Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 2/3 - mar./apr. 1990

,l)lJ. lllA;\1(:0 \XII.HOSSO iii•iiiiil Sandro Pertini una presenzainsostituibile di Luigi Covatta Curiosamente toccò a me, l'estate del 1985, accompagnare Pertini nel suo rientro ufficiale nella vita di partito. C'era l'assemblea nazionale del PSI, e lui non voleva venire. Un po' perché ironizzava sulla composizione dell'organo che aveva sostituito il vecchio Comitato centrale. Un po', forse, per ritrosia verso la prevedibile apoteosi che lo avrebbe accolto. Scherzando, al Senato, mi disse che non conosceva il luogo in cui si sarebbe svolta l'assemblea. Altrettanto scherzosamente, mi offrii di accompagnarlo. E mi prese in parola. Curiosamente, quindi, toccò a me. Curiosamente, perché io sono stato sempre un lombardiano, e Pertini non aveva mai amato Lombardi. Per di più, con Lombardi condividevo il peccato originale della trascorsa militanza cattolica, uno dei motivi della diffidenza di Pertini nei confronti del leader della sinistra socialista. Non sono, quindi, un pertiniano. Non so, quindi, se sono il più adatto a ricordarlo. Ma forse posso, sine ira ac studio, spiegare che cosa ha rappresentato il fenomeno Pertini nel PSI. I pertiniani, nel PSI, sono sempre stati pochi. Prima del '78, voglio dire. Dopo, lo sono diventati tutti. Non per piaggeria o per opportunismo, però. L'identificazione con Pertini è stata sincera e profonda. Innanzitutto, credo, per bisogno di radici. Bisogna ricordare cosa era il PSI nel '78. La demolizione sistematica dei miti, delle pigrizie culturali, dei vizi ideologici che avevamo consapevolmente condotto lungo il periodo di incubazione del Progetto socialista (che è anch'esso del '78) lasciava un bel cumulo di macerie alle nostre spalle. Nenni e Lombardi, del resto, erano ancora in servizio attivo, addirittura capi-corrente. Né Craxi aveva ancora avviato la riscoperta del riformismo classico, che è del 1981. Il garofano, nel simbolo del partito, si giustapponeva ancora alla falce e martello. Nelle idee, revisionismo di destra, revisionismo di sinistra, liberalsocialismo davano vita a una bella insalata. L'immagine di Pertini funzionò come elemento di semplificazione e di attaccamento a una tradizione non sempre lineare nella vicenda di un secolo. Ma non solo per questo i socialisti si sono identificati con Pertini. La verità è che attraverso di lui i socialisti hanno visto realizzarsi due sogni a lungo invano coltivati: quello della legittimazione e quello della popolarità. Il primo sogno si era pensato di averlo realizzato col centrosinistra: ma neanche Nenni vice-presidente del Consiglio bastò a costruire l'immagine di un partito pienamente legittimato a governare (non a partecipare al governo, che è diverso). Il secondo sogno era stato inseguito sui sentieri meno raccomandabili, in omaggio alla falsa equazione per cui governare è necessariamente impopolare, per cui la popolarità va cercata attraverso il massimalismo e la demagogia. In questo senso, l'incarico conferito da Pertini a Craxi ha risposto a una logica profonda. E non importa se la differenza delle funzioni e la vischiosità del sistema politico hanno finora impedito a Craxi di raccogliere tutti i consensi raccolti da Pertini, e al PSI tutti quelli raccolti da Craxi. È curioso, piuttosto, che qualcuno si stupisca per l'affezione con cui i socialisti guardano alla repubblica presidenziale. Concludo. Non c'é bisogno di essere un pertiniano per apprezzare il ruolo che Pertini ha svolto nel suo settennato presidenziale. Anzi: c'è bisogno, forse, di non esserlo. Di tenersi distanti dal "colore" per cogliere fino in fondo il peso degli elementi di rottura che Pertini ha introdotto nel sistema istituzionale e politico del paese. Con buona pace dei salmodianti in gloria, che non hanno dimenticato il carattere esorcistico dei riti funebri.

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