L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 13 - 15 luglio 1944

Bib11 I problemi della deIDocrazia in Italia Il predisposizione di organi pubblici che abbia di mira il migliore espletamento delle funzioni statali; e ne deve tener conto una formulazione costituzionale che non voglia dipartirsi da quelle che sono le sue necessità e la sua realtà. La prima parte del presente saggio è apparsa nel numero scorso. Come abbiamo già osservato, si tratta di un contributo individuale che non coinvolge la responsabilità della redazione. La storia delle rivoluzioni Quanto si è accennato nel precedente articolo trova la sua conferma nella storia delle rivoluzioni. Una rassegna sistematica delle esperienze storiche mostrerebbe le esigenze che vengono a determinarsi e a prevalere in realtà. Qui non è il caso di far luogo a una minuziosa indagine, ma si può richiamare qualche dato. Una prima considerazione va premessa, e probabilmente non può suscitare obbiezioni: ed è che attualmente ci troviamo di fronte a una situazione rivoluzionaria, nel senso, che qui ci interessa, delle trasformazioni che si rendono necessarie nella compagine sociale. Il periodo che ci sta innanzi è un periodo di crisi e di trasformazione profonda; potranno perciò prestarsi a considerazioni di analogia, i momenti della storia nei quali si è fatto luogo a sostanziali innovazioni. La storia della Rivoluzione francese ci mostra un succedersi di formule costituzionali, adottate come dovessere essere permanenti, e sostituite invece da altre completamente differenti dopo breve tempo. Ciascuna costituzione era espressione di direttive di ordine generale; .e questa instabilità si può mettere appunto in relazione alle esigenze dei tempi, rapidamente mutevoli, non atte a cristallizzarsi sollecitamente in una forma definitiva, fosse pure perfetta. Nelle innovazioni successivamente adottate non si può riscontrare una ricerca progressiva di perfezionamento. Si può rilevare piuttosto che manca talvolta una diretta rispondenza tra le riforme introdotte e le esigenze del momento; perché la trasformazione di per sé corrisponde al periodo di rivolgimento, e più volte si è ricaduti nel cercare la costituzione perfetta, che tendesse cioè a un assetto permanente, anziché a risolvere i transeunti problemi. La conseguenza è che né la costituzione buona poteva durare, né si davano le forme migliori per le necessità dello sviluppo in corso: come sarebbe stato più vantaggioso proporsi. Anche la rivoluzione russa ha conosciuto successivi testi costituzionali; e l'ultimo, nelle forme democratiche che dovrebbero rappresentare il coronamento della trasformazione sociale, segue di molti anni il periodo più acuto della trasformazione; non ci interessa qui se la costituzione in vigore, che è appunto l'esempio di un punto d'arrivo, non importa quanto definitivo, abbia ricevuto già effettiva applicazione e intero funzionamento; ma ci basta rilevare la sua data in rapporto all'inizio del periodo rivoluzionario. Altri esempi di nuove elaborazioni costituzionali - come quello francese del 1830 o quello spagnolo della recente e breve rE>pubblica - ci mostrano gli effetti delle preoccupazioni costituzionali in rapporto ai compiti politici del momento. Un'assemblea costituente, infatti, che ha la pienezza dei poteri politici, deve dare una costituzione al paese, ma deve anche provvedere alla direzione dello stato, in una situazione piena di problemi gravissimi, nella quale massime sono le funzioni e le responsabilità degli organi rappresentativi, e ogni ora perduta può determinare un disastro. Nel primo caso si è fatto troppo in fretta, nel secondo ci si è lasciati troppo a lungo assorbire dalle discussioni costituzionali. Si intende che la fretta può essere troppa in quanto ci si proponga un assetto definitivo, che proietta poi molto in là le sue conseguenze; e troppe possono essere le discussioni, in quanto assorbano intera l'attenzione di una assemblea, che dovrebbe in quello stesso momento attendere alla situazione del paese, ed ai provvedimenti di trasformazione richiesti senza indugio. Da ciò discende chiaramente che è opportuno che a una prima impostazione costituzionale si addivenga sollecitamente, ma che questa non si proponga di andare oltre il periodo eccezionale che sta innanzi, ed è chiaramente indicato nelle sue proprie esigenze; che una costituzione definitiva è bene sia ampiamente discussa, ma quando non vi siano altri compiti prementi, e le condizioni non siano soggette a trasformare frattanto i dati su cui si discute. Il compito di dare una costituzione, che può essere bene assolto con la dovuta ponderazione e da organi a ciò idonei, affiancati agli organi della normale o straordinaria amministrazione che frattanto ha da operare, difficilmente può esser compatibile con le condizioni iniziali del