L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 6 - 30 marzo 1944

La radio La radio è il terzo complesso tecnico-industriale che incide notevolmente sulla vita spirituale dei popoli. Il primo è la stampa, il secondo il cinema. Dopo ogni capovolgimento economico la stampa ha subito mutamenti per adeguarsi sempre più al suo vero compito di diffusione della cultura e di arma più o meno libera di lotta politica. Il cinema e la radio sono invece nati col nostro secolo, si sono sviluppati con rapidità vertiginosa e divenuti in poco tempo strumenti formidabili di propaganda e di penetrazione tra le masse. Purtroppo sono sorti allorquando la libertà più o meno formale faceva posto dovunque alla dittatura scoperta. Cinema e radio non sono passati attraverso l'esperienza della libera concorrenza e della libera iniziativa, la quale in altri campi, pur senza risolvere nulla definitivamente, ha chiarificato almeno i problemi. Cinema e radio sono strumenti caduti vergini nelle mani di stati autoritari, centralizzatori, monopolistici, strumenti subito usati contro l'individuo e per la conservazione socia!~. Dobbiamo riprendere il problema dalle origini. Il problema della radio, nelle sue grandi linee, è molto semplice e parte da una premessa nuova, mai presentatasi sino ad oggi per nessun prodotto: l'emissione radiofonica costa carissima ma non è vendibile. Può soltanto essere regalata. trale e cinematografico. Voglio dire che suo dovere sarà «noleggiare per una trasmissione» qualunque complesso artistico-spettacolare che nell'ambito ridotto di un pubblico diretto e cittadino abbia avuto notevole successo. Rimane la questione della propaganda, delicatissimo problema che sconfina nella politica. E' assai facile regolamentare la propaganda elettorale vera e propria. Come ogni partito dispone di uno spazio uguale sui muri della città per l'affissione del proprio manifesto, cosi ogni partito politico legale potrebbe aver diritto, mediante pagamento di un nolo di molto inferiore al reale prezzo di costo della trasmissione, a un dato numero di ore per far parlare al microfono i propri oratori. Ma la propaganda si fa più con le notizie che con i discorsi. Chi deve redigere il giornale-radio? Vi deve essere, in uno stato democratico un unico giornale-radio oppure ve ne devono essere parecchi? In che misura i partiti che dirigono lo stato avranno a loro disposizione la radio? A noi preme soltanto stabilire alcuni punti fondamentali. P r i m o : non è opportuno (finché dura il capitalismo) lasciare libertà ai privati nella costruzione di impianti di trasmissione, nemmeno per stazioni aventi unicamente carattere giornalistico. Tali impianti, che richiedono grandi capitali, complicherebbero ancora di più la liberazione della stampa quotidiana dai legami con la grande industria e l'alta finanza. Nemmeno è pensabile una soluzione cooperativa, poiché il successo più o meno grande delle trasmissioni non si trasforma in reddito più o meno grande, in modo da proporzionare lo sviluppp della stazione nemmeno approssimativamente al consenso popolare che essa riscuote. E una cooperativa con un bilancio tutto a fondo perduto è impensabile. S e c o n d o : nessuna trasmissione di notizie è obbiettiva e imparziale. La scelta delle notizie è di per sé stessa un atto propagandistico. In uno stato che non vuole essere dittatoriale, ma democratico, ciò non può avvenire. Vi devono essere dunque parecchi radio-giornali, oppure nessuno. Questo si ricollega al problema delle agenzie d'informazione. Terzo : è più facile creare il panico e l'inganno con false notizie radiofoniche che con false notizie giornalistiche. La radio ha un effetto molto più immediato della stampa. Le notizie a stampa arrivano sempre con un certo ritardo. La notizia letta è già morta, la notizia trasmessa per radio è ancora palpitante. La