leanza. Per quanto riguarda la coesione interna al PT è originata dal programma del partito e della forma organizzativa del PT stesso. Quando ci siamo proposti di costituirci in un partito che fosse di massa, considerando che la società brasiliana non è una società politicamente ripartita in segmenti definiti, e che la maggior parte della popolazione non ha l'abitudine di fare politica, abbiamo accettato l'idea di tentare di unire tutti i settori impegnati nella lotta popolare, i settori della chiesa progressista, personalità progressiste di spicco, intellettuali, senza mai pretendere l'unanimità di orientamento ideologico, ma sempre favorendo e cercando il dibattito politico, perché è attraverso di esso che abbiamo imparato a rispettare una cosa chiamata democrazia. A molti è parso straordinario che voi siate riusciti a organizzarvi davvero, a realizzare dei buoni programmi; avete raggiunto l'opinione pubblica nonostante l'opposizione dei media principali, aveve risposto puntualmente ad essi, siete stati presenti ovunque fosse necessario. Sì. È sorto un gruppo che, adesso, è un riferimento politico per il paese. Diciamo anche che siamo abituati a lavorare in mezzo alle difficoltà. Lavoriamo senza soldi per fare politica in un paese capitalista da sempre. Ciò che ci ha sempre permesso di superare la nostra debolezza finanziaria è stata la disponibilità delle persone a dare tutto di sé, dedicandosi a questo impegno senza riserve di tempo e di risorse personali. Ciò ha fatto sì che il nostro avversario abbia potuto immaginare che la nostra struttura fosse decisamente più grande di quanto invece non Io fosse in realtà. Ed è così che in soli dieci anni abbiamo fondato il PT; abbiamo creato la Cut, togliendo il sindacalismo brasiliano dalla situazione di sindacalismo giallo in cui stava. Eppure abbiamo avuto elezioni nell'85, nell'86, nell'88, ne11'89e le avremo ancora nel 90 e nel 92. A parte la mia stanchezza personale, sono dell'idea che processi elettorali continui disturbino la crescita e I'organizzazione interna del partito. Lula si candiderà alleprossime elezioni? Personalmente non ho ancora deciso. Da un lato una mia rielezione come deputato sarebbe quasi garantita ma, d'altro canto, mi piacerebbe dedicarmi di più ad approfondire la conoscenza del mio paese Brasile e dei suoi problemi più intimi. Vorrei conoscere di più i problemi degli indios, dei garimpeiros, dei lavoratori rurali, dei siringueiros, delle casalinghe, della gente che vive sulle rive dei fiumi (i famosi ribeirinhos). Vorrei consegnarmi al Brasile, farmici prendere dentro. D'altro canto ancora il .{).lL BIANCO lXltROSSO iI ii Bi) i i I N,i ( )@i b i partito ritiene che sia importante una mia rielezione perché la mia presenza è quasi garanzia di un gruppo parlamentare consistente. La mia mancanza di attrazione per una rielezione è dettata anche dal fatto che trovo meno stancante fare assemblee sulla porta delle fabbriche, parlare con la gente per strada, che andare a Brasilia, sedere in parlamento. Trovo che il contatto diretto col popolo sia più produttivo dal punto di vista della crescita del partito. Tra l'anno scorso e quest'anno si è portato a termine un ciclo di elezioni in tutti i paesi Latino-americani. È possibile fare un bilancio, sin da ora, di quanto è successo? Purtroppo è come se non fosse successo niente, perché i destini dell'America latina non sono nelle sue mani, bensì in quelle dei sette paesi più potenti, i quali stanno veramente decidendo il suo futuro. Sono loro con le loro decisioni sulle tecnologie, sugli investimenti, sul debito estero, sulle politiche culturali, che decretano se ci saranno o meno investimenti in America latina, se si costruiranno o meno fabbriche in America latina, ecc. Ciò di cui abbiamo bisogno in quanto continente latinoamericano è di uscire dal nostro continente perché tutti gli altri possano vederci. Se il Brasile è stato scoperto cinquecento anni fa dal Portogallo adesso è ora che sia lui a scoprire il resto del mondo, facendosi