Bit Gli inizidelmovimentoperaioitalianoin Svizzera (Continuazione) Il Movimento Socialista Nel 1894 i circoli si federarono e fondarono. con l'adesione delle organizzazioni sindacali, il N u c 1 e o soci a 1 i sta degli italiani residenti in !svizzera. Il carattere prettamente sindacale del N u c 1 e o risulta evidente dalla disposizione statutaria che stabiliva quale compito la propaganda sindacale e proibiva espressamente quella politica. Il primo congresso del N u c 1 e o ebbe luogo a Zurigo, nello «Stlissihof», il 16 e 17 febbraio 1895. Erano rappresentate o avevano inviato l'adesione scritta le associazioni delle seguenti località: Zurigo, Winterthur, Berna, Lucerna, Basilea, Lugano, Ginevra e Saint-Irnier. Erano intervenuti 13 compagni che rappresentavano 200 organizzati. L'attività del N u c 1 e o era stata molto modesta: Furono fondate, a Winterthur e in Aussersihl (Zurigo), due nuove sezioni, organizzati 14 comizi, distribuiti una cinquantina di manifesti con una tiratura di 500 e 1000 copie ciascuno. Le entrate furono di 415 franchi, le sottoscrizioni resero franchi 154.15, devolti a favore delle vittime della reazione in Italia. Il congresso deliberò di cambiare il nome di N u c l e o s o c i a l i s t a in quello di U n i o n e s o c i a 1 i s t a , pur conservando il vecchio programma. Durante questo primo periodo di vita dell'organizzazione si distinsero quali organizzatori e conferenzieri gli operai Speroni, Prati, Tonazzi e l'ing. Bondolfi. 1 i sta», poi, siccome l'accenno al socialismo contenuto nel nome spaventava molli operai e li tratteneva dall'acquistare il giornale, in «L'Avvenir e de 1 Lavoratore», con pubblicazione settimanale. Il primo numero uscì il 18 settembre 1897 in quattro pagine in grande formato; la tiratura, che variava secondo la stagione, raggiunse presto nell'estate le 3000 copie. Tra i diversi giornali, cui l'immigrazione italiana in !svizzera dette origine e qualcheduno dei quali durò decenni, «L ' A v - v e n i r e» è quello che, in corrispondenza al movimento del quale era l'organo, per il contenuto meglio e più genuinamente rispecchia il carattere del movimento operaio tra gli immigrati. Non inceppato da preconcetti dottrinali, come il «R i s v e g l i o» libertario, o unilaterale come l' «Ed i 1 i zia», dal 1921, organo della Federazione muraria, politico e per lungo tempo, sindacale, l' «A v v e n i r e>> affrontò sempre in pieno tutti i problemi concreti dell'organizzazione degli immigrati, e fu la palestra principale su cui quei problemi si dibatterono. Al carattere incerto, tentennante dell' U n i o n e S o c i a 1 i s t a durante i suoi primi anni di vita corrisponde anche il contenuto del giornale, formato da notizie, trattazioni, corrispondenze e altre cose, senza nessun ordine logico e tipografico. Vergnanini faceva il possibile per assolvere il compito affidatogli, era continuamente in viaggio, teneva conferenze, fondava nuove sezioni, assisteva gli operai. Le sezioni svolgevano una svariata attività: compivano gite in paesi vicini per fondare nuove sezioni e fare della propaganda, inauguravano bandiere, organizzavano conferenze e rappresentazioni teatrali, raccoglievano denaro per scioperanti, per infortunati, per esercitare la solidarietà internazionale, fondavano scuole popolari e biblioteche. Allorché nel 1897 in Berna minacciò una ripetizione della sommossa del 1893, perché degli italiani erano occupati nella costruzione del palazzo del parlamento e del ponte della Kornhaus, i muratori italiani si riunirono in comizio e approvarono, dopo una relazione di A. Vergnanini, una mozione, nella quale riconoscevano come giustificata la richiesta degli operai svizzeri, che in lavori eseguiti per conto delle autorità si dovesse dare la preferenza agli indigeni. Gli sforzi del segretario per influenzare l'emigrazione dall'Italia non dettero alcun risultato. L'azione politica, alla quale Vergnanini ed i suoi amici attribuivano una cosi grande importanza, consisteva, oltre che nella diffusione delle idee socialiste, in una severa critica delle condizioni politiche dell'Italia d'allor.f, critica favorita dalla pratica governativa delle leggi