B re dalla costola d'un partito di stampo terzinternazionalista che ha corso il rischio di diventare omologo ai suoi fratelli dell'Est. E non valgono le dichiarazioni di buona volontà o di diversità sprecate nella polemica precongressuale contro Massimo Cacciari: basta ripercorrere la storia dei paesi sovietizzati per rendersi conto di come l'applicazione del modello sovietico alle realtà nazionali sia stata opera di persone per certi versi anche nobilissimo o comunque degne di rispetto, travolte dalla convinzione di lavorare per una caui.>11. Bl.-\~CO l.Xn.nosso ■ it•ihld sa comunque superiore. L'ingresso degli ex comunisti nel filone del socialismo democratico ed europeo non esige abiure, ma va consolidato con un impegno alla rinuncia a vecchi schemi interpretativi. Il ricorso, frequente in Occhetto, all'idea d'una presunta "crisi mondiale" non deve servire come pretesto per ignorare la specificità della crisi occidentale da un lato e le novità politiche che provengono dall'Est dall'altro. In questo senso anche i socialisti sono costretti a rinunciare a una visione di comodo dei paesi dell'Europa centro-orientale come paesi arretrati non solo economicamente, ma anche politicamente. La nuova classe dirigente, formatasi negli anni della resistenza (una resistenza etica, per usare la definizione di Michnik) al totalitarismo, non può essere semplicemente omologata al ceto politico occidentale. Solo comprendendo e dibattendole, ma esprimere, è possibile pensare veramente a un socialismo che valga per il futuro e trovare in esso le ragioni d'un'autentica unità dei suoi vari spezzoni. La svolta del Pci e il sindacato D alla lettura dei documenti ufficiali dell'ultimo Congresso del Pci si evidenziano molti punti innovativi della svolta del comunismo italiano, non solo per le proposte di cambiamento politico ma particolarmente sul piano più culturale e di attenzione al1'assetto sociale, come appare dall'insistenza sui diritti dei cittadini, sulle questioni ecologiche, sulla qualità del lavoro, sulle diversità sessuali, come su quelle poste dall'ondata di immigrazione. Va tenuto soprattutto in considerazione il profondo mutamento - nemmeno previsto alla presentazione delle proposte di Occhetto - avvenuto rispetto al tradizionale monolitismo del Pci: in tutta la fase di dibattito congressuale, come nell'avvio della stagione elettorale si sono sconvolti il modello e la prassi del centralismo. Cosa voglia dire rispetto al tradizionale conformismo di massa, avviare e seguire metodi più democratici, come la discussione su mozioni e relazioni diverse e la votazione su liste distinte è ancora tutto da verificare, perché si sono manifestati comportamenti molto dif- - - - --- - - - - - - di Pippo Morelli ferenziati nelle varie aree comuniste. Teniamo conto di quanto sia stato e sia tuttora rilevante il peso del Pci nella società italiana: è comunista la maggioranza della più grande Confederazione dei lavoratori come pure della più forte organizzazione cooperativistica: è comunista la maggioranza delle grandi organizzazioni nazionali dei lavoratori autonomi dell'agricoltura, dell'artigianato, del commercio, e grande è pure la presenza e l'influenza in organizzazioni culturali, della scuola e tra i docenti universitari. Di fronte a questa realtà massiccia e diffusa occorre effettuare non solo una lettura ed interpretazione del Congresso di Bologna, ma anche un'osservazione delle trasformazioni reali del comunismo italiano in un più lungo spazio di tempo. Leggendo la mozione conclusiva del Congresso del Pci nelle parti che interessano le questioni sociali e sindacali, emergono con grande chiarezza due aspetti. Da un lato una aperta autocritica relativa alla impreparazione della sinistra italiana nel capire e nell'affrontare i mutamenti economici e so25 ciali, per cui la difesa segmentata delle vecchie conquiste è sfociata in una crisi della solidarietà, in una perdita di coscienza usnitaria del mondo del lavoro, in una crisi della sua stessa rappresentanza. In secondo luogo, analisi puntuali riferite ad una nuova centralità del lavoro («il lavoro non solo resta, ma oggi più che mai è al centro di ogni riflessione teorica e di ogni azione politica di ispirazione socialista»), alla padronanza sul tempo complessivo della propria vita, al controllo e responsabilità dei lavoratori rispetto al loro prodotto come alle loro condizioni, alla nuova identità delle donne ed alla rilevanza del loro movimento, alla esplosizione generale delle questioni ambientali, alle esigenze ed opportunità riproposte dal Mezzogiorno, alle questioni dello stato sociale, dell'intervento pubblico e particolarmente del lavoro della e nella Pubblica Amministrazione. Va evidenziato soprattutto il superamento di teorie puramente rivendicazionistiche e conflittuali, in una ampia impostazione di democrazia economica, fino ad afferamre che «l'ampliamento dei confini della democrazia in
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