viste; ,gi•a·oohè qualunc;_u.e apriorismo dottrinario non 'Potrebbe ise non ailterare l'intendimento deHe concrel,e si luazioni, c.he ci Gi ,pongono 1nnanzi (del resto anche i socialist.i rm-si pare s'indirizzino se.mpre più verso questo criterio :pratico). Se nel campo prati•co delle riforme sociali l'aJffermazione <ii un dogmatiJSmo - quale fu ad esempio rper tanti decenni l'adesione aà mate:r.i.alriamo slo1,ioo non rpotrebbe e€<se1,e oh-e di -0siaJcolo aLla aziooe cli governo del socialiÌl9mo, non meno rperi1colosa e dannosa -potre'bbe essere 1Una simJe presa <ii 1)06izione per quanto concerne la poosibiliità <li oopansione delle idee .socialiste in seno al rp01polo, girucohè verrebbe ad ese-,ere p06ia una. illecita e artifiiciosa restrizione a1 concett-0 iste.s.so di sooialiismo. Soci,aliBta iofatti è chi crede e "Vuole quella profonda rilf.orma -della società, i cui :principi ormai tutti conoscono; e il ,oaa·attere distintivo del soeialii;,ta, c,peraio o ililtelletbu.ale ohe egli e-,ia, non -può essere altro ohe La sua sipirituaJe a,p,paricnenza al proletairiato: ,a cruel proletariato, il (iuale sente in Sè lo slancio ideale verso J';mun:i1nente gram.de ~-rncxrma sooialle, come quel celo, che irnaggioy,mente s0tfifre e ~i umilia nell'odierno ordinamento deU,a oo-cietà. Ogni preteisa dii ,coartaire ulterionmente iJ conicetto di socialismo con l'impooiq,ione di dogmi 'J)Seudo-filosofi.ci od in alf:ra consiroiile ma'lliera, fini~·eb'be iper •porre ail di fuori <li essi, per ragioni extra poli ti,ohe, delle 'l'lJUmero~ilSl:,ime ill1ru56e,1dhe verrebbero faLaLmente a.ttra·tte altrove, con grave -danno del movimento 'Proletario. Il socialiismo deve ,potere invece attiraTe a isè le rmasse lavoratrici, senza f.ar fo,·za .'11lle loro mohte'{)liici tra,diz,iorri, al loro sentimento de.U.a faimi,glia, alla reUgione nella qn.a.- le credono. E !J)er que6to deve aippunto, lilbero da ogni pregiudizio dottrinario, la.sciare ng,li uomini la più ampia libertà nel campo dello r,.pilito. Per qua,nto poi con<cerne coloro che ,pO&Sono a rag,ione ,ohiamia.rsi lavoratori -dell 'intelleito, destinati essi pu.re a dar ,forza ,ru1,movimento socialista (è noto che nel.1a odierna società gli inteUettuali aµ-partengono in maggioranza al• La. ca<fiegoria dei non abbienti) è chiaro che la i1rrup06izione di dQ,,,"Illi,, La cui inadeguatezza era già senti,ta <live1'E'i liUBtJ•i or sono, o,ggi, ne~ la qu8.6i totalità d-ei ,caisi, non ipotrebbe che in- .contr,are resistenze i<nsU'peraibHi. Gli intellettuali, ohe vAT1!)ronoa noi, lasciaa:noli liJleri -di ~re idea!,iBf.i o ipooitivh.<,t,i, òi ,credere a 1rna mora1e divina o a un iim:Peraitivo mora.le uma 0 no; e potremo allora pretendere .che essi lavorino con ma1ggior rfe,de e COIIl maggi.Jr paBEione, ,ci.ascuno partendo dal rp-roprio cerchio di i,dee, per il trionfo del socia,lwmo. Xon -,,oJ..o:,ma un dogma,, una q,ua!Junque mistica, anche se Jond,ata \SU ideali umainitari, lfarebbe'J·o troppo p,ensare a dolorooiis&iime, non dimenticate e,sporienze. Questo atteg.giaime.nio antidottr,inario 'I)Qre <:~tiiui.re ormai ,<;enza allcun duW>io la posiz10ne ohe il ipa:rtilo Bociali6ta italiano russume nel/l'apera; d,i, irièoot111.11Z,ion,ecte,ll'Italia; .atteggiamento improntato a iu11 profond,o senso ~torico, c,he costi,tuisce l:a più ampia gar.anzia della rrna,turi1.