L'Avvenire del Lavoratore - anno XXXV - n. 9 - 15 maggio 1928

B Anno XXXV (nuova serie) N. 9 Zurigo, 15 Maggio 1944 LIBERARE E FEDERARE! QUINDICINALE SOCIALISTA Redazione e A mm in i strazi on e: Casella postale No. 213, Zurigo 6 · Conto postale No. VIII 26 305: Telefono: 3 70 87 Abbonamenti: 24 numeri Fr. 6.-, 12 numeri Fr. 3.-, una copia Cent. 30 L'Europa e la pace mondiale Un appello del «Socialist Vanguard Group» di Londra Traduciamo i punti salienti di un appello apparso nella rivista inglese «Socialist commentary», firmato dal «Gruppo socialista cli avanguardia», di cui fanno parte compagni inglesi, tedeschi, italiani, francesi e altri: La Società delle Nazioni ha fatto fallimento perché, invece di essere uno strumento per prevenire le guerre, gli stati che la costituivano non acconsentirono mai a rinunciare neppure ad una parte della loro sovranità nazionale. Cosi nelle mani di alcuni stati predominanti essa divenne uno strumento di politica nazionale. Il fatto di avere avuto due guerre mondiali a cosi breve distanza di tempo non deve sorprendere, poiché dopo la prima di esse continuarono a svilupparsi ed a sovrapporsi liberamente tutti gli elementi che rendono una guerra inevitabile: rivalità tra stati sovrani europei sotto l'influenza di governi nazionalistici e reazionari, interferenze di stati non europei intese a sfruttare per la propria politica i dissidi europei stessi, crisi economiche che resero possibile alle forze autoritarie militaristiche di impadronirsi del potere, ed infine il particolare fattore del militarismo in Germania. Ogni persona ragionevole comprende oggidi che soltanto un'organizzazione mondi a 1 e potrà essere in grado di garantire la pace. Questa possibilità dipende dall'altra di dare all'Europa un assetto unitario conveniente. Vi sono ragioni per ritenere che le Nazioni Alleate sono lontane dall'avere un'esatta e disinteressata percezione delle necessità europee: depongono in questo senso la malcelata ostilità delle potenze occidentali per il governo De Gaulle, l'evidente appoggio da esse dato alle decadenti monarchie, il comportamento della Russia nella vertenza polacca, ecc. E' chiaro, comunque, che se un cambiamento di rotta da parte delle Nazioni Unite non dovesse aver luogo, si avrebbero già le basi per un terzo conflitto mondiale. Tra i tanti prÒgetti di unificazioni interstatali ve ne è uno orientato verso la creazione . di federazioni regionali. Questa non può tuttavia essere considerata come una vera soluzione, soprattutto essendo concepita come blocchi di nazioni sotto l'influenza di uno stato dominante: si è parlato cosi di riunire gli stati baltici e quelli dell'Europa orientale e sudorientale sotto la sovranità della Russia e quelli dell'Europa occidentale sotto l'egida della Gran Bretagna: è evidente il pericolo che la nazione dominante in tal caso sia portata ad anteporre i propri interessi a quelli degli stati tutelati. La creazione di federazioni regionali sarebbe da favorire soltanto in quanto esse ravvicinino e non ostacolino l'unificazione dell'Europa. La giusta soluzione è una federazione di tutte le nazioni europee, sotto un singolo governo federale, costituito in modo da poter garantire ad ogni singolo popolo la sicurezza contro le aggressioni, riforme economiche di carattere lungimirante, libertà di parola, di stampa, di associazione, ecc. Non tra le più facili si presenta la soluzione del problema «Germania». Si è detto e ripetuto che lo smembramento, o comunque un trattamento troppo duro di essa, non farebbe che fomentare la spirito di vendetta e di aggressione, e che un trattamento troppo mite potrebbe dare ad essa una posizione predominante nella federazione europea con il conseguente pericolo di una nuova politica imperialistica. Comunque, delle garanzie assolutamente serie dovranno essere prese nei confronti di una possibilità di riarmo e per spezzare definitivamente il potere dei grandi proprietari terrieri (Junker), della casta militare e dei grandi industriali monopolizzatori. In quanto o favorire in Europa una sistemazione che dia garanzie di pace duratura, mentre una sistemazione di tipo imperialistico di marca angloamericana rappresenterebbe sempre un rischio. Il terzo e più importante~ ostacolo alla federazione europea è rappresentato dalla Gran Bretagna. Fa parte della tradizione politica britanni.ca di mantenere disuniti i popoli europei: tale tradizione non ha cessato di manifestarsi anche nel periodo 1918-1939, allorché in ripetute occasioni la Gran Bretagna sostenne gli interessi della Germania contro quelli della Francia, ed anche nell'epoca hitleriana, allorché gli uomini di stato britannici cercarono di distogliere l'uragano hitleriano dal loro paese mettendo la Germania alle prese contro le nazioni dell'Europa orientale ed in particolare contro la Russia. Comunque, tale politica si è dimostrata erronea, e non ha servito a tenere lontano tale uragano dalla Gran Bretagna. Una sicurezza per essa non può essere raggiunta che attraverso una sistemazione su base collettiva ed una rinuncia definitiva al sistema degli «stati sovrani» nazionali e della divisione degli stati europei in sfere d'influenza. E' particolarmente interessante conoscere le opinioni dei vari movimenti anti-fascisti dell'Europa. Esse dimostrano un alto grado di chiaroveggenza e di superamento delle vecchie politiche nazionali ed anche del - pure cosi comprensibile - desiderio di vendetta verso la Germania. . I programmi di tali movimenti antifascisti - quali, per es. risultano dalla lettura dei numerosi giornali più o meno clandestini da essi editi in Francia, Polonia, Norvegia, Olanda, Italia ecc. - sono tutti concordi nel riconoscere la necessità dell'abbandono delle idee di «stato sovrano» e delle politiche nazionali. e della necessità di una confederazione, di un «super-stato» europeo fornito dei poteri necessari per coordinare l'economia delle vari.e nazioni, per prevenire ovunque il ritorno di uno spirito di dominazione e di guerra e per assicurare ad ogni individuo, indipendentemente da nascita, religione o razza, sicutezza e libertà. Unità nella diversità, cooperazione senza schiavitù, questo è il solo possibile futuro per l'Europa. In questo movimento un posto di primaria importanza dovrebbe spettare alla Francia, e per la sua tradizione libertaria e repubblicana e per la capacità da essa addimostrata di organizzare un movimento di resistenza efficace e perché essa nel Comitato Nazionale del Nord Africa è dotata di un organismo fornito già ora di relativa indipendenza ed efficienza, e che ha preso decisamente posizione contro le vecchie forze reazionarie e conservatrici. E' chiaro che non sarà da far assegnamento su di un appoggio a tale politica da parte dei governi della Gran Bretagna, degli S. U. o