Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 2/3 - mar./apr. 1990

i.)!t BIA~CO \Xli.BOSSO 1111 #hlii Ambiente e territorio: una nuova politica I grandi rivolgimenti che hanno modificato la scena internazionale, al finire dello scorso anno così come, in Italia, le nuove spinte determinate dal processo avviato all'interno del PCI, sollecitano una ridefinizione delle politiche di riforma. Questo imperativo è ineludibile per quelle forze (non solo pertanto per chi si è riconosciuto in passato per l'ipotesi comunista) che intendono impegnarsi nella definizione di nuovi assetti economici e sociali, che garantiscano una maggiore equità per le classi sociali più deboli. Se infatti gli eventi recenti hanno evidenziato ancora di più la crisi di ideologie e metodi politici che avevano guidato alcuni tentativi di trasformazione degli assetti preesistenti, ciò non deve far ignorare il permanere di· condizioni generali di ingiustizia. Certamente chi voglia oggi proporre un processo di trasformazione della società non può prescindere da un'attenta analisi delle situazioni d'ingiustizia, dall'interpretazione rigorosa della complessità e delle interdipendenze dei fenomeni sociali, dall'individuazione di nuove "controparti", che spesso non sono ben isolabili con le tradizionali categorie di interpretazione della realtà sociale. Una proposta di riforma che superi i limiti angusti determinati dalle esigenze di garantirsi la via più breve al consenso, richiede pertanto una nuova interpretazione dei bisogni presenti nella nostra realtà. Non si può ovviamente prescindere dall'esperienza fin qui acquisita, ma sono necessari, oltre a questa, nuovi approcci. In particolare, fra i diritti fondamentali ed indiscutibili, quello relativo ad un assetto territoriale ed ambientale di Antonio Gagliardi adeguato, sembra essere oggi gravemente negato. Ciò avviene per le condizioni di sviluppo delle nostre metropoli, e più in generale per l'esteso intervento dell'uomo nella trasformazione consapevole ed inconsapevole delle risorse naturali. La soddisfazione di questo diritto, considerato in passato nel nostro paese, come secondario rispetto a quelli del reddito e del lavoro, è oggi sempre più rivendicato con crescente consapevolezza. Sono nate così forme istituzionali ed organizzazioni della rappresentanza che, in modo settoriale e scoordinato, hanno cercato di perseguire obiettivi parziali, riconducibili tutti a queste esigenze fondamentali. Nei primi anni '70, in Italia, dalle lotte per la casa, per i trasporti e contro la nocività si era determianta nelle forze politiche e nel sindacato un'attenzione nuova ai problemi del territorio. Esso non è stato più solamente inteso come contenitore delle attività economiche, ma come fattore fondamentale e condizionante dell'organizzazione sociale, anche al di là di quanto connesso all'espletamento delle attività produttive. Il manifestarsi delle crisi economiche, fino agli anni '80, ha successivamente compresso le rivendicazioni connesse all'affermazione collettiva del diritto all'ambiente e al territorio, affidandone la risposta a soluzioni individuali e riducendo nuovamente il confronto agli aspetti connessi all'occupazione e al salario. Più di recente si è andata affermando una nuova sensibilità ecologica, a fronte di evoluzioni urbane spesso mostruose, di condizioni di mobilità me- :: 46 tropolitane sempre più difficili, di condizioni di inquinamento che, travalicando i confini municipali, e nazionali, hanno assunto talvolta riflessi estesi a tutto il nostro pianeta. Sono nati così nuovi movimenti e forme istituzionali che spesso hanno finito col concentrasi sugli esiti negativi finali dei processi di degrado. In ogni caso la settorialità con cui si è connotata la domanda di una nuova qualità della vita, anche a partire dalle condizioni del nostro ambiente (sia esso domestico, urbano o extraurbano), ha sfavorito una capacità di risposta unitaria a problemi che, anche se affrontabili in modo segmentato, hanno però bisogno di un indirizzo complessivo ed integrato. In tal modo le organizzazioni politiche e sindacali, così come le istituzioni, inseguendo i diversi specialismi presenti hanno offerto risposte settoriali, spesso contradditorie fra loro. Tutto ciò ha reso difficile il perseguimento degli obiettivi di trasformazione delle condizioni economiche e sociali, che sono alla base delle forme di degrado ed inquinamento presenti sul territorio, riducendo ciascuna rivendicazione di richiesta alle esigenze di limitate minoranze e favorendo la logica di chi vede nel territorio stesso una risorsa inesauribile da consumare a fini economici. In questo contesto i tentativi di riforma e di trasformazione sono spesso falliti. È mancata, da parte delle organizzazioni politiche sinceramente intenzionate alla trasformazione degli attuali assetti ed all'affermazione di una pianificazione flessibile ed efficace, la capacità di sostenere i progetti di riforma con condizioni di consenso non a ca-

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