L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXVI - n. 24 - 1 maggio 1945

Bib Il movimento operalo Italiano In Svizzera dal 1900 al 1914 (Continuazione di terza pagina) Fu anche deciso che in caso di sciopero tutti gli operai partecipanti ad esso, e .non solo, come nel passatO', quelli organizzati dovevano es!.erc sussidiati dalla cassa della Federazione. Le se::ioni dovevano versare alla cassa centrale, per ogni socio, cent. 30 al mese. La quota fu quindi di 50 centesimi al mese. Il congresso istituì infine la carica del segretario pagato e ad essa fu nominato E. Vil'et. Il nuO'Vo Comitato Centrale riordinò la Federazione, vigilò a che le disposizioni sugli scioperi venissero rigidamente applicate. L'azione energica della Federazione, l'abbondanza dei lavori nella cdili::ia e la impotenza dei male organizzati capimastri permisero alla Federazione di conquistare dei miglioramenti per gli operai, che convinsero questi ultimi ali 'utilità dell'organizzazione e li indussero ad aderire ad essa. La Federazione Edile contava in settembre 1904 57 sezioni e 3500 soci, nell'agosto 1905 58 sezioni e circa 5000 soci. (18-20 maggio 1906) Le sezioni italiane e quelle tedesche ricostituivano l'unità nella Federazione Muraria svizzera. Il problema dei rapporti con l'U1ùone Sindacale svizzera aveva perduto il suo aspetto pericoloso, dopo che l'Unione si era, nel 1906, sottoposta ad una riforma e aveva adottato il sistema, tuttora vigente, secondo il quale le federazioni aderenti conservano la loro piena autonomia ed aro• ministrano la lorQ' cassa. La proposta di fissare la quota a cent. 30 la settimana raccolse 3288 voti, la controproposta, di mantenere la quota mensile di cent. 50, 731 voti. A segretario furono nominati G. Kappler, per i tedeschi, Girardi, per gli italiani. Al regO'lamento per gli scioperi fu aggiunta la disposizione ~he, per costringere, in caso di sciopero, i celibi ad abbandonare la località, la Federazione poteva non versare ad essi il sussidio. L'aumento della quota conteneva i germi di un grave conflitto. I rappresentanti delle sezioni rimaste in minoranza (Montreux, Chardoone, Losanna, Friburgo, Oerlikon e Affoltern all'Albis) si ritirarono, subito dopo la votazione, dal congresso, una scissione potè però per allora essere evitata. Al congresso successivo> (Berna, 27-29 settembre 1907) il Comitato Centrale proponeva un nuovo aumento della quota che avrebbe dovuto corrispondere per settimana al salario di un 'ora di lavoro, per i muratori quindi cent. 50-60. 26 sezioni con 2623 soci approvavano l'aumento, 13 sezioni con 688 soci lo respinsero, 5 sezioni con 1114 soci si astennero dal voto. Oltre a ciò il congresso accrebbe i poteri del Comitato Centrale limitando il diritto di referendum dei soci, un innovamento la cui importanza sfuggì allora agli organizzati e di cui essi acquistarono coscienza solo allorchè la minoranza tentò di indire un referendum contro l'aumento delle quote. L'oppo'Sizione era particolarmente forte nella Svizzera francese, dove si faceva sentire più vivamente l'influsso dei sindacalisti e degli anarchici. Alcune sezioni dichiararono di uscire dalla Federazione, senza potersi però intendere sulla via che bisognava seguire. del Serrati; se sul terreno politi<:o era ammissibile una organizzazione autonoma che riunisse gli italiani residenti in Svizzera, il tentativo di crearne una anche nel settore ;indacale rivela solo a ignoranza completa dei principi della lotta sindacale o irresponsabilità. Solo nel 1912 ebbe luogo la conciliazione. Du· rante cinque anni fu combattuta tra le due Federazioni una lotta rabbiosa nella quale troppo spesso prevalsero i personalismi e gli insulti e il cui principale risultato consistette nella decadenza di ambedue le organizzazioni e in alcune sionfitte degli operai, le cui vicende non presentano nessun interesse. Innumerevoli furono i tentativi per ristabilire l'unità. Della scissiO'lle si occupò, per condannarla severamente, il congresso internazionale degli edilr di Copenhagen del 1910; le organizzazioni sindacali svizzere, tedesche e italiane erano •continuamente in movimento per il medesimo motivo; furono organizzati congressi e convegni dedicati solo al problema dell'unione nell'organizzazione edile. In un.a riunione di organizzatori dei tre paesi, che ebbe luogo nel febbraio del 1912, fu decisa, per favorire l'O'rganizzazione sindacale degli italiani in generale, iu