re, oltre alle caratteristiche di fattibilità delle opere, i tempi realizzativi delle stesse, identificando dei veri e propri programmi di area in grado di garantire l'efficacia e l'efficienza degli interventi nel loro complesso. Un secondo e rilevante aspetto delle ricadute territoriali di tali interventi è dato dal controllo delle trasformazioni sociali indotte dall'intervento stesso. Credo che senza ricorrere ai quartieri operai cari ai socialisti utopisti, non sia scandaloso affermare che attorno a grossi insediamenti industriali sono, nel tempo, sorti e consolidatisi quartieri popolari, dove con tale termine non si intende esclusivamente la qualità del patrimonio residenziale presente ma anche la qualità dei servizi alla residenza presenti quando non anche la presenza o meno di alcuni servizi stessi. In questo senso spesso dietro la parola riqualificazione si nasconde il concetto di espulsione, di allontanamento di fasce sociali di popolazione che spesso hanno radicato la propria esistenza in quel territorio. Questo avviene sia in maniera diretta, sia attraverso meccanismi di allontanamento di quei servizi indispensabili alla vita sociale della popolazione residente e che spesso non sono in grado di reggere il confronto economico con funzioni indotte più ricche. Un terzo aspetto rilevante è quello della compatibilità ambientale degli interventi proposti, elemento che in questo periodo storico risulta essere di particolare rilevanza. Per tale aspetto i processi di trasformazione dovrebbero verificare la loro compatibilità con il territorio su cui ricadono o da loro influenzato, intendendo, con ciò non soltanto l'individuazione delle interrelazioni territoriali del singolo intervento quanto la verifica della capacità di un determinato territorio di accogliere, e sopportare, alcune funzioni, che si sommano ad un contesto dato, senza che ciò induca il superamento di parametri ambientali critici individuati localmente. Con tutto ciò il problema della trasformazione è un problema reale e come tale deve essere affrontato in tutti i suoi aspetti; le interrelazioni indicate tra le tante inducono chiaramente ad individuare nell'operatore pubblico il referente in grado di calibrare ed indii.).tJ.Ul.\'.';CO '-Xli. ROSSO Ut•#hid rizzare tali operazioni e ad indicare i due livelli di attenzione e di coerenza da ricercare (uno locale e un secondo più territoriale ed ambientale) per far si che l'operazione di trasformazione non risulti da una parte inefficiente e dall'altra foriera di pesanti contraddizioni a livello locale. È evidente che in tale contesto, oltre all'individuazione dello strumento idoneo per il controllo del processo, l'individuazione del mix funzionale legato alla trasformazione dell'area risulta essere l'elemento distintivo di un intervento che può diventare un'occasione di riqualificazione così come può dimostrarsi essere esclusivamente un'operazione immobiliare. A questo livello si incontra il secondo elemento di rilevanza degli interventi sulle ijree industriali dismesse ovvero la localizzazione territoriale delle stesse che spesso risulta essere strategica all'interno di aree metropolitane consolidate quando non centrale rispetto ad importanti nuclei urbani. Spesso quindi tali aree costituiscono l'ultima occasione per rimediare ad errori di pianificazione od a squilibri venutisi a creare storicamente, così come costituiscono l'occasione per indirizzare e caratterizzare lo sviluppo di ampie fasce di territorio. La scelta del mix funzionale dovrebbe quindi risultare da un processo di raggiungimento di obiettivi dichiarati confrontato con un sistema territoriale, visto almeno ai due livelli locale e di area vasta, analizzato. A questo processo logico si contrappone però una realtà che vede il prevalere degli interessi del singolo operatore economico rispetto a quelli della collettività interessata, mentre la parte pubblica si riduce a semplice notaio delle richieste dei privati quando non anche complice di un processo di trasformazione dove l'efficienza e la qualità dell'intervento troppo spesso si confondono con la privatizzazione e l'attestazione su fasce sempre più alte di utenza delle risorse spazio. Evitando di fare della demagogia è realistico richiedere un ruolo più forte dell'ente pubblico nel governo di questi interventi, che veda nella fase di consultazione delle realtà sociali interessate un elemento qualificante del processo di definizione delle scelte funzionali, svolgendo un ruolo di compensazione tra richieste che altrimenti rischierebbero di essere troppo localistiche e obiettivi di più ampio respiro che non possono però rivelarsi prevaricatori delle realtà locali. Credo che questo processo, unitamente ad un processo di definizione di un mix funzionale che deriva dall'analisi territoriale e non risponde esclusivamente a logiche imprenditoriali, vada ricercato l'aspetto qualificante degli interventi su aree rilevanti in contesti urbanizzati, e che su tale processo l'ente di controllo pubblico vada preparato, indirizzato e motivato. Un ultimo argomento riguarda lo strumento per il controllo di un processo così complesso, dato che il piano può, per alcuni aspetti, dimostrarsi insufficiente. È chiaro che il processo di individuazione degli obiettivi e l'analisi del contesto territoriale interessato non può che avvenire a livello di piano, mentre la parte attuativa degli interventi richiede il ricorso a strumenti gestionali più efficaci come potrebbero essere gli accordi di programma tra i diversi enti competenti per intervento o, come già proposto, il ricorso a bilanci economici di area in grado di garantire la contestuale esecuzione degli interventi di pubblica utilità con quelli interamente governati dalla mano privata. Il problema del rapporto pubblico/privato risulta quindi essere un'altra momento nodale del governo dei processi di trasformazione di vaste aree territoriali, mentre, purtroppo, si può constatare come, nei casi ad oggi noti, il prevalere dell'interesse privato abbia mortificato il ruolo della mano pubblica. È quindi necessario capire il perché di questo forte squilibrio per poter così indicare le possibili iniziative di riforma da intraprendere verso, probabilmente, un'ente con competenze finanziarie e pianificatorie più calibrate senza il quale una grande occasione come quella dei grandi vuoti urbani può risolversi in una grande speculazione per pochi privilegiati.
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