rinnovamento. Saggia cosa può essere dunque raggiungere intanto, attraverso quelle prime rappresentanze popolari che non consentino suddivisione di funzioni o cumulo di organi, una prima legalità costituzionale evolutiva, e rimettere successivamente ad organi adatti la formulazione della costituzione definitiva, quale risponda alle condizioni sociali frattanto condotte a maturazione e tradotte in atto. La scienza delle costituzioni Sarebbe vano o presuntuoso voler prescindere dalle elaborazioni anteriori del pensiero scientifico in materia, da qualunque punto si parta per le nuove mete. Come si è data, sommariamente, una scorsa all'esperienza storica, non sarà fuori di luogo accennare all'esperienza teoretica. Le moderne correnti in materia costituzionale non risalgono molto addietro; non occorre rifarsi più innanzi del sorgere della moderna società capitalistica e dello stato borghese. Difatti gli studi costituzionali moderni prendono inizio nel secolo XVIII. Si sono tracciate da allora, già prima della Rivoluzione francese le grandi linee del nuovo stato, atto a comprendere gli ampliati quadri recati innanzi dalla borghesia e a trasformare il vecchio apparato feudale e assolutistico. Al di là della rivoluzione proletaria, la nuova società collettiva conoscerà nuove forme d'l stato fondate sull'abolizione delle classi. Lo stato che fu sin qui organismo di un dominio di classe, corrisponde sul piano politico al concetto sociale di classe, e sarà perciò molto diverso - in certo senso effettivamente non più stato, o comunque organizzazione di altra natura e altri caratteri - nella condizione finale della società senza classi e della solidarietà internazionale. Comunque ha interesse riferirsi alla teorica dello stato elaborata dai percursori e dagli studiosi della borghesia, sia perché in un primo tempo - nel periodo, appunto, di trasformazione - anche il proletariato rivoluzionario si troverà ad agire sul terreno statale come si è venuto attualmente conformando; sia perché si sono formulati in questo tempo alcuni principi di valore generale, che riceveranno nuova estensione, e nuovo senso e nuovo valore, attraverso la socializzazione, ma conserveranno una loro validità indicativa. La libertà, la democrazia sono altre nella società borghese e nella società socialista, tuttavia resta il contributo della determinazione di questi valori, che nella trasformazione sociale riceveranno nuovo ed effettivo esercizio. Non si tratta tanto di distruggere quello che l'ideologia borghese ha formulato, quanto di dargli vera e piena validità in effetto. Cosi lo stato liberale e democratico si è rivelato irrealizzabile col capitalismo, e adducente al socialismo in cui ne sono immanenti i principi. Le conquiste teoriche del liberalismo democratico restano acquisite alla dottrina costituzionale. Lo stesso vale per quella teoria dei tre poteri e della loro distinzione sulla quale si è imperniata la scienza delle costituzioni elaborata in questo periodo; e cosi pure per lo studiq del principio di sovranità che è stato iniziato rivoluzionariamente duecent'anni or sono. Dal punto di vista ideologico non vi è soluzione di continuità tra l'inizio della rivoluzione borghese e il compimento della rivoluzione socialista, cosi come sin dal suo sorgere il capitalismo, nel proletariato industriale da esso creato, pose in essere la radice della propria successione: e indice ne è la formulazione marxista, che sta al mezzo di questi due secoli di trasformazioni della società. Non sarà quindi inutile dedicare qualche osservazione, non ora ai principi generali della libertà e della democrazia, ma, per restare alla concretezza tecnica del problema istituzionale, alla teorica dei tre poteri e al concetto di sovranità. La teorica dei tre poteri Lo stato moderno è imperniato sulla teorica, elaborata nel '700 ed accettata universalmente poi, della divisione dei tre poteri, cioè del potere legislativo, esecutivo, giudiziario. Essi dovrebbero, in teoria, essere esercitati distintamente. Malgrado il principio sia stato a base delle moderne costituzioni, esso non ha ricevuto mai effettiva applicazione. L'unico esempio approssimato potrebbe esser dato dalla costituzione americana, la quale tuttavia non trova molti assertori tra noi, e ha rivelato non pochi inconvenienti. In realtà, se il potere giudiziario potè essere costituito in relativa indipendenza, non fu mai possibile porre netti confini tra esecutivo e legislativo. Fuori dallo stato assoluto, infatti, che d'altronde non rinuncia ad imprimere di sé direttamente l'attività legislativa, al potere esecutivo fu dato sempre il controllo del parlamento, che avrebbe dovuto costituire il legislativo. Le assemblee furono chiamate infatti legislative, e «legislature» i loro periodi. Tuttavia esse, come sede della rappresentanza popolare, oltre