Bil •• Basta sangue ! •• Continuazionedi prima pagina per avere delle medicazioni. Tutte le volte accompagnata dalla scorta di tre militi armati. Di questi ultimi due si trattenevano abitualmente vicino alla porta nel corridoio ed il terzo, col mitra spianato, faceva da guardia a/l'ingresso dell'ospedale che si intravvedeva da un finestrone del corridoio stesso. Mi trovavo dunque nascosto da poco quando mia moglie arrivò. Erano esattamente le 14. Le esposi in breve il mio piano e le dissi che alle 15 in punto essa doveva nuovamente trovarsi li dato che alle 15,30 partiva un treno per Milano ed io intendevo prenderlo a Beora, paese sito a 7 km. dalla città stessa. Attesi con ansia indescrivibile l'ora. Alle 15 precise essa arrivò tutta trafelata dicendomi che aveva preso la scusa di una medicazione e che i militi stavano al di là della porta in agguato. Non volli sentire nulla, in un attimo la travestii, poi piano piano, aperta la porta d'uscita, guardai fuori, indi feci segno a lei di seguirmi. Attraversai di buon passo, sempre con lei, il tratto che ci separava dall'uscita principale. Avevo il cuore in gola, la vita d'entrambi era in giuoco. Passando vicinissimo al finestrone con la coda dell'occhio vidi il milite che con il mitra spianato ci guardava con aria tranquilla. Sorrisi di compiacenza e strinsi f ortemenle il braccio alla mia compagna. Passarono pochi istanti e già ci trov,avamo nella strada. Ci mettemmo a correre sinchè raggiungemmo la bicicletta. La inforcai e dopo aver alla meglio caricata mia moglie, pedalai disperatamente. Dovevo guadagnare tempo e mettere la maggior strada possibile tra mc e gli eventuali inseguitori. Ma la disdetta volle che poco dopo una gomma mi si affievolisse; maledissi tutte le biciclette del mondo ma non di meno continuai a pedalare. Al quinto chilometro non ne potevo più, sentivo che se avessi continualo sarei caduto. Scesi dalla bicicletta lasciando la stessa a mia moglie perchè continuasse la strada ed io la seguii correndo a piedi. Finalmente, esausti, arrivammo al punto da vedere il vagone di coda del treno che partiva. Quel contrattempo non ci voleva! Non mi demoralizzai; nascosi mia moglie alla meglio nelle rocce, mi levai il travestimento onde rendermi presentabile e andai a cercare nel paese un luogo dove passare la notte sino alla partenza del primo treno del mattino e cioè alle ore 4. Anche questa volta la sorte mi favori e poco dopo una casa sicura ed ospitale ci accolse entrambi. Ma anche quella notte trascorse insonne per l'apprensione di essere da un momento all'altro scoperti, dato il gran numero di f ascisli che si trovavano nel paese. Al mattino ci dirigemmo verso la stazione ed in attesa de/l'arrivo del treno ci appiattammo in mezzo ai binari. All'arrivo del treno, in un baleno, ci trovammo sullo stesso, e questo senza che alcuno dalla stazione si accorgesse della nostra partenza. A Pallanza scendemmo. Poco dopo prendemmo il tram per Infra. Da qui un barcaiolo, a/traversando il lago, ci accompagnò a Baveno. Erav~mo salvi! Appena approdati ci abbracciammo con le lacrime agli occhi senza parlare, dato che la gioia ci soffocava entrambi. Canticchiando ci dirigemmo alla stazione esprimendo la nostra gioia anche con dei sorrisi di compiacimento che rivolgevamo ai militi che si incontravano ed alle 14 arrivavammo a Milano. Alle 14.30 raggiungemmo la nostra casetta dove trovammo mia madre, con amici e parenti che ci accolsero con grande gioia e commozione. Poco dopo, abbracciata mia madre con mia moglie e la mia piccola bimba, con occhi umidi di gioia, elevai il mio pensiero a Dio ringraziandolo della grazia che ci aveva concesso. Ancora una volta ai nazi-fascisti vennero strappate delle vittime! Una volta di più ero pronto a riprendere l'azione con /'apporlo della mia minuscola pietra alla grande costruzione della santa Causa che in un giorno ormai vicino porterà l'Italia a quel regime di libertà, di giustizia, di benessere che tutti, tutti i buoni italiani