dell'U. S. S. R. nella loro forma attuale. Comunque per lo meno nei primi due paesi le forze laburiste e progressite dovranno adoperare tutta la loro influenza nel senso suddetto. In Inghilterra le forze che hanno tollerato ed incoraggiato le aggressioni del fascism·o contro i lavoratori in Italia, Germania, Spagna sono sempre molto potenti e tutt'ora sono intenzionate a lottare per il mantenimento dei loro privilegi e quindi ad ostacolare l'unificazione dell'Europa. Ci sono stati dei momenti., nel periodo tra le due guerre mondiali, in cui se il movimento laburista britannico avesse seguito una politica di indipendenza dal governo avrebbe forse prevenuto la presente guerra. Comunque al momento attuale urgono una visione realistica e coraggiosa del momento politico e delle energiche direttive. Più precisamente, appare indispensabile: 1 ° Opporsi con tutti i mezzi ad un ritorno al sistema degli «stati sovra11i», 2° Opporsi in tutti i modi ad una divisione dell'Europa in sfere d'influenza dominate da stati rivali; 3° Lottare energicamente contro le forze economiche e politiche responsabili dello sviluppo dei regimi fascisti in Europa; 4o Insistere per un immediato e totale disarmo della Germania e per la distruzione dei fondamenti sociali, politici e culturali del nazismo, del militarismo e del razzismo; 5o Promuovere la formazione di una federazione europea tale da garantire la sicurezza dei popoli europei, le libertà democratiche e l'autodecisione dei popoli ; 6° Far rivivere i sindacati dei lavoratori ed i movimenti socialisti del continente ed affidare ai rappresentanti loro e a quelli degli altri movimenti di resistenza la responsabilità per la creazione della nuova Europa; 7° Invitare ed incoraggiare la nuova Europa federata a prendere il posto che le spetta in un programma di politica economica mondiale e di pacificazione mondiale; 8° Agire nel senso suddetto in stretta collaborazione con le forze progressiste del continente e servire da tratto d'unione fra tali forze ed altre forze simili di altre parti del mondo. Ricostruzione cooperativa La creazione di un Fondo della Libertà della I. C. A. (Internazionale delle cooperative) per aiutare la ricostruzione cooperativa nei paesi belligeranti e occupati, rappresenta più che un semrlice atto di solidarietà internazionale conforme alle tradizioni cooperative e di un gesto di ammirazione e di gratitudine verso coloro che hanno servito la causa della libertà. Il suo grande significato è di dimostrare la fiducia incrollabile che nutre la cooperazione nel divenire delle istituzioni democratiche e la garanzia che la cooperazione giuocherà un ruolo decisivo nell'aiuto dei popoli per la ricostruzione della democrazia su basi più solide che per il passato. Dall'inizio i dittatori si sono resi conto di quanto i loro regimi dovessero temere dall'influenza di un vasto movimento d'affari gestito e diretto dalle masse. I loro incessanti conati per sopprimerlo sono il più lampante riconoscimento del valore d e mo c r a ti e o della co- )~z~e I La sua importanza e c o n o m i c a QrcrG-9" fatto che malgrado la sua irriducibile ostilità, il nazismo, dopo aver impiegato sette anni per liquidare il movimento nel Reich ha dovuto poi nei paesi occupati ricorrere alle società cooperative per la requisizione e la distribuzione dei prodotti razionati. Traverso un esame del Fondo i socialisti si renderanno conto di quanto queste società cooperative ed i loro dirigenti rappresentino dei collaboratori i n v o 1 onta r i dell'ordine nazista e che quindi potranno cooperare alla ricostruzione delle istituzioni democratiche. La riabilitazione di questi movimenti nazionali contribuirà ad accelerare la pace ed allargare le basi della ricostruzione in senso anticapitalista e il Fondo potrà su vasta misura cooperare ad una simile ricostruzione. Nessuno evidentemente può garantire per ciascuna di queste aziende cooperative, ma molte tra esse possono venire giudicate per il loro passato e colle frammentarie notizie che ci giungono, e si può presumere che una buona parte di esse sono state fedeli ai loro principi. Hc.nno dovuto scegliere tra la collaboraL'VLTIMA NOTTE 1. Questo meschino mondo omicida B' puntato sull'innocente. Oli toglie il pane di bocca Oli mette fuoco alla casa Gli prende i suoi panni e le scarpe Oli prende il suo tempo e i suoi figli. Questo meschino mondo omicida Confonde coi morti i viventi Lava il fango, grazia le spie, La parola trasforma in rumore. Grazie, mezzanotte: dodici fucili All'innocente rendono la pace. E tocca sempre alle folle , otterrare quella sua carne Sanguinosa e il suo cielo nero. E tocca alle folle comprendere Quanto debole è chi assassina. 2. Noi gettiamo il sacco delle tenebre al fuoco, Xoi spezziamo i serrami di ruggine delri ngiuslizia. Ecco uomini vengono Che non han più paura di sé stessi Perché sono sicuri cli lutti gli uomini Perché il nemico dal viso cl'uomo scompare. Traduzione da Paul Chuard. zione o la cessazione di ogni attività cooperativa lasciando cosi libero campo alla speculazione privata. Molti dei dirigenti sono esperti cooperatori che, tra tremende difficoltà cercano di alleviare i disagi dei loro spesso forzatamente membri. A misura che ogni paese verrà liberato l'organizzazione cooperativa avrà una funzione capitale per impedire che le necessità del popolo vengano sfruttate dalla speculazione privata. In tutta l'Europa lo stato di guerra ha ridotto grandemente il volume del commercio privato e questo fornirà un'occasione unica per ridar vita alla vita economica servendosi e se necessario creando le aziende cooperative. Serviranno a guadagnare la fiducia delle popolazioni incoraggiandole allo autoaiuto e alla ricostruzione graduale dell'industria e dell'agricoltura sulla base che spiani la via alle aspirazioni socialiste verso il controllo della comunità. Non dobbiamo dimenticare che dopo tant'anni di brutali repressioni e di miserie materiali saranno migliaia quelli che dovranno imparar di nuovo la tecnica della democrazia. La cooperazione dovrà servire come agenzia principale di distribuzione dei soccorsi e ad essa dovranno essere devolute le gestioni delle aziende attualmente controllate dal fascismo negli stati dell'asse. Una volta ristabiliti i governi regolari la I. C. A. reclamerà l'aiuto statale nei vari paesi per la ricostruzione cooperativa. Il Fondo di Libertà servirà ad aiutare i movimenti nazionali per superare le tremende richieste del dopoguerra, e dalla sua capacità di profittare di queste occasioni dipenderà tutto il futuro della cooperazione ed il trionfo in un prossimo avvenire del socialismo. Il minimum del contributo mondiale cui aspira l'I. C. A. è di sterline 500 000, ma il Fondo di Libertà - che è la risposta del movimento britannico all'appello della I.C.A.