L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 7 - 15 aprile 1944

Le Iorze della nuoya Ellropa Giudizi politici inglesi La democrazia italiana Dal «The New Statesman and Nation» del 4 marzo 1944: L'appoggio dato dal signore Churchill a Vittorio Emanuele e al maresciallo Badoglio pare abbia causato un certo naturale malessere fra i democratici italiani. Fino al suo discorso sembrava possibile che avessero avuto luogo delle discussioni non ufficiali fra le autorità alleate ed il Comitato di Liberazione a proposito di un mutamento della classe dirigente italiana sicuramente dopo la caduta di Roma e forse anche prima. La radio Bari aveva annunciato che una deputazione del Comitato era stata ricevuta dal generale Mac Farlane e che l'atmosfera della riunione era stata «cordiale». Contemporaneamente il Comitato ritirò un appello anti-monarchico che aveva messo in circolazione tra gli impiegati statali. Ma qualunque cosa possa essere stata nell'aria, l'atteggiamen.to dei democratici si è irrigidito dopo la caustica svalutazione fatta dal signore Churchill del loro ruolo. La loro posizione è molto difficile: non vorrebbero creare imbarazzi a un esercito che sta liberando il loro paese ma sono decisi a sorvegliare che la liberazione non sia soltanto formale. Essi ritengono di poter organizzare un aiuto molto più efficiente agli alleati di quello che può dar loro un qualsiasi governo-pupazzo, comunque «legittimo» sia. Intanto gli effetti della nostra amministrazione sono destinati ad indebolire le loro probabilità di successo in quanto aiutano la reazione a rafforzarsi. Forse il miglior esempio di questo lo vediamo nell'assoggettamento della scuola alla chiesa. In Sicilia, sotto il regime AMGOT per la prima volta da quando l'Italia è divenuta un Regno, l e s c u o l e elementari furono consegnate alla Chiesa con piena autorità di organizzarle e controllarle. A Napoli per la riapertura è stata data 1 a p r e c e d e n z a a 11 e s c u o 1 e c I e r i c a 1 i s e c o n d a r i e. Le scuole laiche, almeno fino alla data della nostra informazione, sono rimaste chiuse. L'UNRBA~decide In un articolo di critica alle 41 risoluzioni prese dall'UNRRA, amministrazione di soccorso e di ricostruzione delle Nazioni Unite, nella riunione tenuta ad Atlantic City «L'Economisb del 4 dicembre 1943 scrive: Per quel che si può capire dai rapporti pubblicati niente nei piani costruiti ad Atlantic City fa P!:e·;ectere ---- ------·---,::.'ac..;:;:;.c,~=- ç·.irop._a più costn.ctiva, più cooperatrice e più indirizzata all'unificazione europea. Al contrario, in ogni punto l'accento è stato messo sulla sovranità nazionale, sull'indipendenza sovrana, sull'autorità dei governi, ciascuno nella sua propria sfera territoriale. Da uno dei delegati inglesi fu avanzata la proposta che tutti i trasporti per terra delle derrate alimentari dovessero essere messe sotto un'autorità sovrana . . . ma non sembra che si sia pensato a creare una tale autorità. Bit Uno dei principi fondamentali della politica alleata nei primi anni della guerra era che, •comunque gravi avrebbero dovuto essere le limitazioni militari imposte alla Germania, la ricostruzione economica sarebbe stata estesa tanto ai vincitori che ai vinti: questo principio derivava dall'esperienza degli anni interbellici che la rovina economica e il collasso di un qualsiasi stato ha delle ripercussioni disastrose sui suoi vicini, e che, in particolare, il caos economico in Germania è stato il maggior fattore del trionfo nazista. Nel 1941 il signore Eden spiegò che le condizioni militari che sarebbero imposte sarebbero state dure ma che le condizioni economiche sarebbero tali da dare al popolo tedesco la possibilità di vivere. Questa politica fu incorporata nel 4° punto della Carta Atlantica. Non, si può dire che il consiglio dell'UNRRA abbia respinto formalmente questi principi, ma la discussione sul tratta~en~o- da infliggere alla Germania è stata ben sign.ificativa. Non si è approvato l'emendamento inglese sostenuto dagli Stati Uniti e dalla Cina che il territorio nemico dovrà pagare per i soccorsi «nella misura maggiore possibile», ma la mozione che la Germania dovrà pagare totalmente. Cosi in una questione cruciale, la gradazione dei soccorsi viene ad essere indipendente dai bisogni e viene reintrodotto il principio che ha impedito, l'ultima volta di arrivare ad una ragionevole sistemazione: Giacché la capacità di pagare e l'obbligo di pagare non hanno fra loro alcun rapporto necessario. Pure, queste prove di spirito intransigente sono poca cosa in confronto con l'umore dimostrato dalle piccole nazioni fuori della sala dell~ conf erenza. Viene riferito che i norvegesi hanno richiesto la restituzione da parte della Germania di tutto il naviglio che hanno perduto per la guerra sottomarina,_ rich_iesta qu_esta che significherebbe voler cancare 1 tedeschi del pieno costo della guerra. Il signore Kersten, delegato olandese, secondo quel che ci è pur riferito ha dichiarato che l'industria tedesca non ddvrebbe essere restaurata al di là di quel che sono le necessità per soddisfare «i bisogni interni della Germania». La qual c~sa, osserviamo incidentalmente, renderebbe Impossibile a4e Germani di soddisfare aocu altro bisongo dell'Europa o fuori d'Europa, quelli delle riparazioni o«iegli scambi commerciali. Sembra che gli olandesi, i cechi, i belgi, i polacchi abbiano discusso a Londra il modo per ridurre l'efficienza industriale tedesca. Essi vorrebbero che le loro industrie prendessero il posto sui mercati mondiali lasciati cosi liberi dall'industria tedesca. Questa è la ragione del loro atteggiamento nei riguardi della Germania e dell'UNRRA. Il voto contro l'emendamento inglese è il primo tentativo di introdurre in una politica attiva tale atteggiamento. Non dovrebbe quindi esservi alcun dubbio sulla sua direzione. L'impoverimento coatto e perma_nente della Germania porterebbe non solo alla disperazione e alla follia politica il popolo tedesco ma anche all'impoverimento dell'Europa. I vicini della Germania possono sperare di acquistare quelli che erano prima i mercati dei suoi prodotti, ma impoverendo la Germania essi perderanno uno dei maggiori mercati e la loro fonte più importante per rifornirsi. Se contemporaneamente domandano, ed è loro diritto di domandare, un pieno indennizzo per i beni danneggiati, e forse anche le riparazioni per il costo completo della guerra, coi;ne potrà una Germania paralizzata e strangolata. pagare i suoi debiti? Nessun passo irrevocabile è stato mosso ad Atlantic City in questo vicolo cieco, ma le tendenze erano in questo senso. E' necessario ripetere che questo è proprio stato l'errore massimo commesso dagli alleati dopo l'altra guerra? E quando ciò si consideri insieme all'incapacità dei partecipanti alla riunione di Atla,n,tic City di fare dei piani per il futuro dell'Europa con una visione più ampia dei problemi, non siamo in qualche modo giustificati a pensare che si è sulla strada di un fallimento analogo a quello del 1919? Nel 1919 Lord Keynes scrisse: «Lo scopo di questo mio libro è di mostrare che una pace cartaginese non è n é g i u s t a n é p o s s i b i l e . . . Le lancette dell'orologio non possono essere messe indietro. Non potete ristabilire l'Europa del 1840 senza sforzare la struttura europea in tale modo, e senza scatenare tali forze umane e spirituali che, superando le frontiere e le divisioni di razza sommergeranno non solo voi e le vostre garanzie ma anche le vostre istituzioni e l'ordine esistente della vostra società.» Questa profezia si è realizzata nel modo più completo. Oggi non è il mondo del 1870 ma il mondo del 1919 che si vorrebbe tenere presente come «normale:i>.Di nuovo si vuole mettere:indietro le lancette dell'orologio. E di nuovo inevitabilmente si avranno gli stessi risultati. Non è troppo tardi per organizzare un'Europa ordinata e cooperatrice in cui vinti e vittoriosi possano un giorno vivere e lavorare insieme, ma è già molto vicina la undicesima ora. Lettera ad un ufficiale Dalla rivista democratica e socialista «New Statesman and Nation» del 19 febbraio 1944 traduciamo la seguente «Risposta alla lettera di un giovane ufficiale sotto le