particolare per favorire l'unità degli edili, la pubblicazione di un nuovo giornale puramente sin· dacale, « L'Operaio», la cui redazione fu affidata a Giuseppe Bianchi. Nato il 7 febbraio 1889 a Milano, G. Bianchi aveva dovuto interrompere gli studi ed apprendere la professione del correttore; un soggiMno di cinque anni in Germania, prima come correttore, poi come redattore dell'« Operaio Italiano» aveva costituito il suo tirocinio in qualità d'organizzatore sindacale. Poi era venuto in Svizze:ra. Giovane, intelligente; istruito, buon parlatore, era una speranza del movimento operaio italiano. « L'Operaio» è da considerarsi come opera personale sua, ed esso è certamente il migliore dei giornali italiani pubblicati in Svizzera; la tiratura variò nel primo anno tra le 4500-6000 copie. Le prospettive per un superamento della scissione si erano nel frattempo migliorate: Serrati era tornato in Italia, Montanari e Girardi i due avversari suoi, s'apprestavano a fare lo stesso; ambedue le Federazioni potevano constatare una dimi· nuzione catastrofica di sO'Ci: la Federazione Edile wntava nel 1911 ancora solo 1316 iscritti; dei 1700 organizzati che avevano abbandonato la Federazione al momento della scissione, ne restavano nella :Federazione Italiana nel 1909 solo 400, e nel seguito la situazione peggiorò. Finalmente fu possibile arrivare a un compromesso e il 6 novembre 1912 ricostituita l'unità. La Federazione italiana lasciò cadere le sue pretese decentralizzatrici, essa aveva chiesto che le sezioni avessero il diritto di proclamare uno sciopero; la Federazione primogenita fece per parte sua delle concessioni nella questione delle quote, che furono fissate nel modo seguente: cent. 40 alla settimana per muratori, cent. 30 per manovali, cent. _25 per i portacalce. La storia delle lotte interne della Federazione edile in Svizzera è terribilmente pr~aica con quelle sue lunghe e violente diatribe per 10 o 20 centesimi di quota settimanale di più o di meno; la debolezza cronica dell'organizzazione dà ad esse solo maggior risalto. Ciò non deve però far sottovalutare, per gli effetti, l'importanza delle lotte stesse e della loro conclusione. La fusione rappresenta, nella storia della Federazione edile e in quella del movimento operaio italiano in Svizzera in genere, sotto tutti i punti di vista una svo.J.ta, un punto di arrivo e uno di _partenza, una conclusione e un inizio. La fusione significò una piena vittoria dei principii dell'organizzazione libera su quelli anarchico-sindacalisti. Un nuovo aumento delle quote era solo una questione di tempO', la nuova Federazione unitaria accettava invece senza riserve il criterio che sua unica funzione fosse la lotta economica e le regole le più prudenti per la condotta delle agitazioni e degli scioperi: le idee degli anarchici e dei sindicalisti sull'autonomia delle sezioni, sulla decentralizzazione, sull'azione diretta, su scioperO' generale e antimilitarismo furono recisamente respinte. Questa estromissione di elementi estranei al principio del sindacato libero fu compiuta anche nei rispetti dei socialisti, realizzando la completa separazione della Federazione edile dal Partito Socialista Italiano in Svizzera. Il rapporto delle due organizzazionl non era stato {ino allora mai definito in modo preciso. I socialisti, che consideravano il sindacato come una scuola delle loro idee, erano stati tra i pro· pagandisti più attivi della Federazione edile al coo- .gresso di Zurigo I del 1900 essi avevano impostato tutta la loro azione in questo senso; le battaglie che essi avevano condotto con la parola e con la stampa eranO' state combattute anche per l'organizzazione sindacale, il loro giornale era l'organo della Federazione edile. Solo il timore di prO'VOCarela suscettibilità di alcuni organizzatori li aveva trattenuti dall'immischiarsi nelle faccende interne della Federazione. Serrati si sentiva libero da tali preoccupazioni, nO'i conosciamo le conseguenze del suo agire. Il suo interve::to e quel che segul offrì agli organizzatori edili l'occasione per chiedere che tra Partito e Federazione edile venisse tracciata una linea netta di separazione, punto di vista che fu accettato anche da Bianchi e che, da lui sostenuto al congresso dei socialisti del 1913, veniva approvato da questi. Cosi furono poste allO'ra le basi sulle quali doveva nei decenni successivi sorgere l'edificio dell'attuale organizzazione edile