à ipolitiica ,del .soci.alÌffill.o. Ma con tutto ,ciò, 'Potrebbe ,chiedersi aJcu,10, resta in Yl ta il .s,ociialismo ,come tale? Si! E anche più ,giovane, più vita,le, ven-amenle moderno, ca:pa,ce di conqui1Stare ra:pidrumente la na~ione. Non solo; ma, se Io voglia, esso potrà ancora a (l:>uon dÌI'i ~to conLlnuare a chfarn.a.nsi marxista; rperohè a Marx il sooiali,smo deve riMeg,namento ,che l'obiettiva analisi deL le folrze econom.i1che ò essenziale, per intendere e rifonmare la società; a Mairx il sociaJiMno deve La oomiprensi,ome della lotta. di clrusise e della irusootituilbile funzione del iproletariato. Quoste fondamentali geniali intuizioni, che ogigi sono penetrat.e ~cOIJ'Ylaeooa,de per tutte le veri1tà} in ogni coscienza sl da ,pote!!' addirittura é'embrare luo,gbi ,comuni, sono .a,cqwsizioni poJiti,che dhe il sodailismo può ri,·endicare, rSono i 'Pilastri. del suo edificio. Per questo ;.l socialismo mode.rno potrà sempre a buon diriiito ohia,mrursi marxista. Se invece iper ooiciaù.ismo marrxista S:i dovesse, ccm1e in ,certi moone.nti del 'Paissa!Lo, intendere 'UD socialismo, che aocetlasse come dogma l'intero ·co,rruplesso deble dottrine di, Marx, promuovendole aJ1 rango di ,erità eterna, un soci.alÌISIIlo di siffatto genere tradi,rebbe l-0 1:,pirito de.ilo stesS-O Marx, il quale, dota1-0, come era, dri. acutrissi.mo senso &torioo, m•ai nruscose c.he oigni 1J1uoval siituazione, nello svillwppo dellia solCietà, Ifa s.orgere nuovi .p1,olb'leani nel ca'IDJJ)odei -pensiero; e,d .aivrebbe rioo di chi ar,esw peMaio ohe le sue ,geniali a1nttuiizioni S-Ociologi che potet?seo:o e.s-sere 'Promosse al rango di veri là filo~ oocfi,ca definitiva,, ,a.venie id diritto di Lmpeddre ogni ulteriore svilUJpPO <le.I pein:siero. pre. gL Finirà la Quando il 5 giugno 1944 le fruppe alleale entrarono a Roma, la popolazione le accolse con un entusiasmo chef olografi e operatori cinematografici si affrettarono a rendere noto a lutto il mondo. Il giornale delle truppe francesi combattenti in Italia pubblicò una di queste fotografie con la dicitura: < Des vivats pour des sigarelles >. *** Croce, in un articolo apparso sul giornale romano < Risorgimento liberale, del 28 ollobre 194.J si chiede: « Chi è f ascisla? », e per rafforzare la sua lesi secondo la quale il fascismo non è il f enomeno di una classe o cli un gruppo di classi contro un'altra, ma ebbe sosteni/ori in fulti i ceti sociali, cita l'esempio di llll suo ciabaltino che nel l9z5 rifiutò di fargli un paio cli scarpe protestando che egli, Croce, era anfifascisfil e < parlaoa male del duce>. *** Uno slooeno, che si f rooava in uno dei tanti campi di concenlramenlo sparsi oggi in fallo il mo11do, venuto a conlallo con italiani, compagni di soenlura, rifiutava di rivolger loro la parola perchè soldati italiani avevano ucciso a Lubiana sua madre. Ve ne fu. uno tra gli italiani che, prima d'indignarsi di questo atteggiamento, volle rii lellere. « Gli hanno ucciso sua madre, pensò. L'hanno uccisa miei compatrioti,. L'assurda intransigenza dello sloveno acquistò un significalo umano. Ogni volta che gli passava accanto, dllro, ostile, chiuso nel suo dolore, provava come una strana ooglia di abbracciar/o. Non tralasciò una occasione di rioolgergli la. parola. Dovevano lavorare assieme, le occasioni non mancavano. L'alfro gli rispondeva secco secco quanto occorreoa per il loro lavoro. L'italiano non lo al:ibandonò più, gli era sempre vicino. L'allro quasi ne prooaoa fastidio. Si parlarono. Parlarono di tulio. c·era un argomento che non loccaoano mai: l'odio che li divideva. Volle dimenticare l'uno che parlava con un italiano, l'altro, che il suo interlocutore odiava gli italiani. Un giorno lo sloveno fu trasferito. Prima d'andarsene salutò /"ifalia110 .5fringendogli la mano, e disse: < Tu sei un amico,. Non disse altro. *** Gli aeroplani sono perfettamente inuli/i se gli uomini che portano la responsabilità di dirigere il mondo non si scrollano di dosso oecchi abili. E' logico che finchè dura questa situazione gli aeroplani (e la radio, e le navi, e la chimica, e l'industria) non possano seroire che alla guerra. Nel gran clamore dell'odio e della violenza, l'unica vendetta degli uomini