Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 1 - febbraio 1990

B {)Jt BIANCO ~11.llOSSO 1IU•k11dlil1 Cattolici italiani e solidarietà: forza e debolezze, presente e futuro di Stefano Ceccanti Che cosa si aspettano i lettori di un articolo sui cattolici italiani e la solidarietà? Se negli anni Settanta si sarebbero aspettati sotto questo titolo qualche riflessione sull'impegno sindacale, oggi il pensiero va certo in primo luogo alla Caritas, al volontariato, a realtà - simbolo come quella di S. Egidio, ecc .. Questo spostamento del baricentro dell'attenzione alle iniziative immediate di solidarietà, che ha conciso con uno spostamento reale di impegno di larghe fasce di cittadini, ha in sé elementi di forza e di debolezza. I primi sono legati alla concretezza dell'impegno, all'immediata visibilità dell'adesione formale al valore della solidarietà rispetto a fughe ideologiche che hanno finito per chiedere all'azione politico-sindacale ciò che essa non poteva completamente assicurare, soprattutto col classico metodo della gestione diretta degli interventi da parte dei pubblici poteri. In questa immediatezza, però, stanno anche tutti glielementi di debolezza. In primo luogo, in termini religiosi, non si può scambiare il consenso dato alla Chiesa come "Forza sociale" con un'adesione in termini di fede. Se è vero che una fede adulta deve basarsi sulla logica sintetizzata da Giovanni nella frase "Chi non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede", i cattolici non possono però asservire le opere di solidarietà a finalità proselitistiche, esplicite o latenti, o scambiare il consenso ad esse con consenso dato alla istituzione - Chiesa. Chi interpreta, ad esempio, la fuoriuscita della Polonia dal Comunismo vedendo l'esperienza di quel composito Comitato di Liberazione Nazionale che è stato Solidarnosc come una prosecuzione di un intatto Medioevo Cristiano, avente come centro una Chiesa "Forza sociale" miracolosamente non contaminatasi con la secolarizzazione, si sbaglia di grosso. - - --- - - - - -- 8 È invece avvenuto un grande miscuglio culturale tra intelligentsia cattolica, ebraica, delusi dal comunismo, nazionalisti, liberali, ecc. intorno ad un'istanza di solidarietà che le condizioni di disastro economico non meno della spinta dovuta a motivazioni di fede hanno contribuito ad estendere e rafforzare. Accanto a queste possibili scorciatoie interpretative sull'asse solidarietà - fede religiosa, si pongono poi simili scorciatoie su quello solidarietà - azione politica. Proprio perché la spinta verso la solidarietà avviene in forma immediata, sotto la spinta del1'emergenza, e in connessione alla reale crisi del Welfare, il rischio è che essa resti legata ad una concezione volontaristica che si rapporta con la politica a tratti con grandi denunce e, subito dopo, con la contrattazione di vie d'accesso privilegiate, dal momento che, alla fine, con la politica bisogna pur fare i conti per un finanziamento, una convenzione, un'autorizzazione. La parabola del 'Cattolicesimo sociale', privo di un'attenzione alle istituzioni, alle regole che possono rendere la solidarietà non solo una sfida 'profetica' al sistema, ma anche una sua risorsa interna, ordinaria, è sempre la stessa. Esso parte con le velleità di 'Terza via' globale del cattolicesimo intransigente di fine '800 o di Comunione e Liberazione degli anni '70, per finire fatalmente al 'Patto Gentiloni' e alla 'Compagnia delle Opere'. Chi finisce per descrivere la società come un insieme coerente e negativo rispetto al quale le esperienze di solidarietà si porrebbero come isole incontaminate, non è in grado di percepire adeguatamente la realtà delle democrazie occidentali e la specificità dell'azione politica al suo interno. Anche un buon contratto aziendale è solidarietà, così come lo è un buon sistema pensionistico e previdenziale, un equo sistema fiscale, e via dicendo.

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