-spera di poter raccogliere la somma tutta coi propri mezzi. Sono già state infatti raccolte sterline 200 000 e numerose società stanno preparando un contributo speciale da spaziarsi nel tempo. Si può quindi sperare che l'I. C. A. potrà raccogliere una somma due o tre volte superiore di quella preventivata ed ogni nuovo contributo sarà pertanto bene accetto. Theo Nafte!. Gentile Gentile, dopo il tristo discorso sul Campidoglio, ha ceduto alla più pericolosa tentazione di un filosofo: la coerenza. Autore e vittima di un errore che non vizia la sua filosofia, più di quanto l'immagine del vecchio di Bari dòcile al frastuono dei galoppini ministeriali non vizi quella dell'uomo che insegnò a tutti noi a leggere e a scrivere con l' «Estetica», la «Storia d'Italia» e gli scritti sul marxismo. Sepolto l'uno coi «martiri» fascisti, in Santa Croce, insieme agli eroi clelle «squadracce» e delle «disperate»; sepolto l'altro nei corridoi dei marescialli dell'Impero, tra i sorrisi discreti degli ufficiali dello Stato Maggiore allealo. Che tristezza. Ma i ?..'ericritici di Gentile e cli Croce sono ora chini sulla prosa dei fogli clandestini o aprono il fuoco sulle teste hegeliane del terzo Reich, clalle valli di tutta Europa. (F. F.)

Bit .irte e letteratura Modernità e pompierismo nell'arte Una sola civilità può produrre simultaneamente due cose cosi diverse, come una poesia di Ungaretti e una canzone di Piedigrotta, un quadro di Severini e una copertina a colori della Dome n i e a del Corriere. Sono quattro fatti di ordine «artistico», apparsi nella stessa epoca e prodotti in una stessa società, ma la loro parentela non va oltre. Quale prospettiva di cultura sarà cosi vasta da stabilire tra essi un rapporto intrinseco? Che la coesistenza di una tale eterogeneità in una sola epoca continui ad essere accettata come naturale, indica forse una disgregazione nel mondo dello spirito? O si tratta di un fenomeno nuovo e inerente alla nostra epoca? Per rispondere non basta una semplice inchiesta nel campo dell'estetica. Occorre invece esaminare più da vicino se esiste un nesso tra l'esperienza estetica e le contingenze sociali e storiche. Una tale ricerca risponderà anche ad altre domande forse più importanti. Quando una società non riesce più a giustificare come necessarie e insostituibili le sue forme particolari, ne risulta squalificata e dispersa anche quella riserva di valori dalla quale gli artisti attingono per esprimersi. Viene a mancare un linguaggio comune. Le norme della religione, della politica, dei costumi, dello stile, del gusto sono poste in dubbio e l'artista non può più indovinare la reazione del pubblico alle immagini, ai simboli, alle allusioni delle sue opere. Non esiste più una nozione comune del bello ( come non ce n'è più una, comune a tutti gli uomini, del bene e del giusto). Nel passato una tale congiuntura storica produceva di solito, in arte, l'accademismo, che è forma delle epoche d'incertezza e fiacchezza spirituale. L'accademismo evita appunto i temi vitali e fondamentali essendo controversi e riduce l'attività creatrice alla virtuosità tecnica, risolvendo i problemi ma.ggiori secondo il modello dei maestri classici. Gli stessi temi vengono allora meccanicamente vari(tf,i in cento opere diverse, senza aggiungervi mai nulla di nuovo : Stazio, la poesia mandarina, la scultura romana, la. pittura delle Scuole di Belle Arti, l'architettura neo-classica del palazzo dei Soviet, e cosi via. E' certo notevole il fatto che, in piena decadenza della società borghese, molti artisti abbiano rifiutato la scappatoia dell'accademismo. Essi hanno creato u.n fenomeno nuovo : l'arte pura o astratta. Ciò è stato reso possibile da una sensibilità storica superiore e rappresenta a suo modo un nuovo genere di critica sociale. Questa posizione critica si riassume nella convinzione che l'esistente ordine borghese, con la sua scala di valori, non è eterno o naturale, ma una semplice tappa in una lunga successione di ordinamenti sociali diversi. Questo modo di sentire e di giudicare, già prevalente nella coscienza intellettuale più avanzata della seconda metà del diciannovesimo secolo, è stato accettato anche dagli artisti più sensibili, il più spesso senza che se ne rendano conto. Non per caso la nascita dell'arte moderna coincide cronologicamente, e anche geograficamente, col primo audace sviluppo del pensiero rivoluzionario nell'Europa occidentale. Certo, la bohème o scapigliatura, che fu la prima forma dell'ammutinamento degli artisti contro la regnante borghesia, ostentava una mancanza assoluta d'interesse per la storia e la politica; eppure, senza le idee politiche e scientifiche rivoluzionarie eh'erano nell'aria, 1919 (25 anni addietro) 15 maggio: In Italia continuano a ripetersi episodi di violenza da parte di arditi. - A Parigi continua la ricerca di una formula soddisfacente per Fiume e la Dalmazia. - Il Consiglio Economico interalleato discute un progetto per la creazione di una unione doganale tra i paesi ex-austriaci, comprendente anche Polonia, Rumenia e Serbia: il progetto è avversato accanitamente dal ministro italiano Crespi e dai giornali nazionalisti italiani. - Caccia agli spartachiani in Baviera. - Viene pubblicato per la prima volta dai giornali il testo integrale del patto di Londra. 16 maggio: Congresso femminile per la pace svoltosi a Zurigo con delegate di 15 paesi; ha emesso ordini del giorno di protesta contro la continuazione della guerra, contro il blocco contro la Russia e l'Ungheria, contro le persecuzioni antisemite. - Lenin in una seduta del Comitato Centrale Sovietico ha definito il trattato di pace come uno «strumento di assassinio politico». - Continuano a Parigi le discussioni sulla questione adriatica. - Smirne occupata dai contingenti internazionali. 