Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 2/3 - mar./apr. 1990

zia a fronte dei processi di cambiamento; il Piano Particolareggiato è a sua volta uno strumento troppo rigido a fronte della domanda di flessibilità, ed è comunque di difficile gestione. La ricerca di nuovi strumenti capaci di governare il processo di riutilizzazione delle aree urbane defunzionalizzate è quindi un obiettivo da perseguire. In ogni caso il mezzo può essere individuato una volta che siano chiari gli obiettivi che si intende perseguire. Si è detto che si tratta di un'occasione storica; volerla cogliere in tutta la sua potenzialità vuol dire giungere a stabilire le regole dello scambio pubblicoprivato. È bene sottolineare come, nelle esperienze oggi in corso in Italia, il com- ~!t Bl.\:\'CO lXltllOSSO •h•ihlii portamento del proprietario dell'area, pubblico o privato che sia, non si differenzi di molto. Anzi, occorre dire che se la proprietà dell'area è di aziende IRI, o delle FF.SS., o di altri enti statali/parastatali, l'atteggiamento è anche più aggressivo, proprio in virtù del maggior potere contrattuale che l' operatore pubblico ha nei confronti del1'Amministrazione locale. Sembra dunque, nell'attuale carenza di strumenti da parte dell'Amministrazione locale in materia di regime dei suoli, che le forme e le modalità della contrattazione non possono essere eluse o rinviate a convenzioni da stabilirsi caso per caso. Le "regole" dovranno in qualche modo far parte di una nuova concezione del P .R.G. capace di porre a coerenza l'insieme delle proposte di trasformazione. Esse dovranno riguardare non solo il riparto delle quote da attribuire alla formazione di risorse per l'operatore attraverso il riuso dell'area, e delle quote da lasciare all'uso pubblico; sempre più rilevante può dimostrarsi la necessità di stabilire ulteriori regole di controllo fisico ed ambientale, nonchè relative a valutazioni socio-economiche e funzionali. Certo è che oramai non è più accettabile che queste trasformazioni avvengano sotto la spinta di interessi parziali che di volta in volta si vengono a creare senza rispondere ad un disegno generale di coerenze. Aree industrialidismesse: per la riqualificazione urbana Le possibilità aperte dalla riconversione e dalla riqualificazione delle aree industriali dismesse, così come gli interventi sui grandi vuoti urbani, risultano essere particolarmente significativi sotto almeno due punti di vista. Il primo può essere ricondotto alle caratteristiche dimensionali di tali interventi, spesso di estensione rilevante, tali da indurre trasformazioni territoriali su area vasta. In questo senso gli interventi non possono essere valutati esclusivamente in un'ottica di massimizzazione economica delle risorse investite con particolare attenzione alla redditività fondiaria dell'operazione di Marco Gaiazzi stessa, ma devono essere riferiti ad un contesto territoriale ed economico sociale dato e per il quale deve essere dichiarato l'obiettivo di trasformazione. Risulta evidente come una tale impostazione, per essere rispettata, riproponga come prioritario l'utilizzo dello strumento di piano quale elemento di raccolta, analisi e progetto di trasformazione coordinata su area vasta, piuttosto che quello del singolo progetto avente come obiettivo l'ottimizzazione dell'intervento stesso. Ma anche il ricorso allo strumento di piano può non risultare sufficiente nelle attuali complesse realtà territoriali, ■ 30 dove le competenze, e quindi le responsabilità, risultano frammentate e dove il coordinamento finanziario dei diversi singoli interventi risulta essere un fattore strategico di successo per interventi estesi e complessi. Per fare un esempio molto semplice il tipo di accessibilità richiesto da un'area a prevalente uso industriale può risultare molto differente da quello richiesto da un polo universitario; nell'ipotesi di trasformazione di tale spazio chi e come governerà l'adeguamento delle strutture di mobilità funzionali all'intervento stesso? Risulta quindi importante controlla-

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