ancora possibile, è di slnngersi ogni tanto segretamente la mano. E' facile seminare l'odio, oggi, con un po' di catlioa volontà. Le ingiurie portale a destinazione con un corriere a caoallo perdeoano nel lungo cammino molta della loro insolenza. Oggi le stazioni radio vomitano ingiurie a fu.ile le ore in folle le direzioni: chi le ascoltasse tulle, impazzi. rebbe. Sì, il mondo s'è faf(o più piccolo, ci conosciamo fulfi, ma continuiamo a odiarci. In famiglia. Non rimane che cercarsi un amico. * * * Ora, gli italiani doorebbero sforzarsi di dimostrare /'ingiustizia della condemna che subisc• da parte di stranieri che non vogliono vedere dt/- f erenza ira il popolo che abita la penisola e la politica del governo che per venfannt dooeflero subire. E i socialisti, dal canto loro, deoono rispondere alle puerilità di Croce, perchè non è gellando il fango in faccia a lutti che si rifà un paese demoralizzalo e avvililo. Il giubilo della folla ha sempre qualcosa di morboso. Certamente tra coloro che app/audioa110 i liberatori di Roma il 5 giugno 194.J, molli erano scesi in piazza per raccogliere le prime sigaretle, o sperando cli veder ricomparire il caffè. E probabilmente molli di questi erano usi applaudire il duce. La dicitura sul giornale france se voleva dir questo? Ne diibilo. Era un segno di disprezzo per l'Italia. Ingiustificato? Affatto, se rlfalia esiste soltanto in funzione del fascismo. K allora? Era assurdo, era ridicolo. Era una catli oeria gratuita. Forse oggi quel redaUore che la scrisse, avendo visfo par figiani il aliani combattere e morire, non la scriverebbe più. Deoo dire che personalmente, come italiano, questo mutamento di giudizio 1wn m'importerebbe nulla? Credo che convenga dirlo, anche se doorò per questo alfirarmi il disprezzo di altri italiani. Fin tanto che si continuerà a considerare le nazioni entifà astralfe, ri.~ultato di somme e di percenlu.ali, di anonimi falli cl'arme o di anonimi alfeggiamenli colletlioi, fin lanlo che si continuerà a dire: « rJtalia è una delinquente», oppure: < l'Italia si sta. riscattando» oppure: « l'lfa/ia polrà vivere se saprà acconlenlarsi di essere una po lenza di terz' ordine », si parlerà un linguaggio così assurdo, c~e tal_i giudizi non meritano neppure di essere nle_v~ti. Fin tanto che si parlerà così, tutto sarà possibile, l'odio o l'amore, inclifferenlemenfe, perchè di ogni nazione si potrebbe dimostrare con i_m po' di buona o di catlioa oolonlà, che «menta» o che « non merita». Oggi l'Italia, ha già avuto un dato numero di morfi per la causa della libertà. Sta bene. E se ne avesse avuti meno, se ne avesse aoiLlo uno sol.o? Il sacrificio di questo unico sarebbe stato meno grande? Dovrei lasciar dire che rilalia è un paese vile? Non esistono nazioni oili, perchè in ogni nazione c'è almeno un eroe. *** Oggi, voci generose tentano di riabilitar': l'Italia, ponendola a conf ronlo con 18:Gennama, per_ La quale folti sembrano concordi, alm~no que[l, che hanno i giornali, le radio, e le tribwie pe_r farsi udire, che sia da. punire in folti i s11oi abif anli. Purtroppo· dobbiamo riconoscere che di tedeschi degni di stima se ne vedono pochi. _< Razza dannata/» vien fallo di esclamare. Ma w non posso dimenticare che a Dachaii c'erano anch~ tedeschi. Hanno sofferto e sono morti. Eden, ai Comuni disse che non vengono inc/11si nella lista dei ~riminali di guerra quei tedeschi cdlpevoli di atrocità contro tedeschi. E' un punto di vista oome un altro. E' un·assurdità come un'allra. Se un giudizio sopra una nazi_one de'?e pesare su tuffi gli uomini che ne possiedono_ 11 passaporto! lo respingerò .sempre. Ilo troppo rispetto per cln muore per permettere che an<;he lonlan~m~n_te debba essere insozzato da un astrafto gmdiz10. [,'aritmetica non si appUca agli