17 maggio: L'ammiraglio Kolciak, comandante delle truppe antibolscevike in Siberia, durante un'intervista ba dichiarato di avere urgen _e biso1no~egli(aiuti de-1!:Intesa. - Ìe - 11oi:_beianco a }fonaco. r gli artisti della bohème non sarebbero mai stati in grado di isolare il loro concetto del «borghese» e del «filisteon per poter definire, almeno negativamente, sé stessi. E senza l'appoggio morale degli avvenimenti politici rivoluzionari dell'epoca, essi non avrebbero mai avuto il coraggio di assumere una posizione cosi aggressiva contro i pregiudizi allora prevalenti. Per questo necessitava davvero del coraggio, perché l'evasione dell'avanguardia artistica dalla società borghese verso la bohème significò anche un'evasione dal mercato capitalistico che nella vita dei poeti e dei pittori aveva sostituito gli aristocratici mecenati del passato. (Paradossi della dialettica sociale: nel secolo scorso essere artista di avanguardia significava patire la fame in una soffitta e morire tisico, ai nostri giorni invece molti artisti moderni sono rimasti attacwti alla conservacione politica perché non possono fare a meno dei biglietti da mille dei collezionisti pescicani.) Appena staccatisi dalla società, gli artisti d'avanguardia si sono rivoltati ed hanno rinnegato non solo l'eredità culturale borghese, ma anche le idee rivoluzionarie anti-borghesi. La funzione vera e più importante dell'arte, essi han detto, è quella di tracciare una strada lungo la quale la cultura, nei suoi multiformi aspetti, pu,ò continuare a svilupparsi all'infuori della violenza delle ideologie politiche. L'artista moderno ha dunque cercato di innalzare la sua arte nell'espressione di un assoluto nel quale ogni relatività sarebbe superata. E' stato appunto nella ricerca dell'assoluto asociale e a-storico che gli artisti moderni sono giunti all'arte astratta o pura. Arrivato a quel punto, l'artista moderno cerca effettivamente e temerariamente di imitare Dio; di creare qualcosa, cioè, che valga Ur?icamente per sé, come la natura vale, come il firmamento, l'oceano, un paesaggio valgono; indipendentemente dalla loro rappresentazione, dal loro significato, dalla loro utilità, e se hanno o no un senso. Ma, a differenza di Dio, l'artista moderno non ha potuto creare dal nulla. I valori estetici di cui l'artista moderno è stato costretto a servirsi per creare l'assoluto, sono valori ... relativi. L'arte moderna si è risolta in una sublimazione della tecnica, diventata fine a sé stessa. E cosi l'artista di avanguardia ha finito con l'imitare non l'inimitabile I ddio (la parola imitare è intesa qui nel suo senso aristotelico), ma i procedimenti stessi dell'arte a lui cara; dell'arte negra o di quella pompeiana. La genesi dell'arte astratta contiene dunque un circolo vizioso. L'artista nega ogni valore al contenuto e all'esperienza comune, e l'attribuisce ai mezzi tecnici della propria arte. Infatti, l'opera d'arte pura o astratta o assoluta per valere esteticamente non può essere né arbitraria né incidentale, come credono gli sciocchi; essa deve nascere in obbedienza a qualche necessità interna o a qualche sensibilità originale; ma quando si rinunzia al mondo della comune esperienza, non rimane all'anima dell'artista altra possibilità che di rifugiarsi in quelle stesse discipline per mezzo delle quali le arti hanno già nel passato iniitato il mondo empirico ed apparente che lui rinnega. Questo non è accaduto soltanto nella pittura, nella musica e nella scultura, ma anche in letteratura. E' sintomatico il fatto che il libro più ambizioso di Gide sia non un romanzo, ma il diario della composizione di un romanzo; e che l'«Ulisse» e «Finnegan's 18 maggio: A Milano in occasione dell'inaugurazione del vessillo dei ferrovieri statali grande manifestazione con discorsi di Turati e di altri. 19 maggio: Le truppe sovietiche ungheresi resistono con successo ai rumeni ed ai czechi. - L'Ucraina è quasi interamente nelle mani dei bolsceviki. - Scontro tra navi da guerra britanniche e sovietiche nel golfo di Finlandia. - Vengono comunicate le notizie ufficiali germaniche sulle perdite subite in guerra: 1676 639 morti e circa 4 500 000 feriti. - Il Consiglio Superiore Interalleato ha reso noto che toglierà il blocco alla Germania non appena questa avrà accettato le condizioni di pace. 20 maggio: I socialisti tedeschi chiedono all'Ufficio Internazionale Socialista di convocare la Commissione permanente perché essa si pronunci sul progetto del trattato di pace. - Uno degli assassini di Rosa Luxemburg fuggito dal carcere. - In Finlandia imperversa la reazione capeggiata da Mannerheim. 21 maggio: Risposta di Clemenceau alla nota tedesca di protesta sulle responsabilità della guerra, risposta che ribadisce le note accuse. - In un'assemblea di protesta alle condizioni del trattato di pace il ministro Scheidemann ed il presidente Ebert hanno auspicato l'unione del- ]'Austria tedesca alla Germania. - Il Consiglio Nazionale dell'Independant Labour Party ha approvato una risoluzione di protesta contro il ~siddetto «Trattato di Pace» che gli Alleati hai-e trasmesso alla Germania «in contrastò Wake» di Joyce siano anzitutto, come ha notato un critico francese, letteratura ridotta all'espressione per l'espressione, l'espressione che importa più di quel che si esprime. Il fatto che l'arte pura sia ciò, non esige da noi né appro?Jazione né condanna. Quest'arte, per la ragione anzidetta: il suo tecnicismo, contiene in sé qualcosa di quello stesso accademismo che è la sua bestia nera. Tuttavia con una differenza notevole: l'arte pura è spesso viva e bella, mentre l'accademismo puzza sempre di cadavere. Questo basta per assolvere storicamente l'arte pura. La sua necessità sta nel fatto che non vi era nessun altro modo per creare nell'epoca moderna un'arte o una letteratura di ordine superiore, dato lo stato fallimentare di tutta la vecchia cultura. Ma questo non vuol dire naturalmente che il purismo o l'astrazione siano il traguardo finale della bellezza. Il valore dell' llrte «assoluta» è anch'esso relativo. Noi assistiamo già, probabilmente, al suo tramonto. Rouault nella pittura e Aragon nella poesia ci indicano come i valori formali dell'arte moderna possano riconciliarsi con l'umano senza scapito della loro bellezza. Segnalazioni Rote Revue Aprile 1944 K. Schmalz, Endziel u.nd Reformarbeit (La meta finale e l'opera di riforma). Sguardo generale alle mete del socialismo con particolare cdnsiderazione della pianificazione economica. Nel campo dell'industria viene auspicata l'unificazione e concentrazione della produzione, la sottomissione di essa al controllo statale, aumento della specializkione nella produzione, unificazione del lavoro scientifico e di ricerca. Nel commercio viene auspicata l'organizzazione in cooperative per gli acquisti ecc. Spectator, Planung und Beschiiftigung (Pianificazione ed impiego della mano d'opera). Interessante e particolareggiato studio del concetto di disoccupazione e di «impiego· totale della mano d'opera» rispettivamente, nella società capitalistica ed in quella socialista: per una radicale soluzione appare anche qui indispensabile la collaborazione internazionale. Charles Buckner, Die Kirche in Ru(Jland (La chiesa in Russia). Dopo un breve cenno alle vicende della chiesa di Russia dall'epoca zarista, attraverso la rivoluzione e gli anni a questa seguenti, ricordata la fondazione nel 1922 dell'associazione dei «Senza Dio», che non incontrò però mai un grande successo, si esaminano le cause che possono aver determinato il riconoscimento recente da parte del governo russo. Come tali vengono additate: 1 ° il desiderio di acquistare un maggior prestigio nelle regioni ortodosse dell'Europa orientale e sud-orientale; 2° il desiderio di controbattere, sempre in queste regioni, la propaganda svolta dal clero cattolico; 3° quello di dare un maggior appoggio alla propaganda panru.ssa e nazionalista. Viene posto particolarmente in rilievo il fatto che il puro materialismo non soddisfa le masse né dà alimento sufficiente al loro desiderio di risolvere i grandi problemi dell'esistenza, come quello del libero arbitrio, quello della vita futura, quello della tendenza dell'individuo verso la moralità, ecc. Vierte auspicata una revisione dell'atteggiamento socialista verso la religione e l'etica ad evitare gli stessi errori dei russi ed un sempre possibile ritorno alla superstizione ed al dogmatismo. colle condizioni di armistizio e alle dichiarazioni fatte dagli alleati sugli scopi della guerra». 