quintessenza della montatura giornalistica non è forse rappresentata dagli strilloni che gridando slogan, creano nel pubblico un orgasmo spesso smorzato subito dalla notizia stessa letta con calma, riletta e interpretata con buon senso? Forse la soluzione che meglio concilia queste tre .necessità è quella di trasmettere un unico e generico bollettino statale limitato alla lettura dei vari comunicati d'agenzia, lasciando invece ai giornali politici libertà di noleggio delle stazioni per un dato numero di ore, come per i partiti politici, per trasmettere unicamente un commento alle notizie del giorno. Il problema della radio coincide insomma col problema dello stato. Non è un problema tecnico, ma politico. Se avremo uno stato europeo federalista con autonomie culturali regionali avremo la premessa per la migliore soluzione anche dei problemi tecnici. Se invece persisteranno gli stati nazionali sovrani e se essi verranno conquistati da singoli partiti, anche la migliore organizzazione tecnica non salverà la radio dal diventare uno strumento pericoloso. Europeizzare e federare indica dunque la via della libertà anche alla radio. Per concludere questo primo accenno al problema della radio e per attirare su di esso l'attenzione di tutti coloro che vogliono creare un organismo statale migliore e una vita sociale non interamente subordinata allo stato, basta ricordare che la radio è stata effettivamente uno dei più potenti mezzi di oppressione dittatoriale, ma anche un incomparabile balsamo contro le false notizie, qualità che l'esperienza di questa guerra ha validamente confermato. Nessuna frontiera, nessun disturbo arresta le onde della radio. Valicando tutte le frontiere esse portano dovunque la libera contraddizione anche in quegli stati che più gelosamente la vorrebbero evitare. La radio può essere un possente strumento di liberazione. A lume di logica, c'è da chiedersi come mai la radio (parliamo qui soltanto delle trasmissioni pubbliche, e non delle comunicazioni radiotelefoniche) abbia avuto un tale sviluppo quando viene a cozzare contro il più elementare calcolo fino ad oggi alla base di qualsiasi sviluppo industriale: rapporto tra spesa di produzione e prezzo di vendita. Il secondo termine del rapporto è nullo, il primo altissimo! Non solo. La radio, mettendo alla portata di tutti gratuitamente dei piaceri che prima si pagavano (concerti, conferenze, dischi, e domani, con la televisione, anche il cinema) ha danneggiato delle floride imprese già esistenti. Perché dunque la radio si è tanto sviluppata in questi ultimi decenni? Se l'esperienza non ci smentisse, potremmo supporre perché la fabbricazione e la vendita degli apparecchi di ricezione è una industria ottima, e gli apparecchi non si possono vendere se non vi sono trasmissioni. Ma non è vero: l'industria degli apparecchi riceventi ha seguito lo sviluppo delle trasmissioni, non l'ha preceduto. I fabbricanti di apparecchi di ricezione non hanno mai fatto nulla per incrementare le trasmissioni, non hanno mai speso un soldo per impiantare nuove stazioni emittenti. Chi li ha spesi questi soldi? In quasi tutti i paesi, lo stato. In certi paesi, grandi cartelli che avevano bisogno di propaganda: giornali, imprese editoriali, sporth•e, cinematografiche. Ciò che ha determinato lo sviluppo della radio, non parliamo in questi ultimi anni di guerra, ma anche prima, è stato soltanto il fattore propaganda. Poco importa se una stazione trasmette tutto il giorno bellissime musiche e soltanto la sera, prima di chiudere l'emissione, due righe di propaganda. E' il frutto di queste due righe che giustifica tutte le spese dell'emissione. Il diritto degli italiani di istituire una repubblica democratica Il prodotto della radio non si può far pagare, si può soltanto regalare. Inutile ricordare che malgrado questo dato di fatto, suggerito