L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXVI - n. 32 - 30 settembre 1945

Bi ITALIA D'OGGI VITA. BBOI0A SMINA.TORI Dae mlllenl 111mine In %500ettari di terreao • Mai il rauolto dell'uva fu più copioso ma noa si paò toccarlo · 56 partigiani vi hanno già lasciato la vita Quello che angoscia, che rode l'auima in queata già fiorente zona del Ravennate' che sta fl'a il Lamone, il enio e il ,Reno, cioè al confine con Ferrara, è l'abbandono forzato dei campi. Il campo abbandonato è tragico, specialmente in questa te1Ta che sempre a giusto titolo menò , anto della 6Ua agricoltura che fu anche eroica, come al tempo delle bonifiche. E tl'agica è questa gente che deve stare al limite del campo, sulla proda dei focS6i, perchè se s'avventura nel campo - e qualcuno s'avventura, attirato da un irreai6libile richiamo - ricSohia di saltare in aria. I campi Gono minati, qui fra il ,Lamone il Senio e il Reno, per una estensione di 2500 ettari. Qui, nell'invernata scorsa, Ja guel'ra si congelò, e questo .stagnare salvò l'Alta Italia dalla distruzione, poiohè, con la primavera gli AJieati poterono sfetTare la vittoriooa ofJensi\,a, coronata dalla vittoriosa insurrezione. hanno movenze caule, feline; talora atanno per muovere un pacSBo ma poi si fermano for6e percl1è un misterioso intuito, una segreta voce interna ha suggerito loro, improvvisamente, no, non avanzare, .fermati, 11011osate. i ritraggono, ritirano il piede ~ià alzalo, scrutano sotto la zolla, ed ecco la mina. Era lì nascosta come una ,ipe1·a sotto l"e:·ba, pron'ta a mordere. Così i lavoratori della tena del Havennate si riconquistano la vita che il tedesco cercò con ogni mezzo cli rubare loro. Alfonsine, Fusignano, Villa RocS6etta, Cotignola: cittadine e borgate e villaggi che furono. Solo gente del paese può riconoscerli nell'apocalittica rovina che fecero i tedes~hi per con traslare I ·avanzata alleata. Un terremoto non avrebbe fatto -di più. Alfonsine aveva una vasta piazza. I tedeschi a\ vertirono un giorno gli abitanti ohe occorreva sloggiare poichè facevano saltare lutto. Sotto ogui casa fu me&Sa una mfoa, poi avvenne il finimon-do. Da dietro l'argine del fiume gli alfonsine6i videro le case saltare una dopo l'altra fra nembi di polvere e di rottami. Al centro delle rovine, ora, scorgi appena trac. ciata la via maggiore della cittadina. Coi rottami qualcuno ha già costruito qualche casetta, ma i locali sono aperti a tutti i v<'nli poichè non c'è materiale ·per Jc .serrande. ln compenso, s'aggirano in tutto il paese miriadi {li topi cui la Jame dà un coraggio inaudito Corrono a torme fra i -piedi della gente come se non la ve.decS6ero. S'insinuano ovunque una famiglia abbia trovato un alloggio di fortuDA, attirati dai cibi. Saltano sulle tavole ove 6i mangia, schifosi e famelici. rubano tutto, insozzano tutto, distruggono peggio delle termiti. Vanno e vengono dai mucchi delle rovine ove hanno già costruito le loro città sotterranee. Certo s'aggireranno anc'he fra le mine. ma sono troppo leggeri, per farle esplodere. (\'Secondo quanto ne di&Se1·0 i tedeschi - mi dice H compagno Camilla Garavini che fu già eccellente sindaco del luogo natale di Vincenzo Monti - abbiamo qui due milioni di mine». I partigiani sminato1·i sono decisi a scovarle tutte. AMILCARE MOBIGL Però i ravennati hanno pagala cara questa salvazione dell'Italia -del orci. Sono letten.1.lmentc rovinati. Percorrendo la strada Reale, ohe, staccandosi dalla via Emilia a pochi otiilometri da Ravenna porta a Ferrara, vedi i call'l{pi squ~llidi fra il verdeggiare degli olmi e delle "iti. Le erbacce crebbero alte più di mezzo metro, spesse, fitte, furiosamente gaI ealonl di l'ontamara • ,gliarde. I 60li estivi cucinarono q,ueste erba:- ce, ed ora la campagna minata ,ha assunto un colore grigio, cinereo, il colore della savana. Le case coloniche diroccate, aridi mucchi di mattoni sbriciolati che l'acqua, il sole, i venti Jiniscono <li ridurre in polvere, danno al viaggiatore una vaga idea dell'appoderamento. I conta,dini senza caaa e i braccianti senza lavoro s'aggirano intorno alle case distrutte