Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 1 - febbraio 1990

i.)__p. BIANCO l.XII.HOSSO u:.,«oaa I problemidel welfare universalistico Nell'ambito delle tutele sociali, l'ultimo decennio è caratterizzato dall'abbandono del centro della scena da parte delle organizzazioni di massa, in particolare dei sindacati, che nel periodo precedente ne avevano ispirato e indirizzato i processi di espansione e di innovazione. Sono rimaste, così, senza soddisfacente risposta due grandi questioni formulate nella seconda metà degli anni '70: la rivendicazione di una maggiore uguaglianza nelle condizioni di accesso alla difesa dai grandi rischi e l'introduzione di un diverso rapporto tra iniziative pubbliche e iniziative private. Sono due problemi di cui oggi sembra avvertirsi meno l'urgenza e l'importanza, momentaneamente narcotizzate dalla caduta della percezione di una crisi che nella sostanza non è scongiurata, e dalla disponibilità sul mercato di soluzioni individuali. Sindacati e partiti sembrano non essere più in grado di raccogliere e interpretare le esigenze della gente in materia sanitaria e pensionistica (anche se spesso, come è ovvio, la domanda non è esplicitata in forma compiuta), lasciando questo compito in eredità alle piccole organizzazioni, di per sé incapaci di elaborare e proporre progetti generali di riforma. La riforma sanitaria ha disatteso ogni aspettativa, ha accresciuto la divaricazione fra nord e sud ed aumentato le distanze tra operatori e utenti, ha mantenuto arcaiche ed assurde discriminazioni tra una categoria e l'altra di cittadini (tra operai e impiegati, tra ammalati acuti e cronici, tra giovani e vecchi, ecc.). Essa ha ampliato, soprattutto, gli spazi occupati dall'iniziativa privata, che risulta essere la vera beneficiaria deldi Mario Bertin la nuova organizzazione. Basti pensare che la sola spesa privata convenzionata rappresenta il 40,6% della spesa sanitaria pubblica e che complessivamente la spesa privata, convenzionata e non, costituisce il 53,4% della spesa sanitaria totale. Analogo è stato il destino della previdenza. Una volta universalizzata la copertura dei soggetti, tre erano le indicazioni di evoluzione emerse alla fine degli anni '70: la unificazione delle forme previdenziali esistenti, la «separazione della previdenza dall'assistenza», la reintroduzione del principio della capitalizzazione. A dieci anni di distanza, il numero dei regimi previdenziali è rimasto identico (più di cinquanta) e marginali sono le misure di omogeneizzazione adottate. I privilegi, le discriminazioni resistono intatte a danno dei lavoratori dipendenti e, tra i lavoratori dipendenti, a danno di quelli dell'industria e del commercio. È vero: sono state separate le prestazioni previdenziali da quelle assistenziali, facendo gravare la spesa per queste ultime sulla fiscalità generale, ma l'operazione è stata compiuta con l'obiettivo precipuo (è uno dei meriti maggiori della presidenza Militello) di dimostrare l'infondatezza delle analisi che volevano il regime generale lnps sull'orlo del fallimento. Si è trattato, dunque, di un'operazione sì chiarificatrice, ma principalmente d'immagine, senza conseguenze sui livelli di spesa complessivi e sulla redistribuzione del reddito. I rapporti tra pensioni al minimo e pensioni superiori al minimo sono rimasti pressoché identici, e i livelli di soddisfazione di una massa crescente di cittadini restano affidati alla possibilità di cumulare redditi di diversa provenienza e al- : - 23 la interiorizzazione di un'immagine diminuita, povera, del pensionamento. I problemi sono stati traslocati sul piano strettamente politico e legislativo, dove, fino ad ora, è mancata ogni iniziativa di adeguato respiro. La reintroduzione del principio della capitalizzazione aveva invece il significato di porre alcune quote della tutela previdenziale fuori dei rischi del sistema a ripartizione (sottoposto a forti pressioni dalle nuove situazioni demografiche), e di favorire la socializzazione dei processi di accumulazione, facendo partecipare il sindacato, e dunque i lavoratori, alle decisioni sulla destinazione e investimento del risparmio previdenziale. Le forme integrative di pensione dovevano, perciò, presentarsi come collettive e come un risultato della contrattazione. Unici esempi che in qualche misura posseggano queste caratteristiche, sono i fondi posti in essere dalle aziende, sotto forma di 'fringe benefits', con loscopo di influenzare gli atteggiamenti della manodopera, in particolare di ridurre i tassi di turn-over. Al di fuori di ciò, l'iniziativa è stata lasciata al singolo, favorendo in tal modo i settori, le zone, le categorie, i gruppi già avvantaggiati. Adottata fuori da regole concordate, la differenziazione non funziona più come riconos<.imento della professionalità e delle peculiarità, ma come nuova forma della disuguaglianza.

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