a nominare talvolta gli organi esecutivi supremi, ne dovettero vagliare l'opera, esprimendo o negando loro la fiducia della nazione: partecipando cioè alla loro autorità. Per canto suo il potere esecutivo non ha rinunciato mai a concorrere alla formazione delle leggi: ché, senza di ciò, la sua funzione sarebbe stata di troppo sminuita. Oltre al sistema, più o meno abnorme e riducibile, dei decreti-legge, il governo ha concorso sempre alla proposta, alle discussioni, alla compilazione delle leggi, delle quali, in molti casi legislativamente non dei meno importanti, gliene era fatta delega espressa: come è d'uso per l'emanazione dei codici. In realtà le assemblee si sono mostrate inidonee a compiere interamente da sé la funzione legislativa, che in effetto andava molte volte a finire nelle direzioni generali dei ministeri. Inoltre non si può dimenticare che la prima funzione dei parlamenti, storicamente loro propria, e cui non si può pensare possa rinunciare la rappresentanza popolare, consiste nell'approvazione dei bilanci, che non hanno niente a che fare con le leggi e la funzione legislativa, ma rientrano esclusivamente nell'esecutiva. Tutti gli inconvenienti lamentati nel funzionamento del governo parlamentare hanno qui la loro radice; ma nessun correttivo che non sia aberrante può afferire il principio stesso. Parlamento e governo non possono essere discissi; non si possono cioè separare i poteri esecutivo e legislativo: soprattutto in periodi in cui la politicità dei problemi del giorno sia eminente, e non si possa quindi parlare di governo semplicemente amministrativo, che sarebbe reazionario. Di qui si può trarre un'indicazione per quella M.D. AVVISO IMPORTANTE Tra i lettori dell' «Avvenire dei Lavoratori» avvertiamo quelli che pur avendo ricevuto regolarmente il giornale, non hanno ancora pagato l'abbonamento, che esso è da pagarsi anticipato e costa fr. 6. - per 24 numeri (abbonamento annuo) e fr. 3.- per 12 numeri ( abbonamento semestrale), che l'importo del prezzo di abbonamento può essere versato a qualunque ufficio postale svizzero usando i soliti formulari verdi di versar mento. Il numero del conto postale è VIII/26305. Siamo spiacenti di dover indicare a chi non si ricorderà di compiere il proprio dovere, che saremo costretti a staccare il rimborso postale gravato dalle spese. Ringraziamo vivamente quelli che hanno giù, effettuato il versamento e quelli che lo faranno in questi giorni. L'Amministrazione. I socialisti italiani e la Russia Togliamo dall'«A vanti» del 22 maggio 1944 ( edizione lombarda, n. 31), il seguente brano dell'articolo di fondo «Punti fondamentali» in cui si precisa l'atteggiamento dei socialisti italiani verso la Russia: «Con la Russia la predizione di Marx si avvera, e l'utopia di ieri è la realtà di oggi. Il permanere e l'ascendere della Rivoluzione russa rendono possibile il propagarsi e lo svilupparsi della rivoluzione socialista in Europa e in Asia. E questa verità dobbiamo tenere in vetrina. La Russia è una miniera di insegnamenti, e una sorgiva di speranze e di certezze. Difenderla se è attaccata è il dovere di tutti i proletari. Aiutarla se minacciata è nel compito di tutti i socialisti. E però se di essa comprendiamo le necessità, alle contingenze della sua politica estera non possiamo sempre e comunque subordinare le nostre urgenze. Appunto perchè riusciamo a spiegarci le contraddizioni, apparenti o reali, che sono negli atti della sua diplomazia, in esse non possiamo irretire la ragion d'essere e il divenire del nostro movimento. La rivoluzione socialista si attua nel mondo in forma e in modi che variano con il variare delle singole economie. Come la Russia ha fatto la sua rivoluzione secondo le indicazioni contenute nella sua situazione, così l'Italia realizzerà la propria secondo le possibilità offerte dalla sua posizione. Nella Russia possiamo trovare appoggio e ricevere conforto, dalla Russia non dobbiamo attendere la soluzione, la nostra soluzione. Il socialismo non è un dato esterno alla coscienza dei socialisti. O è una nostra conquista o non è. La Russia ha problemi che non sono sempre e necessariamente i nostri. I motivi e i momenti della sua politica estera non sempre contengono ed esauriscono i motivi e i momenti della nostra politica interna. E perciò collaborazione, non subordinazione, ché la nuova Internazionale non può risultare dal dettato di un popolo, si bene dall'apporto di tutti i popoli finalmente emancipati o in via di emancipazione dalla soggezione di ogni tirannia economica e politica.» Dichiarazione di uo1nini politici inglesi di sinistra Numerosi uomini politici inglesi appartenenti alle sinistre hanno pubblicato una dichiarazione nella quale si proclamano contrari alle proposte di annessione di territori puramente tedeschi da parte della Polonia. Una vera e propria