desiderano ed auspicano. Aldo S. La scorta destinata ad accompagnarci nel viaggio era composta da 220 ceffi della Muti armati di tutto punto i quali presero posto, una parie su due vagoni speciali corazzati e gli altri sulle diverse garritte dei vagoni. Fummo ermeticamente chiusi in 35 per ogni vagone e per vera fortuna a noi destinarono il vagone di coda. Appena rinchiusi e in attesa che il treno partisse, ci mettemmo subilo al lavoro, onde effettuare il nostro disegno. Con il temperino ,pazientemente, praticammo diversi fori nella parete di coda del vagone, cercando di occultarli con della mollica di pane ad evitare spiacevoli sorprese. Finalmente dopo 5 ore di sosta, verso le 20, partimmo. Lasciammo che il treno prendesse velocità, poi introducendo la provvidenziale spranga di ferro nei fori, facendo leva, incominciammo a svellare le tavole. Venti minuti dopo l'apertura era pronta! Ad uno ad uno, silenziosamente, ci calammo in mezzo ai binari. Qualcuno, data la velocità del treno, si fece del male più o meno gravemente. lo fortunatamente rimasi illeso e, finalmente, libero! Guardai sorridendo il treno che scompariva ed ebbi l'impressione che lutto, tutto ciò che mi circondava, sorridesse con me. L'unica amarezza era il pensiero per quei disgraziati che in quell'istante correvano verso la maledetta Germania. Che Iddio li accompagni sempre, pensai! Rimessomi un po' dall'emozionante momento, mi misi in cammino seguendo i binari con l'intenzione di trovare qualche persona per farmi indicare la località dove mi trovavo e la strada per Milano. Ad un tratto, in lontananza, vidi tre figure che a me parvero tre militi armati. Di scatto mi buttai, ventre a terra, sulla scarpata, fiancheggiante i binari, trattendo il fiato e con il cuore in gola. Appena i tre giunsero a pochi metri riconobbi chiaramente che si trattava di tre ragazzi armati di fucili da caccia che fungevano da guardiaf ili. Udendo che uno di di loro diceva: « bisogna vedere se c'è qualche altro ferito e soccorrerlo » istantaneamente un'idea mi colse. Appena quello in coda mi passò avanti mi alzai e messogli un dito in un fianco, a mo' di pistola, gli gridai: ,, mano in alto! ». Immediatamente i tre alzarono le braccia implorando pietà. Scoppiai in una franca risata e battendogli una mano sulla spalla gli dissi in perfetto meneghino: « lassa perd ... va là! tira giòo i man e pariemen pii». Spiegai loro chi ero pregandoli di darmi aiuto. Mi offersero ospitalità in casa di uno dei loro dove mi rifocillai, mi ripulii e mi feci la barba (datava di un mese) onde essere almeno presentabile. Dopo di avermi accompagnato sulla strada buona, con tutte le indicazioni, mi lasciarono facendomi gli auguri più caldi. Camminai tutta la notte e per buona parte del giorno e finalmente giunsi verso le ore 13 a Milano. Lascio immaginare al lettore l'incontro con la mia bambina e con mia madre che mi credeva ormai fucilato da tempo. Di mia moglie seppi solo che da alcuni giorni era partita per cercare di ricuperare almeno le mie spoglie ma dove fosse diretta nessuno lo sapeva. Rimasi a letto quattro giorni con un febbrone da cavallo dovuto agli strapazzi subiti. Appena alzatomi, e dopo essermi munito di nuovi documenti, onde poter circolare liberamente, mi misi alla ricerca di mia moglie. Fjnalmente venni a sapere che essendo andata a Domodossola per cercarmi, era stata riconosciuta e arrestata dai militi delle Brigate Nere, accusata di spionaggio, e in conseguenza delle busse subite nell'interrogatorio ed ai patimenti di ogni genere, era stata ricoverata a/l'ospedale della città stessa e lì stava ancora piantonata giorno e notte. Senza perder tempo presi il treno diretto a Domodossola dove giunsi alle ore 23,30. Sapevo che in quella città, dove avevo trascorso molti giorni durante l'occupazione, in qualità di partigiano, ero conosciutissimo, ma ero deciso a tutto usare pur di liberare mia moglie dalle mani di quelle belve. La stazione e la città erano gremite di militi