dalla particolarità tecnica dell'emissione, certi stati hanno creduto di poter imporre a tutti i detentori di apparecchi radiofonici una tassa affinché venissero coperte le spese di trasmissione. Questo provvedimento è e rimane una tassa, come tante altre, che poteva anche venire imposta ai gobbi o agli zoppi senza per questo andare contro la coerenza. Io scelgo un prodotto e perciò lo pago. Chi non lo paga, non può procurarselo. Con la tassa radiofonica un certo gruppo di ascoltatori paga per un certo genere di trasmissioni. Ma i pagatori sono invece in condizione di ascoltare tutte le altre stazioni per le quali non hanno pagato un centesimo e spesso ascoltano quelle più sovente che le stazioni per le quali hanno pagato. La radio deve essere gratuita per tutti, in tutto il mondo. Chi paga le spese di trasmissione e di impianto? Lo stato. Che trasmette? Tutti devono poter trasmettere: orchestre, solisti, società sportive, partiti politici. La radio deve essere un servizio pubblico, da questa necessità non si esce se non si vuole che essa rimanga sempre e soltanto strumento di oppressione e di dittatura. Naturalmente con ciò non si vuole dire che il primo venuto possa arrogarsi il diritto di parlare attraverso il microfono al mondo intero. Scindiamo innanzi tutto le due funzioni della radio: divulgazione della cultura e dell'arte; propaganda. Alla prima funzione provvede interamente lo stato. Come lo stato mantiene le biblioteche, cosi egli mantiene le stazioni radiofoniche, costosissimi impianti che nessun mecenate sarebbe in grado di regalare. Come il bibliotecario ha l'incarico di acquistare i volumi senza alcun pregiudizio, unicamente in base al mercato librario e alle richieste dei lettori, cosi deve provvedere il direttore della stazione radiofonica, uniformandosi nella composizione dei programmi, sia ai gusti del pubblico, facilmente individuabili poiché ormai tutti «scrivono alla radio», sia alle correnti artistiche che regnano nel campo musicale, teaSotto questo titolo Luigi Antonini, nella sua qualità di Presidente d e 1 Co n si g 1 i o O p e - r a i o I t a 1 o - A m e i:.,ic a n o ha reso pubblica il 15 febbraio 1944 la seguente deliberazione: «Il Consiglio Operaio Italo-Americano che rappresenta t r e c e n t o m i 1 a lavoratori americani oriundi italiani ed aderenti sia al1 'America n Federation ofLabour sia al C o n g r e s s o f I n d u s t r i a 1 O r g a - n i sa ti on s, ha approvato la seguente deliberazione, trasmettendola al Presidente degli Stati Uniti, alla Segreteria di Stato, alle due Camere degli Stati Uniti ed ai capi delle potenze alleate. 1 ° Tutti hanno ormai compreso che gli ac-· cordi dalle nazioni alleate con Badoglio e col Re, non sono valsi a suscitare la fede e lo spirito combattivo del popolo italiano nella misura da noi sperata e che sarebbe stato possibile di raggiungere. Tanto dietro le linee delle forze naziste, quanto nelle regioni ritolte ai tedeschi, lo stato di spirito delle masse italiane rivela la disillusione la più netta nei riguardi della politica delle nazioni alleate, politica di appoggio al re ormai discreditato ed al suo maresciallo. Questo stato d'animo non è certo tale da incitare il popolo italiano alla resistenza e a tutto il possibile apporto alla guerra contro il comune nemico. 2° Nonostante la disgraziata ripercussione che la politica delle Nazioni Alleate ha avuto sullo spirito del popolo italiano non sono mancati nell'Italia occupata né una tenace resistenza, né un diffuso sabotaggio delle forze di guerra tedesche. E per quanto fosse stato possibile far di più, tale resistenza ha però superato sensibilmente ciò che le formazioni badogliane-monarchiche han saputo fare. Queste ultime - sulle quali pur facevano conto le Nazioni Alleate - non sono state capaci nonché d'influire sugli spiriti del popolo italiano, nemmeno di fornire positivi aiuti militari agli eserciti alleati. 