e alle terre incolte, talora si fermano immobili. .mut.i, davanti ai loro campi, d'ogni zolla dei quali potrebbero narrare la storia ,poichè le irrorarono di sudore; e non po sono far niente, non possono tentare nulla. La terra li chiama ancora una volta, come ai ·primordi, ma vuole lo scotto della "ita. Li alletta ad ogni levare del sole; ma è una beffa dolorosa: non si può mettere il piede oltre il filare degli olmi e -delle viti perchè si salta per aria. J..a vite è una <lelle maggiori fonti di reddito in queste terre, dopo il grano, il granoturco, il foraggio, la bietola da zucchero. Di questa stagione vedesi le ragazze ridenti sotto i tralci staccare i grappoli turgidi, sorvegliate <ia.l -compratore esigente e talora ,pignolo. che quel .graµpblo lo voleva ma. quell'altro no. Le ragazze erano pazienti, stacca vano il grappolo prescelto e lasciavano l'altro pendulo: lo avrebbero staccato per la famiglia, per il vino da bere in casa. Poi l'inebriante profumo del mosto si spandeva per tutta la zona. Le « castel!ate » -dell'uva pigiala, trainate <lai buoi romagnoli dalle ampie corna lunate volgevano verso le città per recare il mosto ai clienti. Il contadino - di solito un ragazzo - guidava il lento traino a cavaloioni della « castellata » come un giovane Bacco. Goccie di mosto cadevano rigando la strada di una scia rossa e dietro il carro - il bellissimo ,plaustro ra\>ennate ohe reca immancabilmente la visione ·pittorica di San Michele C!he uccide il drago - dondolava la cesta d'uva, la più scelta, ohe per tradizione spetta come regalia al compratore del mo6lo. I contadini ,hanno dovuto dire addio a tutto questo. E per colmo di òerisione, mai l'uva ·fu più bella e copiosa. Mai i ,grappoli del «trebbiano» apparvero più dorali di questo anno, e la « cagnina» più .purpurea. Il conta- <iino non ha potato, non ha irrorato col verde solfato, e tuttavia l'uva è venuta tale oome da anni non si vedeva. Ma ò intoccabile perdhè una fittissima rete sotterranea di mine crea un baBtione invisibile ma terrorizzante. Cool i contadini vedranno l'uva dicS6ecca1-i::i: la vedranno marcire stando con le braccia rn- -orociate al limite del .fosso. L'uva è lì, si potrebbero contare gli acini di ogni grappolo, si vedono .quelli succhiati dagli uccelli ingordi -che s'inebriano e, chi56à, forse si ubria-cano di uva; .ma non Ja tocchi, non la puoi loccarr. O se vuoi toccarla, corri il rischio. Lo sanno i partigiani della zona, cl1e lasciati il mitra e la bomba a mano si sono messi in capo di Liberare la loro terra dalle mine dopo averla liberata dall'odiatissimo invasore. Si sono cootituiti in squa,d,re. ,hanno già .fatta una certa pratica, ma debbono lottare con la perfidia, oltre ohe con la di.sumana ferocia dei tedesohi che colà stanziarono: le mine sono -di galalite, non ,di metallo. Perciò gli apparecchi :Per lo smina:mento non servono. Sono mine mute. Non si palesano se non quando ruggooo nello scoppio che dilania. Fino alla aettimana scorsa cinquantasei partigiani sminatori avevano laBciata la vita in questa lotta eroica per la seconda redenzione ,della terra. Altre decine sono mutilati, e quasi tutti orrendamente, definitivamente, muti Lati nelle gambe. Vedi gli sminatori aggirarsi circospetti f.ra la ocoulta morte sotterranea; diresti che 6a no, pe e.o · gio fisi 01, ·· legg r.ì; i.\Iolti c:he hanno letto il romanzo famoso di Silone hanno cercato sulle carte Fontamnrn. trovata. ou l'hanno Fontamara era chiamata uu tempo una via vec:- chia cli P"'Sc:ina, poche case scure agganciate l'11nu all'altra come un treno io salita, cùn una :iensilina di ~rbe e pietre che ·ervi\·a a comunicare le vite degli abitanti. Poi venne il terremoto del 'lfi. le casupole sc:ure si sciol ern e, al loro posto ingegne1·i minist<>riali eressero case gialle rettangolari. Ora sembra una via di Gallarate o di Magenta con un po' più di sole, e nessunù la chiama ,ii:1 Fontamara. :\fa Fontamarn non è una localit,ì geografica. :--on lo era neppure quando esi teva la c:ura contrada di Pescina. U'ontamara è piuttosto il luogo id'é!ale che rias~ume il grande recipiente ..