscale e in altri settori insistenti sulla spesa pubblica. Solo un governo d'incapaci o di furbi accetta di rinunciare ad una visione d'insieme e di farsi sfidare caso per caso. In questi anni, infatti, il governo ha dovuto mollare il recupero automatico del fiscal-drag, parecchie migliaia di miliardi per il miglioramento dellepensioni, la riforma dell'indennità di disoccupazione, ricchi contrasti per i pubblici dipendenti senza ottenere alcuna contropartita di rilievo da un sindacato riformatore solo a parole, ma pronto a cogliere le contraddizioni del sistema politico per avere vantaggi senza rinunciare a nulla. D'altro canto, la ripresa di una pratica di concertazione può consentire di dare alcune coordinate di fondo ad un'azione decentrata molto più ricca e complessa di quella a cui siamo abituati a pensare, ad una politica veramente capace di cogliere e rappresentare le differenze. Nella prospettiva del grande mercato interno, la competizione avverrà, in modo forte, tra sistemi-paese, cioè tra le sinergie che le istituzioni, la pubblica amministrazione, la struttura dei servizi, il sistema delle imprese sapranno determinare. La concertazione diviene così un sistema di strategie, anzi, un punto d'incontro di strategie diverse. La cooperazione apre • nuove esperienze partecipative S i è assistito di recente, non solo nel nostro Paese, ad una ripresa del dibattito sui temi della democrazia economica con una diffusione che si è delineata in parallelo ad un recupero, da parte dell'impresa, di un'immagine sociale, non più negativa. Si tratta di un dibattito che può contribuire ad un ripensamento dei principi e dell'insiedi Lanfranco Turci me di regole che governano il sistema economico, rendendole più vicine agli interessi generali della società e a priorità che vedono protagonisti esigenze e soggetti nuovi. La crescente attenzione internazionale verso si temi della partecipazione e della proprietà dei lavoratori nelle imprese, e del rapporto tra imprese e ~ 35 . - - --- - - - - -- società, costituisce lo sfondo sul quale si colloca la consapevolezza, che sembra iniziare a diffondersi anche nel nostro Paese, che il coinvolgimento dei lavoratori nel rischio e nelle scelte di impresa e nel controllo della ricchezza sociale è un'esigenza posta da mutamenti strutturali verificatosi nell'economia e nella società. Si tratta, essen-
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