svizzera. Il problema che si poneva dopo compiuta la fusione era, se sarebbe stato pO'Ssibile trasformare la piccola Federazione edile in una vera organizzazione di masse. I tempi non erano favorevoli, la guerra libica e quelle balcaniche avevano sconvolto l'economia europea e il mercato del lavO'ro svizze· ro. Malgrado ciò l'intensa attività degli organizzatori edili dava dei risultati promettenti, il numero degli iscritti sall da 1028 nel 1912 a 1692 nel 1913. Lo scoppio della prima guerra mondiale distrusse però di nuovo tutto. In corrispoodenza alla situazione di fatto abbiamo posto al centro della nostra esposizione l'elemento italiano; completiamo ora il quadro riportando un brano di una relazione del segretario tedesco• della F'ederazione edile, G. Kappler: « E' perfettamente inutile gridare soltanto contro l'elemento -italiano, quando sappiamo che anche gli indigeni e i muratori che vengono a lavorare qui da altri paesi non sanno fare - generalmente s'intende - il lO'l'odovere. Nell'industria edile di Zurigo affluisce un elemento indigeno rurale che è impregnato di spirito nazionalista; a Berna c'è un discreto contingente tedesco, ma in fatto d'organizzazione si procede anche qui tutt'altro che bene. A San Gallo l'elemento edile è profondamente religioso, ma neppure le organizzazioni cristiane riescono a persuaderlo ad or· ganizzarsi. A Basilea l'organizzazione oltre ad avere pochi aderenti, è turbata wntinuamente da dissidi fra gli indigeni e gli alsaziani ». ( continua). Il conflitto non avrebbe avuto probabilmente nessun seguitO', se l'autoritario e invadente segretario del Partito Socialista italiano in Svizzera, G. M. Serrati, il futuro direttore dell'« Avanti I», in seguito ad un suo conflitto personale con il Comitato Centrale. della Federazione Muraria non si fosse buttato con tutta la combattività propria di lui dalla parte dell'opposizione. Egli divenne l'anima della medesi· ma, egli mise a disposizione degli avversari dell'aumento della quota « L'Avvenire dei Lavoratori», costringendo così il Comitato Centrale della Federazione Edile a pubblicare un suo organo>, ,, La Muraria», fu egli che spinse il conflitto alle sue ultime conseguenze, alla scissione, avvenuta al congresso di Winterthur della Federazione edile (1909) e alla fondazione, insieme ad alcuni sindacati autonomi, di una « Federazione muraria italiana». Prima della sua lite col Comitato della Federazione Edile, Serrati aveva bensì deplorato la precipitazione in cui il Comitato aveva voluto compiere l'aumento della quota, si era però dichiarato in linea di principio favorevole ad esso. Simile fu d'altra parte l'atteggiamento dei dirigenti della nuova Federazione, essi affermavano che gli immigranti italiani non erano ancora sufficientemente preparati all'organizzazione e che delle quote troppo elevate li avrebbe trattenuti dall'aderire all'organizzazione; oltre a ciò essi criticavano le tendenze accentratrici della Federazione. La Federazione Muraria italiana fissò la quota a cent. 30 la settimana. Il mlllantato antlla■elsmo Solo la stoltezza, testardaggine, bO'ria nazionale, animosità personale potevano scindere la Federazione edile proprio nel momento in cui l'aggressione della Lega dei Capimastri richiedeva l'unione di tutte le forze operaie. Ambedue le parti in contesa hanno le loro responsabilità. Gli uni dimenticavano troppo facilmente come l'aumento delle quote aveva sempre incontrato una viva opposizione nel· l'ambiente operaio, e bensì non solo presso gli italiani; si dimen ticarO'llOle esperienze raccolte in Germania, che hanno indotto uno storico della Federazione Muraria di quel paese a scrivere: « Ogni centesimo di contributo per l'organizzazione era motivo d'orrore per gli operai». « Tutti i congressi (dal 1892 al 1910) dovettew occuparsi più o meno con la questione della quota». (Paeplow F., Zur Geschichte der deutschen Bauarbeiterbewegung, 1932, p. 446 ss.). Non può d'altra parte sussistere a c4n dttb~io sulla m~:tl~ eirotivj del 'agi1'e I Codici Penali puniscono non lievemente il delitto di millantato credito, vale a dire l'attività, giustamente considerata criminosa, di chiunque scrocchi danaro od altra utilità, vantandosi di godere il favore o addirittura di poter comperare il favore di qualche pezzo grosso, generalmente della burocrazia. Non io vorrei erigere a reato la millanteria, socialmente meno grave, alla quale intendo dedicare queste