L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 15 - 15 agosto 1944

Bi Anno XXXV (nuova serie) N. 15 Zurigo, 15 Agosto 1944 LIBERARE E FEDERARE QUINDICINALE. SOCIALISTA Redazione e Amministrazione: Casella postale No. 213, Zurigo 6: Conto postale No. VIII 26305: Telefono: 37087 Abbonamenti: 24 numeri Fr. 6.-, 12 numeri Fr. 3.-, una copia Cent. 30 Centralislllo e libertà V'è nella rivoluzione un primo atto complesso e grandioso che è l'abbattimento d'un mondo in cui regnava l'arbitrio e lo sfruttamento; ma in essa vi è ancora un secondo atto non meno complesso e grandioso del primo perché decide della vita o della morte della libertà: il controllo costante della sovranità popolare sulle «élites» politiche che nel grande dramma operano e pensano. Esiste un momento pericoloso e delicato che ogni rivoluzione può attraversare, una specie di bivio storico che può sorgere alla fine d'una vittoriosa fase militare. Si può prender~ il cammino della libertà o quello di un centralismo cronico le cui «élites» sottraendosi alla sanzione della volontà popolare si dichiarano le sole ed irrevocabili rappresentanti del pensiero della rivoluzione. Aflora gradatamente il dogma sorge a mutilare l'universalità della rivoluzione, a stagnarne il ferm~nto critico e creativo e a of fuscare quei valori spirituali che la classe nuova, superando i suoi stessi limiti specifici, aveva concepito per tutta l'umanità. Si crea un'atmosfera da contro-riforma e si parla ancora della liberazione dell'uomo. In tale ambiente, per un uomo sensibile, la parola libertà assume allora un sapore strano, un non so che di reclamistico e di decorativo che vuole attutire le dolenti note d'una realtà ben diversa. Esistono nelle rivoluzioni dei colpi di stato che, come quello operato da Napoleone nell'ottobre del 1799, si compiono con delle fragorose marce militari che giunte alla meta predità delle decisioni nella fase drammatica d'una rivoluzione metta talvolta dei comitali nelle condizioni di agire con una forte autonomia. Ma tali accentramenti non preoccupano se i funzionari che li esercitano si considerano eletti e revocabili, se il controllo della sovranità popolare è forza vigile, presente e operante e se non si effettua per tali ragioni la formazione d'un apparato liberticida convenientemente organizzato. In tali condizioni il socialismo può contare nel conflitto il «senso tragico» d'una momentanea rinuncia alla libertà assieme alla consapevolezza della vera essenza della lotta di classe che è realizzazione della libertà umana. Questo è ammissibile se la fugacità di certi inevitabili accentramenti di poteri, che possono avvenire nelle migliori democrazie, è assicurata dall'operante controllo popolare. Ma se nel processo rivoluzionario si effettua il soffocamento organizzato delle libertà politiche fondamentali, questo «senso tragico» - di cui parla Saragat - diverrà una regolare tragedia ed i valori spirituali della rivoluzione diserteranno l'umanità per passare negli archivi dei ministeri di propaganda. La conoscenza critica di tutte queste esperienze storiche deve essere il patrimonio del socialismo che risorge, contribuire alla sua maturità ed alla sua preparazione per le lotte dell'avvenire. Il socialismo rinnovato si prepara ad affrontare i grandi rivolgimenti storici dell'occident:! dove l'aspirazione alla libertà individuale è non solo l'eredità delle grandi rivoluzioni democratiche da cui è sorta l'odierna civilità europea, ma anche una profonda realtà psicologica come reazione alla passata èra fascista la cui essenza era il soffocamento dell'individualità l'onnipotenza statale ed il culto dei duci. Compi lo fondamentale dell'azione socialista non è quello di procedere con schemi universali; ma quello di uniformarsi alle condizioni specifiche della civilità occidentale e a quelle del momento storico in cui dovrà creare. Non possiamo affrontare i rivolgimenti storici di una tale civiltà attribuendo alla libertà un valore reclamistico, facendol,a serva di manovre politiche o rimandandola alle calende greche; ma dobbiamo credere profondamente in essa e tenerla energicamente viva in ogni fase della nostra azione politica. Con la realizzazione del pensiero federalista, che riduce l'onnipotenza statale, il socialismo potrà condurre in un ambiente storico propizio la _sua lotta per la libertà dell'uomo. Con un rinnovamento della sua pratica organizzativa dovrà creare un nuovo attivismo, necessitato dal fatto eh~ non basta una situazione obbiettiva favorevole alla realizzazione d'un ideale senza l'intervento attivo della volontà umana. Ma quèsto attivismo non deve essere la mecanizzazione del militante, né prendere impulso dall'intolleranza; bensi l'azione entusiasta di uomini liberi intelligentemente guidata. Solo i militanti educati alla scuola della libertà potranno realizzarla nei movimenti innovatori che si annunciano in Europa. Livio. fissa disperdono un'assemblea. Possono però nelle rivoluzioni accadere altri colpi di stato che si svolgono in silenzio dietro le tendine di una cancelleria senza che il popoSolidarietà del): emigrazione lo se ne accorga. Dei colpi di stato che sono stati una silente operazione d'aritmetica elementare, senza colpi di cannone e senza squilli di tromba. La maggioranza in un'assemblea, creata abilmente con nomine venute dall'alto, come tocchi della grazia divina, può significare la soffocazione definitiva delle libertà popolari. La storiella del segretario-chioccia che si mette a covare creando schiere di docili pulcini non è prerogativa di nessun paese ed interessa l'esperienza socialista in quanto può avvenire in ogni tempo ed in ogni luogo. Un bel giorno ecco che spunta un segretario onnipotente che crea centinaia di segretari minori i quali a loro volta in un comprensibile slancio di gratitudine lo rieleggono legalmente ed automaticamente alla fine di ogni periodo stabilito dagli statuti. Sorge cosi il «culto del duce», muoiono cosi tutte le libertà politiche e si inzia l'era di quelle «finzioni democratiche» che fanno pensare all'omaggio che il vizio rende alla virtù. Tale centralismo giustificato con gli ostacoli del processo formativo d'una nuova società e con i pericoli esterni e interni, potrebbe essere con tali argomenti difeso per secoli perché la costruzione socialista in continuo divenire offre sempre nuovi e complessi problemi e perché non esiste stato che non abbia una opposizione. Inoltre l'esperienza storica ci dimostra che uomini abituati per anni al comando incontrollato si trovano nell'impossibilità politica e psicologica di restituire spontaneamente al popolo la libertà di eleggerli o di revocarli, quella di giudicare in piena indipendenza di pensiero le loro opere passate e di decidere nel loro avvenire. Solo una forza maggiore può rompere un'apparato dittatoriale e contro la volontà dei suoi sostenitori. Il pensiero della fugacità di questo centralismo è un'illusione ed assomiglia a quel pezzettino di wcchero che si mette in bocca nell'ingoiare una medicina amara. Questo pensiero, pur contenendo un segreto omaggio alla libertà, è pericoloso perché la proietta in un mondo platonico e lontano e distoglie lo spirito dal travaglio