democratizzazione della Germania sarà impossibile se la violazione dello spirito della Carta Atlantica renderà inevitabile il ripetersi di sempre nuovi atti di violenza. La dichiarazione porta le firme di una serie di personalità del Partito Laburista come Laski, MacNeil, Brailsford, StrauB, Lord Faringdon, Gollancz, Leonard Woolf, Horrabin e di alcuni socialisti di altri paesi come De Broukère, Czernitz, Jaksch, Oliveira, Treves. I firmatari dichiarano di essere mossi dalla convinzione che una collaborazione internazionale deve essere la meta di tutti i nostri sforzi sia sul terreno politico che in quello economico. Pertanto la creazione di nuovi problemi nazionalistici, sia per quanto riguarda la Germania, che la Polonia è non soltanto inutile ma anzi dannosa. Lo scioglimento del Partito Comunista negli Stati Uniti La notizia dello scioglimento del Partito Comunista negli Stati Uniti non è giunta inaspettata per coloro che hanno letto il discorso del suo capo Earl Bowder, discorso che è stato tenuto il 10 Gennaio 1944 in una assemblea di New York e che è stato pubblicato nel giornale londinese «World News Views». Browder è partigiano di una incondizionata disciplina nella lotta per la vittoria delle Nazioni Unite e la ritiene necessaria anche nel periodo del dopoguerra, allo scopo di evitare un nuovo periodo di moti rivoluzionari e di guerre internazionali che condurrebbero ad una terza guerra. Per quanto si riferisce agli Stati Uniti ritiene desiderabile che la questione del socialismo sia posta in modo da non porre in pericolo od indebolire l'unità nazionale. Browder non desidera una separazione politica dai partigiani della libera iniziativa: egli suppone altresi che la nazionalizzazione delle banche, delle ferrovie ecc. non vengano approvate da larghi strati della popolazione. Egli esige misure atte a scongiurare una nuova crisi economica e desidera l'occupazione permanente di tutti i lavoratori. Sarebbero necessari dei nuovi mercati esteri e l'intervento dello stato; il «New Deal» dev'essere mantenuto in forza, i disfattisti debbono essere sconfitti: questo è lo scopo della lotta elettorale americana nel 1944. Per quanto riguarda i salari Browder si scaglia contro le lentezze burocratiche, egli critica gli elementi reazionari tra i datori di lavoro i quali sono sostenuti da John Lewis nel movimento operaio. Egli rende omaggio al C. I. O. (Committee for Industria! Organisation) diretto da Philip Murray con il suo paziente comportamento 'di fronte alle provocazioni. Browder chiede giusti salari, è contrario, però, agli scioperi nel momento attuale: ritiene, per altro, che il Congresso incoraggi gli scioperi e che i datori di lavoro li provochino. Egli è un sostenitore di Roosevelt. Teheran ha promesso un mondo di ordine e di pace: il Partito Comunista ha concluso attualmente un trattato a lunga scadenza con delle potenze che perseguono lo stesso scopo. Perciò il Partito Communista degli Stati Uniti cessa di avere uno scopo nel significato specificamente americano della parola. Il sistema dei due partiti costituisce una tradizione: d'altra parte ogni partito costituisce una coalizione di più gruppi. Il Partito Comunista non entra a far parte del partito democratico né di nessun altro partito. Sarà opportuno scegliere gli individui a seconda della loro competenza- rispetto a questo o a quel problema senza prendere in considerazione la loro appartenenza a questo o a quel partito. Il Partito Comunista si trasformerà in un'« Unione Politica Comunista Americana:). AJIVISO Con il prossimo numero l'intera quarta pagina sarà dedicata alla Cronaca delle Collettività Italiane della Svizzera. Invitiamo i compagni a inviare delle corrispondenze. Essi tengano conto però che il nostro giornale esce ogni quindici giorni e non può pubblicare convocazioni e comunicati come un quotidiano, ma si adatta meglio all'esame delle situazioni locali e dei problemi delle colonie italiane. AVVISO AI LETTORI INTERNATI Un certo numero di internati civili e militari, hanno ricevuto finora il nostro giornale gratuitamente. Come spesso accade per gli stampati gratuiti, all'Amministrazione riesce dirficile giUdicare in quale caso il giornale è veramente profittevole e desiderato dai destinatari. Chiediamo perciò a tutti i nostri lettori internati civili o militari che finora hanno ricevuto grar tuitamente il giornale di scrivere all' amministrazione se lo desiderano anche per l'avvenire; sarà bene accetto se non potendo pagare l'intero importo dell'abbonamento, essi invieranno un contributo in rapporto alle loro possibilità. A tutti coloro che faranno questo, il nostro ringraziamento anticipato; agli altri dal pros- . simo numero sospenderemo il giornale. Redattore:ERICH VALAR, ZURIGO Druck:GENOSSENSCHAFTSDRUCKEREI Z0RICH

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