Bi Libri Le orgini della lotta attuale Egidio Reale - <Die UrspriJnge des modernen Italiens:P. Bilchergilde Gutenberg, Zilrich 1944. E' un vero peccato che questa bella narrazione della storia del risorgimento italiano non abbia potuto essere pubblicata in italiano, e che sia perciò accessibile per ora solo a pochi connazionali. Questo libro viene incontro all'interesse degli italiani per l'opera dei loro antenati che hanno trasformato l'Italia da semplice espressione geografica in una libera comunità nazionale. Ora che Mussolini ed il fascismo hanno rovinato questa eredità e ci hanno rimessi nella necessità di ricominciare ancora una volta a ricostruire la nostra casa, è necessario riandare con la memoria a quel che è stato già fatto per il passato. Egidio Reale ci racconta il lungo dramma iniziatosi verso la metà del settecento e giunto a compimento con la conquista di Roma. L'Italia è stata non opera del popolo italiano, ma della lotta e dei sacrifizi di una minoranza che ha trovato ostacoli non solo nelle potenze conservatrici europee e nello spirito reazionario dei governanti dei piccoli stati della penisola, ma anche nell'inerzia e spesso nell'ostilità delle masse popolari. Mentre una parte dei patrioti italiani si adattarono a queste condizioni ed hanno finito per raggrupparsi intorno al liberalismo piemontese guidato da Cavour, e sono giunti infine con un'abile politica ad unificare formalmente l'Italia, un'altra parte - ispirata da Mazzini - non solo ha spinto col suo fervore i moderati ad atti che non avrebbero probabilmente trovato il coraggio di compiere se non fossero stati continuamente pungolati, ma soprattutto ha predicato e lottato perché l'unità e la libertà italiana fossero frutto della partecipazione del popolo italiano. La storia del risorgimento è la storia della vittoria dei partigiani della «conquista regia> e della sconfitta dei partigiani dell'Italia del popolo. - Malgrado la sua profonda simpatia per Mazzini, Reale sa guardare con occhio tranquillo di storico questo svolgimento, poiché sa che il senso di gratitudine degli italiani va tanto ai vincitori quanto ai vinti di quell'epqca. Da tutta la sua narrazione traspare tuttavia la consapevolezza che se i liberali cavourriani hanno lasciato alle generazioni successive un D laburismo e l'Europa Un recente opuscolo della Società Fabiana - «Labour and Europe», porta come sottotitolo: «Necessità di una strategia socialista». La Società Fabiana è un'istituzione socialista nell'interno del Partito Laburista Inglese, la quale si occupa prevalentemente dei problemi di cultura e dello studio delle questioni politiche. Il maggior merito dell'opuscolo di cui ci occupiamo consiste nella concezione fondamentale di un'Europa quale unità. Lo prova il progetto di una futura ricostruzione economica dell'Europa. I consigli a questo soggetto sono solidi malgrado che i particolari debbano ancora essere esaminati. Anche nel caso che il progetto venga alterato, speriamo che i punti principali restino intatti: per esempio, la considerazione dell'Europa come unità economica. il controllo internazionale delle industrie pesanti, l'industrializzazione degli stati sud-orientali, ecc. Malgrado che l'opuscolo si occupi principalmente di . risolvere problemi economici, non commette l'errore di basarsi sul punto di vista tecnico - errore commesso principalmente da quelli che vogliono evitare le difficoltà dei problemi politici. Ecco le parole dell'autore: «Una cosa è di importanza capitale, e cioè la creazione di istituzioni economiche europee che possiedano l'autorità e la forza dì organizzare e condurre a termine le proprie deliberazioni in modo autonomo, senza basarsi esclusivamente sui contratti fra stato e stato.» Ma il bisogno di creare una autorità politica internazionale è chiaramente espresso. Solo questo organo può garantire il funzionamento soddisfacente delle diverse istituzioni