costante e presente per la realizzazione di istituzioni libere; perché induce ad accarezzare un'ideale lontano, utile solo ad assopire un segreto turbamento Il professore Max Ascoli, uno dei più noti antifascisti in America, ex-professore di giurisprudenza all'università di Cagliari, ha commemorato la caduta del fascismo alla radio, dicendo fra l'altro: «Non sta a me, italiani d'Italia che mi ascoltate, dirvi che cosa quest'anno è stato per voi dal 25 luglio 1943 al 25 luglio 1944. Ma posso forse dirvi che cosa è stato per noi, per gli italiani che vivono all'estero, che lavorano all'estero e hanno le radici della propria anima in Italia. Nel mondo vi sono milioni di questi italiani! Un anno fa, quando si diffuse la notizia che il fascismo era caduto, fu come se di colpo crollassero tutte le barriere che vi avevano straniato da noi e dal mondo civile. Era come se questi ultimi vent'anni di vita italiana fossero stati cancellati. Il fascismo non si era dissolto all'improvviso; era ed è come un veleno che non scompare se non dopo aver fatto tutto il male di cui è capace, e che era infinito. Ora la sua capacità di male veniva moltiplicata dalla potenza tedesca, e cosi ancora una volta vi vedemmo scomparire, vedemmo l'Italia da mare a mare e col passare dei mesi la spaccatura andare in su lungo il corpo della penisola. Più la linea di battaglia è andata verso il nord, e più si sono riallacciati i rapporti fra voi ed il mondo civile. Non c'è dubbio che per la zona d'Italia che è stata liberata, la segregazione dal mondo civile è finita. Questo vuol dire che fra poco sarà finita la segregazione dal mondo civile per tutta l'Italia, e per sempre. L'Italia ricomincia ad avere contatto con uomini di molti paesi, soldati che sono venuti in Italia a battersi per le Nazioni Unite. Questi uomini non sono nemici del popolo italiano, non sono tedeschi, non dicono di appartenere ad una razza di padroni: sono gente come voi. Venti anni di fascismo non si annullano in un giorno. Cosi, nei vostri rapporti cogli stranieri che sono in Italia vi possono essere incomprensioni e speranze deluse da una parte come dall'altra, perché voi per venti anni non avete conosciuto il mondo, ed il mondo non ha conosciuto voi, ma ora la conoscenza avviene, forse a tentoni e con infiniti inciampi, ma avviene. Gradatamente questa grande ferita, la lacerazione dell'Italia dal mondo civile, comincia a suturarsi, il popolo comincia a conoscere gli altri popoli con cui deve vivere e lavorare, comincia a conoscere ed a farsi conoscere, a rispettare ed a farsi rispettare. Vi sono due fatti che sono d 1~..,_•,.,=uz , e P• .:i é\ ne 3rW 'alt . er,- ~ ~u ~ r ca e e può accacfer~ c la r .~ì ;1d~ l., n consolidati da questo anno di pasè che l'Italia rinasce, rinasce dal basso, in condizioni cosi misere come più non si potrebbe, ma rinasce; l'altro fatto è che il popolo italiano non vuole il fascismo o nulla che rassomiglia al fascismo, mai più! La lotta dei patrioti del nord che rendono l'onore all'Italia, il coraggio dei marinai e degli aviatori italiani, l'azione del popolo dovunque, tutto questo non cessa più dal giorno in cui quel bugiardo fatuo e malvagio è caduto. Il popolo italiano ha cominciato a far sentire la propria voce e l'Italia ha cominciato a rinascere. L'Italia ha ripreso contatto col mondo civile, e il mondo civile coll'Italia. La notizia non potrebbe essere più bella per voi in Italia, come per noi all'estero, perché l'Italia ha bisogno del mondo civile e il mondo civile ha bisogno dell'Italia.» * Gaetano Barbato, uno degli antifascisti più noti in America dove giunse dall'Italia nel 1942, ha raccontato alla radio come si sia formato il Comitato per il soccorso all'Italia. Barbato ha detto: «In America i problemi assistenziali delle popolazioni liberate dal giogo nazifascista sono oggetto di grandissima attenzione da parte del governo. Infatti, con ritmo sempre crescente, funzionano molte istituzioni civili per la riabilitazione fisica e morale dei popoli liberati. Recentemente, il Consiglio presidenziale per i soccorsi di guerra nominava un Comitato per il soccorso all'Italia. Questo ente si occupa esclusivamente di portare aiuti per far fronte ai bisogni più urgenti della popolazione italiana. Data la vastità del compito, questo Comitato ha richiesto di essere aiutato nell'impresa dalle più grandi organizzazioni italiane in America. Fra queste, la "Mazzini Society,, ha accettato l'onore di cooperare in quest'opera altamente umanitaria. E' in qualità di segretario esecutivo del Comitato della Mazzini Society per i soccorsi all'Italia che io vi parlo. Voglio dirvi che cosa abbiamo già fatto e darvi anche alcune informazioni sui nostri piani futuri. Dopo avere organizzato in seno alla Mazzini Society un Comitato per i soccorsi all'Italia, si è immediatamente iniziata una campagna nazionale per la raccolta di indumenti, scarpe, medicinali ed altri generi di prima necessità. Qui negli Stati Uniti ci si rende conto perf ettamcnte delle sofferenze del popolo italiano, prima rovinato dalla dominazione fascista e nazista, poi dalie brutalità della guerra. Dalle descrizioni che ci mandano i corrispondenti della stampa, r C':::siamo deL'Italia in periodo di transizione Le forze del progresso Il giornale «I t a 1 i a L ibera» nel suo editoriale del 25 luglio scrive fra l'altro: dl governo deve convocare un'assemblea consultiva. Nelle sedute del Comitato di Liberazione nazionale, alla vigilia della formazione del nuovo governo, questo impegno fu preso dai sei partiti. L'impegno va mantenuto. Creando l'assemblea consultiva, il governo ha un organo cui riferirsi, il paese un organo attraverso cui esprimere le sue esigenze. L'incertezza del governo sulla convocazione dell'assemblea sembra dipendere dai criteri da applicare per la nomina dei componenti. La nomina per la consultiva sottopone per la prima volta al pubblico giudizio, l'attività dei partiti. Deve essere consentito anche alle formazioni politiche minori di mandare all'assemblea i propri rappresentanti.» L'articolo conclude affermando che il Governo deve subito procedere alla convocazione dell'assemblea, se non vuole smentire le basi democratiche su cui è sorto. Il 17 luglio è uscito a Roma il «P a r t i - g i a n o» che, diretto da G. Andreoni e da A. Rocchi, è il settimanale dei patrioti in Italia. Il giornale è «apolitico» e vuole raccogliere «tutte le forze operanti della Nazione», con l'unica finalità di incitare tutti i popoli oppressi a combattere uniti contro i nazifascisti per la liberazione e la risurrezione del paese. Le forze di conservazione Svolgendo il programma che già si era proposto prima della partenza del governo da Salerno, il Ministro per l'Industria, Commercio e Lavoro Gronchi, ha iniziato le consultazioni dirette dei vari settori industriali del Mezzogiorno. Il Ministro ha convocato nella sede dell'Ufficio regionale del Lavoro di Napoli, gli esponenti dell'industria conserviera, che sono intervenuti quasi al completo, ed ha esaminato con loro la situazione delle varie aziende, la possibilità di ripresa della loro produzione, e le esigenze più urgenti ed essenziali che condizionano tale ripresa. La