L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 5 - 15 marzo 1944

Bit è la «varietà nell'unità» e «l'unità nella varietà». E' questo anche il principio di ogni umanesimo. Si può forse dire, per esempio, che la libertà di pensiero sia solo una libertà politica o, peggio ancora, una «libertà borghese»? Ma se la borghesia - nel tempo nel quale era una classe rivoluzionaria l'ha iscritta tra i «Diritti dell'Uomo», lo è stato perché in realtà ogni emancipazione umana non è concepibile senza la libertà di pensiero. Ed oggi che la borghesia è la classe che si oppone alla liberazione dell'uomo, essa rinnega la libertà di pensiero come del resto ogni sostanza delle libertà democratiche. Se oggidi la libertà cli stampa è un lustro per non dire una ignobile menzogna gli è perché il gioco delle potenze economiche impedisce di usare di questo diritto alla maggioranza del popolo e specialmente alla classe operaia, sebbene non sia formalmente abolita. Tocca dunque al proletariato, una volta vittorioso, non di sopprimere la libertà di stampa, ma di sopprimere gli ostacoli che rendevano inoperante questa libertà. E lo stesso vale per tutte le altre libertà garantite dalle istituzioni democratiche. Non bisogna dimenticare questo passo del Manifesto dei comunisti: «abbiamo già veduto eh.e l'ultima tappa della rivoluzione proletaria è la costituzione del proletariato in classe dominante, 1 a e o n q u i s t a d e 11 a D e m o c r a z i a.» Nella libertà politica è insito dunque un contenuto umano che non bisogna abolire, bensi portare invece al suo completo sviluppo. Tutti i malintesi in questa questione provengono dal fatto che si suole confondere la libertà prigioniera con le catene che la avvincono. Tutto il contenuto umano della democrazia politica è alterato dal fatto politico della dominazione di una classe sulle altre. Ma questo contenuto, che chiameremo «l'autonomia dell'essere umano» esiste tuttavia né può essere riassorbito nei limiti di una classe sociale. Diremo dunque che tutta l'umanità è deformata dalle classi erte una contro l'altra, ma che queste classi, per il fatto stesso della loro esistenza presuppongono una realtà umana. Oggi, gli uomini non possono pensare ed agire che come borghesi o come proletari, ma tanto nel proletario quanto nel borghese vi è «l'uomo reale» che dobbiamo liberare dal guscio «di classe>>che attualmente lo soffoca, lo corrompe, lo mutila. La Democrazia è un· avviamento (una «prefigurazione» si direbbe in termini giuridici) a questa liberazione. La coscienza classista spinge il proletariato oppresso a realizzare questo atto liberatore. In questo senso, l'autonomia politica, nella misura del contenuto umano che essa implica, s'identifica coi fini perseguiti dal proletariato con la sua lotta di classe. Parimenti, autonomia politica e coscienza di classe sono solidali. Sarebbe dunque un errore grossolano criticare come borghese il contenuto umano di queste libertà democratiche di cui la borghesia stessa confessa il carattere non borghese dal momento che le rinnega alla prima svolta della sua propria rivoluzione. Ogni classe, nel corso della sua storia, risolve dei problemi rivoluzionari ed in tale senso ogni classe gioca per un certo tempo un ruolo emancipatore. L'ultimo atto del dramma è la lotta di classe in seno della società attuale, che ha per posta l'instaurazione di una libertà intergrale, coronamento di tutto ciò che vi era di contenuto umano delle lotte di classe precedenti. La borghesia, essa pure ha rappresentato una parte ed anzi una grande parte rivoluzionaria. Se essa la rinnega attualmente, gli è perché in piena decadenza e perché ha perduto ogni sua giustificazione davanti alla storia e davanti l'umanità. Criticare una classe in decadenza non significa per nulla criticare il contenuto umano che le caratterizzò le origini né le missioni rivoluzionarie di questa classe. La morte della borghesia, coinvolgendo quella del vecchio mondo, varrà a salvare quanto quest'ultimo aveva di vitale e che potrà d'ora in poi svilupparsi e fruttificare. La borghesia rinnega l'universale umano per salvare il particolare «borghese». Cosa prova questo? Una classe di cui è spezzata la molla rivoluzionaria può tradire la libertà; la classe che le succederà, la classe operaia, deve strappare la fiaccola dalle mani vacillanti che la lasciano cadere per brandirla più alta e più in avanti. Non si tratta dunque per la classe operaia di determinare lo sfacelo, implicito nella continuazione del regime borghese, della Democrazia, ma di difenderla e di servirsene per garantirle il suo pieno compimento. L'assistenza ai popoli -vittime della guerra Alla fine di questa guerra vi saranno molti paesi devastati, nei quali le condizioni di vita degli abitanti continueranno ad