economiche. L'Europa dunque deve essere organizzata come una federazione; forma governativa la più adatta a creare un centro di controllo economico che rispetti il controllo locale negli affari regionali. L'opuscolo non indica in che modo si potrà realizzare questa Federazione Europea, né il genere di compiti che essa si assumerebbe. Malgrado questo, «Labour and Europe» costituisce un eccellente punto di partenza per ulteriori ricerche. Esso può favorire un incontro dei socialisti inglesi e continentali sul terreno della discussione concreta ed in questo modo aiutare l'accordo e la cooperazione. L'aTvenire dei Balcani A Londra è stato pubblicato nell'estate del 1943 un opuscolo con numerose carte geografiche sulle quali gli stati orientali e sud-orientali d'Europa sono rappresentati riuniti in un blocco, separato dalla Germania e dalla Russia da potenti frontiere. Su queste carte grandi cannoni puntano le loro bocche verso la Ger- o bene acquisito da amministrare e sviluppare, i repubblicani di Mazzini, di Cattaneo hanno lasciato ben di più: un ideale da realizzare. Lo stato italiano non essendo stato opera popolare, restò sempre assai lontano dalla coscienza delle grandi masse italiane, e questa mancanza di senso civico non fu pienamente corretta nemmeno dal movimento socialista che pure tanto contribuì a dare una coscienza politica a grandi strati popolari italiani. Ciò serve a spiegare la relativa facilità con cui il fascismo è riuscito a conquistare lo stato, a privarlo di tutte le istituzioni liberali che i suoi fondatori gli avevano dato, a convertirlo in uno strumento di oppressione all'interno e di imprese megalomani all'estero. Ora che questa avventura si è conclusa con la distruzione di pressoché tutto quel che ci avevano tramandato gli uomini del risorgi.mento, la ricostruzione dell'Italia è affidata agli eredi dello spirito di Mazzini e di Cattaneo. I vinti di allora sono divenuti i principali ispiratori dell'epoca di oggi. La nuova Italia deve essere un'Italia repubblicana, cioè tale che lè sue istituzioni politiche vivano del consenso e della partecipazione del popolo e provvedano al benessere generale, deve vivere in pacifica c_ooperazione con gli altri popoli come era preconizzato da Mazzini quando fondava la Giovane Europa e da Cattaneo quando considerava gli Stati Uniti d'Europa come l'unica garanzia della libertà dei vari popoli europei. Nelle ultime pagine del suo libro Reale cita l'amara esclamazione di Mazzini, giunto al termine della sua vita, e malcontento dello scarso frutto di tutte le sue lotte: «E' l'Italia, la mia Italia, l'Italia quale io l'ho predicata? L'Italia dei nostri sogni? L'Italia, la grande, la bella, l'onesta Italia della mia anima?> - Il fascismo ha creduto di dare una risposta a questi angosciati interrogativi ed ha creduto di dover rispondere loro creando tm'Italia vanagloriosa, prepotente, coperta di falsi ori che ne celavano le piaghe. - Rileggendo nelle pagine di Reale la storia del risorgi.mento italiano, noi vediamo che un'Italia come i nostri antenati la volevano e come noi dobbiamo farla sorgere è invece un popolo libero, laborioso, pacificamente convivente cogli altri popoli. Solo perché simpatizziamo profondamente con questi ideali ci sentiamo figli degli uomini del risorgimento e prosecutori della loro opera. - mania. Basta un poco di intelligenza per capire che con facilità i cannoni possano essere puntati in altra direzione; per questo la Russia dà tanta importanza a simili blocchi, che proteggono una pace mantenuta da frontiere e da artiglieria. Resi diffidenti da precedenti esperienze, i politici sovietici considerano simili costruzioni non come ponti ricongiungenti l'oriente con l'occidente, ma come un cordone sanitario che separa l'Est dall'Ovest e destinato a diventare una testa di ponte per eventuali aggressioni future contro la Russia. Un gruppo di socialisti e di democratici dell'Europa