Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 1 - febbraio 1990

mentalità di guerra - non ne fu la causa unica - ha rinvigorito, per ragioni intuitive e da tutti ammesse, questo culto della violenza non è che un fiore di serra, effimero, che dovrà presto morire. La violenza è propria del capitalismo e delleminoranze che intendono imporsi e schiacciare le maggioranze, e non può essere il principio delle maggioranze che vogliono e possono, con le armi intellettuali, redimersi ed imporsi. La violenza è il contrapposto della forza, la violenza è anche la paura, la poca fede nell'idea, la paura delle idee altrui, il rinnegamento della propria idea. E rimane tale anche se trionfa per un'ora, se per un'ora sembra trionfare, seminando dietro di sé la reazione della insopprimibile libertà della coscienza umana, che diventa controrivoluzione, che diventa vittoria, ad un punto dato, dei comuni nemici. Questo avvenne sempre nella storia. Si potrebbe citare il cristianesimo, che fu un'enorme espansione di un'idea: una forza che diventò misera, falsa, traditrice, ipocrita, nulla, impotente quando si appoggiò ai troni, alle armi, a tutte le forme della violenza. (Approvazioni). Ma, soprattutto, questa è verità profonda, che voi riconoscerete un giorno: in regime di suffragio universale, ancora non saputo adoperare, ancora incosciente, che dovremmo rendere cosciente, ma che vuol dire: 'Siete i sovrani, i dominatori', potete fare tutto quello che volete, senza versare una stilla di sangue umano, vostro ed altrui, se con la violenza, che desta la reazione, non metterete il mondo intero contro di voi. Ecco il punto del nostro solo, del nostro vero dissenso, che fu di ieri, che è di oggi, che è di sempre, contro il quale sempre insorgemmo. E al compagno Terracini, che ci ha detto qui ieri, come per coglierci in contraddizione, che se vi è qualcuno che non ha mai fatto appello alla violenza più pazza, tra noi, quegli getti la prima pietra, ebbene dico francamente: 'compagno Terracini, quel qualcuno, eccolo qui!'. Purtroppo a noi può dolere, profondamente dolere, che la via sia diversa da quella che vorremmo, che questa fioritura di socialismo di guerra ci devii, ci divida, ci faccia abbandonare il più rapido raggiungimento della meta a cui aneliamo insieme, ci faccia perdere de- {)JLBIANCO l.XltHOSSO ■ irfriii i ii iii gli anni preziosi, in cui, facendo forza sulle enormi delusioni della guerra e del dopo guerra, noi avremmo potuto fare avere al proletariato vantaggi enormi, conquiste relativamente rapide e sicure, che noi invece sacrifichiamo alle nostre divisioni ed alle nostre impazienze. Sì, noi lottiamo troppo contro noi stessi, noi lavoriamo troppo spesso per i nostri nemici: noi creiamo la reazione, creiamo il fascismo, creiamo il partito popolare, intimidendo, intimorendo oltre misura, proclamando con una suprema ingenuità, anche dal punto di vista cospiratorio, la preparazisone dell'azione ultima, vuotando del suo contenuto quell'azione parlamentare, che non è l'azione di pochi uomini al di sopra degli uomini, ma che dovrebbe essere la più alta efflorescenza dell'azione comune di tutto il Partito entro i quadri nazionali, e, per accordi reciproci, anche dentro il grande quadro internazionale, che dovrebbe essere appunto la più alta efflorescenza del pensiero e dell'azione, dell'intero Partito, oggi, della intera classe, domani. Noi creiamo la controrivoluzione e, amici miei, non sempre vi sarà possibile serviri dell'ombrello Turati. (... ) Noi siamo figli del Manifesto del 1848. Tutti! Soltanto noi siamo i figli di quel Manifesto, che accettiamo come una cosa che non si accetta come un dogma religioso, ma nel suo spirito, ponendolo nel suo tempo, integrandolo con le revisioni, i perfezionamenti, gli sviluppi che i tempi consigliano e che gli stessi autori e i più autorizzati interpreti del loro pensiero hanno solennemente consacrato nella dottrina. (... ) Perchè nessuna formula, fosse anche i 21 punti di Mosca, nessuna formula scritta ci dispensa dall'avere un cervello pensante, sostituendosi all'azione del cervelloche, al cimento dei fatti che mutano, si serve bensì di certe leggi intellettuali, di certi punti di orientamento acquisiti, ma modifica continuamente le proprie vedute a seconda delle necessità della storia e dell'ora. (... ) Consentite ancora alla vecchiaia - amici, ho quasi quaranta anni di milizia e di propaganda - di affermarvi una altra convinzione, che, se la parola non fosse lievemente ridicola, potrei anche dire una profezia. Una profezia tanto facile che per me è di assoluta certezza, perché vale a compensarmi anche quan- : 34 do l'asprezza dei vostri contrasti mi amareggia e mi produce quel profondo dolore che tutti quelli che hanno veramente amato il Partito, sentono. (Applausi)( ... ) Tra qualche anno, io non sarò forse più qui, non sarò forse più al mondo, voi constaterete se questo si sia avverato. Questo culto della violenza, che è la fonte di tutti i nostri dissensi, la nota profonda, vera, unica del nostro dissenso, questa possibilità del miracolo, della violenza fisica, esterna, verso le altre classi, interna verso una parte del Partito, della violenza fisica e della violenza morale, che vuole far camminare il mondo sulla propria testa tra qualche anno non potrà più esistere. (... ) Non è da oggi che siamo socialtraditori: lo siamo stati per tutta la nostra vita, lo fummo sempre. Sempre socialtraditori, in un momento, sempre vincitori alla fine. Ricordate questo fenomeno. La lotta sarà questa volta più dura, più lenta, ma sarà lo stesso l'effetto, e fra qualche anno, quando anche il mito russo, che avete il torto di confondere con la rivoluzione russa, cui applaudo con tutti il cuore (grida di 'Viva la Russia!') quando il mito, quello che è di religioso nei vostri animi, il mito bolscevico, sarà evaporato, quando il bolscevismo attuale o avrà fatto fallimento o sarà trasformato dalla forza delle cose, la nostra vittoria verrà. Quando sotto le lezioni dell'esperienza, sotto la lezione delle cose voi avrete inteso più che non abbiate inteso ora, che la forza del bolscevismorusso è in un nazionalismo russo che avrà una grande influenza nella storia del mondo come opposizione all'imperialismo dell'Intesa, ma che è pur sempre una forma di nazionalismo orientale che non possiamo seguire ciecamente perchè diventeremmo gli strumenti di quel nazionalismo orientale che avrà, ripeto, anche esso la sua grande funzione nella storia del mondo, aprirà l'Oriente alla vita civilee chiamerà la Cina, il Giappone, l'Asia Minore, le vecchie razze che sono negli ipogei della storia, alla vita della storia, ma non si può sostituire, né distruggere, né imporre alla Internazionale maggiore dei popoli più evoluti nel cammino della storia. (... ) Ond'è che quando avrete fatto il Par-

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