armi»: Caro Jack, non avrei mai pensato che si potesse far entrare tante cose su un foglio per posta aerea. M'è stato molto utile conoscere quali questioni trattate tra voi. Tu mit dici che, a parte la volontà di battere il nemico nel più breve tempo possibile, sul resto siete assolutamente all'oscuro di tutto. I giornali e la radio vi sembrano solo propaganda. T,:a voi discutete il «dopo guerra», come «evitarne un'altra», e fino a qual punto deve essere «punita» la Germania. Avete dei dubbi sull'unità delle Nazioni Unite, e sentite che i «politici» ( che un po' frettolosamente mettete tutti nello stesso mazzo) non s'adoperano come dovrebbero per cercare di rendere il mondo più abitabile che avanti la guerra. (E' ,ben strano che ci sia ancora gente che pensa all'uccisione di qualche milione di persone, agli incendi di città, all'affamamento di coloro che sfuggono alle bombe, come a un probabile processo per rendere migliore il mondo.) Siete afflitti dalle sventure del popolo italiano che avete li>beratoe tu pensi che la tua opinione sull' Amgot non sarebbe lasciata passare dalla censura. Tu aggiungi che nelle vostre conversazioni intime vi accorgete di non avere odio contro nessuno, che la lotta non vi trova entusiasti e sentite, che le credenze in cui siete stati allevati, l'immagine del mondo che vi è stata data dai vostri genitori ed educatori, si sono rivelate, ,se non false del tutto, almeno grossolanamente in,sufficienti. Voi ritenete che io, e la gente come me, dovrebbe essere capace di far qualcosa nei riguardi di tali questioni. Ebbene, poco importa dove io cominci. In un imbroglio di questo genere si comincia per tirare un filo e ci si accorge che tutti sono intrecciati insieme, e che una questione tira la successiva. Nella guerra troppe cose debbono essere cosi sottomesse all'unità che la propaganda tende sempre ad essere pericolosamente ultrasemplificata e drammatizzata. Le com licazioni e le considerazioni a lunga scadenza, che sono nelle menti dei capi, non possono essere esposte al pubblico che sarebbe diviso in confronto degli scopi· reali dei suoi dirigenti. Alla fine della guerra, questa separazione fra l'opinione ben informata di una piccola minoranza che vuol mantenersi al potere e la raffigurazione drammatica, dipinta per il grosso pubblico, può avere dei risultati disastrosi, irreparabili. Basta vedere quel che è avvenuto alla fine dell'ultima guerra sulla quale qualcuno dei principali attori, come per es. Lloyd George e Winston Churchill, ci hanno rivelato schiettamente i segreti riguardo al 1918. In «Afternath»» Churchill ci dice che, durante la notte dell'armistizio, la sua mente era «divisa fra l'ansietà del futuro e il desiderio di aiutare il nemico caduto». Lloyd George e Winston Churchill sapevano che il loro vero compito non consisteva nell'impiccagione del Kaiser e che l'incitare il popolo a credere che «bisognava farsi pagare dai Boches» era un errore che portava a risultati disastrosi tanto per noi che per i tedeschi. Ma, ci spiega Churchill, siccome tutti e due volevane vincere nelle elezioni, seguirono i clamori popolari e dissero delle cose insensate pur di raggiungere il successo. Come risultato delle loro incapacità di essere onesti nei riguardi delle riparazioni e nel resto, ne seguì un marasma economico cosi profondo che i nostri capitalisti non furono più capaci di uscirne. Si cercò di provvedere una migliore organizzazione politica con la creazione della Società delle Nazioni ; ma senza fondamento economico, senm una vera base di unità, nessuna organizzazione politica e giuridica poteva adempiere tale compito. Occorre che qualcuno cominci a dire la verità questa volta, ancor prima che gli uomini politici siano travolti nel gorgo degli «slogans» elettorali. Il pubblico riuscì a liberarsi da tali «slogans» qualche anno dopo l'ultima pace. Ma l'occasione di cominciare il periodo del <lopo guerra su delle fondamenta sane era perduta, e la reazione consistente in una specie di «psicosi di fuga» semi isolazionista (cosa •ben diversa del pacifismo) , che prese tutti i. partiti, fu