armatissimi. Mi diressi, cercando di nascondermi alla meglio, in un albergo di mia conoscenza dove mi diedero rifugio per la notte. Si intende che dormii con gli occhi bene aperti in quanto nelle camere adiacenti dormivano i « pezzi grossi» delle Brigate Nere. Il mattino mi recai all'ospedale e, per mezzo di persona di fiducia, che per ragioni ovvie non posso precisare, malgrado la stretta sorveglianza, potei parlare a mia moglie. Domani ... Anche i bambini sanno che domani, a guerra finita, tutti potranno viaggiare in aeroplano. Chi oggi non si lascia tentare da fanta.stici piani avveniristici? Basta pensare un attimo al gigantesco sforzo di produzione e cli industrializzazione realizzalo durante questa guerra, per rendersi conto che quando tutte le macchine che gli uomini possiedono potranno produrre beni per il consumo civile, invece di armi, non solo la ricostruzione - per quanto estese siano state le distruzioni - potrà avvenire in modo rapiclissmo, ma lo stadio ste~ so d'ante-guerra sarà sorpassato d'impeto e il mondo, ritrovata la pace, s'incamminerà orgoglioso verso nuove sicure mète. . . . . Chi avesse dubbi su questa poss1b1l1tà d1 ripresa, guardi quanto s'è fatto in questi ultimi anni. Gli alleati hanno trasportato sulle.. coste della Manica interi porti smontabili messi in opera in poche ore; Stalingrado, rasa al suolo, dopo pochi mesi, « rispondeva » e manda\·a al fronte nuovi carri armati. Non v'è carenza di materia prima cui non si sia rimediato con geniali surrogati, sicchè anche i calcoli dei mineralogi che una volta usavano prevedere l'anno in cui il mondo si sarebbe trovato eenza petrolio o senza carbone ormai non ci spaventano più. L'umanità, nonostante la guerra, è sempre meglio agguerrita per asservire ai suoi bisogni le forze della natura. La nostra fantasia ha tutti i diritti di sbizzarrirsi. Eppure inconsciamente sentiamo che qualcosa ci trattiene dal prestar troppa fede a questo beato ottimismo, e il dopoguerra lo vediamo più facilmente nero di lutti e di miserie. Quali timori ci preoccupano? I giornali ogni giorno li esprimono. Da un lato l'uomo moralmente disfatto (il banditismo dilaga, nei paesi liberati; l'odio risponde all'odio, la violenza alla violenza); dall'altro il ristabilirsi cli vecchi antagonismi (caste che si aggrappano ai loro privilegi; occulte forze - ormai ben note - che sabotano generosi tentati vi cli rinno\'amento; la giustizia paralizzata da ignobili connivenze che sopravvivono tenaci al dolore della guerra). Più o meno, è ùappertu tto così. E le voci di colo1~0che vogliono rinnovare il mondo - abolire le frontiere. socjalizzare la produzione - suonano utopistiche alle orecchie cli chi guarda la realtà Tra questo dualismo estremo, il semplice buon senso scompare. E proprio in questo «semplice buon senso» sta la chiave del futuro che ormai ci appartiene. L'incontro rimarrà in me impresso fino all'ultimo La politica ci delude. Chi ha fame non h~ tempo di badare alla politica, e i politicanti giorno della mia esistenza! Cercai di rincuorarla sembra provino un sadico piacere ad arzigoraccomandando/e di esser calma e tranquilla e le golare tra di loro. Ogni partito proclama indissi di tenersi pronta per una eventuale fuga, dan- transigente ch'egli Bolo detiene il vero segredole le istruzioni del caso. Ripartii per Milano un to per dare agli uomini pace giustizia bene& sere. Ogni partito promette pace, giustizia e po' più sollevato formulando piani per una possi- benessere. E prima di tutto la pace. bile evasione. Dopo tre giorni il piano era trac- Ora, oggi, è divenuto molto difficile inganciato. Allo scopo di poter travestire mia moglie mi narci, perchè certe teorie economiche e politimunii di un. cappotto, un velo nero, scarpe e calze che, che una volta erano riservate a chi aveva. tempo di leggere grossi trattati. sono pa5:5ate dell'egual colore e un paio d' occhiali. Per me invece nella coscienza comune. La 6 uerra ha d1mouna tuta d'imbianchino, uno straccio di berretto ed