discussione ha servito a dare al Ministro i dati concreti del problema, ed insieme la sensazione della volontà e dello spirito di collaborazione da cui anche la classe industriale del Mezzogiorno è animata malgrado le gravi difficoltà del momento. durre in quali condizioni si trovano migliaia e migliaia di famiglie. I problemi .dell'alimentazione e del ricovero sono affidati alla Commissione alleata di controllo ed al Governo militare alleato. Il terzo urgentissimo bisogno è quello del vestiario. Ad allevi.are questo vostro bisogno noi contribuiremo con tutte le nostre forze. A questo scopo lavorano alacremente migliaia di uomini e di donne di tutte le razze e di tutte le religioni. Naturalmente, le esigenze della guerra non permettono una spedizione immediata della roba raccolta. Abbiamo però ricevuto assicurazioni dal governo americano che, nei limiti del possibile saranno iniziate le spedizioni entro quest'anno. Recentemente il Comitato americano per i soccorsi all'Italia ha annunciato che sono pronti ad essere spediti oltre mezzo milione di chili di vestiari, 50 tonnellate di latte in polvere, dieci milioni di pillole di vitamine, 12 000 paia di scarpe, ed altri generi.» Chi ricostruirà? «Senza almeno un inizio di controllo nazionale sui terreni urbani, la ricostruzione delle città bombardate sarà una Farsa macabra. I proprietari vorranno ricominciare, se ci riescono, a costruire degli UPIM davanti alla scalinata del Duomo di San Paolo, a creare nuovi bassifondi nei parchi popolari della periferia e, nella corsa alla ricostruzione edilizia nel dopo-guerra, a mettere su case popolari con materiale deficiente, senza darsi pensiero della loro architettura, della loro igiene e comodità, del loro effetto nocivo sulla vita economica e sociale. Ogni architetto disinteressato e ogni amministratore onesto è oggi cosciente di questo pericolo. Coscienti pure, a modo loro, ne sono alcuni fra i proprietari stessi. Ho davanti a me un rapporto istruttivo su un convegno recente, avvenuto a Londra, di più di mille proprietari. Lo scopo del convegno sembra essere stato quello di persuadere il piccolo borghese proprietario di una casina con giardinetto che i suoi interessi coincidono con quelli di Lord Brocket, il quale naturalmente ha tenuto un discorso sulle "minaccie alla Proprietà Privata,,, con accenni particolari alla terra. Lord Brocket, conosciuto soprattutto come seguace entusiasta della politica di Chamberlain sia prima che dopo Monaco, è certo particolarmente qualificalo per parlare su questo tema. Pur non essendo membro della vecchia aristocrazia terriera ( suo padre, fabbricante di birra, gli lasciò 413 000 sterline, ed egli stesso è presidente di cinque birrerie) Lord Brocket possiede 13 000 acri di terra in Inghilterra e 62 000 acri in Scozia. Lord Brocket ora attacca con veemenza quelli che vorrebbero che si pianifichi l'impiego della terra nell'interesse pubblico, e che i beneficf eventuali di un controllo pubblico della terra vengano al pubblico e non ai proprietari privati.» (Dal «New Statesman and Nation».)

.. Bi I prohlellli della deD1ocrazia in Italia m Le so-vranità La distinzione dei tre poteri, anche nella sua più recisa teorica, ba tuttavia un limite nel capo dello stato, nel quale tutti e tre si assommano. Ciò troverebbe la sua giustificazione in quanto il capo dello stato fosse il sovrano. Quella stessa teorica moderna ba invece asserito che la sovranità risiede nel popolo, cui corrisponde la sua legittima rappresentanza nell'assemblea, che fu detta invece, impropriamente, legislativa. Ne è derivata quella specie di ibrida diarchia della monarchia costituzionale - dalla quale non fu diversa la terza repubblica francese, salvo la sostituzione di un presidente temporaneo ed eletto, al re - in cui non si sa bene se la sovranità risieda nel popolo, o nella assemblea elettiva che ne ba la rappresentanza, o nel capo dello stato; ovvero nell'ultimo - e nel primo - solo nominalmente, ed effettivamente nel parlamento; oppure nel re e nel parlamento a un tempo. Poiché il monarca è un residuo dei tempi feudali, di tradizioni anteriori - e il presidente del tipo anzidetto ne è, vanamente, soltanto una copia riveduta - non è difficile fare un passo innanzi. E non si esce dal quadro dello stato creato dalla società borghese, per quanto si aprano e si agevolino gli sviluppi veramente popolari, rimettendo intera la sovranità nel popolo, cioè in effetto, nei suoi rappresentanti eletti. Su questo punto non sembra si debba far luogo a particolare dibattito ; non si ba che l'applicazione di un principio da tempo stabilito, che già si concreta nella formula stessa di una assemblea costituente. Ne discende, peraltro, un importante ulteriore principio, che può avere successivo sviluppo nella soluzione dell'insolubile dilemma dei rapporti tra i poteri legislativo ed esecutivo i quali del resto non possono essere radicalmente discissi per le esigenze stesse della loro utile esplicazione. La sovranità risiedendo nell'assemblea dei rapresentanti del popolo, in essa legittimamente i tre poteri concorrono, e si dividono, per quanto sia possibile ed opportuno, soltanto nell'esercizio degli organi specificatamente disposti a collaborare a ciascuno di essi. I suesposti principi si riflettono nei lineamenti di una costituzione evolutiva che si può tracciare, in armonia ad essi e ~Ile concrete esigenze della situazione che ci sta innanzi. Lineamenti di una costituzione e-voluti-va Giunti a questo punto, occorre, per esser precisi, tracciare le grandi linee di una costituzione che risponda alle considerazioni accennate, e possa essere strumento di trasformazione sociale. Quando si scende a voler fissare le forme, v'è il rischio di erigere un complesso astratto, prodotto dalla propria fantasia. Lo faremo tuttavia, perché altrimenti le consiàerazioni generali da cui abbiamo preso le mosse parrebbero restar campate in aria: intendendo che valgano non tanto le forma indicate, tanto meno nella loro minuzia, quanto i principi in esse contenuti; e che le forme servano•a darne un esempio concreto. La costituzione evolutiva - cioè quella che non importa se corrisponda a una ideale perfezione, ma meglio serve alle esigenze dei tempi e ai compiti cui i suoi organi dovranno provvedere - sembra debba imperniarsi intorno ai seguenti criteri. Centro ne è l'assemblea dei rappresentanti del popolo, periodicamente eletti in proporzione della popolazione, e depositaria della sovranità: il cui nome potrebbe essere appunto quello di asse mb 1e a sovrana. Essa ha tutti gli attributi della sovranità. Capo dello stato, per le funzioni rappresentative cui è opportuno un individuo, è il suo presidente; ma per tutto quanto concerne l'esercizio della sovranità, capo dello stato è l'assemblea. In essa i tre poteri concorrono. L'ordine giudiziario è separatamente costituito, in piena autonomia; ma ove occorra l'esercizio di poteri straordinari (grazia, amnistia), o la nomina originaria, o la titolarità, provvede l'assemblea sovrana. Delle leggi l'assemblea sovrana ha l'iniziativa e l'approvazione; la loro elaborazione e compilazione spetta a un corpo tecnico, a una camera legislativa cioè, cui può