Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 5/6 - giu./lug. 1990

.{).!I. BIANCO lXll. llOSSO lii•iil•b ormai i bisogni materiali primari, hanno posto anche il nostro paese alle prese con quelli secondari, materiali e non, ma comunque voluttuari e spesso indotti da istanze culturali (musica, moda, tecnologia, ecologia, etc... ). A questo livello di sviluppo nella società si hanno solitamente due caratteristiche: la diminuzione delle nascite e il più o meno conseguente rifiuto di lavori per lo più manuali e considerati bassi, sporchi e faticosi. Questo apre necessariamente le porte all'immigrazione. Ciò è successo in Italia: grossolanità e convenienza becera è stato non aver voluto prevedere, considerare e cercare di governare questo fenomeno per oltre dieci anni. Ci si è così ipocritamente trovati l'estate scorsa a strapparci le vesti nell'apprendere delle animalesche condizioni in cui questi immigrati quasi sempre si trovano presso di noi, spesso, ahimé, alla luce di drammatici episodi di carattere penale, come fu ad esempio l'uccisione di Villa Literno, a scopo di rapina, del rifugiato sud africano Jerry Hanslo. Fu forse anche in forza di quel delitto che il paese ebbe come un sussulto e con coraggio il vicepresidente del Consiglio ebbe la forza di voler prendere in mano una situazione che era giunta al limite del controllo e della dignità. Già, perché in tutti i dibattiti di questi ultimi mesi, i vari Catoni si sono ben guardati dall'esaminare e giudicare la situazione precedente: come responsabile di un'associazione di volontariato che da quasi dieci anni opera per l'assistenza e l'accoglienza ai rifugiati terzomondiali, posso a buon ragione affermare che noi questa legge l'attendevamo da almeno dieci anni: da quando cioè cominciarono ad arrivare a Roma i rifugiati politici etiopici e ci si accorse subito di una patente incongruenza. L'Italia inviava (e continua tutt'ora!) notevoli aiuti al regime sanguinario di Addis Abeba, ma non una lira spende per gli stessi etiopi che, anche grazie ai nostri soldi, son costretti a fuggire dal loro paese per cercare di salvarsi la vita sottraendoli alla guerra civile, alla coscrizione forzata e violenta e al terrore poliziesco messi in atto da quello sciagurato governo. Venne subito alla luce l'assurdità della «riserva geografica» alla Convenzione di Ginevra che l'Italia ha continuato a mantenere finora, tanto che già nel 1982 l'allora ministro degli Esteri, on. Emilio Colombo, ebbe ad assicurare le associazioni di volontariato che l'Italia era pronta ad abolirla con semplice atto amministrativo dello stesso ministro, che però si è ben guardato dal fare, contribuendo così a • 17 -- - --- - - - - -- far marcire il problema, nonostante le continue richieste e solleciti delle associazioni. In questo clima nacque la 943: leggemolto riduttiva, perché comprendeva solo una sanatoria, considerava solo un tipo di inserimento quale il salariato-dipendente e contemplava una serie di organismi e consulte tanto ampli quanto vacui, ignorava infine la realtà dei rifugiati. Nel 1987 l'on. Russo Jervolino ebbe dall'on. Ciriaco De Mita la delega per affrontare di nuovo il problema e cercare di mettere insieme e d'accordo Giulio Andreotti e Antonio Gava, allora ministri degli Esteri e degli Interni, ma nulla successe. La cronaca recente è nota: la situazione ha continuato a peggiorare fino agli ultimi episodi richiamati più sopra. Per questo fu preparato dalla Presidenza del Consiglio un vero e proprio testo di disegno di legge organica che tentava per la prima volta di regolamentare tutta la materia. Ma sappiamo come è andata: nel Consiglio dei Ministri del 22 dicembre '89 non fu possibile far passare quel testo per le varie opposizioni e si rischiava di far passare un'effimera nuova sanatoria, tipo 943 bis. Va a merito della componente socialista al governo e all'on. Claudio Martelli in particolare aver «preteso» almeno il Decretolegge per cercare di tracciare delle vie di soluzione a questi problemi. Di nuovo si sono avute proteste e strumentalizzazioni, falsità ed eccessi di rabbia per la perdita di «rendite di esercizio». Al di là delle cifre di quanti in questi mesi stiano usufruendo della sanatoria, ritengo che il punto più qualificante della legge sia proprio l'articolo 1 che abolisce la riserva geografica ed apre finalmente la via ad una concreta applicazione all'articolo 10 della Costituzione, sul diritto di asilo. Infatti, alla luce anche dei fatti clamorosi successi nell'Europa dell'Est, i rifugiati che arrivano in Italia sono ormai prevalentemente provenienti dal III mondo e in special modo dall'Africa, a causa di tragici conflitti politici, etnici, religiosi, ecc. La nuova disciplina dà valore civile e tenta di tratteggiare la fisionomia del rifugiato. Per evitare abusi vengono pure definite delle condizioni di ammissibilità delle richieste, e comunque oggi si è in condizioni di accogliere coloro che sono realmente bisognosi con un minimo di rispetto della loro dignità, avendo posto fine alla «politica dello struzzo» che fa finta di non sapere e non vedere. Diversa è la realtà degli immigrati, di coloro che primariamente non fuggono a motivo di violenze e persecuzioni, ma ricercano all'este-

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