Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 4 - maggio 1990

lemma è: consegnare l'utopia femminista alla "Cosa" occhettiana, sia pure con la garanzia di Livia Turco, o semplicemente e pragmaticamente cooperare tra donne, fuori e dentro il Pci, perchè la "Cosa", quando nascerà, risulti il più possibile femminista e serva a rendere sempre più visibile e concreto, nel particolare e nel quotidiano, il discorso delle donne? In vista sia dell'una che dell'altra ipotesi, risulta comunque sbagliata e rattrista, secondo me, la ennesima divisione tra donne che s'è verificata nel Pci, come conseguenza, ancora una volta, di un discorso di uomini e di un dissenso tra uomini. Mi riferisco alla i)JI, 81.\NCO '-Xli, ROSSO Ut•#Oid separazione purtroppo avvenuta tra donne comuniste schierate per il Sì e donne comuniste schierate per il No. Obietta Letizia Paolozzi: "Ma è la prova che grazie a Dio siamo cresciute abbastanza per non essere costrette ad avere tutte la stessa opinione "in quanto donne'' .... Sarà, ma ancora una volta a me sembra invece una scelta subalterna: gli uomini si schierano e le donne seguono ... Al contrario, la tendenza da coltivare sarebbe invece quella che già comincia a manifestarsi, in Parlamento, negli Enti Locali, nelle istituzioni, della "trasversalità" che collega le donne tra loro, aldilà dei partiti e delle forze politiche da cui sono state elette o prescelte. Nella pratica politica agita dalle donne "dentro" e non soltanto "fuori" del Palazzo, comincia insomma timidamente e spontaneamente ad esprimersi un principio che è il cardine del femminismo. Come ha sottolineato infatti Vania Chiurlotto al Congresso di Bologna: «L'appartenenza al mio sesso, che è in parte felicemente obbligata, in parte voluta, non può esseremessa alla pari con altre appartenenze: ed in particolare, la militanza in un partito non può essere messa alla pari con l'appartenenza di sesso e con il vincolo che da essa deriva». La traversata del guado • e redo giustificato il richiamo al realismo da parte di chi, fuori da entusiasmi sinceri o indotti ad arte, ci ricorda che il Pci non aveva alternative. In sostanza Occhetto, politico abile e astutamente trasgressivo, non legato alla sconfitta per vocazione ideologica o per sogno d'infanzia o per attaccamento uterino, potrebbe avere capito - e sicuramente lo ha fatto - che quello era l'ultimo guado, per varcare il fiume limaccioso del Comunismo: un peso morto, e sanguinante, anche per gli ex-comunisti innocenti, desiderosi di governare la cosa pubblica. D'altro canto la libera scelta della verginità dal potere, per testimoniare la venuta del Regno, non si addice alle vocazioni politiche: il potere è lo strumento, le gambe di ogni progetto di governo collettivo, da conquistare se non si ha o se non basta, da non perdere se già si possiede, anche solo in parte. E Occhetto, incalzato dall'Est e dai suoi racconti dell'orrore, timoroso di sconfitte, primo a Occidente dei comunisti ha disceso la sponda. Accettare questa interpretazione, non delle più benevole, muta forse alcunchè delle di Sandro Scansani questioni che Occhetto ha voluto personalmente servire, nella loro radicale brutalità, alla tavola del Pci? Vediamole: 1. il crollo definitivo e senza appello del Comunismo storico, come esperienza realizzata e come orizzonte politico-ideologico di libertà, come riserva utopica di alterità solidale; 2. lo schianto della centralizzata macchina-partito schiacciasassi, ora omologata alle altre, nel bene e, forse, nel male; 3. la fine della cultura manichea del Nemico, che semplifica, raduna, identifica e tampona, anche dove non crescono idee né progetti. In breve, il segretario nazionale del Pci ha proposto di disfarsi del Comunismo: la questione, quali ne siano o ne saranno gli aggiustamenti in prossimità del congresso e delle elezioni, che non suggeriscono mai eccesso di coraggio e di coerenza, è stata apertamente posta. Vorrei esaminarla su due versanti correlati, partendo dall'assunto verificabile che, nel guado, allo stato attuale delle cose (più per i fatti dell'Est che per iniziativa occhettiana, ma che importa?), ci siamo tutti: e le questioni ci toccano da presso! • 36 Partiamo dalla Dc e dalla realtà cattolica italiana: Chiesa, laici impegnati nelle sue istituzioni, cristiani variamente riferentisi alla Chiesa perché, attraverso essa, a Gesù e al Padre. Nei pressi della Chiesa cattolica e della Dc si potrebbe commentare il travaglio del Pci con il giusto, forse, ma semplicistico e poco acuto: "Vedete? Avevamo ragione noi, già dal '48. E i cattolici cd. di sinistra, Sinistra Dc per prima e compresa, sono stati degli utili idioti e certissimi gonzi". Ciò è anche probabile, se si ignora che il Pci è stato, ed è ancora oggi, il riconosciuto strumento e interprete, sempre più interclassista, di un popolo povero, piccolo, spesso disconosciuto e, pure, assai numeroso. Mazzolari sta a ricordarcelo nella sua grandezza di prete coraggioso e solo, forse, ma fedele. Ad ogni buon conto oggi, che assistiamo alla estinzione del lupo (comunista) ed alla scomparsa della categoria politico-teologica del Nemico, per un credente si allargano gli orizzonti dell'azione politica, nel senso della coscienza e della libertà personale. Il cristiano può sentirsi, al tavolo della poli-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==