essere ancora per anni difficili e penose. Città intere dovranno essere ricostruite; vie di comunicazioni, impianti industriali, ospedali, acquedotti, gazogeni, canali, dovranno essere riadattati; l'alimentazione, l'igiene, il vestiario, l'abitazione di milioni di esseri dovranno essere più o meno celeremente ricostituiti secondo il bisogno della civiltà. Molti paesi non saranno in grado di riorganizzarsi da soli, per la loro povertà naturale o per la gravità dello sterminio sofferto: la loro effettiva indipendenza sarà in pericolo. L'assistenza ai popoli vittime della guerra solleva dunque molti gravi problemi politici ed economici. Il grande capitalismo monopolista annunzia già i suoi piani per colonizzare i paesi europei più deboli e maschera i suoi piani col velo della filantropia. E' ora che il socialismo europeo acquisti coscienza dei pericoli che incombono sull'Europa e che ai piani del grande capitale monopolista si oppongano quelli della solidarietà dei popoli liberi. Questo problema è stato già tema di uno scambio di idee in una conferenza del Soccorso Operaio Svizzero, tenuta alla Casa del popolo di Zurigo il 12 dicembre scorso, e in una successiva riunione politica convocata dal Comitato Direttivo del Partito Socialista Svizzero, con la partecipazione di rappresentanti dell'Unione Sindacale, del Soccorso Operaio, del Segretariato Internazionale dei Lavoratori dei Trasporti e dell'Alimentazione e di altri compagni. Altre riunioni seguiranno in preparazione anche alla Conferenza Sindacale Internazionale convocata a Londra per la metà di giugno p. v. nel cui ordine del giorno è posto anche il tema dell'assistenza ai popoli vittime della guerra. Diamo in seguito un riassunto del rapporto della compagna Regina Kagi, segretaria del Soccorso Operaio Svizzero, alla conferenza del 12 dicembre. Il tema del rapporto era: I nostri compiti dopo la guerra, le nostre possibilità e i nostri limiti. La compagna Kagi cominciò col fare osservare «che, per ora, ogni programma è ipotetico e subordinato a quelle che saranno le condizioni politiche del dopo-guerra. Comunque è indispensabile stabilire fin d'ora un programma di massima. Tra gli aspetti del dopoguerra, quello della ricostruzione nel senso materiale della parola non potrà riguardare che in misura molto limitata le opere di assistenza private, dato che sarà indispensabile un piano generale di ricostruzione. Per quanto si riferisce ai profughi il loro numero secondo uno studio dell'Ufficio Internazionale del lavoro sembrerebbe aggirarsi intorno ai 30 milioni di uomini, compresi i prigionieri di guerra. Di una parte soltanto di tali profughi - soprattutto di quelli politici in stretto senso - è lecito presumere ch'es~ ritornino alla loro patria d'o'rigin . Problema ·nolt!"i partieol~- mente umano ed importante sarà quello della riunione delle famiglie, ed importantissimo tra tutti sarà quello della rieducazione professionale di molti sventurati i quali sbalestrati e raminghi da un paese all'altro hanno perso ogni contatto ed ogni ricordo di ciò che si chiama una professione. Per lo ·studio dei problemi della cittadinanza, del ritorno nel paese di origine, della rieducazione professionale ecc. si è formato a Ginevra un Comitato speciale. In tutto questo l'assistenza privata potrà fiancheggiare e completare le opere di carattere pubblico. Anche le colfdizioni dell'alimentazione saranno, per ovvie ragioni, precarie, e anche ad esse bisognerà provvedere, ma particolarmente degno di attenzione sarà il problema dell'educazione sia dei bambini, soprattutto degli orfani o dei figli dei profughi, come anche dei giovani e dei giovanissimi reduci dalla guerra. L'U.N.R.R.A. è stata creata negli Stati Uniti appunto per rispondere a queste esigenze di soccorso e della ricostruzione ed è da sperarsi che un tale aiuto tenga effettivamente conto delle condizioni ambientali. Da informazioni pervenute dal Nord-Africa risulterebbe che l'U.N.R.R.A. fornisce tutto il fabbisogno - derrate ecc. - ma che per la distribuzione ai singoli il materiale venga affidato alle istituzioni private. E' evidente che le possibilità dei privati, come quelle di piccoli paesi come la Svizzera, sono relativamente limitate. Comunque le iniziative private non vanno trascurate, nel caso particolare di noi socialisti esse costituiranno l'avanguardia di una rete di rapporti economici e politici ben più importanti. Nel campo pratico la nostra attività si svolgerà soprattutto per mezzo dell'invio di pacchi, nella creazione di quadri istruiti per i dispensari, per il lavoro negli accampamenti ecc., e nella creazione di case per bambini. Merita menzione che il Comitato di Ginevra ha concepito il piano di un corso della durata di 5-6 mesi da tenersi quest'inverno a Zurigo per « a s si s