Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 5/6 - giu./lug. 1990

collettivo che dovrebbe disciplinare la terza norma partecipativa. La proposta della Commissione, nella parte in cui si riferisce ad «accordi fra imprese e dipendenti», è sicuramente ambigua e poco promozionale, data la diffusione di iniziative manageriali dirette a coinvolgere direttamente i lavoratori nell'impresa, mettendo fuori gioco il sindacato. La proposta, infine, sembra propendere per un tipo di rappresentanza collettiva basata sul «doppio canale» (nel caso in esame, una rappresentanza «per la partecipazione» distinta da quella sindacale e «per la contrattazione») mentre, com'è noto, vi sono movimenti sindacali, come il nostro e quello britannico, tradizionalmente i)JJ, BIANCO l.XltROSSO iiti#hld fondati sul «canale unico» di rappresentanza, strettamente controllato dalle organizzazioni stesse, escludendo forme di rappresentanza elettiva alternative alla rappresentanza sindacale (come sono, invece, nella Repubblica Federale di Germania, in Spagna e in Francia). 4. La proposta della Commissione Cee in materia di partecipazione dei lavoratori nella Società europea può piacere o no. Ma non di questo si tratta. Il lavoro della Commissione riflette, purtroppo assai fedelmente, le tensioni, le contraddizioni e le lacune presenti negli Stati membri circa la partecipazione, i sistemi di informazione e consultazione, la rappresentanza dei lavoratori, la struttura del «contropotere» nell'impresa. E tenta di fornire soluzioni utili a delineare un quadro unitario di intervento di questo contropotere non più - e non solo - nei confini dell'impresa nazionale e del singolo stato, ma in una prospettiva transfrontaliera e di gruppo. Cerca, in altri termini, di recuperare il ritardo della legislazione sociale rispetto alla legislazione economica e commerciale dell'Europa senza frontiere. In questa materia, però, più che in altre, l'opera di avvicinamento delle normative e delle prassi nazionali appare più complessa. L'impressione è che il «ritratto» di Dorian Gray resterà ancora qualche tempo in cantina. Speriamo che non invecchi troppo. Un sindacato . . . ' partec1pat1vo:p1u . ' proposte, p1upotere P er costr~ire una s~rategiadi d~- mocraz1a economica occorre m primo luogo realizzare alcune condizioni di partenza, in assenza delle quali la discussione resta ferma ad uno stadio di totale astrattezza. Queste condizioni pregiudiziali sono l'esistenza di un meccanismo certo e garantito di democrazia rappresentativa nei luoghi di lavori, e un sistema avanzato e innovativo di relazioni industriali. Oggi, come è noto, queste condizioni non ci sono. Pongo come primo problema quello della rappresentanza, perché sta qui il primo anello necessario di un processo di responsabilizzazione e di partecipazione dei lavoratori. Se ai lavoratori non è neppure garantita la possibilità di scegliere liberadi Riccardo Terzi mente i loro rappresentanti, di affidare loro il potere di contrattazione e di verificarne il mandato, questa loro condizione di impotenza non può che vanificare ogni progetto di democrazia economica. Dobbiamo infatti ricondurre il tema della democrazia economica al suo significato sostanziale: come dare ai lavoratori, anche nella realtà delle imprese, diritti di cittadinanza e possibilità effettiva di partecipare alle decisioni. In secondo luogo è necessario che nelle relazioni sindacali si affermino con chiarezza nuovi poteri di contrattazione decentrata, nei luoghi di lavoro, e nuovi ambiti di confronto, così da rendere possibile un confronto preventivo su tutte le scelte dell'impresa, e r---·- 1 31 non solo sugli effetti che esse hanno sulla condizione di lavoro. Prima di ipotizzare nuovi istituti di partecipazione, occorre garantire questo livello più avanzato delle relazioni tra le parti sociali. Ed è proprio su questo nodo politico che è aperto oggi un conflitto assai aspro, perché le organizzazioni imprenditoriali si propongono esplicitamente di ridimensionare la contrattazione articolata e di centralizzare le relazioni sindacali, e d'altra parte tendono a ribadire come un dogma il principio dell'unicità di comando nell'impresa, escludendo in via di principio che le scelte tecnologiche e organizzative possano essere materia di contrattazione. È evidente che, permanendo questa

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