brevi linee. Ma mi par non inutile additare, se non alla considerazione del legislatore penale, all'attenzione ed alla riprovazione pubblica il fastidioso costume di tanti che, convertitisi all'antifascismo soltanto quando furono personalmente toccati nella borsa o nella situazione sociale, oppure quando fu· rono ben sicuri che lo stesso non sarebbe più risorto, fanno ora sfoggio della loro tardiva resipiscenza, come se i veri, i puri antifascisti fossero proprio essi. Cotesta brava gente - se la si vuol chiamare così - trattava, in passato, di pazzi tutti coloro che, per obbedire ad un dovere morale, osavano affrontare a fronte alta i dominatori, e si buscarono la galera od il confino. E rinnegava, senza arrossire, i rapporti di antica amicizia e perfino di parentela, che avesse con tali pericolosi « delinquenti » politici. E chiamava per lo meno « fessi » quei più modesti galantuomini, i quali, anche senza raggiungere l'eroismo dei primi, non foss'altro per decenza morale sdegnavano di arruolarsi nelle pletoriche file del partito unico, e preferivano rinunciare ad ogni vantaggio, inattingibile senza la tessera, per non prostituire la loro coscienza. Ebbene: tanti di cotesti signori -e non a caso si è scritta quest'ultima parola, perchè il fenomeno che qui si vuol segnalare è squisitamente borghese, nel significato deteriore del termine, - hanno aspettato a scoprire una loro (preventivai) mentalità an· tifascista all'alba del 26 luglio '43, allorchè si seppe f he il fascismo era caduto, od anche - poniamo - un po' avanti, ma, p. es., non prima di quella triste fine del 1938, quando, per un doppiamente sciocco pregiudizio razziale, il fascismo li costrinse, loro malgrado, ad uscire dalle proprie file. ( Quel pregiudizio razzistico era, appunto, doppiamente sciocco: e cioè, non soltanto sciocco, ed iniquo, di per sè stesso, per la mancanza di ogni sua giustificazione etnica, storica, sociale e psicologica; ma anche politicamente sciocco, dallo stesso punto di vista del fascismo, il quale si vide costretto, per obbedire ad un barbaro mito, inoculatogli dai padroni teutonici, ad allontanare dai propri ranghi parecchi che ne erano stati fino allora assidui zelatori. Constatazione, quest'ulti]Tla, che deve pur essere fatta melanconicamente da chi scrive queste linee, il quale non può essere certo tacciato di ... antisemitismo!) E' evidente - ma sarà, ad ogni modo, opportuno di sottolineare - che non si vogliono qui additare ... no no, non al pubblico disprezzo, ma soltanto alla pubblica ironia, quei tanti poveri diavoli, che fu· rono costretti od almeno coartati a prendere la tessera fascista per necessità familiari, come l'opposizione in sordina soleva interpretare la sigla P.N .F., che faceva bella mostra di sè su le insegne del partito. Tali poveri diavoli, che in passato si adattarono passivamente ad essere considerati fascisti, ora che si sono finalmente potuti spogliare della ca• micia nera, che per molti di loro era una vera camicia di Nesso, non sono essi a far pompa di quell'antifascismo, che molti degli stessi, malgrado la «cimice» della quale si ... fregiavano (proto, non saltarmi l'« i»!), avevano celatamente custodito nel cuore. • Ma, in compenso, quanti e quanti neo-antifascisti millantano un antifascismo, ch'è proprio di princisbecco! Ve ne sono, che ostentano addirittura un loro antifascismo di avanti la marcia su Roma, mentre, sotto il passato regime, asserivano d'essere stati, come appunto usava dire allora, fascisti ante-marcia. Erano stati - assicuravano in quei tempi, verso i quali va, forse, ora una loro inconfessata nostalgia - fascisti nel cuore, anche se, per prendere la tessera, avessero atteso di vedere quale fosse, in definitiva, il vincitore. E, quando ne furono ben si· curi, si decisero a fare il gran passo. Oh - dicono adesso - non di buona voglia, non sinceramente, ma perchè moralmente costretti. Ora, che ci siano state vere eccezioni morali su molti, su moltissimi, nessuno vu~le nè potrebbe onestamente negare. Ed è pur vero che, per iniziare quasi tutte le carriere, era necessario munirsi della tessera, che, appunto per questo, era paragonata al biglietto del tram, senza il quale non si poteva compiere, o, per meglio dire, nemmeno incominciare, la corsa. Ma è vero altresl che chi poteva godere d'una p~sizione indipendente, chi eserdtava una professione libera - di medico, d'ingegnere, d'avvocato - e perfino chi