t e n t i s o e i a 1 i » allo scopo d'istruire individui seriamente intenzionati ad assumere attività direttive e collaborative nelle opere in genere di soccorso internazionale. Saremo assai lieti se da parte di compagni svizzeri e stranieri numerose saranno le iscrizioni. Sono progettati anche corsi più brevi per personale subalterno. In quest'opera di soccorso la Germania non dovrà, per quanto riguarda noi, essere trascurata. Non è giusto abbandonare i buoni elementi che pur anche esistono in Germania e creare le premesse per risentimenti nazionalisti. Noi speriamo di poter contare sulla collaborazione di tutti, soprattutto di elementi seri, adatti, muniti di cognizioni adeguate che dovranno venire adeguatamente compensati.» La compagna Kagi trattò insomma il tema Ì..\11 o tantissimo dal punto di vista degli attuali rapporti politici; ma è lecito presumere che nel dopo-guerra la situazioni politica sarà ben diversa dall'attuale e che ai partiti e alle organizzazioni operaie si offriranno ben altre possibilità. Sarà allora un errore gravissimo trascurare il compito della ricostruzione dei paesi devastati, o affrontarlo con la mentalità miope della routine. Come per gli altri compiti del dopo-guerra, è indispensabile preparare gli spiriti a soluzioni nuove e audaci, riponendo la nostra fiducia nella solidarietà dei popoli liberi. I socialisti italiani, la guerra e la pace Questo documento venne diramato dal C. E. del P. S. Ì. il primo agosto del 1942: 1 ° I socialisti italiani affermano che l'attuale guerra, oltre ad essere, come quella del 1914 fino 1918, una guerra imperialista e capitalista per l'accaparramento delle materie prime e dei mercati, comporta conseguenze gravissime per il regime interno di ogni paese e dal suo esito dipenderà in parte notevole la futura situazione dell'umanità e in ispecie delle classi lavoratrici. 2° L'atteggiamento dei socialisti italiani verso l'attuale guerra è perciò determinato dalla loro posizione antifascista e dal loro fermo convincimento che le libertà democratiche costituiscono premesse molto utili per ogni ulteriore progresso dell'umanità. 3° Il fronte decisivo sul quale il fascismo può essere arginato e distrutto è il fronte interno di ogni paese. Solo su questo terzo fronte potranno essere risolti i problemi sociali e politici dai quali il fascismo è sorto. L'unico avversario capace di battere il fascismo sul terzo fronte è il socialismo. La disfatta militare delle potenze fasciste deve essere considerata come un preludio delle lotte decisive che si svolgeranno sul terzo fronte. 4° Il carattere democratico delle potenze attualmente in guerra contro gli stati fascisti non è omogeneo né inalterabile. Lo stato di guerra, specialmente se prolungato, può modificare in senso totalitario anche la struttura interna degli sta'if' democratici. I socialisti italiani sono perciò decisi a salvaguardare in ogni momento la loro libertà di critica e la loro autonomia anche verso i governi democratici. La politica dei socialisti italiani si ispira unicamente agli interessi e agli ideali della classe lavoratrice italiana e internazionale. 5° La rivendicazione fondamentale per il futuro assetto dell'Europa e del mondo è che l'organizzazione politica sia adeguata al reale sviluppo dei rapporti tra i popoli. Per ciò che riguarda l'Europa la prima conseguenza di questa rivendicazione è che all'unità reale della società europea debba corrispondere un'unificazione politica. Il vecchio e reazionario sistema delle sovranità nazionali dovrà essere distrutto. 6 ° I socialisti italiani considerano come foriero di nuove guerre un ordine politico europeo il quale si basi su una ripartizione di zone d'influenza tra gli stati democratici vincitori, come pure la continuazione dell'antica e deprecata politica dell'equilibrio. La tradizionale politica estera dell'Italia, oscillante tra i due blocchi di potenze che si disputavano l'egemonia europea, dovrà essere abbandonata. 7 ° La federazione europea non dovrà essere un-'unione limitata e sempre pericolante di stati sovrani, ma un'integrazione di popoli liberi, presso i quali le associazioni dirette dei produttori abbiano riassorbito una buona parte delle funzioni ora monopolizzate dal grande capitale o dalla burocrazia statale. 8° Un'unione europea sulla base degli esistenti rapporti capitalistici avrebbe come risultato la tirannia della finanza e dell'industria pesante sull'insieme del continente. La libertà politica e l'auto-governo dei popoli che parteciperanno alla federazione europea potranno essere garantiti solo dalla socializzazione delle leve economiche fondamentali. Gli interessi economici legati ai sistemi autarchici dovranno essere distrutti. go Un sistema di organizzazione politica europea ispirato da sentimenti di odio e vendetta verso singoli popoli sarà di breve durata e causa di future guerre. 