eccezionali, dell'oppressione della libertà e di ogni azione autonoma della classe operaia, della persecuzione degli esponenti del movimento operaio, dell'indifferenza per i problemi sociali del paese, delle avventure coloniali, della dilapidazione dell'erario e degli scandali finanziari. Al di sopra della vita un po' grama che conducevano tutte le sezioni, si elevò per breve tempo quella di Losanna per opera di un tale Peduzzi, nato il 1854 a Schignano, imprenditore benestante, che era riuscito a procacciarsi tra gli italiani di quella località una grande popolarità. Vergnanini, suo avversario, lo chiama una voi ta un asceta, ed ha con questo ricordato il lato della sua personalità che doveva maggiormente colpire degli uomini che, come gli immigranti, si lasciavano guidare nei loro atti più dal sentimento e dalla fantasia che dalla ragione; l'assenza di ogni senso pratico lo dovea bensi fare promotore di azioni talmente assurde da diventare ridicole, che però gli cattivavano in un primo tempo l'entusiastica adesione della massa. Per il resto Peduzzi era testardo e prepotente e fini col guastarsi con tutti. Nel 1896 sorse per sua iniziativa una «Società dei lavoratori italiani in Losanna, Sezione del Partito Socialista Italiano», che in breve volger di tempo contava 800 soci, acquistava in Rue Madeleine una casa che doveva diventare il centro di una impresa cooperativa; si vuole che Peduzzi abbia anticipato 10 000 franchi; il tutto fini dopo poco tempo con un rumoroso fallimento. Un anno di azione pratica secondo le nuove direttive deluse tutti. Era bensi vero che i comizi organizzati dall' U n i o n e costituivano, per il numero degli intervenuti, dei successi soddisfacenti, la speranza di vedere e sentire un «grande oratore» attirava sempre le masse; l'aumento degli iscritti ali' U n i on e non corrispondeva però in nessun modo né a questo successo esteriore né alle speranze; in realtà non si poteva parlare né di una attività politica né di una sindacale dell' U n i o n e. Conferenze, escursioni, recite filodrammatiche e altre storie del genere potevano interessare per qualche tempo gli immigrati, non però fare di essi dei proletari coscienti di classe. Su questa via non si sarebbe mai risolta la questione degli italiani in !svizzera. Riprese allora la discussione per determinare con maggiore precisione i fini ed i mezzi del movimento, discussione che si concluse con una chiarificazione generale e con l'impostazione di direttive corrispondenti ai reali bisogni. A ritardare quest'opera di chiarificazione intervennero gravi incidenti, che danneggiarono il movimento e ne minacciarono persino l'esistenza. (Continua) Eri c h V a 1 a r. Nel 1895 aderirono all'Un i on e soci a - 1 i s t a Giovanni Rigoli, i fratelli Germani, a Losanna un certo Peduzzi e alcuni giovani socialisti italiani che erano fuggiti in !svizzera dinanzi alla reazione crispina del 1894 al 1895; tra di essi dovevano distinguersi Angelo Cabrini, che insegn9 per alcuni anni al ginnasio di Mendrisio, e Antonio Vergnanini. Il Vergnanini, nato a Reggio Emilia il 16 maggio 1861, da genitori ricchi, godette tutti i vantaggi di un'educazione liberale che potè coronare con l'Università. Dopo la morte del padre, in seguito al fallimento della di lui impresa, Antonio perdè tutto il suo patrimonio e fu costretto a guadagnarsi da vivere. Il giovane, che si era prima dedicato alla letteratura e aveva scritto commedie che riportarono dei notevoli successi, divenne socialista e partecipò dal 1890 attivamente al movimento, collaborò a diversi giornali e dovette nel 1894 sottrarsi con la fuga al domicilio coatto; dopo un breve soggiorno nel Ticino, si era domiciliato a Ginevra. Egli possedeva una grande entusiasmo, una ricca cultura, un bel talento oratorio, e la tendenza a procedere sempre, a qualsivoglia compito egli si dedicasse, dal piccolo al grande, dal semplice al complesso, e di procedere subito alla realizzazione delle sue idee. Che egli non riconoscesse sempre i limiti del possibile, di ciò fecero l'esperienza prima i socialisti italiani della Svizzera, più tardi anche quelli dell'Italia. Il socialisIDo e la federazione europea