concorrere, nei casi di urgenza, il potere esecutivo centrale. Questo è costituito da un consiglio eletto dall'assemblea sovrana, e da questa revocabile; il consiglio esecutivo è organicamente costituito nei settori politici ed economici della vita del paese, ed è il governo, operante sotto il controllo e con la collaborazione dell'assemblea sovrana, che ne valuta e ratifica l'operato. Corpi speciali collettivi sono costituiti per le materie economiche e per le finanze dello stato: entrambi, come il corpo legislativo, banno esclusivamente funzioni tecniche; quanto alle decisioni aventi valore legale, occorre recarle all'approvazione della assemblea sovrana. Poiché la sovranità risiede del pari nelle assemblee regionali, e comunali, cui si attribuisce larga sfera di autonomie, e costituiscono perifericamente gli organi dello stato, una quarta camera è costituita, per agire come centro di elaborazione tecnica dei rapport' tra le autonomie, e come suprema istanza di giurisdizione amministrativa, per i conflitti di competenza. Nella regione, nel comune, l'autorità dello stato non è rappresentata da organi delegati dal centro, ma dagli organi locali, che si accentrano nell'assemblea regionale e comunale, dalla quale emanano gli organi esecutivi, economici, finanziari, amministrativi regionali e comunali. Il potere esecutivo centrale vi ha un proprio ufficio, che può deferire all'ordine giudiziario gli atti delle autorità locali in contrasto con le leggi dello stato. L'assemblea sovrana può delegarvi propri magistrati con speciali funzioni. SoTI"anità popolare La costituzione tracciata contiene la piena esplicazione del principio della sovranità popolare. Il principio informatore si può riassumere nella formula: tutto il potere all'assemblea popolare. La sua formazione può essere variamente determinata, secondo le esigenze e il grado di sviluppo della situazione. La costituzione è evolutiva, atta cioè a promuovere la trasformazione dello stato, essenzialmente per 11ampiezza dei poteri attribuiti a una unica assemblea, che può sentire direttamente le esigenze rivoluzionarie maturate nel popolo di tempo in tempo. Una seconda camera che ne limitasse l'esercizio con pari poteri costituirebbe forse un controllo, ma certamente una remora. All'assemblea sovrana, che può in ogni caso procedere da sé stessa a qualunque atto, è invece affiancata una camera legislativa di carattere tecnico, nella quale si attua il vantaggio del doppio esame, senza che si possa far luogo a un conflitto tra le due istanze. La camera legilativa infatti non ha altro compito che quello di elaborare e formulare le leggi, che le sian richieste dall'assemblea sovrana, o, per gli ordinari provvedimenti urgenti, dal consiglio esecutivo, con l'immediato controllo di un ufficio di urgenza dell'assemblea sovrana, che può opporsi al provvedimento e convocare immediatamente l'assemblea. In caso di inidoneo adempimento del compito assegnato alla camera legislativa, l'assemblea sovrana potrà rinviarle il provvedimento per nuovo esame o provvedere direttamente attraverso le proprie commissioni, o il voto diretto. Il consiglio esecutivo, nel quale si attua il principio politico del gabinetto di capi-dicastero politici, opera in connessione con l'assemblea, senza delimitazione di campi reciprocamente esclusivi. Qualunque atto del consiglio esecutivo può essere discusso e vagliato dall'assemblea. Il consiglio esecutivo trae peraltro dalla sua elezione periodica la propria stabilità; e dalla facoltà di revoca, con atto espresso, attribuita all'assemblea, ricava la certezza della continuità della propria opera sino a che non vi sia opposto un termine preciso. La formula statale-è ripetuta negli organi~i locali, che ripetono dal popolo e non dagli organi centrali la propria autorità. Lo stato non è organizzato dall'alto, con propaggini tentacolari; ma dal basso. Nella cerchia locale, le assemblee locali esercitano i poteri statali e rappresentano la sovranità, operando entro i limiti segnati, dall'assemblea sovrana, ma costituendo l'espressione locale dello stato in forza della loro investitura diretta. Si ripetono perciò, a fianco dell'assemblea locale, gli organi esecutivi locali, sua emanazione, che esercitano localmente le funzioni statali entro le grandi linee determinate dagli organi centrali. Si ottiene cosi l'autogoverno più prossimo al popolo, pur restando al centro la possibilità di provvedere con la massima precisione ed energia. In caso di conflitti di competenza, varrà il ricorso giudiziario, ovvero il ricorso amministrativo all'organo centrale delle autonomie; in casi speciali l'assemblea sovrana, che non ha limiti alle proprie attribuzioni, potrà delegarne l'esercizio a commissari tratti dal proprio seno. Le quattro camere delineate non costituiscono altrettanti parlamentini, ma organi tecnico-politici di collaborazione specializzata, cui sono demandati i compiti di competenza specifica, a effetto consultivo o preparatorio, ed eventualmente anche amministrativo, regolamentare e di coordinamente e gestione centrale. Funzioni dei vari organi Le linee tracciate non si preoccupano di creare o mantenere corpi superflui o distinzioni di dignità; ma unicamente di provvedere nel modo migliore e più sollecito alle funzioni dello Stato. Vi è una funzione che non è soltanto legislativa né esecutiva, ma di sovranità; e questa è affidata in intero all'assemblea sovrana. Vi è una funzione di governo; e questa è affidata al consiglio esecutivo centrale. Vi è una funzione di tecnica legislativa. L'assemblea sovrana dev'essere formata di rappresentanti del popolo, cui non si richieda alcuna specifica preparazione né competenza. Essi devono soprastare all'intera vita nazionale, e determinarne le grandi linee politiche. Nessuna legge può essere emanata senza la loro approvazione; ma lo studio, e la discussione e la compilazione dei testi legislativi ne assorbirebbe troppo tempo, richiederebbe la partecipazione di elementi idonei che possono anche non esserci, e troppo spesso attrarrebbe l'interesse e l'opera effettiva di una minoranza dei suoi membri. Da ciò l'utilità di una camera legislaUva, composta di elementi preparati nella tecnica giuridica e nelle diverse competenze specifiche. Dssa sarebbe formata dall'assemblea, della quale ripeterebbe per tal modo l'indirizzo politico. Analogamente è necessario un corpo competente per dirigere le finanze statali e controllarne la contabilità. La trasformazione economica che si prevede necessaria richiede un organo idoneo alla direzione in materia, oltre l'ambito strettamente ministeriale; se le socializzazioni dovranno essere deliberate dall'assemblea, è evidente che un organo apposito ne elabori il piano - che esorbita dalla normale funzione legislativa - e prepari poi le formule della gestione socializzata, ne eserciti il coordinamento e il controllo. Anche qui occorre competenza, specializzazione di lavoro, snelleza di uffici particolari; mentre l'indirizzo generale è determinato dall'assemblea, che forma detto corpo e ne deve approvare ed emanare le disposizioni generali. Tutti e tre questi corpi devono essere formati dall'assemblea, con criteri politici