3° Non è però troppo tardi per superare questo stato di cose tutt'altro che soddisfacente. L'America e gli altri paesi alleati non debbono tardare d'intervenire senza esitazione affinché nell'Italia liberata venga istituita una repubblica democratica del popolo italiano. Ciò è tanto più urgente da parte dell'America appunto perché essa ha una tradizione immacolata di democrazia ed appunto perché è stata sempre campione del repubblicanesimo contro l'assolutismo, cosicché spetta ali' America di farsi avanti energicamente assumendo l'impegno di assicurare al popolo italiano la possibilità di istituire un regime democratico affrancato da tutti i residui monarchico-fascisti del passato regime. BibliotecaGino 1anco .,. 4 ° Una clamorosa dichiarazione in tal senso, da parte degli Stati Uniti, agirebbe grandemente sul morale, sullo spirito combattivo, sulle speranze e la fede del popolo italiano e spingerebbe questo ad allargare ed intensificare la resistenza e la combattività contro i tedeschi. Inoltre una sifatta esplicita dichiarazione a favore di una repubblica democratica italiana elettrizzerebbe i popoli oppressi di Europa; li indurrebbe a contare maggiormente su sé stessi e rinnoverebbe in essi la fiducia nell'America e nella parte che essa dovrà pur avere nell'assicurare i loro destini dopo la disfatta dell'asse. 5° Con questo di più che, fino a quando il popolo italiano non abbia ripreso ad ispirarsi alle direttive democratiche e ad aver fede in esse sussisterà sempre il pericolo che la demagogia pseudo rivoluzionaria di Mussolini si faccia strada o che un nuovo genere die totalitarismo s'imponga all'Italia devastata dalla guerra. Comitato esecutivo: Presidente: Luigi Antonini, segretario generale, rappresentante di 89 organizzazioni, primo vice-presidente della International Ladies garment Workers Union. Vice-Presidenti: Antonio Esposito, presidente della Paper Novelty Toy Manufacturers lnternational Union, Eduardo Molisani, direttore della ltalian Cloakmakers Union, rappresentante di 48 organizzazioni. Tesoriere: John Gelo, assistant manager della ltalian Dressmakers, rappresentante di 89 organizzazioni. Segretario: Joseph Procopio, Internation. Representative, Shoebuilders and orthopedic Workers Union. Membri dell'esecutivo: Silvio Battini, segretario rappresentante di 20 organizzazioni, Cement and Concrete Workers Union, Frank Bottaciani, rappresentante di 16 organizzazioni, llotel and Restaurant Workers, Alex di Brizzi, presidente e organizzatore di 20 organizzazioni, International Longshorements Association, Alberto Campobasso membro esecutivo della ltalian Actors Union, Antonio Collone, Direttore · della Brooklyn Cloakmakers Union, Louis F. Donato, rappresentante di 25 associazioni, Bookbinders Union, Umberto Gualtieri, rappresentate di 102 associazioni, Bakery and Conf ectionary Works lnternational Union, Salvatore Ninfo, rappresentante di 145 associazioni, Dressmakers Union Passaic, NewJersey,Pbilip Ciacci, rappresentante di 42 associazioni, Millinery Workers. Documenti Guerra e pace nell'Italia « democratica» «L'Italia, che pure era prima della guerm del 1915 un paese democratico, è entrata nel sistema della triplice alleanza e ha fatto due guerre e si preparava a farne una terza sempre a insaputa non solo della opinione pubblica, ma anche del. parlamento. Si diceva che la politica estera richiedeva il segreto e i più grandi avvenimenti erano decisi dal re, dal presidente del consiglio e dal ministro degli esteri a in - s a p u t a d i t u t t i g l i a l t r i m i n i s t r i. Il presidente del consiglio dei ministri è in Italia depositario degli atti più secreti e dei verbali. del consiglio dei ministri. Diventato presidente del consiglio, io volli rendermi conto della realità. Mi