Vergnanini criticò subito l'organizzazione e il programma dell' U n i o n e s o c i a 1 i s t a. Egli attribuiva i risultati poco soddisfacenti della sua attività alla coesistenza in essa di sezioni politiche e di sezioni sindacali; egli pensava che bisognava dare all'Un i on e un carattere prettamente politico ed escludere da essa le sezioni sindacali; solo su questa base essa avrebbe potuto svolgere un'attività veramente proficua. In questa maniera Vergnanini impostava il problema che dominerà fino al 1900 la discussione interna dell' U n i o n e. Il secondo congresso dell' U n i o n e (Berna, 24 maggio 1896), al quale erano rappresentate 25 associazioni, decise all'unanimità di aggiungere all'art. 4 degli statuti l'obbligo della propaganda politica. Questa non era però che una tappa. In un convegno, tenutosi a Losanna il 7 febbraio 1897, e al terzo (che fu nel seguito considerato il primo) congresso dell'Un i on e (Lucerna, 6 e 7 giugno 1897) gli innovatori tentarono di imporre radicalmente le loro idee, ebbero però contro di sè la recisa opposizione di Bondolfi, Tonazzi, Rigoli ed altri sostenitori della lotta economica e dei sindacati. La lunga e alle volte vivace discussione terminò con un compromesso, secondo il quale potevano aderire all'Unione oltre alle sezioni socialiste quei sindacati che aderivano all'Unione sindacale svizzera, che in quei tempi si dichiara va nei suoi statuti ancora favorevole al socialismo e non era quindi del tutto apolitica come ora. In seguito i sindacati uscirono dal1' U n i o n e , il congresso significò quindi una piena vittoria dell'indirizzo politico di Vergnanini. Il congresso deliberò anche di pubblicare un proprio giornale, e la continuazione del segretariato operaio italiano, creato a titolo di prova al convegno di Losanna, con Vergnanini come segretario. Oltre alla cura degli affari dell' U n i o n e , alla propaganda dei principi socialisti e dell'organizzazione sindacale, era affidato al segretario il compito di cercare di influenzare per l'intermediario delle camere del lavoro, dei sindacati e del Partito Socialista d'Italia, l'emigrazione verso la Svizzera e di organizzare allo stesso scopo in Italia un servizio di informazioni sulle condizioni del mercato del lavoro svizzero. Riformata in questa maniera l'Unione, i compagni ripresero con entusiasmo e pieni di ci · avoro. Fu · to « L' E en e · tt i S (Continuazione prima pagina) La morale è ben chiara. Il socialismo internazionale non può resistere di fronte all'anarchia internazionale. Le esigenze della sicurezza nazionale, se non quelle di un abbietto nazionalismo, sono troppo forti. Finché non c·è altro mezzo che la guerra per affrontare il banditismo politico, il socialista si tro\·a di fronte a un dilemma intollerabile: o deve prendere le armi contro i suoi compagni oppure soggiacere all'aggressione. In generale egli ha scelto la prima delle due alternative. E il socialismo come movimento internazionale è in rovina. l\fa c'è dell'altro. Il socialista dà importanza all'uguaglianza e al tenor di vita dell'uomo comune. Si deve ai partiti socialisti se è stato messo in movimento (specialmente nel nostro paese e negli stati scandinavi) un imponente compie so di servizi, del quale può dirsi almeno che ha fatto qualche co. a per raddrizzare la bilancia follemente squilibrata fra ricchi e po- ,·eri. Ma il più grande nemico di siffatto progresso sociale è sempre la guerra e la preparazione della guerra. Nel nostro paese, nel settembre 1939, eravamo giunti al punto in cui ci disponevamo a lenere tutti i nostri bambini a scuola almeno fino al quindicesimo anno d'età, cosi che l'istruzione della maggioranza sarebbe stata inferiore di soli tre anni, e non di quattro, a quella dei pochi privilegiali. Invece, grazie alla guerra, la frequenza obbligatoria della scuola, che era contemplala nella no tra legge da più di sessant'anni, cessò del lutto, e non è stata più restituita pienamente da allora. Sempre nel nostro paese, nel bilancio dell'aprile 1940, il co to di un anno di guerra è stato calcolato in 2000 milioni di sterline (stima che è già risultata del lutto in ufficiente). Quanto sono 2000 