Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 4 - maggio 1990

"JJ. BIAI\CO lX11.nosso liM•ii•iit Un medico per gli zingari di Augusta Bovo D al gennaio 1989 sono il medico degli zingari di Roma. Ogni giorno con un camper adibito ad ambulatorio, guidato da un autista, visito a turno i 17 campi sosta dei nomadi, abitati da Khorakané, Rudari, Karjarja, Kalderasa. Il camper è attrezzato di tutto punto per la medicina di prima necessità. Non si tratta però di un'ambulanza: è il Centro Sanitario Mobile che la Caritas diocesana di Roma ha allestito con i finanziamenti della Regione Lazio, per gli zingari, nomadi e stanziali, presenti Sl,11 territorio della capitale: circa 5000 persone ti-a adulti, anziani e bambini. L'obiettivo principale di questo lavoro è di tipo epidemiologico: i Rom hanno un'assistenza sanitaria limitata ai casi sporadici e personali, ma cieca sui problemi della popolazione, sia perché, come nomadi, non sono legati ad alcuna Usl, sia perché spesso non forniscono generalità precise. La letteratura medica al riguardo è molto carente di dati relativi anche alle informazioni più banali e ovvie inerenti la vita di un popolo che per la sua stessa connotazione storica sfugge ad ogni controllo statistico. È già un problema distinguere le varie famiglie nel variopinto gioco dei legami interparentali, racchiusi in una configurazione patriarcale a piramide, complicata a sua volta da rapporti non solo di sangue - delle famiglie allargate che, insieme, compongono la società zingara. Il Centro Medico Mobile è invece uno strumento tempestivo ed efficace nella conoscenza sanitaria della popolazione perché, potendo seguire i campi ed essendo presente negli spostamenti e avendo del resto noi stabilito un rapporto di fiducia tale per cui ci forniscono senza remore la loro identità, si possono eseguire degli studi epidemiologici riuscendo in un lavoro assolutamente originale che mira ad identificare le patologie per cui sono più a rischio, per poi mettere in atto terapie adeguate. Le patologie prese in considerazione in questo lavoro sono: la lue, la lebbra, l' Aids e il gruppo Torch, ed è in atto uno screening di massa sulla malnutrizione infantile. Le drammatiche situazioni di questo popolo, che vive spesso di espedienti ai margini della città e della vita quotidiana, in condizioni igienico sanitarie inimmaginabili ed indegne, rendono continuamente necessari interventi medici di prima necessità. Mi rendo conto adesso, a distanza di un anno, che il grosso sforzo è stato non solo il lavoro di medico, ma anche il continuo aggiustamento, nella mia testa, della mia logica, rispetto alla loro. A poco a poco ho percepito che il popolo Rom, al contrario di ciò che si crede comunemente non vede in modo "diverso" il nostro mondo, ma vede un mondo diverso dal nostro, e compiuto, non migliorabile dalla società "yaya", cioè da noi, da cui anzi deve essere difeso. Ho così attenuato e adeguato molti atteggiamenti: la posizione del Camper all'interno di un campo, per esempio, non è un fatto casuale; anche per fare un semplice prelievo di sangue ho dovuto fornire montagne di spiegazioni e giurare sul mio onore che non me lo sarei venduto; ho dovuto rispettare le loro precedenze nelle file dei pazienti, precedenze che rispecchino sempre la loro scala gerarchica, e non, ad esempio, il maggiore stato di necessità delle persone. In sintesi, mi è sempre più chiaro di dover essere un "contenitore", per lasciare più spazio possibile ai loro comportamenti, alla loro realtà, ai loro desideri, alla loro forma mentis.

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