e tecnici insieme, che si possono riflettere anche in diversa durata delle funzioni di parte dei membri, diversa in particolare per la camera finanziaria, cui meglio si addice la stabilità e una certa figura funzionariale. Solo la camera delle autonomie, sede suprema della custodia dei diritti autonomi, e a un tempo collaboratrice dell'assemblea sovrana per le disposizioni in materia, meglio è eletta direttamente dagli enti locali, e costituita dai loro paritetici rappresentanti. Il criterio delle funzioni, per cui ogni organo ha i suoi compiti specifici, che dovrebbero interamente assorbirne l'operosità, renderebbe naturale l'incompatibilità tra l'appartenenza all'uno e all'altro organo. Infatti in ciascuno i membri dovrebbero avere sufficienti incarichi per non potersi utilmente dedicare ad altro, onde il cumulo, a parte le considerazioni circa un eccesso di potere o di favore, porterebbe a un reale menomato esercizio delle proprie funzioni. Contro l'obbiezione che troppi uomini risulterebbero necessari a un tale complesso statale, si può osservare che, mentre l'assemblea sovrana potrebbe essere abbastanza ampia (sui 500 membri), e la camera delle autonomie sarebbe determinata dal numero degli enti locali autonomi (due o tre per ciascuno), il consiglio esecutivo è per sua natura ristretto (tra i 10 e i 20 membri), e pure assai ristretta, potrebbe essere la camera finanziaria (sui 30 membri); e che anche le camere legislative ed economica, specie la seconda, non dovrebbero essere troppo estese (non oltre il centinaio); e tutti gli organi potrebbero essere ridotti al numero di membri strettamente richiesto dal buon andamento delle loro funzioni. L'incompatibilità adunque dovrebbe essere preferita, salvo che per il consiglio esecutivo, che sembra possa essere formato tra i membri dell'assemblea, pur senza richiederlo obbligatoriamente; potrebbe essere assoluta per la camera delle autonomie; e potrebbe essere stabilita oltre una certa proporzione per le altre tre camere, e non più di una di esse. Ciascuna cioè non dovrebbe comprendere membri delle altre, e non più di una certa quota di membri dell'as- . semblea sovrana. La costituzione da un punto di 'Vista socialista Ci si potrebbe domandare a questo punto che interesse presentano le linee esposte da un punto di vista socialista e proletario, poiché nella elaborazione puramente formale che si è presentata, non è fatto alcun riferimento alle posizioni di classe. Intanto se le forme sono vantaggiose, sono veramente funzionali, possono giovare anche alla classe lavoratrice, e soprattutto alla trasformazione socialista. Inoltre all'assemblea sovrana, cui sono delegati tutti i poteri, può essere agevolmente data formazione di classe, qualora le circostanze lo consentano. Essa può divenire assemblea dei lavoratori, e attuarne tutte le esigenze: ciò dipenderà dalla sua costituzione. della quale non si è di proposito predeterminato un univoco procedimento. Infine sono attuati alcuni principi, che valgono a formare gli organi per la trasformazione economica e sociale, che difficilmente potrebbe essere operata da altre costituzioni. A ciò tende l'istituzione del sistema unicamerale, quale è questo sostanzialmente, cui i socialisti dovranno certo tendere in prjmo tempo. Alla assemblea sovrana è attribuita pienezza di poteri che consente ampi e solleciti atti eversivi. E' soppresso ogni organo a tendenza conservatrice o funzionariale, con mansioni di controllo sostanziale e formale. degli atti dell'assemblea sovrana. Sono stabiliti organi interamente nuovi, che rompono con le tradizioni burocratiche, le formule acquisite, e le posizioni precostituite: organi nuovi esigono uomini nuovi, e spezzano ogni vincolo col passato, che si risolverebbe in intenti conservatori. Alle quattro camere collaterali sono attribuite funrzioni specifiche, che possono agevolare l'esercizio statale, non ritardarne o ostacolarne l'impeto rinnovatore; esse sono inoltre sempre formate dall'assemblea sovrana; ciò che ne assicura l'indirizzo politico e la collabo,:-azione fedele, senza affaticare la consultazione popolare. Unica eccezione è la camera delle autonomie, che è eletta dalle assemblee iocali, ma ha compiti ·ben determinati, e può soltanto recare l'apporto di una diretta sensibilità regionale. L'elezione unitaria da parte dell'assemblea corona del consiglio esecutivo evita le manovre personalistiche, e consente una ferma e omogenea presa del potere. Quanto ai modi di formazione dell'assemblea sovrana, in via teorica essa dovrebb'essere eletta con suffragio universale diretto, e col sistema della rappresentanza proporzionale che solo risponde al principio democratico della rappresentanza popolare. Tuttavia non è escluso che si ricorra ad altre forme, se possano dare miglior frutto; in particolare attraverso l'elezione indiretta, tramite i consigli di lavoratori, se questi abbiano sollecitamente preso vita nel paese. I principi della unicità e della sovranità dell'assemblea conservano intanto il loro valore, e predispongono la più efficiente utilità. Da questi punti di vista, la costituzione delineata, senc2;aavere i caratteri di una riforma socialista, presente indubbiamente notevoli vantaggi per il socialismo in cammino e per il movimento proletario. D. M. Fine. Bruno e FoJi Vigorelli Nel turbine di una disperata battaglia, Ira i monti d'Italia sono caduti, giovani capi di partigiani, Bruno e Foli Vigorelli. La dolce mitezza di Bruno, il veemente ardore di Foli, confluivano in un comune sentimento di fratellanza con gli umili di ogni contrada che faceva loro detestare la guerra. Ma nella guerra dei partigiani, guerra del popolo e per il popolo, essi sentirono la loro guerra. A questa guerra accorsero raggianti di garibaldino trasporto, pervasi di lede socialista appresa fanciulli nella famiglia ed approfondita negli studi e nella vita Ira il popolo, consci dei rischi e dei disagi, presaghi forse del sacrificio. A questa guerra accorsero ché, per sentimento e convincimenti profondi, pienamente ne sentirono l'essenza: guerra nazionale d'indipendenza contro la servitù straniera, guerra civile per la libertà contro la servitù domestica, guerra sociale per la redenzione del lavoro. Né lo sconfinato, ricambiato amore per i genitori, né quello di giovani cuori, né gli agi tranquilli, né la sicurezza di un operoso domani Furono per un solo attimo freno o remora alla decisa consapevolezza con cui si incamminarono sulla via della morte. Da questa morte sorge oggi nuova luce agli ideali che illuminarono le due giovani vite, sorge un impegno solenne di dovere per quanti rimangono. Non è ormai più lontano il giorno in cui madri, spose, sorelle, compagni dei partigiani caduti saliranno a migliaia a ricercare di monte in monte, di valle in valle le loro nascoste, disadorne tombe. Fra essi saranno i genitori, i compagni di Bruno e Foli Vigo,-elli. Oggi il pianto ed il sospiro giungono ancora a quelle tombe con la voce del vento, col raggio del sole d'Italia, di quel sole che per il Loro sacrificio illuminerà finalmente domani: «non più guerra ed ozi ai tiranni, ma la concordia pia del lavoro.» B. «Liberare e f ederare"?J Scritti di