milioni di sterline? In Gran Bretagna ci sono circa 15 milioni di salariali assicurati. Il danaro deslinalo a scopi di guerra basterebbe dunque per elevare i salari di ogni uomo, donna, ragazzo e ragazza, compresi in questi 15 milioni, di qualche cosa come 50 scellini alla settimana. aturalmenle, io non penso, nemmeno per un momento, che una tale piatta ridistribuzione sarebbe l'impiego migliore di quel danaro, qualora l'abolizione della minaccia della guerra rendesse disponibile una simile somma per fini sociali. La cifra è indicata soltanto per dare un'idea delle enormi pos ibililà che ci sono inlerdelle dalla persit 1CG'anarchia internazionale. Il socialismo e la pace Cosi, due volte in un cinquantennio, i socialisti hanno vislo sparire in una nolle il progresso sociale di anni; due volte in un cinquanten nio essi hanno vislo il danaro, disperatamente necessario per le case e la alule degli uomini, di tolto invece per i \'ergognosi affari della guerra. Finché avremo da sopportare oneri tanto pesanti, non potremo avere la p10sperità e l'uguaglianza socialista, bensi po'"ertà, denutrizione e immane dispersione di risorse cosi umane come materiali. E" intollerabile che dobbiamo adattarci a questa situazione, solo per la mancanza di un congegno che vi ponga fine. Ma, fino a quando i socialisti non avranno una politica internazionale costrutliYa, noi dovremo sopportare questo peso. In altre parole, l'idea che si debba raggiungere anzitutto il socialismo e che, fatto ciò, tutto quanto concerne i rapporti internazionali si sistema da sé, é un'idea che ignora le lezioni dell'esperienza. Con questo metodo si otterranno, senza alcun dubbio. alcune cose che trovano poslo nell'elenco delle esigenze essenziali del socialismo col quale si apre questo scritto. Si otterrà una cosciente pianificazione collettiva della vita economica; ma una pianificazione attuata nella guerra e per la guerra. Un piano per l'uguaglianza. un piano per la costruzione e per il bene sere quotidiano dell'uomo comune, tutti questi piani sono rimandali indefinitamente. Ogni progresso viene tenulo in sospeso o, peggio ancora, abbandonato, perché non abbiamo pensato abbastanza al problema dell'ordine internazionale e in ispecie dell'ordine europeo. Finora il movimento sociali ta ha lentato di eludere questo problema in due maniere alternatesi e in contraddizione fra loro: prima una fase di pacifismo, di asserzione della solidarietà internazionale fra gli appartenenti alla classe lavoratrice e della loro determinazione di non comballere né armarsi gli uni contro gli altri; poi un completo voltafaccia ,·er o i fronti popolari, verso il so legno ai programmi di sicurezza nazionale o collettiva e infine, nel caso dei socialisti di maggioranza, verso la pa_rtecipazione di lutto cuore alla guerra. E lutto quello che abbiamo guadagnalo è l'amaro rimprovero che dobbiamo ai socialisti se, quando dobbiamo comballere, combattiamo sempre male equipaggiati e impreparali. (Continua) Barbara Woollon. Una Partigiana Quando il campanello suonava una volta sola, noi si rimaneva col fiato sospeso, perché era convenuto che gli amici suonassero tre volte, e nessuno doveva sapere che noi ora abitavamo là. Cosi anche quella sera guardai fuori prima di aprire: era mio fratello, e lì per lì quasi non lo riconoscevo, perché si era fatta crescere la barba. Aprii piano: «Sei venuto, dissi, come mai?» - «!fanno arrestato il prete, disse lui, ormai ci avevano scoperto.» - «!\'on sa nessuno che sei venuto qua?» domandai. «Spero di no, rispose, in ogni modo mi tratterrò poco.» Mia madre si mise a preparargli qualcosa da mangiare: «Vedi, disse, questa è ora la nostra casa; come hai fatto a venire fin qui?» - «Le monache me l'hanno insegnata, disse mio fratello, non volevano dirmelo, ma poi ho detto che ero tuo figlio.» Mia madre s'impressionò: «Le monache? disse, ma le monache sapevano che io non avevo figli maschi. Per via delle rappresaglie, sai», disse poi come vergognandosi. - «In ogni modo, disse mio fratello, ora sono qua: l'abbiamo scampata bella.:.