altrettanto negativa della pura follia di volere la punizione dei criminali di guerra e il pagamento del costo della guerra da parte del nemico. I politici avrebbero dovuto accorgersi che sarebbe stato molto meglio per loro e per il mondo se avessero detto fin da principio quello che pensavano veramente. Non ti preoccupare della punizione della Germania. Inevitaibilmen,te essa sarà punita: le bombe, l'infuriare dei russi, dei polacchi e degli altri popoli torturati, l'occupazione degli eserciti vittoriosi, le convulsioni interne e la rivoluzione, tutto ciò punirà il Reich hitleriano e lo renderà inoffensivo dopo la guerra. Le argomentazioni per stabilire se i tedeschi sono tutti cattivi o se qualcuno è buono, se è meglio cercare di convertirli con la gentilezza o di renderli impotenti con una pace cartaginese, sono tutte questioni di poco conto, poiché sarà impossibile far conciliare subito i tedeschi coi loro vicini ed egualmente impossibile di distruggere un popolo di 70 milioni di individui. Che alcuni dei tedeschi che sopravviveranno possano diventare ancora una volta pericolosi per gli altri europei è una cosa che dipende, non dal grado di sofferenze che infliggeremo alla Germania del dopo guerra, ma da ciò che noi faremo dell'Europa, e dai rapporti che si stabiliranno fra le grandi potenze vittoriose. Nel 1919 la Germania era completamenta impotente e disarmata e quando si riarmò, i governi alleati se ne resero perfettamente conto. Si è spesso affermato che il riarmo fu reso possibile dal sentimentalismo degli inglesi e degli americani che avevano una cattiva coscienza nei riguardi di Versailles. C'è ben poca verità in questo. La Germania fu riarmata secondo l'ordinaria strada degli affari dalle ditte inglesi ed americane che vi trovarono un buon mercato. Essa comprò le materie prime dall'America, <la noi e dai Dominions. Niente sentimentalismi: solo libertà di iniziativa. L'opinione britannica approvò in generale questo riarmo. Prima di tutto il Foreing Office voleva ristabilire l'equilibrio delle forze in Europa, perché considerava la Francia, i suoi alleati orientali, troppo forti. In seguito Hitler riiuscì a convincere i francesi e gli inglesi che aveva intenzione di lasciarli tranquilli, attaccando solo l'oriente, e gli si permise perciò di riarmare coI1Jtro il 'bolscevismo. Nulla di segreto in tutto ciò. Gli esperti del governo sapevano tutto sul riarmo tedesco molto prima che W. Churchill e altri comincia,ssero a rivelare i fatti al pubblico (che non aveva nessun desiderio di ascoltarli) ; di fatto la Germania rimase nell'impossibilità di combattere contro gli alleati fino alla rioccupa- .zione della Renania del 1936. Vedi dunque che cosa intendo dicendo che la cosa più importante non è la distruzione della Germania, ma i rapporti che si stabiliranno fra gli alleati. Supponiamo, per esempio, che questa volta gli alleati spezzettino veramente la Germania e uccidano i tedeschi che potrebbero ricominciare la guerra. (L'ultima volta gli alleati impedirono di proposito la rivoluzione in Germania e lasciarono intatta la casta degli industriali, degli Junker e dei miliSale nella piaga Le teorie come alibi Nessuna teoria, di per sé, rende l'uomo obbligatoriamente rivoluzionario; neppure una teoria rivoluzionaria. Di ogni teoria rivoluzionaria si può fare un uso reazionario. Vedete quello che è capitato al marxismo: molti vili se ne sono serviti per giustificare la propria viltà, la propria pigrizia, la propria ripugnanza ad assumersi responsabilità rischiose. - Caro mio, tu dimentichi il determinismo economico, tu cadi nel volontarismo, nell'idealismo piccolo-borghese, essi ti dicono. - Non devi dimenticare che le masse sono quelle che sono, e noi non dobbiamo distanziarci da esse, correre l'avventura. - I tempi non erano maturi, quest'è la verità. Sul quadrante della storia non c'era segnata la vittoria del socialismo e della democrazia, ma quellci del fascismo. - Un paese povero di materie prime non può fare il passo più lungo della gamba. La politica deve basarsi sulle leggi economiche; se dimentichiamo