risultò dunque dai verbali che mai il consiglio dei ministri era stato consultato sulla stipulazione e sulla rinnovazione del trattato della triplice alleanza; che l'Italia per la questione di Libia entrò in guerra con la. Turchia senza nessuna deliberazione ministeriale; che l'Italia stipulò il patto di Londra con cui si obbligava a entrare in guerra in aprile 1915 ed entrò in guerra in maggio senza che mai vi fosse una _deliberazione ministeriale. Ma, assumendo il governo, vidi che nel 1919 si era preparata una spedizione militare in Georgia, cioè la guerra con la Russia dei sovietti, senza informarne i ministri del gabinetto che mi aveva preceduto.» F. S. Nitti (La Democrazia, pag. ·274). Illusioni senili «Nel 1934 un capo nazional-socialista di ritorno da Roma e diretto a Berlino s'incontrò qui con uno svizzero che egli conosceva da tempo. Alla domanda dello svizzero se egli fosse stato da Mussolini, il tedesco rispose colle parole: «Se si va a Roma, si va dal Papa.» Egli era entusiasta di ciò che aveva visto a Roma. Il protestantismo, secondo lui, era condannato. L'uomo non può regolarsi secondo la sua coscienza. Egli ha bisogno di un capo, di una chiesa. Il cattolicismo ricupererà il suo posto di primato. La prossima grande conquista sarà la Russia. Il tedesco era ancora meravigliato del modo come in Vaticano era gi4 stato tutto pensato e preparato fin nel più piccolo particolare. Egli era stato condotto negli uffici creati all'uopo e gli erano stati presentati missionari preparati per lavorare in Russia, i quali parlavano perfettamente il russo ed avevano ricevuto un'istruzione specializzata. L'ora si avvicina. Un popolo cost profondamente religioso come il russo non può stare alla lunga senza chiesa. La chiesa russa, figlia infedele di Roma, ha ricevuto dai Soviet, per la sua deviazione, il castigo meritato. Essa dovr4 essere del tutto distrutta. Poi suonerà l'ora del Vaticano. Esso erediterà . . . » M. M., W. (Der Aufbau, 4 febbraio 1944) «Il genio italiano ha sviluppato nelle caratteristiche istituzioni fasciste un regime molto autoritario il quale tuttavia non minaccia né la libertà religiosa né quella politica, né la sicurezza di altre nazioni europee ... Il sistema italiano è basato su due rocce : primo, la separazione della Chiesa e dello Stato, e la supremazia della Chiesa in questioni non solo di fede ma anche di morale; secondo, i diritti del lavoro.» Lord Lloyd (<The Britisb Case>, con prefazione del Visconte Halifax, attualmente ambasciatore britannico a Washington, edito a Londra nel 1939.) «Liberaree Jederare !• Scritti di politica, economia e cultura PIERO GOBETTI PROFILO DI MATTEOTT) Indice: L'intransigente del «sovvers1v1smo,,; L'aristocratico del «sovversivismo,,; La lotta agraria nel Polesine; Il socialista persecutore di socialisti; Il nemico delle sagre; Il suo marxismo; li suo antifascismo; li volontario della morte; Cenni biografici. Ristampa dell'introvabile profilo di Matteotti scritto da Gobetti, d1e nella sua brevità e semplicità è quanto di meglio si sia fin'ora scritto sul grande martire socialista italiano. La personalità intellettuale e morale di Matteotti viene disegnata sullo sfondo delle lotte sociali e della vita politica del Polesine e dell'Italia. Un opuscolo di pagine 30, et. 50 la copia. Per ordinazioni scrivere alla Casella postale Nr. 213, Zurigo 6. AVVISO Accludiamo al presente numero dell'Avvenire dei Lavoratori una cedola per pagare l'abbonamento, invitando coloro che desiderano ricevere il giornale a mettersi in regola. Onde evitare malintesi avvertiamo espressamente che per ragioni di opportunità la cedola si trova allegata a tu t t e le copie del giornale, quindi anche a quelle inviate ad abbonati che hanno già versato l'importo dell'abbonamento. L'Amministrazione.

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