sudorientale ha tentato ora di opporsi a questa proposta reazionaria col discutere assieme una possibilità di unione dei loro popoli che non sia ostile a nessuno e che si proponga il programma della pace mondiale e del miglioramento del tenore di vita. I risultati di questa discussione sono stati pubblicati in un rapporto del Club Danubiano di Londra. L'Unione o Federazione comprenderebbe una regione includente: L'Albania, l'Austria, la Bulgaria, la Cecoslovacchia. la Grecia, l'Ungheria, la Polonia, la Rumenia e la Jugoslavia. Nell'opuscolo si insiste sul fatto che l'esecuzione del progetto non dipende da un'unione che includa queste nazioni e ne escluda altre. Sono considerate essenziali le relazioni di amicizia con i. Soviet e la realizzazione di un governo democratico alle fine della guerra per tutte le nazioni partecioan ti a questa lega. Gli scopi principali dell'Unione sarebbero: miglioramento del tenore di vita per i membri deTI'Unione, sviluppo di relazioni pacifiche fra di loro e con gli stati esteri. e principalmente creazione di una cintura di difesa che sappia mantenere la sicurezza collettiva. La necessità di una politica estera comune che protegga la stabilità della democrazia e delle libertà civili, e che assicuri una organizzazione economica per la difesa comune, significa una inevitabile restrizione della sovranità nazionale dei singoli stati. Le proposte dettagliate riguardano la costituzione della Federazione e del governo federale e la creazione di un esercito comune. I progetti economici schizzati in grandi linee rivelano la collaborazione di elementi socialisti e democratici che sanno quanto la pace dipenda dall'organizzazione economica e dalla modificazione della struttura sociale che garantisca la sicurezza dei popoli. L'opuscolo non risponde ad una domanda capitale: «Sarà una federazione regionale di questo genere atta a condurre l'Europa all'unità europea che pure sembra indispensabile all'autore?» E' assolutamente necessario rispondere chiaramente a questa domanda. Il piano delle tre grandi potenze indicato dalle proposte di Mosca sotto il nome di CO Comitato europeo non mostra nessun interesse per una unità europea. «The Economist» del 6 novembre 1943 ha messo in rilievo questo punto delicato commentando la dichiarazione della conferenza di Mosca a proposito dell'indipendenza del!'Austria: «Malgrado che la dichiarazione accetti il principio dell'idea federale, essa non pare formularla in modo che serva ad una grande concezione di unità europea.» Perché l'unità europea possa diventare una realtà del dopoguerra, ogni stato deve reclamarla ed esigerla. Naturalmente le tre grandi potenze hanno ora tutte le carte in mano. Gli aiuti finanziari possono trasformarsi in istrumenti di pressione politica. L'industrializzazione, le riforme agrarie ecc. non sono realizzabili che con aiuti finanziari provenienti dall'estero. Questa dipendenza economica può diventare pressione politica e minacciare la desiderata unità europea. I socialisti e i democratici inglesi ed americani dovranno riconoscere la loro responsabilità ed impedire che influenze reazionarie compromettano la pace mondiale e l'unità europea. Ci si domanda se non varrebbe meglio che l'Europa si ricostituisse economicamente da sola, senza aiuti esteri, anche se questo le costasse più tempo. In quale proporzione potranno la Germania e l'Italia post-fasciste sopportare il peso di simili ricostruzioni ? Esiste anche il pericolo che i piccoli stati si perdano in labirinti di intrighi ed ambizioni nazionali tentando di speculare sulla rivalità delle grandi potenze, creando cosi essi stessi una nuova versione della politica della «balance of power». Questo sarà inevitabile se si formeranno federazioni orientali ed occidentali. La Germania isolata ed esclusa da esse potrà favorire una guerra futura. Se la Federazione includesse tutti gli stati non vi resterebbe