strato l'infondatezza tanto di chi saccenteuna sciarpa di lana. Fatto un pacco di tutto quanto mente proclamava la burocrazia dell'URSS d d b l incapace di promuovere l'industrializzazione partii per Domodossola spe en o, come agag io di un paese cosl vasto e primitivo (ripetendo il appresso, la mia bicicletta. Vi arrivai alle 11,30. mito del colosso dai piedi d'argilla), quanto Svincolai la bicicletta e mi allontanai nella campa- dei rivoluzionari che negavano all'industria cagna per travestirmi. Dopo di che mi diressi all'o- pitalistica anglo-ame1:icana (b~·iU_ante'sl: m3: caotica e incontrollabile} qualsiasi capacità d1 spedale. Prima di entrare lasciai !n un vicolo vicino uno sforzo concorde, assiduo, coordinato. Le la bicicletta appoggiandola al muro e augurandomi necessità della guerra hanno fatto compiere mentalmente che non scomparisse. Appena in ospe- ad ambedue i sistemi miracoli mai visti sino dale incaricai la persona già accennata di avvisare ad oggi: sbarchi operati. con la precisi_one di 11 l d un movimento d'orologeria; valanghe d1 fuoco mia moglie della mia presenza. Vicino a a sa a i esatte come una lama di coltello (i proiettili medicazione si trovava una piccola stanza d'aspetto arrivano, vengono sparati, ma subito ve ne dove mi nascosi. In questa stanzetta v'erano due sono altri, intanto si raccolgono i boSS?li. e porte: una verso un'uscita secondaria e l'altra che nelle fabbriche si lavora, una linea ferroviaria. dava nella sala di medicazione. In quest'ultima poi interrotta è subito riparata, la benzina, compiuto il giro del mondo, giunge esattamente una porta serviva per l'accesso dei malati dall'in- nel serbatoio del carro armato che non si ferterno dell'ospedale. Mia mogUe, spesso, s· r-ecav2 i ~dli uomini mangiano, dormono, si danno il turno. rice\·ono regolarmente cioccolatta e sigarette, i feriti ono subito curati, evacuati, i morti sepelliti, il loro nome registrato e telegrafalo alle famiglie. ma comunicato con i debiti riguardi, l'aeroplano non manca mai dorn la fanteria 10 i-hiama per telefono. le cl onne riparano gli ahi ti dei soldati, i soldati vanno in licenza per sposarsi, per vedere il figlio appena nato, i giornalisti sanno tutto dappertutto, le navi viaggiano, malgrado i sottomarini, la -scienza, nei laboratori. fa progressi da giganti, dietro il fronte si allestiscono teatri per gli S\·aghi della truppa, nessuna energia è trascurata, non un bisogno è dimenticato). La guerra d'oggi è il più bel miracolo che la tecnica sino ad oggi abbia compiuto. Che soltanto la guerra possa stimolare gli uomini a' compiere miracoli? L'avvenire minaccia di nuovo la disoccupazione. E ormai tutti sanno che la disoccupazione è l'inizio cli una nuova guena. L'evidenza di questo dilemma non sfugge più a nessuno: l'umanità possiede una macchina; perchè gli uomini possano vivere dev~n0 poter consumare i beni che questa macchrnit produce (cibi, abiti, case, automobili ...}; ma per questo occorre che la macchina li occupi tutti, rimunerandoli per il lor 0 lavoro, perchè soltanto col rica\'ato del pl'Oprio lavoro ognuno può partecipare al consumo dei beni socialmente prodotti. :-.;on v'è problema - teoricamente - più semplice; la realtà dimostra che in pratica è il più tenibile rompicapo che assilli l'umanità. E la realtà ha anche dimostrato che poichè l'uomo non può attendere pe1· mangiare che i politicanti. gli economisti, gli scienziati abbiano risolto questo rompicapo e si siano messi d'accordo, al primo screzio che ai verifica, al primo vagone di caffè gettato nel mare perchè invenduto e al primo operaio licenziato perchè le venclit~ sono in regresso. i governanti non hanno che una via possibile: afferrare il megafono della propaganda, parlare di onore, di potenza e di gloria; ~hiudere le frontiere, aprire le fabbriche di armi, e aspettare tranquillamente che un'altra guerra maturi. « Questo scherzo - dice l'uomo della strada - è durato abbastanza. Che la colpa aia di Dio o degli uomini, per