B i.).tJ. BIANCO \Xlt ltOSSt, 1ID•k11Jiii 1 cittadinanza a ciascuno e che gli consentono di rispettare e sviluppare la propria personalità. La condizione perché ciò sia possibile resta la solidarietà, cioè la tendenza a riconoscersi in un comune destino al di là dell'immediato. La solidarietà è un'esperienza secolare del mondo del lavoro, che oggi deve però varcarne le frontiere per esercitarsi nei confronti dei nuovi esclusi. Poi la domanda: «che cosa si propone?» La risposta è altrettanto semplice, anche se necessariamente meno breve. * * * Il mondo cambia. Gli avvenimenti straordinari ed inaspettati del 1989stanno mutando l'aspetto dell'Europa. Essi si presentano nella combinazione inconsueta della rivoluzione e della riforma. Di pressione dal basso e di trasformazione dall'alto. Ciò che è avvenuto nei paesi dell'Est, negli ultimi mesi, ha superato l'immaginazione anche degli osservatori più fantasiosi. Ci sono ragioni per esaltarsi di fronte alla rapidità ed alla profondità del cambiamento. La nuova libertà per milioni di persone è la cosa più importante. Non meno importante è la fine di uno status quo soffocante. L'entusiasmo, però, da solo non basta. Eravamo impreparati al cambiamento, ma non possiamo restarlo a lungo. Le conseguenze di quanto è avvenuto investono, in primo luogo, le prospettive delle istituzioni politiche e sociali ed il ruolo che l'Europa saprà darsi nella comunità internazionale. Ciò che essa vorrà, o potrà, essere 'tra gli altri', e come, in un mondo sempre più interdipendente ed 'aperto' saprà decidere del suo futuro. * * * C'è chi giudica positive le divaricazioni tra sentimenti ed intelligenza. Se però tutto dipendesse dalla forbice tra intelletto e sensibilità sarebbe difficile essere ottimisti. Ovunque, infatti, tranne che in Inghilterra, la coscienza è per l'Europa. Nello stesso tempo ovunque, tranne che in Italia, il cuore è per il proprio paese. Questo scarto tra il cuore e la coscienza non può essere lo spazio dell'Europa unita. Occorre, al contrario, colmare la distanza tra l'uno e l'altra, per vedere con chiarezza i termini dei problemi che dobbiamo affrontare e risolvere in vista dell'integrazione europea. La fatidica scadenza del '92, infatti, non sanerà da sola il deficit di bilancio, le diseguaglianze sociali intollerabili, il degrado delle nostre città, il crescente divario . . . - . -.. . 2 del Mezzogiorno, le magagne del traffico e del1' ambiente. Al contrario, aggraverà tutti i mali che non saranno tempestivamente affrontati ed eliminati. L'abbattimento delle barriere pareggerà le condizioI}i di mercato e quindi privilegerà le strutture produttive più forti. Nello stesso tempo lascerà inalterate le divisioni burocratiche ed amministrative tra Tesoro e Tesoro, tra Regione e Regione, tra Fisco e Fisco. E dunque aggraverà i mali di chi non avrà messo a posto quel che si doveva mettere a posto prima che ci pensi il mercato a sistemare le cose. Si può pensare che sarà sempre possibile ricorrere ai rinvii, alle deroghe, mendicare sospensioni, mettersi in aspettativa. Ma sarebbe l'inizio di una inesorabile deriva verso una solitudine senza sovranità e senza futuro. * * * Il mondo cambia. La storia accelera e l'Italia non può perciò pensare di restare ferma. Deve adeguare le strutture economiche, ma anche le sue istituzioni e la sua cultura politica. Sempre più urgente diventa quindi l'esigenza di affrontare le questioni che aggrovigliano il sistema politico e la sua dinamica. Finora privo di reali possibilità di alternativa il nostro sistema politico è del tutto anomalo rispetto al resto dell'Europa e delle principali democrazie. Questa peculiarità rende più ardua la soluzione dei problemi e contribuisce, non poco, al mantenimento della democrazia italiana nell'attuale stato di impotenza ed anche di degrado morale. Di fronte all'evidenza delle difficoltà emergono, talora, preoccupanti sintomi di crisi della politica che possono trasformarsi in crisi di consenso, di potere, di autorevolezza. Esistono e non vanno sottovalutati diffusi segnali di delusione e di disamore per i partiti e la politica. In realtà, però, essi sembrano esprimere più che il rifiuto della politica, la domanda di una nuova e diversa politica. Una politica che affronti il problema della utilizzazione della scienza e della tecnica come strumenti di liberazione anziché di asservimento dell'uomo; in funzione della difesa dell'ambiente e del miglioramento della qualità della vita. Una politica che non si fondi sulla sopravvivenza di vecchi equilibri di dominio e di potere in cui si elargiscono in modo clientelare benefici in cambio di opportunistico consenso. Una politica che attui una rigorosa riforma morale. Che ritrovi, assieme alla esigenza di rinnovare se stessa, la capacità di indicare mete collettive di cambiamento, obiet-
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