trà guardare alle differenze necessarie senza paura di rafforzare una tendenza a guadagni sproporzionati, ingiustificati rispetto al contributo dato, discutibili rispetto alla situazione di tanti. Se si tratta di remunerare di più il lavoro vero non dovrebbero esserci problemi; spesso purtroppo i grandi guadagni non sono meritati, ma dipendono da condizioni .P-lL BIANCO \Xli.ROSSO 11#101ld di potere e di privilegio. Il valore del lavoro è anche sociale e dunque mantiene in sè, pur nelle differenze di retribuzione, un vincolo profondo con la solidarietà, con una visione della società come qualcosa che costruiamo assieme, con la necessità di un rapporto giusto con gli altri. Insomma l'uguaglianza rimane per noi riferimento fondamentale; anzi proprio nel passaggio dalla uniformità ad una visione più differenziata della condizione di ciascuno, essa significa riportare la ricchezza di opportunità così liberate ad un progetto comune, ad una costante e più personale tensione sociale. Uguaglianza e lavoro tra pubblico e privato Le grandi trasformazioni che hanno cambiato nell'ultimo decennio, e che ancora cambieranno, le società industrializzate nel prossimo futuro, hanno bloccato e poi addirittura rovesciato il processo di unificazione e di omogeneizzazione del lavoro e dei lavoratori che per diversi anni aveva segnato e caratterizzato le lotte sindacali e sociali del nostro Paese. La necessità, il bisogno, la volontà, la possibilità di valorizzare il lavoro in tutti i suoi aspetti, nei rapporti con l'impresa, con tutte le imprese, e nei rapporti con la società nel suo insieme, hanno costituito la grande ragione, ideale e morale, per combattere e rimuovere negli anni '60 e '70 condizioni e situazioni intollerabili nei diritti, nelle condizioni di lavoro, nelle condizioni di vita della grande maggioranza dei lavoratori italiani. Il mutamento radicale che all'inizio del decennio appena trascorso ha investito l'economia, la società, la politica, e che ha ribaltato i rapporti di forza tra lavoratori, sindacato e imprese, ha pure messo in luce, esasperandoli, i gravi limiti anche culturali di una concezisone e di una prassi sindacale che, anche perchè priva di sbocchi, incapace o impossibilitata a cambiare il lavoro, l'imdi Fausto Vigevani = 19 presa, la società, andava via via trasformando l'ispirazione ad unificare i lavoratori e ridurre e battere le disuguaglianze sociali in surrogati egualitaristici che trascuravano differenze reali tra i lavoratori, o peggio ancora pensavano di trattare in modo e in misura eguali chi uguale non era. Per anni ciò ha quindi impedito di riconoscere e mettere in valore differenze necessarie, e di combattere invece disuguaglianze e privilegi. Tutto ciò, con e dentro i processi di ristrutturazione, con la ripresa economica, con la grande redistribuzione di reddito operata in questi anni, con la perdita di valore del lavoro salariato, in particolare del lavoro industriale, ha riproposto e peggiorato disuguaglianze anche antiche nel mondo del lavoro, a partire da quelle tra il lavoro privato e pubblico, e all'interno del privato, tra i lavoratori delle piccolissime imprese (e sono milioni), e quelli delle imprese medie e grandi. Se le disuguaglianze nel lavoro privato discendono in primo luogo dall'assenza di ogni forma di tutela contro il licenziamento senza giusta causa, e ciò pregiudica in partenza l'esercizio di ogni altro diritto, ciò che divide sempre più i lavoratori privati da quelli pubblici deriva da tre ordini di problemi, o meglio
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