Il Bianco & il Rosso - anno I - n. 1 - febbraio 1990

,PJJ,HIANCO lXll,HOSSO 1i111111 Dlil1 Movimento '90: quando il coperchio salta di Giovanni Guzzetta È sconsigliabile, in questa fase, avventurarsi in pronostici sul futuro del "movimento del '90". La relativa lentezza con la quale la protesta si è diffusa (a Palermo è iniziata già da quasi due mesi) è infatti un indicatore dello specifico disagio generazionale verso la mobilitazione. Ed anche la cautela con la quale si accrescono le adesioni o si costruiscono gli stessi simboli del movimento, se da un lato è segno di genuinità, dall'altro lascia aperta ogni possibile ipoteca. Chi, se mai ci sarà, gestirà la negazione in nome del movimento? Chi sarà determinante nell'elaborazione di un eventuale pacchetto di richieste? La scarsa alfabetizzazione alla politica è una spada a doppio taglio. D'altra parte - sorprese più di tutti - le associazioni e le organizzazioni giovanili sembrano ancora annaspare tra la nostalgia di un monopolio illusorio ed il complesso dell'insignificanza. Alla luce di queste premesse cautelative si può azzardare qualche valutazione d'insieme. Innanzi tutto vi è un problema relativo alle forme della "militanza" e della mobilitazione. Il nostro paese vive un macroscopico handicap, che conferma drammaticamente l'arretramento relativo rispetto alle posizioni ormai assunte dagli altri partners comunitari e, quel che più ci deve interessare, rispetto a quelli del bacino mediterraneo. Da noi, la crisi della rappresentanza è, innanzi tutto, la crisi della politica giovanile e delle politiche per i giovani. A fronte della creazione di ministeri per le politiche giovanili, di comitati nazionali della gioventù e di iniziative politiche volte a capitalizzare risorse investendo sui vari segmenti della vita dei giovani (scuola, educazione, mobilità, transizione al lavoro, ecc. ecc.), avviate con decisione dalla totalità dei governi CEE, il nostro paese si affida a ben scarsi rimedi. Finora si ò istituita solamente una famigerata commissione di in- ■ 10 •···. -- ·-·., dagine giovanile, scarsamente produttiva e senza chiari obiettivi di risultato. Ben si comprende allora l'impasse delle organizzazioni giovanili. L'assenza di oggetto e di interlocutori sulle questioni di interesse specifico rende improba la fatica dell'aggregazione nelle vecchie e nuove associazioni. Non è un caso quindi se, proprio nel momento in cui su un problema così scottante come l'università si profilano all'orizzonte un oggetto ed un interlocutore (sotto l'aspetto del nemico, ovviamente), i frammenti della soggettività studentesca si riattivano immediatamente. Per di più la strategia di Ruberti, che non merita forse tutte le critiche di cui è oggetto, ha certamente il 'limite' di una improvvisa accelerazione del processo di modernizzazione del sistema formativo, troppo a lungo rimandato e poco preparato culturalmente. L'assenza di dibattito sull'autonomia, l'elusione - piuttosto grave - dei nodi strategici (didattica, diritto allo studio, accesso alla ricerca per i giovani laureati) di maggiore interesse per gli studenti, e l'improvvisazione di alcuni passaggi della legge - che richiedono come minimo una maggiore razionalizzazione - hanno fatto il resto. È difficile dire se l'università italiana ce la farà; perchè l'ambiguità dei diversi fronti che si sono creati sull'argomento delle riforme e la scarsa credibilità (atavica, e perciò legittima anche oggi) degli interlocutori politici, difficilmente possono superarsi con rapidità. Certo sarebbe grave eh.el'accentuarsi di spinte polarizzanti rituffasse definitivamente l'università in un orizzonte di sottosviluppo. E sottosviluppo è il termine adatto se si guarda con serenità all'assetto del nostro sistema formativo, e alla qualità della sua offerta di istruzione, avendo come prospettiva la libera circolazione di 'cervelli' e laureati che ci prepara il 1993.

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