mc, poco impo1-ta. Esistono uomini - politicanti, economisti, utopisti o realisti che regolarmente mi promettono pane e pace perchè li ficgua; e il mondo mi dà fame e guerra; ma non per questo i falsi profeti disarmano. e riprendendo il loro ritornello, cercano d'ingannarmi ancora. L'unica vendetta è di lasciarli soli, e cli pensare ai fatti miei». Naturalmente questa non è una soluzione. Non importa: il quadro del mondo non è ancora completo. Il mondo è dominato eia un irrefrenabile progresso tecnico (che segue il progresso scientifico puramente speculativo) sicchè la macchina di cui abbiamo parlato produce sempre di più con meno lavoro, fraziona il lavoro rendendo gli uomini sempre più - necessariamente - solidali tra di loro, aumentando da un lato le ricchezze prodotte, diminuendo dall'altro le possibilità d'impiego. Sempre più complcs.sa, più fragile, più pericolosa da maneggiare, diventa questa macchina, e le crisi, se si verificano, diventano sempre più catastrofiche, irreparabili, uni versali. Mentre ancora si cerca la soluzione dei problemi di ieri, già i dati di oggi li hanno sorpassati, e come l'uomo che ha fame, non può aspettare per mangiare che il mondo sia « n. posto>'. così gli scienziati, afferrati eia un processo che li domina, non si fermano per aspettare che gli uomini pratici abbiano adeguato il mondo alle conseguenze delle loro scoperte. E ancora un'ultima constatazione. Le meraviglie tecniche della guerra odierna hanno però riconfermato che la mente degli uomini non solo è capace di organizzare la produzione, ma anche la distribuzione (cioè quanto più manca in tempo di pace), che è capace di pianificare il mondo, coordinare gli sforzi, far giungere ad ogni generale i cannoni che gli occorrono, ad ogni soldato le sigarette senza le quali non starebbe tranquillo, tutto questo µurchè una necessità superiore lo esiga, pt11·chè il bi. ogno sia chiaramente oggetti~ Yato (e per ogni parte, l'oggetto finale degli sforzi è il supel'ameuo clclla parte avversa}, purchè \•i sia costJ"izione, neceseità cli vincere, pena la rnol'tc. E, come per incanto, questa me1·avigliosa organizzazione svanisce quando più nulla divide gli uomini, quando non esiste più un nemico noto che ci dica: « e domani trecento cannoni non saranno in quel posto, il nemico passerà e \'errà ad ucciderti». Ci manca un ll)io che ci governi. Dobhiam 0 rassegnarci alla nostrn congenita in:-;apacità. di auto-governarci? Il mondo di domani, il mondo che facilmen1" ci immaginiamo in questi anni terribili, mondo di pace, cli armonia, di benessere, don-à sempre rimanere soltanto un sogno? ~o, assolutamente no, noi lo vogliamo. sapoiamo che \·erl'à, se non per noi, per i nostri figli. Gn amico comunista in questi giorni mi clice\·a: « Se fino acl oggi il li\•ello medio di vita dei la\'Oratori ncll'UR'S è rimasto in generale inferiore a quello di altri pape i capitalistici, la causa va ricercata nella necessità per l'UHSS di risparmiare ogni ricchezza appena superflua per industrializzare nel più breve tempo possibile un paese ch'era tra i più arretrali del mondo. E quando l'industrializzazione fu a buon punto, la guerra si profilò all'orizzonte, icchè i bisogni della vita civile dovettero essere ancora una mila trascurati di fronte alla impellente necessità cli armami per vincere la guerra. ~la il giorno in cui ogni minaccia dall'e terno sarà scomparsa, allora si vedrà la importanza per i larnratori di vivere in un pae e do,c lo stato socialista non solo sviluppa mcioclicamcntc la pl'Oduzionc, ma assicura al contempo la ripartizione clei 'prodotti a ciaf;Cun0 secondo i suoi bisogni. Il livello medio di vita non solo raggiungerà, rua sorpasserà rapidamente quello di tutti gli altri paesi, e mano a mano che nuove scoperte scientifiche permetteranno di produrre di più lavorando meno, Si ridurranno per tutti le ore di lavoro, mantenendo inalterato il benessere, anzi migliorandolo, concedendo a ciaecuno maggiori ozii e maggiori libertà per sviluppare