politica, economia e cultura E' già uscito : CARLO ROSSELLI PROFILO DI FILIPPO TURATI E' una piccola ma precisa e istruttiva storia del socialismo italiano, attraverso le vicende della forte personalità di Filippo Turati. Raccomandiamo questo opuscolo ai giovani che del socialismo hanno solo una vaga idea, per lo più attinta dalla polemica giornalistica. I problemi politici, istituzionali, sociali che il socialismo italiano ha dovuto affrontare nei suoi cinquant'anni di vita sono esposti da Carlo Rosselli con la passione del vero storico che ha sempre in mente, rievocando il passato, di servire il presente. Un opuscolo di 70 pagine, 1 franco. Inviare ordinazioni alla Casella postale Nr. 213, Zurigo 6. Ai librai e ai rivenditori lo sconto abituale. •Liberare e Jederare !» Scritti di politica, economia e cultura PIERO GOBETTI PROFILO DI MATTEOTTI Indice: L'intransigente del «sovvers1v1smo»; L'aristocratico del «sovversivismo»; La lotta agraria nel Polesine; li socialista persecutore di socialisti; li nemico delle sagre; li suo marxismo; Il suo antifascismo; Il volontario della morte; Cenni biografìci. Ristampa dell'introvabile profìlo di Matteotti scritto da Gobetti, che nella sua brevità e semplicità è quanto di meglio si sia fin'ora scritto sul grande martire socialista italiano. La personalità intellettuale e morale di Matteotti viene disegnata sullo sfondo delle lotte sociali e della vita politica del Polesine e dell'Italia. Un opuscolo di pagine 30, et. 50 la copia. Per ordinazioni scrivere alla Casella postale Nr. 213, Zurigo 6. I

, • Bi SulproblemadellaFederazione Europea Questa collezione di scritti (1), che segue a tre anni di distanza l'analoga raccolta intitolata Federai Union e promossa da M. CHANING PEARCE, attesta l'attività del «Federai Union Research Inslitute», organismo creato dal movimento «Federai Union» per approfondire l'esame dei problemi del federalismo, e dimostra il costante interesse degli uomini politici e degli studiosi inglesi per la creazione di uno stato federale, in cui possano inquadrarsi, almeno in Europa, i diversi stati nazionali fin qui in lotta fra loro. Supponiamo che il lettore non sia del tutto digiuno dei fondamenti dell'idea federale e perciò non insistiamo nel segnalargli quelli fra gli studi del volume che hanno solo un generico valore di propaganda: tale il saggio: La fine dell'urto apocalittico - notevole più che altro, perché scritto da Lord Lothian, subito prima di esser nominato ambasciatore a Washington, nell'agosto del 1939 -, o quello di George Catlin sul tema Unione anglo-americana, che ha il pregio di riportare le dichiarazioni di molti uomini politici anglosassoni favorevoli al federalismo, o quello di K. C. Wheare dal titolo Che cos'è un governo Federale, che ha carattere divulgativo ed è destinato in ispecie al pubblico inglese. Ci soffermeremo invece sugli altri scritti, che portano un serio contributo o alla raccolta delle fonti o alla discussione teorica o alla soluzione delle difficoltà pratiche inerenti al nostro problema. Le fonti, la cui conoscenza è indispensabile allo studioso del federalismo, sono le costituzioni e la storia costituzionale degli stati federali esistenti e esistiti nel mondo. H. R. G. Greaves parla degli Stati Federali in Europa, cercando "di trarre ammaestramenti dall'esperienza della Svizzera, dell'Unione Sovietica. della Germania del secolo scorso e della Spagna repubblicana. La storia della Svizzera dimostra che la differenza di lingua non è un ostacolo alla federazione; dimostra inoltre che, per il successo dell'unione, è necessaria una uniformità di vedute circa i problemi sociali più importanti del tempo; dimostra infine che, se si vuole evitare un sistema troppo rigido, si può astenersi dal creare un tribunale federale investito, secondo l'esempio americano, di una piena giurisdizione sulla costituzionalità delle leggi. Dal fallimento del federalismo in Germania si dovrebbe indurre che l'assetto federale non regge dove sia esclusa la libertà politica e dove uno degli stati abbia un'importanza predominante sugli altri; tuttavia queste due circostanze sussistono pure nell'Unione Sovietica, nella quale la costituzione federale almeno formalmente, ha continuato a vivere finora. La costituzione sovietica presenta diversi lineamenti interessanti per il federalista: la norma, unica nel suo genere, per cui ogni repubblica federata conserverebbe il diritto di ritirarsi liberamente dall'Unione; l'autonomia nazionale garantita dal Soviet della Nazionalità, ch'è una delle due camere costituenti il Comitato Esecutivo Centrale della Unione; la presenza, nei Consigli dei commissari del popolo delle singole repubbliche federate, di delegati del Consiglio dei commissari del popolo dell'Unione; l'influenza e la forza unificatrice spiegate dal partito comunista. è nello stato, questa premessa condurrebbe a una conclusione anarchica; non mai al federalismo, il quale non si propone di eliminare lo slalo ma di coordinare gli stati esistenti entro un nuovo stato più ampio. Il saggio di Barbara Wootton su Socialismo e federazione è, sia per l'importanza del tema sia per l'efficace svolgimento, uno dei migliori del volume. L'autrice si chiede se i socialisti debbano propugnare una federazione europea; e risponde risolutamente di si. Anzitutto la federazione si presenta come un mezzo per evitare la guerra: e ad evitare la guerra i socialisti hanno ancora più interesse che gli altri uomini, perché la guerra ro01pe la solidarietà internazionale socialista, come la storia di questo secolo ha più volte dimostrato, e distrugge ricchezz~ bastanti per alleviare di mollo le condizioni della classe proletaria e per attuare grandi riforme sociali. Né si obbietti che, secondo la teoria marxista, la guerra è determinata in ultima analisi dalla struttura economica e quindi non scomparirà finché non cambierà tale struttura: codesta convinzione non esonera dal dovere di combattere intanto il fenomeno della guerra in sé stesso, cosi come nell'interno degli stati la persuasione che cause economiche stanno alla base dei delitti non esonera dal dovere di combattere il delitto con adeguate sanzioni penali. Inoltre i socialisti aspirano a disciplinare con piani appropriati la vita economica nell'interesse generale, ma una tale disciplina è possibile solo su un'area sufficientemente vasta, che non offrono i singoli stati europei; i socialisti vogliono elevare il tenore di vita dei lavoratori, ma le convenzioni elaborate a tal fine dall'Ufficio internazionale del lavoro sono state frustrate dalla mancala ratifica di molti degli attuali governi nazionali indipendenti; i socialisti desiderano costruire potenti confederazioni di lavoratori, ma l'esperienza dimostra che queste non riescono a estendersi oltre i confini dello stato. Un movimento, che è stato fondalo con l'esortazione ai lavoratori del mondo di unirsi, non può finire in quel socialismo nazionale che si è provato essere solo il socialismo del campo di battaglia e del gabinetto di guerra. Sarebbe utile tradurre in italiano lo studio della compagna Wootton. Fra gli studi che si occupano di questioni pratiche quello di carattere più generale è Governo