22 maggio: A Bruxelles la conferenza internazionale per il commercio ha posto sul tappeto la questione dell'internazionalizzazione del Da• nubio e del Reno. - Le armate sovietiche ungheresi resistono vittoriosamente agli czechi e riportano successi anche su altri fronti. - Il generale francese Franchet d'Esperey al comando delle truppe rumene contro l'Ungheria. - A Berlino si è iniziato il processo contro Ledebour, accusato di avere organizzato la rivolta armata: coraggiosa difesa dell'imputato. 23 maggio: Proclama dell'Internazionale Comunista contro le condizioni del trattato di pace e l'azione antiproletaria dei governi capitalisti dei paesi vincitori. - Dichiarazione di Cicerin, commissario sovietico agli Esteri: «Questo non è un trattato di pace ma la continuazione della guerra». - I legionari polacchi dopo la conquista di Wilna hanno compiuto un massacro di cui sono stati vittime oltre 2200 ebrei. - Grande comizio a Milano contro le condizioni di pace, l'imperialismo e le mene del capitalismo: discorsi di Treves, Turati, Serrati. 27 maggio: Il Comitato Esecutivo dei sindacati inglesi ha reso nota ·a Bonar Law la decisione dei minatori, ferrovieri ed operai dei trasporti chiedenti la cessazione dell'intervento militare in Russia, l'abolizione del blocco contro la Germania, l'abrogazione delle chiamate sotto le armi, pena lo sciopero generale. -In un'intervista il conte Brockdorff-Randzau, capo della Der offentliche Dienst Aprile 1944 Ausweichtheorien. Vollbeschiiftigung im Kapitalismus? (Teorie che temono di affrontare la realtà. Impiego totale della mano d'opera nel capitalismo?). Acuta critica delle conclusioni di una recente pubblicazione di F. Marbach (Vollbeschaftigung, Verlag Francke, Bern) eseguita con criteri ed intenti manifestamente capitalistici. Ammesso come inevitabile e grave il problema della disoccupazione nel dopoguerra, quali i rimedi? Non certo la corsa agli armamenti secondo la ricetta fascista e neppure il sistema antieconomico dei lavori pubblici creati soltanto per «occupare la gente» o quello dei crediti dati agli industriali perché producano a qualsiasi costo. E invece il potere d'acq u i s t o c h e b i s o g n a a u m e n t a r e. 11 sistema per raggiungere quest'ultimo risultato il Marbach lo vede in una larga distribuzione di sussidi da parte dello stato. Ciò denota l'assoluta incomprensione dell'autore che si preoccupa di constatare un fenomeno senza risalirne alle cause prime, che nel caso specifico consistono nello sfruttamento della forza di lavoro da parte dei possessori dei mezzi di produzione, nonché la voluta ignoranza dell'unico rimedio a tale stato di cose, e cioè dell'economia socialista. «Liberare e federare» critti di politica, economia e cultura E' già uscito: CARLO ROSSELLI PROFILO DI FILIPPO TURATI E' una piccola ma precisa e istruttiva storia del socialismo italiano, attraverso le vicende della forte personalità di Filippo Turati. Raccoman· diamo questo opuscolo ai giovani che del socia• lismo hanno solo una vaga idea, per lo più attinta dalla polemica giornalistica. I problemi politici, istituzionali, sociali che il socialismo italiano ha dovuto affrontare nei suoi cinquant'anni di vita sono esposti da Carlo Rosselli con la passione del vero storico che ha sempre in mente, rievo• cando il passato, di servire il presente. Un opuscolo di 70 pagine, 1 franco. Inviare ordinazioni alla Casella postale Nr. 213. Zurigo 6. Ai librai e ai rivenditori lo sconto abituale. .f.iberare e federare!• Scritti di politica, economia e cultura PIERO GOBETTI PROFILO DI MATTEOTT•I ' Indice: L'intransigente del «sovvers1v1smo»; L'aristocratico del «sovversivismo»; La lotta agraria nel Polesine; Il socialista persecutore di socialisti; Il nemico delle sagre; Il suo marxismo; Il suo antifascismo; Il volontario della morte; Cenni biografici. Ristampa dell'introvabile profilo di Matteotti scritto da Gobetti, d1e nella sua brevità e semplicità è quanto di meglio si sia fin'ora scritto sul grande martire socialista italiano. La personalità intellettuale e morale di Matteotti viene disegnata sullo sfondo delle lotte sociali e della vita politica del Polesine e dell'Italia. Un opuscolo di pagine 30, et. 50 la copia. Per ordinazioni scrivere alla Casella postale Nr. 213, Zurigo 6. delegazione tedesca a Parigi, ha dichiarato che «non firmerà un pezzo di carta». - I contadini del Tirolo hanno presentata una mozione in cui proclamano il diritto del Tirolo all'autodecisione. 28 maggio: D consiglio dei 4 di Parigi ha deciso di riconoscere «di massima» il governo anti··bolsceviko di Kolciak. - Il gruppo parlamentare socialista italiano ha votato un ordine del giorno di protesta contro le condizioni del trattato di pace. 1 29 maggio: La delegazione germanica al congresso per la pace ha presentato ieri la prima parte delle controproposte tedesche. - Ieri si è iniziato a Roma il convegno tra i laburisti Macdonald e Buxton e la rappresentanza socialista italiana. - Sciopero dei lanieri nel biellese. 30 maggio: Il Comitato Nazionale della Confédération générale du Travail chiede la revisione del trattato di pace e la sospensione dell'intervento contro la Russia. - Al convegno di Roma tra laburisti e socialisti italiani Macdonald ha insistito sulla necessità di mantenersi uniti intorno alla Seconda Internazionale. 31 maggio: A Genova la Federazione Mari1 nara ha fatto sapere che non avrebbe ultimato il carico, consistente in materiale bellico, diretto contro la Russia, del piroscafo Fedora e ha invitato le organizzazioni operaie a boicottare simili invii. - Sta per iniziarsi a Zurigo il processo delle bombe contro l'anarchico Bertoni e compagni.