-erde appoggiato alle pendici del Vehno, chiuso aì venti esterni come una sperduta Shangri-là: la t~rra dei ?\Tarsi e del cafvni. Questi cafoni discendono dai l\larsi, e sono il pro· dotto umano di una storia chiusa, come lu valle che la contenne. (Il nome è usato a Roma con dispregio, " ma così come l'usa Silone sta a s1gniflcare una rpri· mordial'é! purità paesana, è un appellath-o folcloristico). Ad avvicinarsi negli abituri un po' staecati dalla civiltà ufficiai~, sui lembi delle montagne, sembrano uomini brulli che iano sorti dalle rocce pelate e si confondono con esse e <:on le loro case. Lavorano e tacciono. Sùno monotoni e duri. Portano su, più su sul sasso le piccole Yiti scheletrich~. la biada gialla e nana. Si direbbe che il loro problem..1• è quello di lHorare dove è maggior difficoltà, per un po' di grano, un po' cli cicerchie, un po' <li vino forte e aranciatù. E' una fatica sacerdotal<>. La vita dei cafoni assume gli aspetti di una liturgia e gli uomini di sacrificatori. Forse dipende dal silenzio: i pochi e rari motori corrono sulla statale lontana, e a olata. Forse è un'antichità che soprav\"ive intatta nel fondo chiuso della :\larsica. l cafoni adorano il serpente, lo adorano ancora as 1eme alle icone della Vergine ~!aria e del bambino Gesù. ~lagari li attorcigliano alle sacre immagini per non far torto a nessuno, com~ fanno i cafoni cli Cùcullo per San Domenico. Dicono che il serpe sia l'acqua sottorranea che qm è ,iù preziosa <lell'oro. Dicono rhe sia il div tenibile sorto dalle petraie ad uccidere ratlù, invisibile. Non 'é!ra un dio della mitologia latina, ma lo hanno innalzato loro nei boschi d'acero e cli faggio ùove vi\·ono gli orsi, dio proprio. esclusivo. I cafoni adorano l'u<>rù candido e c:aldo. Lo por- ~ono ancora religiosamente all'o pite noto o sconosciuto. come un'ostia eucaristica. Non acc.-ettarlo sarebbe sacrilegio. E' il germ'é! vivù della dta, il sangue primordiale, la premessa dello spirito, il simulacro della Natu1·a che si fonde con gli Ernngeli, ed è divina quanto più è parca di farori ecl esigenze di co11tributi sacrificati. La \"itu dei ca fon i è religiosa e la religion° è rnssegnazione: una alluvione sommerge il paese, e i cafùni im·ec<' di costruir(' una diga votano una cappella. Opernno, i c:afoni, t· non hanno 1'11· ·ilio de! passalo. La storia la portano n<>llecellule e non curano le pietre famose. Attorno a 101·0le ere i stratificano e si confondono, senza che nessuno Si dia peso di distruggere le :)l·ecedenti. A Pescina in alto in alto on,, la mura m~galiliche. che soprarvanzano Roma: più giù il castello caltedrnle del Rinascimento, i tetti ro si delle palazzine antisismiche. Sui muri leggi ancora nitide le scritte di propaganda el~ttorale per il candidato :\[uratori del '9 e per il candidato Scellingo ciel '09: neppure i fu ·cisti ne furono aclombrati. ln piazza con lo tes o c:arminio è scntto: « Abbasso le Nazioni Unite» ~ « Viva le Nazioni ,te : e;anto <:he la seconda è più viva. Sono contraddizioni a cui nvn si deve far ca ·o. Queste cose sono un sovrappii1 imposto dalla civilti1 ufficiale. r cafoni per conto loro ne farebbero a meno, come fa1·eb~ro a meno della burocrazia. dei carnbinieri, del padrvne lontano, tre entità che si equi valgono e coincidono, sono borboniche prima e dopo i Borboni, ecl è impo: ib1le che sia diversamente. In una t~ITa spezzettata cli piccole proprietà sempre in pericolo, dove un anno di grandine o di sec:cù po ·ouo di ·truggere la cootinuiti:t dei ,ecoli, le < gride» del Comune e il fucile dei carabini~ri sono li nemico in agguato, pronto ad avallare con la Ci· \·it~t ufficiale le aHersitù di\·ine o i furori de! padrone lontano. Sono queste cose medesime il pa· dron<>. A Fontamara le distinzioni non hanno grande effettù; segretario comunale, mare!';ciallo, Il principe Torlonia, sono il « partito dominante». il Governo. E guai a provocare il C:o\·erno ! Sarebbe capace di fare come i funzionari c:he costruirono la ferro\·ia e, 1rritati l)';!r una <:erta mala accoglienza, condannaron,) i pesc:inesi ad udire il fischio della locomotiva senza vederne il fumo e contro economiu fecero fare ai binari un giro \·izioso. 