questo, buona notte, dove va a finire la nostra dottrina scientifica? E cosi via. La stessa sorte è capitata al freudismo, che molti porci invocano per giustificare le proprie porcherie. E senza timore di sbagliare si può dire che nessuna teoria rivoluzionaria, nessuna verità scientifica, morale, religiosa, accettata da uomini vili, si salva dal fornire alibi per la loro vigliaccheria. Un'analisi particolareggiata della condotta ignominiosa della quasi totalità degli intellettuali italiani negli ultimi venti anni ci darebbe un inventario completo degli alibi che, per tutto giustificare, si possono sapientemente estrarre dalle posizioni spirituali più pure ed elevate che la storia umana annoveri: da Socrate e Cristo fino a Mazzini. - Io ero nato per fare il corsaro,.ama confidare ai suoi intimi il farmacista Eusebio. Ma la vita mi riservava un diverso destino. Il matrimonio mi fu fatale, e poi la professione> i debiti, ed ora, vedete, la gotta. Ma, parola d'onore, la mia anima era quella di !'n corsaro. La Prussia A sentire Churchill la settimana scorsa denunciare «il militarismo prussiano», identificandolo col nazismo, si destarono echi dei tempi prima dell'altra guerra. Ma molto di ciò che era vero nella Prussia prima del 1914 è diventato inesatto dopo il 1918. La Prussia degli Hohenzollern era la roccaforte di un conservatorismo autoritario e militarista perché la sua Dieta, i cui poteri erano ad ogni modo limitati, veniva eletta per mezzo del famigerato sistema delle tre classi - forse il più geniale ma anche il più iniquo sistema politico basato sulla proprietà privata che il Vecchio Mondoabbia mai conosciuto. Ma dal 1919 al 1932, col suffragio universale e ugualitario, la Prussia divenne lo stato più progredito - si potrebbe quasi dire più radicale - del Reich. Durante i quattordici anni della Repubblica essa fu governata da coalizioni di sinistra con i socialdemocratici come partito dominante. Essa votava a sinistra fino alla crisi finale della fine del 1932, quando von Papen fece il suo colpo di stato e abbattè i partiti di sinistra prussiani coll'aiuto di Hindenburg. In tutto ciò non vi è nulla di stra.no perché mentre la Prussia contiene, al nord, le regioni rurali dominate dai grandi latifondi degli Junker, essa comprende pure le regioni industriali più densa.mente popolate, i etti operai in quei tempi votavanoquasi in blocco socialista o comunista. Amburgo era, dovo Vienna, la più progredita delle grandi città europee per le sue opinioni politiche. Berlino e le città della Ruhr non le stavano motto indietro. Nella questione prussiana, come pure in altre questioni, dovrenio dunque modernizzare le nostre idee sulla Germania prima di far progetti per il dopo-guerra. La Prussia non è stata mai una roccaforte del nazismo. Non un solo dei capi nazisti è prussiano. Hitler e Bormann sono austriaci; Goring, Himmler e Streicher sono bavaresi, Goebbels viene dalla Renania e Rosenberg dal Baltico, nientre Hess è cresciuto in Egitto. Il nemico, in Prussia, non è la massa della popolazione, la quale era in maggioranza a sinistra, ma la cricca dominante degli Junker e dei magnati dei cartelli dell'industria pesante. La migliore politica con la Prussia non è di smembrarla, ma di deporre questa cricca dominante. Se si dovesse, secondo la proposta di un gruppo di deputati parlamentari conservatori, tagliare via la Renania e la Ruhr dal resto del Reich, allora la Prussia scivolerebbe molto di più a destra. Una cosa da fare una buona volta è quella, già promessa sia da Weimar che da Hitler, ma finora mai eseguita - spezzare i latifondi feudali della Prussia settentrionale. (Dal «New Statesman and Nation», 2 ottobre 1943, pag. 212) tari, perché erano i loro naturali alleati contro il bolscevismo.) Supponiamo, in una parola, che la Germania, questa volta, venga ridotta alla completa impotenza d'un paese agricolo mezzo morto di fame, da cui l'industria pesante, causa essenziale del pericolo, ·sia stata presa dei vincitori. E allora? Avremo con ciò (Continuazione vedi pag. 4.) ,.

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