.{)Jt BIANCO '-XII.HOSSO lii•iiN•b si partiti popolari. Venendo al merito della legge, essa ci pare costituisca una soluzione di profilo europeo, quanto a civiltà giuridica e sociale. Nessuno vorrà dimostrarsi così· irragionevole dal negare la possibilità di ulteriori affinamenti migliorativi. Tuttavia una cosa è pacatamente confrontarsi attorno ad un provvedimento pienamente valido e funzionante, che oltretutto abbisogna di una concreta sperimentazione. Altra cosa è il pensare di «ridisegnare» a colpi di referendum, una legislazione complessa nella sua articolazione. Né si comprende la sottovalutazione per lo spazio che la legge apre alla contrattazione, al dialogo tra le parti, finalizzato al conseguimento di una maggiore efficace tutela dei lavoratori nelle imprese minori. Peraltro, le organizzazioni sindacali hanno pur manifestato il loro concreto interesse per le sorti di un comparto cruciale per le sorti dello stesso sistema produttivo nazionale. Ben altri sembrano essere i problemi: un accesso difficoltoso ed oneroso al credito; una legislazione di sostegno all'innovazione ancora impaniata in un percorso parlamentare difficoltoso; carenza di servizi reali; polverizzazione dimensionale; infrastrutture tradizionali ed innovative del tutto insufficienti. Quanto all'altro «cavallo di battaglia» polemico, costituito da una sorta di «intrusione» delle organizzazioni sindacali nei rapporti «idilliaci» tra datori di lavoro e dipendenti, sembra lecito richiedere l'onere della prova per il nuovo assetto. Per quanto ci riguarda, siamo del tutto intenzionati ad improntare a realismo e pacatezza la possibilità offerta dalla legge di abbattere il vero e proprio (paradossale) «muro di Berlino» dei diritti e delle tutele, rappresentato dal nodo «inferiore/superiore a 16». Da ultima, vale la pena di chiedersi (e chiedere alle controparti) quale portata ed affidamento viene conferito agli accordi interconf ederali sottoscritti negli ultimi mesi. Da parte nostra, essi configurano un livello ed un tono, uno «stile» di relazioni industriali (certo sempre perfettibili) del tutto consono ad inquadrare anche la novità intervenuta nelle imprese minori. Razzismo e decreto Martelli:confusionie verità di Carlo Sorbi ' E sintomatico che quando si parla di terzomondiali, in genere vien spesso da dire: «Io non sono razzista, ma ... »: sembra quasi scattare un meccanismo di difesa, una profonda necessità di identità propria. E questo certamente non è un atteggiamento razzista in senso ideologico-culturale, ma lo è, in maniera del tutto incolpevole, sul piano psicologico, della personalità e dei sentimenti. Mi pare che sotto questo punto di vista tutti ci possiamo considerare razzisti: sia noi bianchi, sia i neri, soprattutto fra loro, fra le loro differenti etnie e tribù, perché di questo anzitutto . -· ■ 16 si tratta: di fronte al diverso in genere si è nella necessità di affermare la propria identità, la propria diversità rispetto a costui. Credo che questi meccanismi abbiano molto giocato in questi ultimi tempi a proposito dei terzomondiali, balzati all'ordine del giorno a seguito della discussissima legge Martelli. Cerchiamo perciò di fare un po' di chiarezza a propositio. L'Italia è giunta buon ultima, tra i paesi più grandi della Comunità, a confrontarsi col fenomeno immigrazione, perché più tardi degli altri è giunta a determinati livelli di sviluppo civile ed economico che avendo soddisfatto
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