possibilità di supremazia per la Germania, perché essa sarebbe neutralizzata dalla grande maggioranza delle nazioni non tedesche. L'unità dell'Europa sembra dunque indipensabile e varrà la pena di pagarla un prezz~ che, anche se alto, assicurerà la pace all'Europa e al mondo. Le emigrazione dopo la guerra Alla Camera dei Comuni il Ministro degli Esteri Eden ad un'interrogazione sull'emigrazione degli europei ha risposto di non avere conoscenza che stati del Nuovo Mondo abbiano l'intenzione d'accogliere molti europei dopo la guerra. Egli ha aggiunto: «Io spero che dopo la guerra noi avremo un'Europa migliore e che gli europei non avranno tanto desiderio di abbandonarla.» Questa risposta ha portato nuovo lume su quella che è stata l'attività della Conferenza delle Bermude. Nessuno pensa a schiudere nuove terre all'emigrazione ed a permettere delle emigrazioni in masse. Negli Stati Uniti si parla spesso di limitare l'immigrazione ancor più di quanto non è stato fatto finora, poiché dopo la guerra bisognerà anzitutto procurare pane e lavoro per gli americani reduci della guerra e perché la trasformazione della produzione di tempo di guerra in produzione di tempo di pace richiederà vari anni. In Inghilterra è stato esaminato lo stesso problema e si parla di obbligo per gli emigranti di abbandonare il paese affinché i posti disponibili siano riservati ai sudditi dello stato. Nel frattempo si volge lo sguardo verso le colonie britanniche dove gli emigran.ti, che hanno imparato la lingua inglese, potrebbero applicare utilmente le loro cognizioni per sé e per l'impero inglese. Nella stampa si chiede che per coloro i quali si sono resi benemeriti del paese si facciano eccezioni e che venga ad essi permessa l'ulteriore permanenza in Gran Bretagna. Per un certo tempo si è detto che l'America Meridionale sarebbe pronta ad accogliere profughi dall'Europa. Dati concreti comunque non ve ne sono stati e in certi momenti si è persino preteso che gli Stati Uniti avrebbero rivolto agli stati del1' America Meridionale la richiesta di sospendere l'immigrazione. Questo intervento, comunque, non può riferirsi che alla durata della guerra e si spiega con il timore che con tale immigrazione i paesi americani possano essere raggiunti da spie e che queste possano fomentare rivolte d'accordo con generali amici del1' Asse. Per il momento esiste soltanto una dichiarazione del governo della Columbia il quale dichiara «di essere pronto a ricevere con gioia individui provenienti dalle regioni devastate d'Europa non soltanto per offrire a questi un asilo, ma anche per servirsi delle loro forze per l'ulteriore sviluppo della Columbia». A proposito del destino dei profughi nel dopo-guerra è stato dichiarato in Inghilterra che non verrebbe presa in considerazione la creazione di nuovi sbocchi per l'emigrazione in paesi d'oltremare perché a questo scopo sarebbero necessarie somme enormi. Sembra avere un certo peso l'argomento che nei paesi d'oltremare non venga creata un'industria tale da poter danneggiare l'industria dei paesi d'origine. E sembra che non vengano contemplate delle eccezioni neppure per l'emigrazione ebraica; un'emigrazione postbellica in massa in territori d'oltremare non sarebbe possibile per la mancanza dei famosi «permessi». L'unica soluzione rimane la Palestina. Delle migrazioni e del rimpatrio dei profughi Sale nella piaga La classe dirigente Appena si entra in un ambiente accademico si è soffocati dal cattivo odore d'intrigo, di vanità e di personalismo ed è facile constatare che quasi sempre, o spesso, le scelte sono le più ingiuste. E pure si tratta di scegliere non uomini di attitudini complicate, difficili a definire, ma uomini che si occupano degli stessi studi e hanno la stessa attività. F. S. Nitti (La Democrazia, pag. 47) Gli scienziati ufficiali hanno tutto il peso delle loro situazioni ufficiali, delle loro vanità accademiche, dei loro piccoli interessi. Vi