avesse gi.3 assunto un impiego dello Stato, non aveva la necessità assoluta d'iscriversi al partito. Certo, chi, sollecitato o no a prendere la tessera, se ne asteneva, doveva .rinunciare .... a parecchie coserelle: ad ogni carica ad onore (se onore si può. chiamare qualsiasi ufficio o titolo da non potersi acquistare se non a scàpito della propria coere~z;); a certa clientela, non pur di noti enti pubblici, ma anche di qualche pavido privato, se un non-tesserato era un professionista; ad ambiti e legittimi trasferimenti, od incarichi retribuiti, od altrimenti inerenti al proprio uf• ficio, se funzionario dello Stato. La coerenza, si sa, costa ben qualche •cosa; può, magari, costar cara. Ma, per quanto male si possa e si debba dire del fascismo, non si venga poi a sostenere che chiunque, di qualsiasi età ed in qualsiasi situazione sociale, non potesse dignitosamente, se pure oscuramente, vivere anche fuori del partito. Il vero è che, se moltissimi, e forse i p1u, vi s'iscrissero - come diceva un mio compianto amico - de damno vitando, parecchi, troppi altri vi entrarono, niente affatto a malincuore, proprio de lucro captando. Intendendosi poi per lucro, non sempre un guadagno pecuniario, ma un qualsiasi vantaggio, che potrei anche chiamare morale ... se la penna non si rifiutasse di adoperare tale qualifica in faccende di cotal genere, cosi poco pulito. Son proprio fra costoro da ricercarsi i più di quanti oggi millantano il loro antifascismo. Cioè fra quelli, che sono pronti, pur che vi trovino un loro tornaconto, a servir qualsiasi regime, e che, credendo d'ingraziarsi il nuovo padrone, si sciacquano la bocca delle malefatte di quello vecchio, e sputano nel piatto ove ieri mangiavano ( o speravano di mangiare). Altri si vantano oggi di quelle amicizie (antemarcia ...) e di quelle parentele con antifascisti di alta statura, che in tempi fortunosi cercavano, quanto meno, come già si accennava, di nascondere accuratamente. E millantano, se non altro, un antif ascismo ... di riflesso; ed esaltano altrui gesta, in passato ostentamente condannato. Altri ancora, fidando su la corta memoria di troppa buona gente, negano, con bella faccia tosta, di aver mai appartenuto al fascio, di aver mai indossato la funebre camicia nera, di aver mai detto o scritto alcun che di elogiativo pei padroni del momento. Ed altri ancora, con la speranza di seppellire definitivamente il loro ingombranle passato, si aff annano a mendicare la benevolenza di circoli e di .uomini, che fino a ieri ignoravano o dicevano di disprezzare, quando, come accade meno di rado di quanto non si possa credere, non si buttino perfino a mani/ estare idee politiche che, se pure av· verse a quelle che professavano ieri, essi reputano estreme ( è vero che, sotto certi aspetti, gli estremi si toccano ...). E son proprio costoro, i millantatori dell'antif ascismo, che, nelle conversazioni private quand'anche non in pubbliche conversazioni, parlano del fasma, da essi smaccatamente adulato fin ch'era in auge, in modo assai più violento di coloro che ne sono stati i costanti avversari. E son pronti a sopraffarli con le loro violenze verbali, solo che gli stessi, con quella equanimità ch'è propria d'ogni onesta coscienza, invochino un giudizio di serena giu· stizia su fatti ed uomini, anche se questi ultimi siano stati loro spietati nemici. Ma, insomma, anche a non voler continuare il catalogo, che sarebbe abbastanza ricco,· dei neoantif ascisti, lo spettacolo, che sovente dà di sè cotesta gente dalla coda di paglia è tale da offendere, non dirò il buon gusto, ma addirittura il pudore di coloro che, quanto più patirono a causa del fascismo, tanto più pudicamente si astengono dal vantare le loro effettive benemerenze. E non è raro il caso che, quando alcuni antifascisti della vecchia guardia s'incontrano fra loro, l'un d'essi dica all'altro: « vedrai che verrà il giorno in cui quelli che saranno gabellati per antichi fascisti, desiderosi di far dimenticare il loro passato, ~aremo proprio noi»! (A. L.) Zurigo I compagni che si recano in questa città non dimentichino di passare alla Militarstrasse 36 al RistMante Cooperativo, dove saranno ben accolti e si troveranno fra compagni. Wlnterthur _Compagni tutti, recatevi alla Marktgasse 47 al Ristorante S~lmen (Cooperativa Italiana), troverete pure _un ambiente accogliente e frequentato da compagru.

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