mondiale e pace mondiale di K. Zilliacus, che è un riassunto del rapporto pubblicalo nell'anno 1942 dalla «Federai Union» sotto il titolo: Federazione, scopo per la pace, arma per la guerra. Vi si indicano le misure suggerite dalla «Federal Uni on» per passare gradualmente dallo stato di guerra a un assetto di pace basato sulla idea federale; e vi si delinea lo schema del trattato che dovrebbe costituire una Confederazione mondiale di stati e, nel seno di questa, uno Stato federale delle democrazie. I probleme economici sono oggetto del pregevole scritto di Lionel Robbins su Aspetti economici della federazione, già contenuto nella precedente collezione del 1940. La sua tesi principale è che, piuttosto che codificare nella costituzione federale il principio della libertà di migrazione e quello della libertà di commercio e quello dell'unità di moneta, convenga statuire che la disciplina della migrazione fra stato e stato, del commercio fra stato e stato e della moneta è riservata all'autorità federale. Due articoli trattano il delicato argomento delle colonie. Norman Bentwich, considerando Il problema coloniale e la soluzione Federale prospetta quattro distinte possibilità nella disciplina d~lle colonie in caso di federazione europea: lasciare le colonie alle nazioni che oggi le possiedono, garantendo alle altre un uguale accesso alle risorse economiche; lasciare le colonie ancora alle nazioni che le possiedono, assoggettando però l'amministrazione coloniale alla disciplina del mandato e a una rigorosa vigilanza di una Commissione dei mandali, che potrebbe emanare dal governo federale europeo ovvero da una Società delle Nazioni mondiale; attribuire l'amministrazione delle colonie al governo federale, sotto la vigilanza della Commissione dei mandati della Società delle Nazioni; infine affidare l'amministrazione delle colonie a un or6ano della Società delle Nazioni. L'autore pr;pende per le ultime tre soluzioni, che garantiscono, insieme con l'interesse degli indigeni, una maggiore equità nella ripartizione fra i vari popoli dei vantaggi politici ed economici derivanti dalle colonie; egli non vede alcun nocumento in una fusi one delle amministrazioni coloniali inglese, francesco e olandese, che darebbe luogo anzi a una sintesi del meglio dei vari metodi coloniali. D'avviso diverso è Lord Lugard nel suo scritto Unione federale e colonie. Il governo della colonia, egli dice, è un sacro impegno che la nazione ha assunto verso gli indigeni ed è quindi inalienabile; rendere internazionale la colonia vorrebbe dire togliere agli indigeni la fierezza naz.ionale che li unisce alla madrepatria e contribuisce alla loro civiltà; se si ammettessero le nazioni più povere a partecipare al governo della colonia, si giungerebbe a uno sfruttamento eccessivo della colonia a danno degli indigeni. Questi sono gli argomenti principali per cui, sempre nell'interesse degli indigeni, è essenziale che le colonie rimangano in mano alle nazioni che oggi le posseggono! Conseguentemente l'autore rifiuta non solo un governo internazionale o federale delle colonie ma perfino un'efficace vigilanza della Commissione dei mandati sull'amministrazione coloniale nazionale: ammette solo che nella costituzione federale si fissi il principio dell'uguale accesso delle altre nazioni alle risorse economiche della colonia e che, a garanzia di tale principio, si istituisca un comitato permanente federale, con poteri non più estesi di quelli della vecchia Commissione dei mandati della Società delle Nazioni. L'articolo è importante come indice della resistenza che gli interessi imperialistici opporranno a una seria attuazione dell'idea federale. Di un argomento strettamente tecnico, cioè di Trasporti e comunicazioni in una Federazione, discorre con competenza Gilbert Walker. E' evidente che la disciplina dei trasporti internazionali spetta al governo federale; ma che dire dei trasporti interni? L'autore è convinto che l'unità della rete ferroviaria europea da un lato e d'altro lato i rapporti di concorrenza e interdipendenza fra trasporti ferroviari e trasporti stradali indurranno ad assegnare al governo federale anche la disciplina dei trasporti interni ai singoli stati; in caso contrario, si avranno difformità di regolamento da luogo a luogo, che permetteranno bensi una migliore aderenza alle condizioni economiche locali, ma potranno nuocere alla unità federale, giacché «trasporti e comunicazioni sono il cemento che lega la federazione». La costituzione degli Stati Uniti:· studio di federalismo è il titolo del saggio di A. L. Goodhart. L'autore confronta la confederazione del 1777 con la costituzione federale del 1787 al 1789: le novità essenziali che hanno permesso alla seconda di raggiungere lo scopo, mentre la prima non era riuscita, sono ìl potere di tassazione e quello di disciplinare il commercio accordati al Congresso federale. Storia contemporanea Sotto l'aspetto teorico meritano attenta considerazione gli scritti di C. E. M. Joad e di Barbara Wotton. La guerra totale della Norvegia per la sua indipendenza Fridtjof Fjord, N orwegens totaler Kriegseinsatz. Pag. 68. Europa-Verlag, Ziirich-New York. Prezzo Fr. 2.90. mento del governo fu subito fissato in modo inequivocabile: all'ultimatum, lungo ben 19 pagine, presentato dall'ambasciatore tedesco tra le 3 e le 4 del mattino del 9 aprile, il ministro degli esteri norvegese rispondeva brevemente che il governo accettava la lotta. La lotta disuguale tra le forze armate dei due paesi durò 60 giorni, in capo ai quali il comandante supremo norvegese ordinava alle sue truppe di cessare la resistenza. La popolazione civile assunse sulle prime un atteggiamento di passiva rassegnazione; fu solo più tardi e piano piano, quando, negli inevitabili contatti con le autorità d'occupazione, essa vide continuamente leso l'innato senso del diritto dalla slealtà, perfidia, disonestà e prepotenza degli occupanti, che un profondo odio e disprezzo per gli stessi ed una ferrea volontà di resistere ad ogni costo si impadronì di lei, sentimento e volontà che darà origine ad uno dei cosi belli, ammirevoli e incoraggianti episodi di lotta vittoriosa della popolazione civile di uno stato contro la forza e la violenza di un concuistalore. fronte interno. Rileviamo che tra l'altro la Norvegia può istruire nella vicina Svezia un corpo di polizia. . Un contributo eccezionale, forse: _m quelle particolari circostanze storiche, decisivo per _la sorte della guerra, recò la flotta mercantile della Norvegia. All'inizio della guerra la_flott~ mercantile norvegese era, per numero di nav!, la quarta del mondo, per attrezzamento la mtgliore di tutte. Il 9 aprile circa _"lo de_lla flotta si trovavano lontano dalla patn~ e s1. sottrassero cosi alle grinf e degli invasori. Subito dopo avvenuta l'aggressione, il governo norvegese requisiva per la durata della guerra la flotta mer: cantile del paese, creando la base legale su cui si riorganizzò, a Londra, la fl~tt~ ~tes~a. !~~- gioiamoci la situazione: un nughaio di na:i disperse per tutti i mari del mo~do, che vemvano dirette e seguite giorno per giorno da qualche centinaio di compagnie di navi~azi?ne .