... I problemi della federazione europea Il progetto americano di community of states E' stato ultimamente pubblicato a Washington un progetto di organizzazione internazionale per assicurare la pace nel mondo, preparato in due anni di lavoro da circa duecento giuristi, pubblicisti e uomini politici americani o canadesi. Il progetto, pur non avendo alcun carattere ufficiale, è il frutto della collaborazione tra personalità tanto eminenti nel campo del diritto, delle scienze sociali e della politica che qualsiasi governo siederà a Washington dovrà tenerne un certo conto (già Cordell Hull aveva accennato ai lavori in corso per la sua preparazione nel discorso del 12 settembre 1943) ed ha importanza anche per noi quale indice delle attuali tendenze dell'opinione pubblica americana. Tra queste personalità troviamo infatti Manley O. Hudson, giudice della Corte permanente di giustizia internazionale, Jackson, giudice della Corte suprema degli S. U., John W. Davis, già candidato alla presidenza degli Stati Uniti, Leo Rowe, direttore generale dell'Unione Pan-Americana, il ministro finlandese Holsti, il ministro austriaco Pflligl, e molti deputati, senatori, professori universitari, alti funzionari e delegati alla S. d. N. Il prof. Rappard, direttore dell'Institut de Hautes Etudes Internationales di Ginevra, ba pubblicato ora il testo del progetto, in inglese ed in francese, sulla rivista «Di e F r i e - de n s - W art e» di Zurigo (gennaio 1944), con un chiaro commento in cui, tenendo anche conto delle 170 pagine di illustrazione introduttiva che accompagnano il testo nella edizione americana, mette a confronto le nuove proposte con le· disposizioni del Covenant della S. d. N. La traduzione integrale in francese del progetto è poi stata pubblicata anche sulla T r i b u n e d e G e n è v e del 12 aprile 1944. Questo documento è una nuova importante dimostrazione del vigore col quale vanno sempre più affermandosi negli Stati Uniti d'America le tendenze an tiisolazioniste. La tragica esperienza fatta dopo il 1919 sembra abbia ormai convinto la grande maggioranza degli americani della assoluta necessità di un'attiva collaborazione del loro governo alla creazione di un nuovo ordine internazionale assumendo gli impegni necessari perché possa riuscire vitale. E' certo che una politica wilsoniana troverebbe oggi quell'appoggio che mancò quasi completamente al disgraziato fondatore della S. d. N. Mentre dobbiamo rallegrarci per questa nuova dimostrazione della volontà del popolo americano, che riteniamo di buono auspicio per la creazione di una pace duratura, non possiamo fare a meno di osservare che il progetto, elaborato con tanto lavoro da cosi eminenti personalità, è del tutto insoddisfacente perché, come bene scrive il prof. Rappard, delinea «una Comunità internazionale retta dagli stati che la compongono, e non da un organismo federativo governato da autorità indipendenti dalla loro». La Comunità degli stati proposta «si presenta - dice ancora il prof. Rappard, cioè uno dei giuristi che meglio conosce il Covenant e la storia della S. d. D. - sotto la forma di un edificio del medesimo architetto o almeno della medesima scuola che costruì l'istituzione ginevrina». Ed ormai noi tutti sappiamo che una S. d. N., comunque riveduta e corretta, non può porre termine al caos internazionale e assicurare la pace. • Le critiche fondamentali a tutte le costruzioni di questo genere possono essere riassunte nelle parole con le quali già Hamilton sul «Federalist», criticava la Confederazione americana del 1781 : «La verità importante è che una sovranità sopra degli enti sovrani, un governo sopra dei governi, una legislazione per gli stati, invece che per gli individui, è un assurdo in teoria e in pratica, è sovvertitrice dell'ordine e dei fini della società civile, in quanto sostituisce la violenza alla legge, cioè pone la rovinosa coazione della spada al posto della pacifica e salutare coazione della magistratura.» Per conto nostro ci limiteremo a illustrare questo giudizio di Harnilton mettendo in rilievo alcune delle ragioni per le quali la macchina disegnata nel progetto americano non potrebbe funzionare: 1 ° Non è possibile superare la regola dell'unanimità nelle deliberazioni internazionali alle quali partecipino rappresentanti degli stati, invece che rappresentanti dei popoli. E' interessante a questo proposito notare che i progettisti americani, pur avendo accennato, nel chiarimento della introduzione, alla necessità di proporzionare il peso dei voti alla importanza politica degli stati, non hanno avuto il coraggio di formulare questo principio nel testo del progetto. E' evidente che nessuna grande potenza accetterebbe mai una norma che permettesse a una coalizione di piccoli stati - ognuno dei quali nelle votazioni contasse egualmente come una unità - di determinare le linee generali della sua politica, e di utilizzare i suoi denari e le sue forze armate per scopi non corrispondenti cosa teoricamente, dal punto di vista democratico dobbiamo riconoscere che sarebbe assurdo che nelle votazioni la volontà mettiamo di 2 milioni di persone pesasse quattro volte di più della volontà di 100 milioni di persone, solo perché fossero politicamente raggruppate in un'unica organizzazione statale, mentre le altre fossero politicamente organizzate in quattro stati. D'altra parte i piccoli stati opporrebbero una resistenza che non potrebbe essere vinta che con la forza se le grandi potenze volessero derogare al principio della eguaglianza dei voti di tutti gli stati membri per imporre la loro volontà attraverso votazioni a maggioranza. Già la Società delle Nazioni era, a ragione, considerata come uno strumento per l'affermazione egemonica delle grandi potenze da quegli stati che non avevano un seggio permanente nel Consiglio esecutivo. Ed è certo che nessun piccolo stato avrebbe mai accettata la costituzione data dal Covenant al Consiglio esecutivo se non avesse trovato una efficace difesa nella regola della unanimità. A parte la difficoltà di determinare quale realmente sarebbe l'interesse della Comunità degli stati quando il vantaggio degli uni potrebbe essere raggiunto solo col danno degli altri, l'esperienza della S. d. N. è stata tale che riteniamo neppure il più candido Chamberlain, se fosse a capo di un piccolo stato, potrebbe aver fiducia che i governi delle grandi potenze, attraverso l'assemblea in cui disponessero della maggioranza dei voti, ed attraverso il Consiglio esecutivo, in cui avessero la maggioranza dei seggi, vorrebbero perseguire altruisticamente l'interesse della Comunità piuttosto che i loro particolari interessi. 