10° La delimitazione delle frontiere europee non dovrà essere regolata secondo i bisogni di sicurezza militare degli stati vincitori. Potrà essere duratura e rispettata come giusta solo una pace la quale riconosca il diritto all'autogoverno locale anche ai piccoli popoli nel quadro della Federazione Europea. 11 ° I socialisti italiani riaffermano più che mai la loro avversione alla dominazione politica ed economica dei paesi europei sui popoli di colore. La federazione europea non potrà accettare l'imperialismo come eredità della vecchia Europa. 12 ° L'Italia socialista è particolarmente interessata alla liberazione dei popoli dell'Africa del Nord. Essi sono maturi per l'autonomia. Quelli di essi che avranno ancora bisogno di un'assistenza da parte di popoli più progrediti, non la riceveranno dai militari e dai banchieri, ma dalle associazioni dei lavoratori, dei tecnici e degli intellettuali dell'Europa libera. 13° I socialisti italiani propongono l'organizzazione di una federazione dei partiti socialisti di Europa su basi interamente diverse dalla vecchia Internazionale Operaia Socialista. Sale nella piaga Promiscuità e comunità La promiscuità è il contrario della vera umana comunità. Il contatto tra uomo e uomo in una massa t" orzatamenle promiscua è sempre esteriore, meccanico. L'uomo perciò non è mai tanto solo come nella massa. Il nostro secolo sembra essere quello delle masse e nello stesso tempo quello della solitudine. Guardatevi attorno: non esiste più il vicinato, non esiste più il prossimo. Osservale l'uscita degli operai da una grande fabbrica: sono rari gli operai che tra loro si parlano, che si sorridono, che si danno appuntamento; e quelli che l'osano, si guardano attorno incerti, diffidenti. I più fuggono, esauriti e tristi, come da un penitenziario. Oppure osservate l'uscita da un cinematografo: duemila persone sono state sedute assieme nel buio durante due ore; hanno sognato lo stesso sogno, ognuna a modo suo, e quando le luci si accendono, ognuna si affretta per la sua strada. (E' una fortuna che vi siano ancora degli amanti. Ma anche tra essi quanta promiscuità!) La promiscuità è polverio umano ammucchiato. Essa favorisce la tirannia. Lo stato tirannico nasce appunto dalle promiscuità e si affretta a ripartire nei suoi robusti stampi di ferro gli uomini ridotti a informe spazzatura; si affretta ad affiancarli da ringhiosi cani da guardia, a impaurirli, a renderli diffidenti del vicino, a impedire che sorgano fraternità, amicizie. Quegli stampi si chiamano partito unico, sindacato obbligatorio, caserma, dopolavoro; sono organizzazioni coatte che non sopprimono l'atomismo, non distruggono la solitudine, né sopprimono la promiscuità; essi la rendono obbligatoria, le danno un'uniforme di Stato. In quegli stampi animaleschi la solitudine dell'uomo diventa spasimo. Gli oratori dello stato tirannico esaltano il forzato ammasso nel quale sono costretti gli uomini sciolti dai loro legami naturali e ridotti a vile spazzatura, quale diretta espressione della comunità nazionale, o razziale, o di classe; ma la promiscuità, anche statale, è il contrario della vera umana comunità. La promiscuità è caos; è disperata solitudine nel caos. La comunità invece è ordine, è armonia, è amicizia, è spontaneità, è fraternità, è scelta. Non è concepibile una vera comunità senza libertà. La guerra ha accelerato ancora di più la tendenza moderna all'ammasso, alla promiscuità e alla congiunta triste solitudine. La guerra separa gli amici, scioglie le famiglie, disperde le scolaresche, trapianta millioni di esseri dal loro ambiente abituale in ambienti sconosciuti dove si sentono estranei tra estranei. Ma il bisogno di viva e calda comunità nell'uomo è tuttavia cosi forte che perfino nell'orribile e inumana promiscuità bellica si formano spesso in segreto piccoli e forti nuclei di amici. Nelle trincee, nei campi di concentramento, nei carceri, nei gruppi politici clandestini, nei distaccamenti partigiani, si creano, tra uomini fino a ieri sconosciuti ma che un'intima affinità d'anima attira e fa subito riconoscere, legami autentici di forte amicizia. Quelli che hanno questa fortuna sopportano la guerra, la prigionia, la deportazione, l'illegalità, e finiscono con l'amarla malgrado le difficoltà materiali, a preferenza della vita comoda e pacifica di prima della guerra, perché vi han trovato qualche cosa che vale infinitamente di più del buon mangiare e della casa riscaldata: il rischio fraterno, una comunità elettiva. Nel cadaverico ammasso quelle sono le sole cellule viventi. Esse testimoniano l'immortalità clell'umano nell'uomo. La comunità vale più del comunismo. La socialità vale più del socialismo. