• Bit Che cosa e come socializzare? (Continuazione della pag. 3) Le industrie ancora a regime di concorrenza sono composte invece da una quantità di imprese separate, di tutte le forme, di tutte le grandezze, di tutti i gradi di specializzazione. Queste imprese variano nell'efficenza, dalla migliore alla peggiore; le migliori di solito devono il loro successo ai metodi e alle relazioni particolari, da esse stabilite, nel fornire un certo mercato o anche nel soddisfare uno speciale bisogno. Socializzare in blocco simili imprese, senza riguardo per la qualità e le circostanze particolari di ogni singolo stabilimento, significherebbe distruggere non solo delle imprese il cui scopo è il profitto, ma significherebbe soprattutto eliminare dei fornitori di un servizio specializzato del quale la società ha bisogno. Nell'ora della vittoria un'amministrazione socialista intelligente, invece di minacciare i direttori responsabili di tali imprese, dirà loro di continuare indisturbati assicurando ad essi ogni riguardo. Un governo socialista prometterà le forniture necessarie delle materie prime, dei combustibili, ecc., esenti dalle tasse, con le quali i monopolisti nel passato si sono arricchiti; inoltre prometterà un mercato immediato, a prezzi ragionevoli per tutto quanto verrà da essi prodotto. Naturalmente, con le promesse ve'i-ranno indicate pure alcune condizioni. Le ditte saranno tenute ad osservare i regolamenti di paghe giuste e le condizioni di lavoro decretate dallo stato; riconosceranno inoltre i diritti dei loro operai e impiegati non solo alla discussione collettiva, ma anche a quella posizione nelle fabbriche che lo stato potrà ad essi conferire in omaggio alla democrazia industriale; infine saranno tenuti ad accettare le direttive dello stato relative al genere di merce che dovranno produrre. In altri tempi i datori di lavoro avrebbero giudicato queste stipulazioni una violazione intollerabile della «libertà di iniziativa privata», ma neppure una di queste eccede la condizioni alle quali ogni piccolo industriale capitalista è costretto a sottomettersi ora, in tempo di guerra. E neppure eccedono i limiti che ogni piccolo industriale sensato accetterebbe senz'altro, se fosse convinto, accettandoli, di poter tenere in piedi la sua azienda attraverso tutti i subbugli di un periodo di transizione economica. Ogni impiego di apprendisti e di manovali dovrà essere regolato severamente dallo stato. Non sarà permesso che le condizioni di lavoro imposte dal produttore indipendente siano peggiori di quelle applicate per la stessa qualità di lavoro nel servizio pubblico statale; e si dovrà insistere affinché ogni industria rimasta, per le ragioni anzidette, in mani private e richiedente l'impiego di operai, debba -accettare almeno in una certa misura una forma cooperativa, dimodoché ogni operaio possa partecipare ai profitti e al controllo della stessa. Purché le condizioni siano giuste, riteniamo che sarebbe opportuno lasciare la porta aperta all'iniziativa privata, su scala limitata, anche dopo l'intera socializzazione delle grandi impresi industriali. Una ragione giustificativa potrebbe essere questa: essendoci un numero rilevante di uomini e di donne di età avanzata e per questo poco adatti a sopportare il ritmo e la disciplina della produzione su vasta scala e la tecnica meccanica moderna, questi potrebbero rendersi molto utili se si permettesse loro di lavorare in condizioni meno dure e affrettate. Quando in una comunità vi sono molti vecchi, il loro contributo è necessario; essi stessi sarebbero molto più felici di poter dare un contributo di lavoro utile piuttosto che essere pensionati o licenziati senza occupazione alcuna. Il piccolo commercio e certi tipi di produzione specializzata, certi lavori di riparazione in piccole officine e in piccole fabbriche, sono proprio i generi di attività più adatta per queste persone anziane; sarebbe pura follia organizzare il sistema produttivo in modo da non lasciarvi nessun posto per la loro partecipazione. qualità ci sentiamo autorizzati a proclamare ben alto che quei valori ai quali più che a ogni altra cosa teniamo non potranno essere salvati da una resurrezione della Santa Alleanza tra le grandi potenze vincitrici, né con patti di amicizia e di non aggressione, né con disposizioni per assicurare il dism·mo, né con semplici riforme strutturali della Società delle Nazioni. Finché si continuerà a riconoscere l'assoluta sovranità degli stati la Società delle Nazioni non potrà che essere un puro nome, perché tutte le decisioni importanti dov-ranno necessariamente essere prese alla unanimità, invece che a maggioranza, dai rappresentanti dei governi, invece che dai rappresentanti dei popoli, e la loro esecuzione dovrà ancora essere affidata al buon volere dei singoli stati, invece che a una forza collettiva capace di far rispet- /are l~ le,Jl~e. o Ma, a che punto, ci si chiederà, queste concessioni al profitto privato avranno un termine ? Non si tratta di una concessione al profitto privato; è il riconoscimento di fatto che il profitto non è nocivo, nell'ambito di una certa sfera, mentre è assolutamente nocivo al di fuori della stessa. Non vi è nessuna ragione per socializzare in una sola volta forme di produzione che forse un giorno potranno essere socializzate; non vi è neppure alcuna ragione per non restituire all'impresa privata una forma di produzione nella quale il tentativo di socializzazione non abbia ottenuto buoni risultati. In ogni singolo ramo di produzione vi possono essere alcuni settori che conviene socializzare ed altri per i quali la convenienza sarebbe di lasciarli all'iniziativa privata. Meno rigida sarà la linea di demarcazione e maggiori saranno le possibilità di esperimento, e·maggiori anche le possibilità di fornire ai tipi più diversi di uomini e di donne un lavoro soddisfacente. Vi sono tuttavia considerazioni fondamentali relative a quel che si dovrebbe e a quello che non si dovrebbe socializzare. Anzitutto bisogna senz'altro mettere sotto pubblico controllo tutte le industrie o attività le quali, per ragioni tecniche, si prestano ad essere monopolizzate. Qualunque siano le forme legittime di profitto, non è legittimo il profitto monopolistico derivante dall'ammasso di grandi quantità di capitale sotto un controllo unificato. Fatalmente esso conduce al restrizionismo, perché il restrizionismo rende ai monopolisti di più che non l'economia dell'abbondanza, fino a quando vi è, al di fuori del controllo monopolistico, un terreno abbastanza vasto dove cercare profitti ulteriori. I monopoli sono sempre pericolosi perché gli interessi dei loro proprietari sono in costante opposizione a quelli del pubblico consumatore; e sono più pericolosi che mai quando i monopolisti riescono a sedurre i sindacati operai come collaboratori interessati nello sfruttamento del pubblico. Questa categoria generale abbraccia tutte quelle industrie e quei servizi la cui produzione, per essere efficiente, richiede un grande ammasso di capitale, dimodoché vi può essere soltanto un piccolo numero di unità produttrici. Essa comprende pure quelle industrie i cui ammassi di capitale sono relativamente piccoli, ma nelle quali tuttavia il collegamento di un numero ristretto di imprese basta per monopolizzare una singola fabbricazione o una materia essenziale. Al primo gruppo appartengono le industrie navali, quelle dell'acciaio, del grano, dei prodotti chimici più importanti, parecchi rami della meccanica pesante e alcune altre; del secondo gruppo fanno parte in numero rilevante le industrie metallurgiche che non lavorano il ferro e varie altre industrie di importazione o di lavorazione di materie o di prodotti alimentari fondamentali. Naturalmente con ciò non è affatto esaurita la lista delle industrie e delle attività che si dovrebbero socializzare al più presto. Il terzo gruppo consiste in industrie le quali comprendono troppe imprese separate per essere ammesse nel gruppo, ma che tuttavia nell'esperienza pratica si sono dimostra.te incapaci, come imprese private, di servire l'interesse pubblico. La più importante delle industrie di questo gruppo (in Inghilterra) è quella del carbone; insufficiente a creare un monopolio di motu proprio è stata fatta per legge monopolio privato, in condizioni che banno giovato al proprio profitto, ma non al pubblico. A questo gruppo appartengono anche i servizi di pubblica utilità - le ferrovie, le aziende elettriche, del gas e dell'acqua potabile - i quali sono, come l'industria del carbone, cosi essenziali al funzionamento normale di altre industrie e altri servizi e alla salute e al benessere della comunità, da rendere intollerabile la loro inefficienza. Lo sfruttamento di questi servizi nell'interesse del profitto privato è oggi palesemente contrario all'interesse del pubblico. G. D. H. Cole. (Dal libro «Great Britain in tbe Post-War World», Ed. Gollancz, London, 1942, pagg.168.) Spetta a noi, che più abbiamo sofferto per la mancanza di solidarietà tra i diversi popoli, spetta a noi che per tanti anni siamo stati accusati di essere «antinazionali» per il nostro amore alla giustizia e alla libertà, di riprendere la luminosa tradizione del Risorgimento - rappresentata da Mazzini e da Cattaneo -, indicando la costituzione degli Stati Uniti d'Europa quale unico obbiettivo veramente meritevole di essere perseguito per dare un sicuro f andamento alla pace e alla libertà nel nostro continente. Solo se gli uomini politici che oggi parlano a nome dell'Italia sapranno elevarsi al di sopra dei problemi contingenti e, rivolgendosi ai popoli piuttosto che alle cancellerie, parlare questo linguaggio, il nostro paese avrà ancora una missione da assolvere, e potrà riprendere il posto che gli è assegnato dalla sua 17a, a~antaggio di tutto il genere umano. Una ghilda del libro. Una ghilda è una fornia di organizzazione che riunisce tutte le categorie di un determinato ramo di produzione. Se la parola «corporazione» non ricordasse una macabra buffonata finita come doveva, oseremmo dire che una ghilda ricorda per molti lati una corporazione. Nella ricostruzione economica socialista propugnata dal socialista inglese Cole, la ghilda dovrebbe rappresentare una parte preminente. Ma non è delle ghilde in generale che noi vogliamo parlare, ma sebbene di una ghilda che riunisce scrittori, tipografi, editori e lettori e che ha assunto in questi ultimi anni uno sviluppo notevole in Isvizzera: la ghilda del libro «Gutenberg». Si tratta di una creazione socialista e di cui i socialisti possono essere fieri. Per adattarsi al codice di commercio che ignora le gbilde, essa è organizzata come cooperativa; il suo scopo non è la speculazione, ma la stampa e la diffusione di libri d'indiscutibile valore, in veste tipografica ineccepibile e rilegati, ad un prezzo notevolmente inferiore a quello dei librai. Chiunque può far parte della Blichergilde Gutenberg. La tassa d'iscrizione è solo di 75 centesimi e dà diritto a ricevere gratuitamente il bollettino mensile della ghilda che è molto ben redatto. Ogni socio s'impegna all'acquisto di un libro del valore non inferiore a 4 franchi tre volte all'anno. Gli stessi libri in commercio hanno un costo quasi doppio. Il socio può scegliere tra le novità che la ghllda pubblica ogni quattro mesi, oppure tra i libri stampati dalla ghilda negli anni passati e che sono ancora in catalogo. La ghilda «Gutenberg», cosi chiamata dall'immortale inventore dell'arte della stampa, ha contribuito efficacemente a far penetrare il libro nelle case operaie. Iniziata nel 1933 con diecimilla associati, essa ne ha oggi 73 000. Nel suo ultimo bollettino, dedicato a difendere l'idea della ghilda del libro dagli attacchi interessati dei librai, cosi la compagna tedesca Prof. Anna Siemsen ne traccia la storia: Le ghilde del libro sono sorte per la prima volta in Germania dopo il 1918, allorché i lavoratori tedeschi si misero a dedicare con slancio la raggiunta maggiore libertà, il maggior tempo libero ed i maggiori guadagni, alle attività dello spirito. Fino allora i ceti lavoratori avevano sempre letto poco. Si trovavano disorientati di fronte ai libri. Avevano si e no il coraggio di entrare nelle librerie. Ne ho conosciuti parecchi i quali preferivano acquistare i variopinti fascicoli di giornali illustrati nelle cartolerie e nelle ta,baccherie per pura timidezza di fronte alle «rispettabili» librerie. Ed i prezzi raggiunti erano in effetto, causa l'assortimento, la concorrenza ed il rischio, proibitivi. Allora sorse la ghilda, che fu accolta con la stessa diffidenza dai commercianti di libri, con cui viene accolta ora in Svizzera. L'effetto fu sorprendente. Subito nelle case di tutti i Pubblicazioni Georg Kieser. Warum ist RuPland so stark? (Perché la Russia è cosi forte?) - Verlag Volksdruckerei, Base! 1944. Interessante studio, ricco di dati di fatto, per quanto unilaterale - e talora non privo di una certa disinvoltura storica, come ad es. allorché parla del patto russo-tedesco del 1939 - sulle cause della potenza ~ssa quale ci è stata soprattutto rilevata da questa guerra. Prese le mosse con degli interessanti capitoli sulla Russia nella prima guerra mondiale e sulla politica estera russa dal 1918 al 1938 e sulle ca.use del conflitto russo-tedesco, passa quindi a studiare la struttura sociale russa nel suo aspetto attuale. Come cause dell'efficienza e potenza russa sono additate: il fatto di aver saputo sfruttare le ricchezze naturali e di avere creato un importante apparato industriale, quello di aver introdotto il sistema cooperativo nel campo agrario, la modernizzazione della ferrovie, il fatto di aver organizzato tutta l'economia del popolo su di un piano socialista. L'opera, ricca di dati statistici, è particolarmente consigliabile per chi volesse farsi un'idea della struttura dello stato russo moderno nei più diversi settori. «Morte di Italiani» di Stefano Terra (Edizioni di <Giustizia e Libertà>, Cairo). Queste novelle sono una testimonianza dello spirito di umanità sopravvissuto a vent'anni di dittatura. Anche dal punto di vista puramente letterario esse sono molto ben fatte. Sono racconti della morte di un operaio al quale vien rifiutata l'assistenza medica statale, pensieri di un soldato che muore nella guerra contTO i greci, pensieri di un deportato e di un operaio che lavora di notte nell'aria avvelenata di zolfo di una fabbrica di seta artificiale. In ciascuno di questi casi l'uomo è senza speranza, vive di ricordi - del suo villaggio e della sua cittadina lombarda -, in ciascun caso egli vien lacerato da un meccanismo che tratta l'individuo come materia grezza al servizio dello stato. Tutti vivono nella fedeltà agli amici, uno o due nel ricordo della libertà perduta; essi non avevano illusioni, e tuttavia avevano la forza di resistere. lavoratori intelligenti e compresi dell'importanza del movimento operaio cominciarono ad esserci i libri della ghilda e non soltanto questi, ma anche, nella gran maggioranza dei casi, libri provenienti dal libero commercio librario. Con la gbilda si imparava a fare uso dei libri, poiché l'appetito viene mangiando, e si raggiunse pure anche qualche cos'altro, la fiducia nel libro, ed il coraggio nel proprio giudizio. Ogni competente può confermare che con le ghilde e le cooperative librarie in pari tempo anche il commercio libero librario è aumentato ed ha prosperato, fino a che la grande crisi con lo stato di indigenza che tutto soffoca fece avvizzire anche questo rigoglioso germoglio. Comunque l'esperienza ha avuto un chiaro significato. I nostri mercati librari sono lontani dal popolo e non raggiungono il lettore ancora inesperto e non raggiungono una vasta maggioranza di individui del ceto operaio e del ceto medio, né li aiutano con i loro suggerimenti. Le cooperative librarie aprono loro le prime strade e non soddisfano per nulla completamente tutto il desiderio di leggere o tutto il loro potere di acquisto, ma semplicemente sviluppano queste forze una volta istradate e riunite, cosi che esse possono portare frutti anche al libero commercio. I timori non sono giustificati, cosi come non sono giustificate le illusioni. Si potrà criticare la ghilda del libro, se essa non corrisponderà al suo scopo di render accessibili buoni libri con ricca scelta ed a prezzo di costo ai lettori. Essa sarebbe da biasimare se volesse costringere il pubblico dei lettori ad accettare senza possibilità di scelta i libri loro assegnati. In tal caso sicuramente essa avrebbe una rapida fine. Cosi come stanno le cose l'esperienza ha dimostrato che la réclame del libero mercato, réclame che tutti gli anni fa gran pubblicità per una mezza dozzina di' novità che gratifica del titolo di capolavori che bisogna a qualunque costo aver letti per poi dimenticarli al più presto, esercita un'azione costrittiva, dannosa e confusionaria. Siamo onesti: nella società nella quale noi viviamo, l'opinione pubblica che noi respiriamo come l'aria, e che ci circonda, influenza ciascuno di noi. Ogni organizzazione non fa altro che istradare e regolare quest'influenza, cosi come una conduttura d'acqua conduce la corrente d'acqua sulla ruota del mulino. Non lasciamoci spaventare dalla paròla «collettivismo». La società umana è una collettività alla quale nessuno di noi si può sottrarre. Le sue due forme opposte di degenerazione sono livellamento forzato da un lato, caotico arbitrio dall'altro. Nel mezzo esiste la libertà in una comunità armonica. Questo è ciò cui aspira ogni cooperativa lfl;>raria. Ed in tal modo essa contribuisce alle esigenze della vita e dell'umanità. S. N. Prokopowicz, RuPlands Volkswirtschaft unter den Sowjets (L'economia della Russia sotto i Sovieti). Europa-Verlag, ZiirichNew York. Pagg. 459. Dr. Natalie Moszkowska, Zur Dynamik des Spiitlcapitalismus (Della dinamica del tardo capitalismo). Pagg. 185. Verlag <Der AuIbruch>, Ziirich/ New York. Fr. 5.20. Harold Butler, Der verlorene Friede. Erinnerungen. Eindrucke. Erwartungen (La pace perduta. Ricordi. Impressioni. Previsioni.) Pagg. 358. Europa-Verlag, Ziirich-New York. Julian Huxley, Demokratie marschiert (La democrazia è in marcia). Pag. 116. EuropaVerlag, Ziirich-New York. Fr. 4,50-6,80. Paul Reinwald, Die Eroberung des Friedens (Le conquista della pace). Pagg. 220. Europa-Verlag, Ziirich-NewYork. Fr. 8-10. Roberts Michael, Die Erneuerung des Westens (Il rinnovamento dell'Occidente). Pagg. 300. Europa-Verlag, ZUrich-New York. Prezzo Fr. 8-10. Torsten Holm, Krieg und Kultur (Guerra e coltura). Pagg. 188. Europa-Verlag, Ziiri~hNew York. Prezzo Fr. 5-7. Egidio Reale, Le origini del Risorgimento italiano. Conferenze tenute alla Scuola d'Interpreti dell'Università di Ginevra. In vendita presso la Libreria Jullien, Ginevra. Pagg. 58, Fr. 1. Egidio Reale, Die Ursprunge des modernen Italiens. Trad. tedesca del Dr. Adolf Saager. Ed. Buchergilde Gutenberg. Pagg. 350, Fr. 6 per i soci della Buchergilde. L'ottima rivista socialista inglese «Socialist Commentary» pubblica nel suo numero di febbraio un'analisi dei rapporti politici tra la Russia e la Polonia, uno studio sui problemi di pedagogia, e la traduzione in extenso del manifesto per l'unità europea del Movimento Federalista Italiano. Samuel Eckler, Les plans recents de securité sociale e le chomdge, studio pubblicato nella Revue Internationale du Travail, Nov. 1943.
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