uomini. < Rispetto dell'uomo! Rispetto dell'iwmo! », pri. da Antoine de Sainl-Exupéry nélla sua « Lettera agli ostaggi» scritta. prima di morire. I regolamenti delle case di pena o delle caserBibliotecaGino Bianco guerra me recano ancora la clausola, anche se oggi abbandonala, che le punizioni colleltioe sono proibite. K una semplice norma che discende dai diriffi de'll'uomo come ce li ha, tramandali la Riooluzione (rancese. Abbiamo fallo un passo indietro. *** I fautori di un lraliamenlo «moderalo» da infliggere alla Germania dopo la. sconfitta cercano d1 fare accPllare la I.oro lesi con argomenti di praticilit. La Germania. in preda alla miseria coslifuirebbe un pericolo permanente in seno all'Europa ... I farisei frionf ano. Esiste una legge, non 1111a mora·1e. *** E la stessa cosa si potrebbe ripetere per la brillante argomentazione di Croce. Sì, illustre filoso/ o, molti ciaballini, muratori o anche operai sono sfati < /,1scisli ». Dooremmo concluder-ne che il popolo porla. il suo peso di responsabilittì come Lu borghesia? O dobbiamo invece ripetere che chi soffre è sempre riscatfalo, che agli umili, ai poveri e ai derelitti sarà sempre perdon11lo? Cli sfrulfati non hanno mai colpa, signor Croce, anche se ingenuamente possono credere che i loro sfrntfalori siano i loro bene/allori. J.ei dunque si puragona a un ciaballino: io, dice il filoso{ o, che non sono del «popolo», ero un anlif asci sta, menIre un ciabattino, di questo popolo che ora si oorrebbe discolpare, era e/ ascisla ». Dunque .. Sì, tulio è oeramente possibile. E' possibile oggi che Croce usi simili argomenti, come è pure sempre possibile, e chi non lo ha notato?, il ca.- so del domestico affezionalo sino alla devozione al padrone avaro che gli passa uno stipendio da fame. Dovremmo per questo dar ragione al padrone? *** Come siamo lontani da qualsiasi spiraglio di luce. Il fa talismo degli arabi appare tentante come il sonno. Dormire, dimenticare. Sarebbe f acile se al mondo non oi fosse ianfa sofferenza . Cosa dobbiamo fare? Replicare a lono ad ogni assurdittì che esce dalla bocca dei gooernan li vilforiosi? Vittoriosi? Qua'le battaglia hanno vinto? Finora le guerre erano il mezzo per raggiungere certi concreti dirilli. Un rimedio per sanare dissidi. Oggi si pretende di fare la guerra alla guerra. In questo impegno c'è già un no{evdle progresso: facciamo che non venga mai dimenticalo e non stanchiamoci di ripeterlo. Ma ripeterlo non basta se vogliamo raggiungerlo. Potrebbe a lungo andare apparire assurdo, simile ad un ritornello troppo ripetuto, ed essere messo da parte, come cosa che ha fatto il suo tempo, se perdura l'ambiguità elle ispira oggi i nostri alli e i nostri discorsi. Si vuole distruggere la guerra loca'lizzandone le cause fuori di noi. Le cause sono in noi, soltanto in noi. Il mondo è davvero troppo piccolo per conlinul!re a ignorarci. Mi si dirà che manco di senso storico. Se non ammetto che si possa. dire d'una nazione ch'è grande o piccina, buona. o cattiva, su guaii basi reggere la « politica internazionale»? l'uò darsi. Se il senso storico consiste nell'aver sempre gli occhi fissi s,Llla. storia di ieri. Non sembrava fino u poco tempo (a. il guadagno l'unico stimolo pos- -~ibile del progresso industria.le? Eppure oggi anche i «liberali» ne dubitano e vorrebbero Lempel'él re questo criterio. *** Qualcosa è veramente cambiato, che noi non oogliamo ammettere. L'aereo che in dodici ore (o meno?) collegherà l'America. all'Europa. doorebbe fare scalo a Parigi, capitale di primo ordine, a Roma, capitale di terzo ordine, a. Atene, capila/e di secondo o terzo ordine? Forse i vincitori d'oggi s'immaginano il mondo organizzato a questo modo? Ma l'areoplano li ha balluti. n ciabattino di Napoli non starà mai zillo, anche se è