- Il prete l'avevano preso perché c'era stata una spiata. Ma per fortuna delle armi non se ne erano accorti, cosi mio fratello aveva potuto salvarle. «Meno male, disse mia madre, tutte quelle belle armi.» «Hanno cercato anche di te», chiesi. Mio fratello mi fece cenno di si. «Con che nome ti hanno cercalo, con quello vero?» - «/'l.'on lo so. disse mio fratello, ma in ogni modo bisognerà che lo cambi ancora.» «Dimmi delle armi, dissi io, cosa ne avete fatto?» - A buio le abbiamo portale in montagna, rispose, eravamo in quattro. La più brava è stata l'Angiò, disse poi mio fratello, ha lavorato tutta la notte come un uomo. Sempre su e giù dalla casa alla montagna, con noi, carica come una bestia; e la mallina, quando sono venute le guardie fingeva di dormire come un angiolino.» «E' una brava ragazza, l'Angiò», disse mia madre, e so1;·ise, pensando come erano prima le sorelle dei preti; «ora è diverso, disse. Anche lei, disse poi indicando me, anche lei sta sempre intorno con le armi, e prima sembrava tanto clelicalina.» Dopo qualche giorno venne un compagno e ci raccontò del prete: l'avevano portato via e ora lo torturavano con quegli interrogatori. La cJsa glie l'avevano bruciala. Erano andati in una decina, avevano buttalo ciel petrolio e poi avevano dato fuoco. «E l'Angiò?» dissi io. «L'Angiò? rispose il compagno, l'Angiò non c'era già più in casa. La notte, si era vestila da uomo e era andata anche lei sulla montagna.» L.A. Saluto dall'esilio Lionello Venturi, Professore di storia dell'arte all'Università di Torino fino al 1931, epoca in cui fu obbligalo a lasciare l'Italia per la sua opposizione alle dottrine fasciste, ha fatto le seguenti dichiarazioni alla radio nazioni unile per l'Italia liberala: «Leggo nell'Italia di Roma del 15 agosto che sono stato rimesso nella mia cattedra iiniversilaria, cosi come lutti gli altri colleghi che, per avere rifiutalo nel '31 di prestare il giuramento fascista, furono cacciati dalla scuola. ono lieto di essere ancora in vita e di ricevere questo alto di riparazione dal nuovo Governo italiano e sono commosso di non essere stato dimenticalo dopo tanti anni ed in un momento in cui tanti altri e più gravi e urgenti problemi s'impongono all'attuale Governo. La mia risposta è come deve essere, e cioè che sono pronto a riprendere il mio posto, anzi ansioso di ritornare in Italia. Non tutti purtroppo potranno tornare ai loro JJosli e vorrei con voi sostare e riflettere al destino doloroso di coloro che, come Francesco Ruffini o Mario Carrara, sostennero come noi e più di noi la lolla per l'indipendenza del sapere e non sono più con noi a rallegrarsi ora della vittoria cui la loro lolla ha contribtiito. In nome loro e nostro esultiamo per questo riconoscimento dell'attuale Governo italiano, riconoscimento dato più che a persone all'idea cui siamo devoti: l'idea della libertà. Eravamo e siaino convinti che senza libertà non c'è nè scienza, nè arte, nè altra vita spirituale. Quando la soppressione della libertà politica penetrò i più appartati, più intinii recessi dell'inlelligen:a, ci accorgemmo che i delitti dei fascisti erano sopraffalli dalla loro stupidità. Perciò affrontammo l'esilio. Ma allora non sapevamo quanto il no tro atto d'indipendenza ci sarebbe costato caro. Non parlo della vita materiale, poich è a Parigi o a New York si vive assai bene. Parlo di quel sentirsi tagliati fuori della vita intellettuale della Nazione. In Italia era ima vita sotterranea che si conduceva malgrado e contro il fascismo ed essa ha tenuto alto l'onore della tradizione culturale italiana. Ora la mia gioia e la mia ambizione sono di rientrare nella tradizione cultttrale italiana e di vederla rifiorire di nuovo. In attesta mando il mio saluto commosso a lulli gli uomini liberi d'Italia.» La questione oggi, prima che di organizzazione sociale, è di valori. Prima che di sistemi, di. realtà. La contrapposizione che si deve fare non è tra fascismo e comunismo, fascismo e socialismo, e tutti gli «ismi» sul mercato. Ma tra lo stato, astratto, dispotico, dittatoriale, e la persona umana. Il resto cioè l'organizzazione socialista concepita in vista non del piano ma dell'uomo, segue necessariamente. C a r 1 o R o s s e l 1 i (1935).
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