soprattutto con i compagni italiani, sulla questione Cuba. È esagerata la contrarietà, l'opposizione che esercitate nei confronti di Cuba, perché è una questione di punti di vista, di livelli di partenza molto diversi. Non condivido il concetto del monopartitismo e dell'assenza della libertà sindacali. Per me il socialismo ha una caratteristica: funziona quando risolve, e quindi deve rispondere ad una esigenza, e cioè come si può creare un sistema remunerativo ugualitario senza tagliare alla radice la creatività dei singoli· e nello stesso tempo riuscire a pagare ciascuno per il lavoro effettivamente prestato, nel rispetto delle capacità professionali e produttive personali. Mi piacerebbe poter discutere di tutto ciò soprattutto con i compagni cubani, verso i quali comunque nutro profondo rispetto, perché sono riusciti a trasformare il postribolo, quello cioè che era considerato un paese-casa-diprostituzione della borghesia americana, in una patria. Io trovo questo di un valore incommensurabile. Cosa chiede un leader della sinistra latinoamericana alla sinistra e al movimento operaio europei? Peccherei di presunzione tentando di dare indicazioni o suggerimenti ai compagni europei. Da quello che riusciamo a seguire e dibattere circa l'evoluzione in corso nella sinistra europea, ci sembra di percepire una sua rimessa in discussione di programmi, politiche, metodologie, tutti ormai saturi. Cito ad esempio il caso del vostro PCI: anche lui sta rivedendo posizioni, sta tentando un'evoluzione importante. Inoltre, altro esempio, stiamo assistendo alla crescita dei verdi, in tutta Europa. La questione ecologica è molto importante per voi, può determinare un'ulteriore dimensione politica, può arrivare al primo posto per importanza. Però non riesco ad evitare di ricordare un problema: che in Brasile ad occupare il primo posto è la fame. Ciò che potrei chiedere ai compagni dei partiti progressisti dell'Europa è che mantengano un atteggiamento vigile tale da non permettere in nessun momento che la democrazia possa correre dei rischi, che garantiscano praticamente la democrazia nei loro paesi, ma che, contemporaneamente, si preoccupino un po' del Terzo mondo. È molto triste dover assistere alla crescita economica europea mentre il Terzo mondo è continuamente in discesa; mentre aumenta la qualità di vita dei popoli europei, diminuisce quella dei popoli del Terzo mondo. Sarebbe importante che i partiti progressisti affrontino con studi approfonditi la situazione del Terzo mondo. Alla base di tutto sta, ovviamente, la necessità di un cambiamento della politica economica internazionale, perché non si può continuare favorendo i già ~-l.t BIANCO \XILHOSSO •Iii Bi) ti I• I~ t@i U11 favoriti e sfavorendo sempre più i già sfavoriti. Per cui è, direi, un dato di fatto quello per cui il Terzo mondo non possa assolutamente pagare il debito estero: significherebbe resa totale su tutti i fronti: togliersi e non solo calarsi le braghe. Per questo è importante sentirmi dire che tra i lavoratori del mondo industrialmente sviluppato, - cosa che, tra l'altro, ho potuto constatare personalmente durante il mio ultimo viaggio là nel mese di marzo scorso -, molti sono a favore di un non pagamento del debito da parte nostra, cosi come si mostrano perlomeno orientati alcuni partiti politici ed il movimento sindacale. Ciò mi fa pensare che ce la stiamo facendo, a trasmettere un'immagine di noi come vorremmo. ù:.::'J :-c::r; · 1r~.0 A. Sant'Elia, La città nuova (1914), CollezioneConsuelo. : 54 lo sono convinto che il Brasile non abbia soluzione, se non quella di sospendere il pagamento del debito estero, e contemporaneamente di avviare un processo di democratizzazione, di mutamento culturale nella nostra società. Ma so benissimo che si tratta di un cammino difficilissimo. Se la Russia o l'Albania stessa, per fare un esempio limite, dovessero offrire un utile più consistente come fonti di rendita più stabili, qualsiasi imprenditore, il principale azionista della stessa Coca-Cola americana, investirebbe là, anziché qua. Penso che l'Europa sia in una posizione delicata, perché tra la possibilità di conquistare una fetta del mercato brasiliano ed una di quello promettente come è quello dell'Est europeo, è probabile che opterà per la seconda ipotesi. Per esempio immaginiamo solo il potenziale d'acquisto rappresentato dalla Germania orientale.In media ciascun tedesco orientale è in possesso di diecimila marchi a titolo di risparmio (qualcosa come sei, settemila dollari), il tutto moltiplicato per diciassette milioni di abitanti. Un potenziale d'acquisto tale, in presenza di prossimità di mercato, che significa trasporti facili ed economicamente vantaggiosi, l'Europa occidentale non se lo lascerà sfuggire tanto facilmente. Allora la nostra opposizione a Collor, che stiamo tentando tramite l'organizzazione di questo governo parallelo, vorrebbe vedere la messa a punto di una politica di compensazione. Per concludere puoi dirci qualcosa sulle tanto discusse relazionifra il PT e la Chiesa brasiliana? Non facciamo confusione, non esiste niente di più che una certa affinità di gruppi. Abbiamo una grande maggioranza di militanti "sotto pressione", molto impegnati nel sociale, e molti di essi stanno nelle Comunità di base. Noi pensiamo che la Chiesa non debba identificarsi con un partito politico, la Chiesa deve essere al disopra dei partiti, deve saper stare con tutti, ma contemporaneamente pensiamo che le persone, i credenti, in quanto persone, devono avere opinioni e militanza propria. Per cui quando dicono che la Chiesa è del PT o che il PT è della Chiesa, non è vero. Dentro il PT sono molti i cristiani militanti: oltre a credere in Dio, sono dentro l'organizzazione del PT. Questo per noi rappresenta una grande ricchezza, io sono felice di aver molta gente di Chiesa unita al PT. Penso che la Chiesa sia la realtà più seria dell'America latina. Penso che poche cose succederanno in termini di cambiamento nella realtà sociale latino americana, senza che ci sia la partecipazione della Chiesa.
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