rispettare sulla scena dell'economia mondiale. E così come il Brasile è tutta l'America latina a soffrire in primo luogo per la fragilità politica dei propri dirigenti, in secondo luogo per la subordinazione ai grandi gruppi economici internazionali dei paesi ricchi. L'unica via d'uscita che noi riteniamo possibile è la sospensione del pagamento del debito estero, la creazione di una specie di mercato comune dei paesi dell'America latina per avviare una politica di scambi economicamente vantaggiosa. Bisogna costituire una sorta di cartello dei paesi debitori per portersi contrapporre ai paesi creditori. I paesi poveri non possono aspettarsi nessuna soluzione dei paesi ricchi. Penso che l'America latina potrà avere solo un'uscita collettiva. I popoli dell' America latina ed i governanti insieme a loro devono rendersi conto che così come è successo in Europa, più si vincoleranno tra di loro, tante più possibilità avranno di stabilire politiche di scambio favorevoli in tutti i campi. Si tratta di capire cosa il Brasile possa comperare dal Venezuela, o dalla Bolivia, o dalla Colombia e cosa possa vendere loro. Si tratta di superare le frontiere. Perché continuare a mantenere divisioni che non ci permettono di costruire una strada Acre-Perù, mentre gli Stati Uniti si sono costruiti la Panamericana, arrivando sino in Cile? : 53 Ma non pare che tu faccia distinzione tra governi (o candidati) progressisti e governi (o candidati) di destra. Il problema è che si possono avere governi nazionalisti borghesi contrari all'imperialismo e governi di sinistra favorevoli a mercanteggiare la propria sovranità nazionale. Per me le esigenze di un popolo e l'impegno di un governante a rappresentarle è una questione di principio, ideologica. Per vent'anni Cuba è stata, per la sinistra di tutta l'America latina, un simbolo. Secondo te Cuba adesso, dopo la crisi del comunismo nei paesi dell'Est europeo, ha ancora un ruolo? Secondo me i problemi dell'Est europeo sono la burocrazia e l'autoritarismo, il Partito unico e la mancanza di canali attraverso i quali farsi sentire e quindi la mancaza di democrazia. Però non riesco a fare un confronto tra Europa e Brasile e tantomeno tra il socialismo europeo e quello cubano, per esempio. Le culture sono totalmente diverse. Non si può paragonare un cittadino della Germania orientale con un cittadino dell'America latina. Il problema là non è la fame, non è la mancanza di denaro, è il non rinnovarsi, il non perfezionarsi dello stato. La Germania orientale è la decima economia mondiale; il popolo è forte, sano e robusto; (sono riusciti ad abbattere il muro di Berlino). Il bambino o il vecchio condannati dalla fame a vivere e a morire per strada non li incontri in nessun paese dell'Est europeo, mentre qua in Brasile li incontri in qualsiasi strada di San Paolo. Per quanto negativa fosse l'immagine del socialismo reale nessun reportage che sia stato filmato da questo o dal quel paese ha mai mostrato immagini di miseria come quella che ho descritto, e che qui sono sotto gli occhi di tutti. Per tutto· ciò il raffronto Cuba/ America latina non può essere fatto alla stessa stregua di quello tra paesi dell'Est europeo e paesi dell'Europa occidentale. Non solo: gli stessi paesi socialisti europei penso che abbiano uno sviluppo decisamente superiore a quello di Cuba. Ma qui da noi, per il cittadino che guadagni cinquanta dollari al mese, Cuba è l'opzione migliore, dove gli verrebbero garantite razione alimentare minima indispensabile, educazione, salute. In sintesi il paragone che si può fare è solo tra Cuba da una parte e Perù, Bolivia, Colombia, Ecuador, Cile, Uruguay, Paraguay, Argentina, Brasile dall'altra. Un paragone che, se mette in evidenza la mancaza di libertà e autonomia sindacale a Cuba (problemi di democrazia, quindi), mostra anche però come quel paese sia riuscito a risolvere problemi elementari che noi non siamo riusciti affatto ad affrontare. Per questo mi succede anche di litigare,
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