stato « /ascista », se saprà, come saprà benissimo, che i ciaballini di Londra o di Nuova York stanno molto meglio di lui. Questo domani non verrà mai. La guerra 1ton ftnirit a questo modo. Tl concetto di nazione è un concetto assurdo, oggi, anche se oggi l'internazionalismo è p:1ssato di moda. l'osso scegliermi i miei amici dooe più mi pare, senza conoscerli, udendoli per radio, leggendo i loro scritti, e lentamente f ormia mo un mondo dive, so, un mondo clandestino, un mondo superiore, che si ride delle frontiere e dei discorsi dei tribuni. Mentre i giornali corrono febbrilmente a spolverare vecchie feluche per darsi un'aria maestosa, men ire si proclama.no dovunque rinati pafriotlismi, nascono ira gli uomini strane amicizie. Quanto tempo dovranno aspettare per trion. fare? Non so. Forse pochi anni, forse nwlti. Ma (inchè non lrionf eranno, la guerra. non finirà. /< inchè si userà il linguaggio assurdo che ogni giorno udiamo, la guerra non finirà. Du,erà un anno, dieci anni, cento anni: non f inirit. E più pé1iono dimenticate queste « ingenue,. teorie, più ba/7a. agli occhi l'assenza di ogni altra possibile meta. Vi è un progresso che il mondo ormai non può più negare, dipende dallo soiluppo délle ...fo:• zr produttive~.- il mondo non può essere che in guerra o in pace. La guerra non è più un mezzo, è un fine, ch'è un non essere. E per essere, il mondo_ cerca la pace. Ma nulla serve ricercare una pace d1 fallo se il mondo deve rimanere in uno stato di guerra in potenza. Qualche volta il combattente drpone le armi per ripusarsi e clormire; appena si sveglia riprende a combattere. Forse uhl,iamo do, mito vent'anni. (E la Spagna, e la Cina?) Non è più possibile vivere divisi, tanto siamo alle strefle. Non è più possibile vioere senza .c-moscersi, io, tu., lui, intesi soltanto a co1wscers1. Una usanza popolare rii certi p:;,.esi eh c➔mpa!Jnn mio: l'? che per un giorno ogni anno gli abil anti si riuniscano e si roof!scuw andos.~n 04ni rancon,. Per farla finita. E la::>0rJ1ein pace il resto delI unno. Potrebbe dirsi mwfoga, 04gi, la situazione del mondo, se non oi fosse queel:1 sostanziale di{f erenza: che allri pagana per le 1n~iurie che alfri inventano. E la responsabilità del dolore del n1m1do è lufla di questi, chiunque essi si,1no J,. c. Federalismo americano e federalismo europeo del del 1788 I94SAbbiamo riletto in questi giorni The Federalist, la raccolta ciegli 85 articoli scritti negli anni 1787 e 1788 da Hamilton, Fay e Madison in difesa della costituzione degli Stati Uniti d'America, che era stata allora proposta dalla Convenzione di Filadelfia e che, adottata poi malgrado la viva opposizione del partito contrario, regge da oltre un secolo e mezzo la più grande federazione democratica del mondo. Abbiamo riletto questo vecchio libro non con curiosità di storici, ma con passione di politici :non per studiare l'origine della federazione americana, ma per vedere che cosa noi federalisti europei del 1945 abbiamo da imparare dai federalisti americani del 1788. Il titolo del volwne potrebbe indurre a sopravalutare l'importanza dell'opera dal nostro punto di vista: si potrebbe credere che l l federalista sia una specie di enciclopedia del federalismo, dove si trovi tutto e solo ciò che può interessare coloro che propugnano una unione federale di stati. Ma bisogna sapere che «federalisti» si chiamavano allora, in Ame.rica, i fautori del concreto progetto di costituzione federale elaborato dalla_ Convenzione di Filadelfia: ecco perchè Il federalista abbraccia solo Quel tanto di teoria di federalismo che era necessario per capire la costituzione progettata e si diffonde invece su punti che con la dottrina federalista, come oggi la intendiamo, non hanno nulla a che fare ma erano essenziali per la difesa di