Bi .P-lt BIANCO l.XltllOSSO •ih•k11Hiil• liamo delledue moziono presentate, sia di quella di Occhetto come di quella di Ingrao -. Anzi, in esse la questione neppure esisterebbe, giacché tali regimi non sono mai stati comunisti. Sono finiti, genericamente, dei regimi totalitari, non delle realizzazioni del socialismo come prima tappa del comunismo. Noi non vogliamo certamente negare che esiste comunque uno scarto tra il comunismo e l'idea di comunismo. Ma questo scarto non toglie, comunque, il rapporto che esiste tra l'idea di comunismo e il comunismo realizzato. Il secondo è figlio legitimo, non spurio, del primo. È ormai da molto tempo che esiste una diaspora comunista. E perciò abbiamo sempre preferito parlare di "comunismi" piuttosto che di "comunismo". Ma il fatto di porre l'accento sulle differenze toglie forse comunque il riferimento a quella identità che fa da sfondo al plurale, e che consente infine di parlare appunto delle molte forme di realizzazione "del" comunismo? Che non siano la stessa cosa, non toglie la relazione di parentela, il vincolo di sangue. Né è più possibile mantenere insieme il nome - e quindi la cosa - del comunismo, e nello stesso tempo procedere ad un assemblaggio di termini e di esperienze. La democrazia in senso liberale e il suo legame con l'economia di mercato è infatti in contraddizione assoluta con la "cosa" del comunismo. Non ha senso sciendere la forma politica da quella economica. La forma politica lega in unità pluralismo politico e pluralismo degli interssi, stato e mercato. Si può e si deve chiedere il governo del mercato, affinchè esso sia in sintonia con le istanza di eguaglianza che sono proprie di un sistema sociale democratico. E il consenso è reale in quanto ottenuto a partire dal rispetto delle differenze. Laddove queste non sussistono, il problema del consenso non si pone, per la semplice ragione che è del tutto superfluo per un potere senza controllo. Si dice ancora che il PCI è altra cosa. Anzi, si afferma che i fatti dell'Est testimoniano della verità della via italiana. E che quindi la liquidazione dei comunismi costituisce la via percorsa dalla provvidenza per l'affermazione "del" comunismo. Nella sua forma "vera", che è appunto quella della via italiana. Noi non siamo in grado di avere informazioni privilegiate dalla provvidenza. Ma una domanda ci pare dobbiamo porre: in che cosa infine consiste il comunismo? Non certo in quei ter- •:w ·- •• , 5 mini del tutto generici e assolutamente non caratterizzanti che un'azione di inconsapevole depistaggio introduce. Siamo del tutto consapevoli delle giuste ansie di giustizia e di emancipazione che hanno dato tanto peso ai comunismi. Ma non è questo il punto. Tanto è vero, che la contrapposizione storica con il socialismo democratico e riformista non è stata in queste 'aspirazioni', bensì negli strumenti e nella forma complessiva che esse assumevano - nella teoria e nella pratica - per dare infine loro realizzazione. È appunto "questo modo", non la generica istanza emancipativa, il comunismo. È appunto questa forma totale che contraddice tali istanze. E ·dunque cosa rimane della via italiana? Il fatto forse che in Italia il comunismo sia stato possibile solo in quanto inglobato nell'orizzonte politico economico e sociale di ciò che comunista non è? Se così è, allora, si deve dire che tale orizzonte non è stato una limitazione del comunismo, bensì esso è proprio ciò che ne ha consentito esistenza e sviluppo. Ma questo, allora, testimonia piuttosto della verità di quel- !' orizzonte che della verità del comunismo. Ed è grazie alla solidità di tale orizzonte, che è stata persino possibile il perpetuarsi del nome e del partito comunista all'interno di una "cosa" che ormai nessuno sa più dove e come sia. Occorre insieme prendere atto del fatto che è anche a tale persistenza della cosa che deve essere fatta risalire la responsabilità della forma bloccata della democrazia italiana. In questo senso, conventioadexcludendume conventio ad auto-excludendum si sono infine saldate. Ma tale autoesclusione indebolisce e frena la democrazia. La crescita della democrazia passa attraverso la rimozione di questo equivoco storico. Per quante benemerenze possano avere storicamente i comunisti nella stessa tenuta della democrazia italiana, senza questa presa d'atto di onestà politica e intellettuale, l'anomalia del caso italiano si perpetuerà. La .democrazia ha bisogno di socialisti riformisti. Oggi, non domani.
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