~alle loro sedi in Norvegia, e che dall oggi all mdomani vengono sottomesse agli ordini di un'unica compagnia, è vero la più grande del :°1ondo,, c~e però all'infuori della nozione generica dell es~- stenza della flotta non sapeva null~ sull~ ubicazione delle navi, sui porti :ers 1 0 i qual_i ~sse erano dirette ecc. Come che sia, 1 opera di nor: ganizzazione fu compiut~ e ~o~ t~po reg~lah i numerosissimi e complicatissimi problemi ad essa collegati. . . Fu nei tempi che precedettero la dichiarazione di guerra degli Stati Uniti, quando la costruzione di navi nuove non aveva ancora raggiunto una particolare intensità, ~u~ndo nella battaglia dell'Atlantico i tedeschi npo~~avan~ grandi successi e le statistiche delle navi mglesi silurate sollevavano apprensioni, che le mill_e navi mercantili norvegesi divennero un coefficiente sostanziale della resistenza del popolo inglese. Dall'8 aprile 1940 al marzo 1944 400 navi norvegesi furono affondate. Gli utili della flotta mercantile costituiscono la base dell'amministrazione finanziaria del governo norvegese, ed assicurano a questo la s~~ piena indipendenza. Senza ricorrere a pr~s~ih 0 ad altro il governo fa fronte con quegh mtroiti a tutte le spese a incominciare dell'appanaggio alla famiglia reale al riarm:'-m~to e ai contributi alla Società delle Naziom e al pagamento degli interessi dei debiti contratti all'estero prima della guerra. Ai compagni perduti Di notte un uomo tutto bianco è stato gettato in un burrone, e tutte le notti un uomo stanco cade in una Fossa e resta nome. L'acqua è muta e s'è messa in lutto, la terra ha nuove ossa ed è silente, il cielo è scomparso nel suo tutto e rimane una tragedia solamente. Il lago s'è latto cimitero per una sola tomba e per il mondo, infiniti ceri tremano nel nero e come Fantasmi s'allungano nel Fondo. Tutte le ombre son diventate tombe e tutte le tombe riposano in pace, opache nel nulla che incombe e in questa eternità il tutto tace. G.A. (Luglio 1944 - In morte di Bruno V.) Il Presidente Upton Sinclair, il noto scrittore socialista americano, ha pubblicato un nuovo romanzo, il quinto della serie dei suoi romanzi sulla vita moderna: «Presidential Agent» (Viking Press, N,ew York). L'eroe del romanzo, l'idealista Lanny Budd, discute i propri dubbi e problemi col suo buon amico, Franklin Roosevelt. La rivista «Time» riporta il seguente brano di una loro conversazione: «Perché, disse Lanny, gli Stati Uniti nel 1937 aiutarono Franco, imponendo un embargo sulla Spagna?» Spiegò il Presidente: «Nel pensiero, io mi paragono ad un uomo il quale guida tre cavalli . .. Uno di questi cavalli è giovane e selvatico; è il mio gruppo del New Dea!, appoggiato dal lavoro organizzato e dai simpatizzanti di esso, gli intellettuali; essi vogliono sempre andare al galoppo ... Il secondo cavallo è molto più vecchio e ha il carattere piuttosto di un mulo ostinato; è il mio blocco degli Stati reazionari del Sud. E poi c'è il mio terzo cavallo, nervoso e capriccioso, il cui nome non oso quasi mai pronunziare. Se glielo dico, Lei lo tiene per sé, non è vero?» «Si capisce, signor Presidente.» Il Joad tratta La filosofia dell'unione federale: attraverso una critica della filosofia fascista, che esalta i fini dello stato, perviene a una concezione di superamento dell'organizzazione statale e di fratellanza umana, che pone quale base etica del federalismo. Su alcune delle idee esposte in questo scritto dobbiamo, col rispetto dovuto all'eminente filosofo, esprimere le nostre riserve. Egli assume che solo i fini dell'individuo sarebbero eticamente elevati, mentre i fini dello stato sarebbero per loro natura spregevoli; ogni progresso intèllettuale, ogni miglioramento morale, ogni perfezionamento del gusto, ogni aumento nella conoscenza umana sarebbero il prodotto dell'individuo e non della comunità; i fini caratteristici dello stato sarebbero «aggressione, vantaggio economico, allargamento territoriale, potere, prestigio e ambizione». Tale assunto non risponde a verità, perché le conquiste dell'uomo nel campo intellettuale, morale, artistico e scientifico sono rese possibili solo dalla collaborazione e dalla vita sociale, di cui l'organizzazione politica è un aspetto insopprimibile: non è sereno disconoscere i frutti che lo stato ha portati e porterà alla civiltà umana e vederne solo i difetti. Ma poi, se fosse vero che tutto il bene è nell'individuo isolato e tutto il male (1) «Studies in Federai Planning», pubblicati da Patrick Ransome, Londra, ed. McMillan and Co., 1943. Narrazione concisa delle vicende della guerra «totale» che il popolo norvegese conduce da quattro anni per la sua indipendenza. Nella notte dall'8 al 9 aprile le forze militari germaniche invadevano, senza preventiva dichiarazione di guerra, la Norvegia. Il colpo, preparato di lunga mano in tutti i suoi dettagli col concorso dei soliti «turisti» e «scienziati», con l'inquadramento dei tedeschi residenti nel paese, con la corruzione di uomini politici e di qualche alto ufficiale norvegese, e con tutti gli altri perfidi espedienti abituali in imprese di questo genere, fu coronato da un ~ieno successo. Le posizioni strategiche più importanti del paese furono rapidamente occupate dai tedeschi. Governo e paese della Norvegia si lasciarono interamente sorprendere dai fatti. Lo stato nordico godeva da oltre un secolo i vantaggi della pace ed era, dal punto di vista militare, del tutto impreparato all'eventualità che in quella notte doveva diventare una triste realtà: l'esercito era piccolo, poche le navi da guerra, le fortificazioni inadeguate alle necessità della guerra moderna. La sorpresa ci fu anche sul terreno politico e diplomatico. L'ambasciatore norvegese a Berlino aveva bensì allarmato alcune volte, l'ultima il 5 aprile, il suo governo, siccome però quei timori erano risultati poi sempre infondati, non si dava ad Oslo più una grande importanza a quegli avvisi. Le notizie pervenute al governo nella notte fatale non lasciarono però sussistere più alcun dubbio su ciò che stava accadendo - ed anche l'atteggiaIl governo norvegese abbandonava nel giugno 1940 il territorio della madre patria e si trasferiva a Londra, dove incominciò subilo ad organizzare la partecipazione attiva alla lotta contro il comune nemico: ricostituì una flotta da guerra, un esercito, una flotta aerea, il tutto si intende in proporzioni piccole, in corrispondenza alle forze del paese, che si distinsero in numerose azioni militari; prepara i piani per la ricostruzione del paese dopo la sua liberazione; creò le premesse giuridiche per punire coloro che collaborarono coi tedeschi, alimentò il «E' il mio cavallo cattolico. Vi sono 20 milioni di cattolici in questo paese, e la grande maggioranza di essi pensano e votano secondo il consiglio della loro Chiesa. Il loro voto è decisivo in qualsiasi. elezione indecisa. Era stato loro detto che il generale Franco difendeva la fede contro i rossi atei.» «Quel che Fu loro detto, era propaganda di Franco, ed era quasi tutto falso.» «Può darsi, ma avrebbero creduto alla parola di un protestante? Io ho bisogno del loro appoggio per il mio programma interno; ecco la mia situazione.» teca Gino I

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