2° Non è possibile assicurare l'ordine internazionale se non si sostituisce ai molteplici eserciti nazionali un unico esercito che sia tenuto ad obbedire ad un unico potere sovrano. Anche su questo punto di importanza capitale - giacché il diritto senza una forza che lo sostiene è un f I a t u s v o c i s , un puro pretesto per la istituzione di cattedere universitarie e per eloquenti orazioni nei convegni internazionali - è evidente l'imbarazzo dei progettisti americani. Il Consiglio esecutivo potrà costringere all'obbedienza i perturbato·ri della pace, impiegando forze di polizia internazionale o mobilitando gli eserciti degli stati pacifici? - A questa domanda, il prof. Rappard, tenendo conto di quel che è scritto nel commento introduttivo del progetto, risponde: «Gli autori delle proposizioni lo desiderano evidentemente, ma non osano né esigerlo, né prevederlo ... Mentre banno ben messo in luce le imperfezioni dell'art. 16 del Covenant della S. d. N. non si sono sentiti in grado di sostituirgli delle disposizioni più precise e di una applicazione più facile ed efficace.» La verità è che eserciti nazionali, pagati da singoli stati e composti di soldati che avessero giurato fedeltà al loro governo non potrebbero ~ai costituire un'unica forza a disposizione degli organi deliberativi della Comunità. Gli stati maggiori dei diversi paesi non riuscirebbero a mettersi d'accordo, in rappresentanza dei gruppi corrispondenti a tutte le combinazioni possibili fra i membri della Comunità, per preparare i piani di guerra necessari nella eventualità di una violazione della legge internazionale da qualsiasi parte venisse. Né riuscirebbero a tenere segreti tali piani, se pure, per assurdo, arrivassero a predisporli. Ed anche se la Comunità avesse proprie forze armate, finché gli stati membri conservassero i loro eserciti, il rispetto della legge potrebbe essere imposto solo nei confronti degli stati più deboli, quando le maggiori potenze si mettessero d'accordo. Non si avrebbe, cioè, il regno del diritto, ma il regno della forza, ipocritamente camuffato con la veste della giustizia. Una reale osservanza della legge non si può ottenere che disponendo di una forza di gran lunga superiore a quella di chiunque intenda violarla, cioè-nel campo internazionale-con la formazione di un esercito che abbia il potere esclusivo di mantenere l'ordine in tutto il territorio in cui il diritto deve avere vigore, e di provvedere alla sua difesa contro i nemici esterni. Ma un tale esercito implica l'esistenza di un vero e proprio stato supernazionale, che abbia gli attributi essenziali della sovranità fin'ora riservati ai singoli stati. Non può logicamente conciliarsi con l'organizzazione costituzionale proposta dal progetto americano, che vorrebbe conservare la indipendenza agli slati membri della Comunità. B i L r~ prot~teressi. Ed chnsamina r 3° Quando l'organizzazione politica assume quali unità base gli individui, le violazioni della legge vengono impedite o represse con semplici operazioni di polizia, per le quali occorre impiegare un numero relativamente piccolo di uomini, perché vengono dirette esclusivamente contro i colpevoli, i quali di solito non oppongono alcuna resistenza sapendo di non poter contare sull'appoggio di una parte notevole della popolazione. Se invece vengono assunte quali unità base gli stati, l'ordine non può CO essere mantenuto con operazioni di polizia ma - come ha ben spiegato Clarence Streit nelI ' U n i o n N o w , facendo lezione dall'esperienza del conflitto italo-abissino - solo con operazioni militari, che richiedono l'intervento di forze tanto maggiori quanto più potente è lo stato colpevole di infrazione della legge; e le eventuali sanzioni dovrebbero essere applicate allo stato delinquente nel suo complesso, colpendo indifferentemente i rei, gli innocenti e anche coloro che hanno lottato contro il governo responsabile. Ciò spinge fatalmente tutti gli abitanti dello stato delinquente a far blocco, solidarizzando col loro governo contro gli stranieri. 4o Se gli organi legislativi ed esecutivi sono costituiti da delegati degli stati, ogni questione internazionale viene esaminata dal punto di vista dell'aumento o della diminuzione della potenza per ogni singolo stato, e le forze politiche esistenti si schierano in corrispondenza ai territori nazionali. In generale i francesi appoggiano le pretese della Francia, gli italiani appoggiano le pretese dell'Italia, per ragioni di prestigio e di solidarietà nazionale, a qualunque partito o tendenza politica appartengano, e gli uni e gli altri, più che all'interesse comune, guardano alla posizione relativa del proprio paese in confronto a quella degli altri paesi; preferiscono magari un provvedimento che, danneggiando il proprio paese, danneggi anche più i paesi stranieri, in modo da migliorare il rapporto di forza in cui il primo si trova rispetto ai secondi, a un provvedimento che avvantaggi il proprio paese, ma, avvantaggiando anche di più gli altri paesi, modifichi in senso sfavorevole lo stesso rapporto. Se invece gli organi legislativi e esecutivi sono composti dai rappresentanti delle popolazioni, tutti tendono a un aumento del benessere collettivo, e i raggruppamenti politici, che sostengono le diverse risoluzioni possibili ai vari problemi internazionali, si formano in corrispondenza alle diverse ideologie e ai diversi interessi, non tenendo conto dei confini degli stati: i socialisti italiani appoggiano i socialisti francesi contro i reazionari italiani e francesi, i cattolici francesi vanno d'accordo con i cattolici italiani contro i loro connazionali che sostengono la laicità dello stato, e cosi di seguito. E questo diverso schieramento delle forze nella lotta politica è di enorme importanza perché, contribuendo a fare scomparire i pregiudizi e gli odi nazionalistici, crea le condizioni necessarie per una vera comunanza fra i popoli. 5° Organi di legislazione e di amministrazione comune, quali sono quelli previsti nel progetto americano, non potrebbero funzionare, anzi non potrebbero neppure essere costituiti, se gli stati riuniti nella Comunità non avessero tutti quanti una costituzione che effettivamente assicurasse il rispetto di un minimo di libertà individuale. L'organizzazione proposta, dovendo essere universale, non potrebbe escludere alcuno stato in considerazione della sua particolare costituzione politica. Nella Comunità dovrebbero essere compresi anche paesi con regimi totalitari, militaristi, razzisti, quali l'Italia di Mussolini e la Germania di Hitler. Ora, è a tutti evidente che la politica estera di ogni paese è strettamente connessa alla sua politica interna, né è concepibile un ordine internazionale tra stati sconvolti da guerre civili. Ma come sarebbe possibile ottenere che i cittadini di uno stato democratico dessero denari e soldati per consentire alla Comunità di «mantere l'ordine», cioè per -sostenere gli uomini al governo di uno stato totalitario? O dovrebbe la Comunità, in caso di disordini in un paese, esaminare da che parte è il torto e da che parte è la ragione per dare magari man forte ai rivoluzionari? Sembra assurdo. Pure i progettisti americani propongano che il Consiglio esecutivo abbia la competenza di «procedere all'esame delle condizioni esistenti nell'interno del territorio di qualsiasi stato che mettesse in pericolo la pace e l'ordine internazionale, e che agisca come giudichi necessario per la protezione degli interessi della Comunità degli stati.» Che cosa può significare una formula cosi nebulosa? Non permetterebbe essa alle grandi potenze che predominassero nel Consiglio esecutivo di intervenire a loro piacimento negli affari interni di qualsiasi stato e di modificare la costituzione politica, come meglio credessero? E quale stato, che non fosse sicuro di assicurarsi il permanente predominio nella Comunità, vorrebbe accettare una formula simile? 