liberamente le proprie capacità, fisiche o intellettuali. Al regn 0 della necessità, secondo Marx, sarà subentrato il regno della libertà». Che pensano i conservatori di questo progrnmma, i conserq1.tori in senso largo, cioè coloro che non ritengono che l'ordinamento capitali tico della società debba essere radicalmente rirnluzionato? Pensano che anche loro lo saprebbero realizzare, o piuttosto che si realizzerebbe da è, mediante l'iniziativa pri- \ ata, la libera concorrenza, la politica della porta aperta, la legge della domanda e della offerta ... Anche loro. consci ormai della necessità di evitare le crisi - non fosse altro per non perdere lo strumento del loro dominio, dato che oggi s·è visto che le guerre toccano anche i capitalisti, nel paese vinto, ed è improbabile che i capitalisti tedeschi si salvino, se non fisicamente, almeno in quanto capitalisti - anche loro sanno che debbono trovare sempre nuovi acquirenti per i loro prodotti, e che questi acquirenti non possono essere che i loro stessi salariati, ai quali occorre aumentare co tantemente il potere d'acquisto: anche loro. in definitiva, pronosticano nel mondo di domani - senza guerre - un maggior benessere per tutti. Gli uni conf'idano nelle virtù taumaturgiche dello tato, gli altri nelle virtù auto-equilibratrici della libertà. Li accomuna un identico presupposto: la necessità cli conservare al mondo la pace, che si traduce nella medesima conseguenza: un fatale progresso del benessere di tutti, un fatale: « lavorare meno e vivere megTio ». Tra queste due tendenze estreme esistono infinite sfumature, ma ciò che importa è che nessuna prevede freddamente le guerre quale toccru;ana di ogni crisi, che tutte pronosticano per la vita degli uomini una continua a.scesa verso un maggior benessere. Lungi da me di voler mettere tutti i « sistemi» economico-politici sullo stesso piano. Li differenzia non soltanto una più esatta valutazione «scientifica» della realtà, ma anche una buona parte di mala fede che, a lume dei fatti. appare oggi lampante almeno per co1oro che in nome della giustizia predicano la difesa di patrimonii male accumulati o in n0me della libertà, il diritto di conservare i propri privilegi. i\Ia prescindendo da quella che è la politica vera e propria, da quello che sono i « sistemi » intesi come mezzo, una comune affinità li avYicina, questi diversi «partiti>', come raggi verso un unico centro, al quale più o meno sapranno in pratica avvicinarsi, centro che racchiude in germe la medesima deficienza per tutti. Avrà la vittoria i 1 « partito » nel quale si saranno schierati gli uomini che avranno saputo superarla. Si promette agli uom1111il benessere. Che cos'è questo benessere. al quale fatalmente andremo incontro, se saprem 0 evitare le guerre? 1ei cinema degli Stati Uniti vengono oggi proiettati dei piccoli film di propaganda che, per incitare il pubblico a sopportare i disagi della guerra, lasciano intravvedere quale potrà er;sere il m0ndo di domani: un signore, per esempio, riceve degli amici nel proprio appartamento; combinando impulsi elettrici sopra una tastiera, ottiene immediatamente tutto quanto desidera senza alcun intervento umano: cibi e bevande d'ogni genere, qualsiasi gradazione di luce. qualsiasi temperatura dell'aria, musica classica o leggera, televisione, giornali dell'ultima ora. Tutti fumano, l'aria condizionata rimane sempre pura. Non è difficile immaginare il resto da sè: moriranno uno ad uno i misteri del nostro pianeta che ancora oggi ci affaacinano; il minimo viaggetto di piacere ci condurrà come nulla alla Terra ciel Fuoco; ma la televisione ce l'avrà già fatta conoscere e si tratterà soltanto di controllare la perfezione raggiunta nella trasmissione delle immagini, dei colori, dei suoni, degli odori. La medicina ci farà vivere più a lungo, senza malattie. Scendere in paracadute sarà uno scherzo. Gli aeroplani atterreranno sui tetti. In ogni stagione, in ogni luo-
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