luppato e consolidato un tessuto produttivo di piccole imprese che presenta connotati di specializzazione e di innovazione tecnico-organizzativa di grande interesse. Inoltre la dimensione ridotta, la diffusione, la specializzazione e, a volte, la marginalità stessa di queste imprese hanno loro consentito di agganciare i segmenti di mercato più nascosti ma anche più diffusi e consistenti. Si pensi, per esempio nelle grandi città, al versante delle piccole ristrutturazioni, anche specializzate come comparto o tipologia di indirizzo, e delle manutenzioni (edilizie ed urbane), dove professionalità e specializzazione possono costituire i requisiti fon- .Pll.Rl\~U) \XII.HOSSO •b•#hld <lamentali nella esecuzione dei lavori e dove la quantità e la diffusione degli interventi si collega alla presenza di una domanda reale emergente e, soprattutto, costante nel tempo. Mi sembra allora che la strategia dei grandi progetti, assumendo come interlocutore privilegiato il sistema immobiliare e finanziario o le grandi imprese "finanziarie" (e, ovviamente, il loro sistema di interessi e convenienze), cioè proprio quello che ha prodotto e continua a basarsi sul subappalto generalizzato, finisca per privilegiare proprio nel modello "bipolare" che comunque si riproporrà dati i tipi di intervento - proprio le fasce meno quaCasa: lificate del sistema delle piccole imprese (quelle cioè legate al subappalto di solo lavoro) e penalizzi - non tenendo conto - i processi evolutivi in atto in alcuni consistenti segmenti della stessa categoria di imprese, quelle medie in evoluzione da crisi. Ancora una volta, cioè, sembra confermata una delle prerogative costanti delle politiche edilizie "reali" condotte in Italia nel dopoguerra: quella di non prendere in alcuna considerazione, nel disegnare provvedimenti e strategie, le caratteristiche e le tendenze evolutive dell'apparato produttivo che verrà tobilitato nella realizzazione materiale degli interventi. il vuoto della politica La politica abitativa in Italia non ha mai avuto, dalla ricostruzione ad oggi, come obiettivo prioritario, come asse portante quello di affrontare e risolvere il problema abitativo per tutte le persone e le famiglie, a partire dai soggetti più deboli, emarginati, e perciò che più necessitano di protezione sociale. In altri termini, la politica della casa non ha mai avuto come obiettivo principale la realizzazione e la tutela del diritto alla casa per tutti. Questa affermazione può sembrare paradossale e assurda o, quanto meno ideologica; si può, però, argomentarla e documentarla. Innanzitutto, non si vuole evidentemente sostenere che questa politica non abbia mai affrontato il problema abitativo dei soggetti deboli: dall'edilizia pubblica alle diverse normative per tenere sotto controllo il mercato privato - blocco dei canoni prima, poi equo canone - molti sono gli interdi Carlo Pignocco venti e le risorse nel tempo orientati in questa direzione. Ma questi problemi non hanno mai rappresentato il cuore, il motore delle strategie di fondo della politica della casa. E molti - se non tutti - tra questi interventi, dietro l'orientamento dichiarato della tutela di rilevanti bisogni sociali, hanno favorito e premiato in misura ben più consistente corposi interessi politici ed economici. E l'obiettivo centrale, la filosofia di fondo che connota la politica di questo settore si può sommariamente definire la costruzione e l'allargamento del consenso al tipo di sviluppo che ha caraterizzato nel tempo il nostro Paese. Così, a partire dal periodo della ricostruzione, si disegna e si applica una sorta di divisione del lavoro all'interno degli interessi economici dominanti: mentre il grande capitale si concentra nei settori industriali, l'edilizia viene a rappresentare un terreno di caccia per -. 37 -- - --- - - - - -- la sopravvivenza e la crescita di un fitto reticolo imprenditoriale minore in aziende a bassa intensità di capitale, con pochissime trasformazioni, senza concorrenza estera. Si viene a creare così una alleanza di ferro tra rendita fondiaria, capitale immobiliare, piccole e medie imprese, categorie professionali operanti nel settore o a queste interessate dal punto di vista dell'investimento, amministrazioni locali e centrale che attraverso privilegi concessi su questo terreno fondano tanta parte del loro potere. La crisi edilizia degli anni '60, poi neglianni '70 e soprattutto '80 l'intervento del capitale finanziario nelle operazioni urbane di grande scala razionalizzano e adeguano quelle alleanze, non ne modificano le caratteristiche essenziali. Un disegno efficace, in grado di mediare e fare sintesi tra gli interessi "forti" e quelli particolari coinvolti nel settore.
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