6° Per quel che riguarda il regolamento pacifico dei conflitti internazionali, i progetti americani, mentre hanno proposto che vengano sottoposti alla Corte permanente di giustizia internazionale tuttj i conflitti giuridici - cioè quelli in cui le parti si contestano reciprocamente un diritto - hanno riservato gli altri alla competenza del Consiglio esecutivo della Comunità, che quando non riuscisse a mettere d'accordo le parti, dovrebbe decidere in qualità di arbitro supremo. Se la decisione fosse presa dal Consiglio all'unanimità, avrebbe carattere obbligatorio, altrimenti il Consiglio dovrebbe accontentarsi di «adottare e pubblicare un rapporto, che fosse approvato a maggioranza, contenente una esposizione dei fatti e delle soluzioni raccomandabili come le più eque e le meglio appropriate al caso». A nessuno può sfuggire la estr,,~:-a debolezza di una tale disposizione riguardante proprio i conflitti più pericolosi. «Come i loro predecessori del 1919 - scrive il prof. Rappard - i giuristi del 1944 non banno osato raccomandare che una semplice maggioranza di stati rappresentati al Consiglio renda esecutoria una decisione a cui una minoranza avesse rifiutata la sua approvazione.» Anche questa è una conseguenza del tipo di organizzazione proposto sul fondamento di stati sovrani. Ma lasciare senza soluzione i conflitti politici internazionali significherebbe spalancare la porta alla guerra. Ed egualmente deboli, per il medesimo motivo, sono le disposizioni contenute nell'ultimo capitolo del progetto, riguardante la revisione pacifica dei trattati divenuti inapplicabili per un intervenuto mutamento nelle condizioni internazionali, e la modifica delle situazioni internazionali, il cui mantenimento metterebbe in pericolo la buona intesa fra gli stati. Ci basterà infatti notare che tali disposizioni non prevedono alcun mezzo pacifico per la revisione dei trattati concernenti la cessione dei territori e non propongono di arrivare ad altro che ad una raccomandazione delle modiÌiche alle suddette situazioni internazionali, quando vengono ritenute necessarie con deliberazioni prese concordemente, con una maggioranza di due terzi dei loro membri, dal Consiglio esecutivo e dall'Assemblea generale. * Dobbiamo contentarci di questi rapidi cenni. I progettisti americani si sono preoccupati di soddisfare l'opinione pubblica che, dopo il fallimento della S. d. N., reclama una organizzazione internazionale molto più efficace per la difesa della pace, e nello stesso tempo, banno cercato di smontare la prevedibile opposizione del Senato, riducendo al minimo gli obblighi che gli Stati Uniti dovrebbero assumere in una tale organizzazione. E da queste preoccupazioni di «realismo» politico sono stati condotti a volere «la botte piena e la moglie ubriaca». Cosi hanno disegnato una macchina più utopistica di quella fantasticata da Cirano di Bergerac quando vagheggiava un viaggio nella luna. La strada indicata nel progetto è una strada sbagliata, che - per la tragica esperienza degli ultimi due decenni - oggi tutti sappiamo non può essere corretta cammin facendo, perché più si procede più si resta incassati tra le insuperabili pareti elevate dagli egoismi nazionali. Se la imboccassimo, saremmo di nuovo fatalmente condotti, a breve distanza di tempo, nel precipizio di una conflagrazione mondiale. Una Comunità di stati, quale strumento per superare l'anarchia internazionale, è un falso miraggio, che può solo servire di mascheratura agli interessi reazionari, ansiosi di salvare le sovranità delle esistenti unità statali, alle quali si tengono abbarbicati con i loro privilegi. Qualunque siano per essere le possibilità concrete di realizzare i nostri ideali, una cosa dobbiamo avere in mente ben chiara, e cioè che solo nella misura in cui riusciremo ad estendere l'organizzazione federalistica, avremo veramente eliminate le condizioni produttrici di altre guerre in futuro. Certo, alla fine di questa guerra non sarà possibile abbracciare con una federazione tutti i popoli della terra. Ma, se fermamente lo vorremo, rientrerà forse nel campo delle possibilità la creazione di un primo nucleo di popoli federati democraticamente, con un potenziale economico e demografico e con una organizzazione politica e militare tali da rendere un cattivo affare la prospettiva di una qualsiasi aggressione da parte degli stati che ne rimanessero fuori. Di tale opportunità dovremo essere pronti a trarre profitto, specialmente nel nostro continente, in cui l'anarchia internazionale ha reso ormai impossibile ogni forma ordinata di vita civile. Una volta costituito questo primo nucleo, sicuramente esso diverrebbe un centro fortissimo di attrazione e uno stimolo per i paesi che sono ancora retti autocraticamente ad evolvere in senso democratico per godere i vantaggi di un ordinamento federalistico. Fin che i tempi non siano maturi per una federazione mondiale ci sarà ancora posto per un organismo sul tipo della S. d. N., ma con fini molto meno ambiziosi di quelli indicati nel preambolo del Covenant. Una tale organizzazione - alleggerita dai compiti che la S. d. N. non è riuscita ad assolvere né poteva logicamente assolvere, quali quelli che le erano affidati dall'articolo 10 del Covenant sulle garanzie territoriali, dall'articolo 16 sulle sanzioni, e dall'articolo 19 sulla revisione dei trattati, potrà ancora, senza suscitare pericolose illusioni, svolgere una azione benefica, quale conferenza permanente dei delegati di tutti gli stati, democratici e non democratici, a integrazione dei tradizionali procedimenti diplomatici delle cancellerie, e quale strumento per arrivare ad accordi su questioni di interesse collettivo, relative ai trasporti, all'igiene, alle migrazioni, alle condizioni di lavoro, alla morale, agli scambi intellettuali, all'unificazione del diritto privato, alla coordinazione dei vari sistemi tributari, al turismo, ecc. ecc. Col rendere più facile la reciproca comprensione tra i popoli, e legandoli con vincoli sempre più stretti di solidarietà, una tale rinnovata S.d.N. potrà anche costituire un fattore non trascurabile per accelerare l'auspicato processo di evoluzione democratica e di espansione dell'ordinamento federale.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==