3arebbc c:a::iac:edi far" come 11ministro della Ri· c:o·truzione: il Genio Civile aveva cùnce so ai pe scinesi di rifarsi la scuola elementare distrutta, PM· mettendo il rimborso delle fatiche; l'i -~ttore inviato per accertare il ·comp11nento del lavoro, dopo un buon pranzo. concesse l'appalto dei lavùri a due ricchi fascisti; i pescrne'i la \·orarono e gli ap,altatori d0vevano prend~re i quattrini; alle proteste colorite degli interessati In burocrazia oppose una denuncia per oltraggio ... Sarebbe capace di fare come il catiitnno dei carabinieri di A \·ezzano, che ,er protP,ggere i fa cisti ha ottenuto l'epurazione del presidente <lei C.L.r-i .. unico epurato uella clttit con il pretestù che nve\·n modi troppo aut<>ritari nei confronti d~i disonesti. l cafoni allora ·i teng0no quanto più in di part<' possono. Odiano gli impiegati, odiano l carabinieri. odiano il padrone lontano. Hanno vaura degli avvocati. E' un odio sordo e silenzioso, che prnrompe impron·i o e inorganizzalo quando può, e poi C'ade sotto il piombo dei fucili. Una ola volta, si racco11ta, i carabinieri Dùo poterono nulla. Fu nel 1900, quando i radicali che si 09ponP,rnno a Giolitti indirono l'oculista Scellingo quale candidato nel collegio mar i<:an<1contro 11 pacirone Torlonia. S<:Cllingo e ne arrivò tutto solù e :-conosciuto una mattina, e non erano ad accoglierlo c:he quattro ragazzetti. l <:afoni non potevano .... He ne andò senza av<>r pronunciata parola. Dopo a1-ri\·ò il padrone 'l'orlonia. Arrivò su una « carrozza senza caYalli », che era la prima autom<>bile che i pescinesi vedernm), e i c:hiusero m casa per il terrore, " inrncarono la :\Iadonna che il fumo <lella benzina non an-elena se le \·iti. come si credern. L'auto att1·a\·ersò il pne e. Il padrone non Si degnava cli ari'<'. tar. i. Ba lll\"H farsi vedere, di solito. Alle urne tutte le schede furono per cellingo. Questi non ca9h·a perchè. Era diventato il rapp1-eseutante cl~i raf0ni al Parlamento senza capire 1 cafoni. Quanto al paclr<>ne, per consolarlo i: re l<) fec-e senatore, e continui> ad essere il padrone e le straducole c:ontinuarono a portare il suo nome P, quellù della sua casa. E continua Fontamarn. Case che non sai se siano macerie, macerie che sono ancora case. Odor cli !)figlia e di urine. Uomini faticati, seguono chini gli a ini chini. Donne belle di giovinezza, a\·vizzi cono al sudore e bimbetti nudi e bronzei giocano nella pula. Gli uomrni si iscri\"ùno ai partiti, le donne hanno il diritto di voto. Re:stano In burocrazia, i cara binieri, il padrone lontano. Ugo Zatte.rin. FIGURI Ritrovamento di un cadavere Giovanni Ansaldo è stato fermato su un treno mentre viaggiava travestito da militare alleato. E' riuscito difficile a tutta prima stabilire la sua identità; l'abitudine a mentire e a mutare casacca e lo sbalordimento di esser stato acciuffato, gli impedirono per alcuni minuti di ritrovar sè stesso Disse di esser stato un giornalista socialista, di av;r fatto della propaganda radiofonica, di essere una spia, di aver venduto elogi sperticati a Mussolini, di essere stato un amico di vari Stati esteri e un nemico degli stessi in diversi periodi. Sul principio i poliziotti pensarono che si trattasse di Marco Ramperti, del quale mancavano notizie da tempo e che pareva strano non fosse riuscito ancora a fuggire dal carcere di Venezia. Tradotto in Questura l'ex direttore del Telegrafo veniva riconosciuto da una prostituta fermata per commercio di stupefacenti e d6po l'identificazione dichiarato in arresto. Si è in attesa che le autorità giudiziarie istruiscano il processo e che alcuni colleghi, i quali senza bisogno di travestimenti si son fatti editori di giornali umoristici, compilino un memoriale per dimostrare che Ansaldo fu antifascista della prima orà, l'anno precedente a quello in cui divenne fasci sta della seconda. li detenuto è stato posto in una cella con una raccolta completa delle sue conversazioni radiofoniche contenenti la dimostrazione logica e la giustificazione