Quella costituzione. Se si debbano ammettere eserciti permanenti in tempo di pace, se e come sia da applicare il principio della divisione dei poteri, quale sia il numero più conveniente dei deputa ti in una Camera elettiva e ogni quanto tempo debbano farsi le elezioni, se sia opportuno accentrare il pot~re esecutivo ndle mani di un Pr& sidente e come questi debba essere eletto: ecco alcuni esempi di problemi che, assieme a numerose questioni minori di giustificazione o d'interpretazione di singole clausole della proposta costituzione, occupano una gran parte del libro e che, se appassionavano i < federalisti» americani di quel tempo, non possono fornire oggetto di meditazione al movimento federalista europeo di oggi. Fondamentali sono, per noi, quegli articoli che si soffennano sul nuovo tipo di stato federale che si voleva creare negli Stati Uniti, in luogo della confederazione di stati sovrani preesistente, e sui motivi di tale trasformazione. ln che cosa lo stato federale differisca dalla confederazione di stati sovrani, Hamilton lo vede chiaramente. Per lui < ,l difetto grave e radicale nella costruzione della Confederazione esistente è il principio del dettar legge agli stati o governi, nella loro Qualità di corporazioni o enti collettivi disl,nti dagli individui che li compongono» (n. XV); a un organismo politico in cui «i poteri si esercitano sulle comunità politiche componenti la confederazione> bisogna sostituire uno in cui i poteri si esercitino invece « s11i singoli ciftad,ni costituenti la nazione, considerati individualmente,. (n. XXIX). Lucidità di pensiero ammire- ,·ole, se si pensa che prima d'allora i teorici, quali Mably, Rousseau, Montesquieu, erano appena arrivati a delineare i caratteri della confederazione di stati sovrani e che anche nella pratica, dalle leghe dell'antica Grecia (eccettuate, secondo una discutibile opinione di Hamilton, le leghe licia ed achea) fino alla Confederazione àei cantoni svizzeri ed ai Paesi Bassi uniti, non si erano avute che confederazioni di stati sovrani. Lo stato federale, che esercita, in concorso con gli stati membri della federazione, una sovranità diretta Sui singoli cittadini, era una concezione nuova ed ardita. Perchè abbandonare la confederazione per lo stato federale? Le ragioni addotte sono varie e talune sono proprie della situazione dell'America nel secolo XVIII. Quella che emerge fra le altre e che certo vale per tutti i tempi e tutti i luoghi è la necessità di salvarsi dall'anarchia. Per Hamilton il principio che regge la confederazione di stati sovrani può chiamarsi « il padre dell'anarchia»; « le infrazioni da parte dei membri dell'Unione sono la sua conseguenza naturale e necessaria; Qiwndo esse accadono, il so• lo rimedio coslifuztonale è la forza e l'immediato effetto dell'uso della forza è la guerra civile» (n. XVI). Dispute territoriali, competizioni com. merciai i, leggi d'uno stato che ledono interessi dei cittadini d'un altro stato (n. VII)erano, sono e saranno occasioni di guerra finchè gli stati rimarranno sovrani, in Europa come in America. Di ciò non è difficile persuadersi oggi; nè i federalisti moderni avrebbero bisogno, come Hamilton, di spender molte parole contro i sostenitori del « paradosso della pace perpeLLta fra gli sfati smembrati e separati l'nno dall'altro>, i quali asserivano che « il genio delle repubbliche è pacifico» e che « lo spirito del, commercio tende ad addolcire i costumi degli uomini e ad estinguere quella propensione alla violenza che ha tanto frequenf emenl e spinto alla guerra» (n. VI)! Nè il disordine si limita alle relazioni fra uno stato e l'altro: esso Si manifesta anche nell'interno dei singoli stati. < D'ogni parte - scrive -- t ..
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