sono scienziati illustri che hanno l'anima di servitori e ve ne sono che hanno l'anima pettegola di vecchie <cocottes». Nulla è più comico della vanità dei vecchi accademici. Ibidem (pag. 220-221) In ogni modo la più gran parte degli scienziati moderni inclina a considerare con diffidenza le forme politiche democratiche. Ho passato quasi tutta la mia vita nell'Università, ho insegnato lungamente, ho conosciuto i maggiori scienziati di quasi tutti i paesi di Europa e con molti di essi ho avuto intimità: ho potuto convincermi facilmente che i giudizi politici della più gran parte di essi non sorpassano il livello delle persone di coltura media e qualche volta sono anche inferiori. Ibidem (pag. 222-223) Plutarco ricorda che quando a Cicerone si rimproverava di accusare Crasso dopo averlo qualche tempo prima ammirato in altre orazioni, Cicerone rispose: «Io ho voluto provare il mio talento su di un soggetto ingrato.» Ibidem (pag. 227) Anche nei più grandi letterati ed artisti prevale quasi sempre più l'emotività che il ragionamento: vogliono piacere ed interessare e vogliono soprattutto aver l'ammirazione. Lo gran vizio d'eccelenza, come diceva Dante, l'ambizione di sopravvivere, perpetuandi nomlnis desiderium, secondo l'espressione di Boccacci, sono anche nelle migliori nature lo stimolo: desiderio che la superiorità sia pubblicamente riconosciuta e proclamata. Ibidem (pag. 233) \'OCABOLlRIO «Abbiamo perdut.o i nomi delle cose.» Abdicazione. Atto generoso per cui un principe rinunzia alla corona che più non gli appartiene. Abuso di aut.orit.à. Gli atti di governo degli avversari. Gerarchia. Dal greco geron e archia, e significa governo dei vecchi. Ringiovanire le gerarchie significa dunque, alla lettera, ringiovanire i vecchi. E' un'operazione chirurgica piuttosto delicata e che non sempre riesce. Granito. In geologia indica una pietra abbastanza dura e resistente, applicato agli uomini ( ad es. legioni granitiche, fede granitica, gioventù granitica) il termine gra,nito serve ad indicare le stesse qualità di durezza e resistenza ma solo per i giorni di bel tempo. Se piove, add:o granito! Cosi dal temporale del 25 luglio 1943 in Italia c'è la crisi del granito. Prode. Dal latino pro-sum pro-d-esse e vuol dire semplicemente essere utile. Tuttavia nessuno chiamerà prode un muratore o uno scarparo o una levatrice, persone d'innegabile utilità, ma spesso udiamo qualificare prode un militare per fatti di utilità per lo meno dubbia. Privat.o. Seconda l'etimologia significa cretino. Es.: appena un zurighese acquista un campicello nel Ticino la prima cosa che fa ~ di piantarci un palo con la scritta <privato>. Quando si dice l'istinto. europei si occupa l'«UNRRA», l'opera di soccorso e ricostruzione delle Nazioni Unite di cui è presidente Herbert Lehmann, l'ex governatore di New York. Dopo la guerra sarà necessario ricondurre nella loro patria circa 21 milioni di uomini. Molti europei, comunque, che attualmente si trovano in Inghilterra o negli Stati Uniti avrebbero chiaramente dichiarato di voler vivere il resto della loro vita in un paese che non sia la loro patria d'origine. Se non sarà possibile per essi rimanere in Inghilterra o negli Stati Uniti si cercherà di stabilirli nelle colonie britanniche o in alcune repubbliche sudamericane. Comunque, si tratterebbe di casi singoli, non di soluzioni collettive. Il prof. Kulischer in un'opera da lui pubblicata a Londra per incarico dell'Ufficio Internazionale del Lavoro fa risalire a 4 milioni il numero degli ebrei senza patria. L' «UNRRA» conformemente alle conclusioni della conferenza di Atlantic City è tenuta a prestare soccorso agli emigranti. Per coloro di cui non è possibile il rimpatrio, o che non lo desiderano, deve provvedere il Comitato Interalleato per i profughi, di Londra, fino a che non sarà stata trovata per essi una sistemazione.
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