storica della immancabile vittoria dell'asse e dell'italianità della Corsica. La notizia del suicidio è smentita: Giovanni Ansaldo è uno di quei cadaveri che continuano a camminare. PltlgrUU Dunque, anche Pitigrilli « era de/l'Ovra »: le te· stimonianze, le accuse precise riempiono un dossier di oltre duecento cartelle. L'ultimo scritto del «brillante umorista» - quando lo avremo arrestato - sarà soltanto il memoriale di difesa oggi caro ad ogni inciminato politico. Su Pitigrilli il capitolo è chiuso; ma resta aperto ravvivato da/1' «incidente» di questo untorello, un più grande problema: il problema del doppio gioco degli intellettuali, degli uomini di lettere, degli scrittori, dei giornalisti, di quanti insomma si fecero portavoce, per un pubblico piccolo o grande, di un pensiero al quale apposero la convalida del loro nome. Per noi, il problema non merita, perchè lo si risolva, tante amletiche incertezze: chi scrisse per il fascismo o fu in buona fede o non lo fu; in tutt'e due i casi - ma soprattutto se barò al gioco, parlando in malafede - non lo vogliamo, oggi, fra noi. Noi crediamo che sussista una scala di valori e di responsabilità fra lo spazzino che del suo pensiero parlava a se stesso e alle immondizie raccolte dalla strada, e l'intellettuale che ogni giorno parlava a migliaia e migliaia di uomini. La parola scritta è l'arma più valida per difendere la libertà o per ucciderla. Chi scrive impegna tutto se stesso; per le sue debolezze morali non ha attenuanti nè giustificazioni; non v'è doppio gioco che discrimini chi ha tradito nello spirito la parola della libertà o chi con le parole abbia tradito il suo spirito. Su Pitigrilli il capitolo è chiuso. Ma non lo è ancora su troppi altri. E resta aperto il problema. Appellus rinviato alle Assise ROMA, settembre - Mario Appelius, il più fanaftco degli 1 apologeti del regime fascista, sarà giudicato dalla Corte d'assise di Roma entro il mese di novembre e dovrà rispondere di atti rilevanti per il mantenimento del fascismo al potere. lnf atti il P. G. ha dep-0sitato la sua requisitoria che chiede il rinvio al giudizio dei giurati dell'Appelius, accusato di avere anteriormente e fino al 1943, fatto un 'accesa propaganda in favore del fascismo e della guerra con articoli di _giornali e con conversazioni radiofo1:iche. Nella requisitoria si parla di Appelius come del più fazioso radiocommentatore, scelto per la sua fedeltà al fascismo e per il suo odio contro la Gran Bretagna, tanto che soleva porre termine alle sue invettive con l'invocazione « Dio stramaledica gli inglesi». Si deve alla fantasia dello stesso Appelius la trovata del famoso « spettro radiofonico». Appelius, quantunque sia stato ricoverato vario tempo ali' ospedale per sospetto di tumore al cervello, per cui si profilò l'ipotesi che il magpiore propagandista del defunto regime fosse un mentecatto, si è difeso abbastanza abilmente nei suoi interrogatorii. « Non ebbi mai la tessera fascista. Non ricoprii mai cariche nel partito - ha affermato tra l'altro. - Ciò non vuol dire non abbia creduto nel fascismo inteso come movimento a rendere l'Italia grande, ricca, socialmente progredita». Lo scrittore, che fu per lunghi anni inviato speciale del « Popolo d'Italia» dal quale percepiva un ingentissimo stipendio cui davano il loro contributo i fondi segreti della Presidenza del Consiglio, ha sostenuto dinanzi ai magistrati che molti dei suoi famigerati articoli sul giornale milanese gli vennero imposti; ma ha anche ammesso di non essersi reso conto che la guerra a fianco della Germania era contraria ai sentimenti e agli interessi dell'Italia. Tuttavia verso la fine del 1942, avverti che le cose non andavano per il loro verso, ed ebbe allora un cofloquio con Mussolini che lo tranquillizzò completamente. Qualche tempo più tardi, persistendo la crisi di coscienza, Appelius ebbe un successiYo abboccamento con Mussolini. Questi lo ricevette freddamente e alle rivelazioni del giornalista tagliò corto chiedendogli: - Siete anche voi contagiato di disfattismo 7

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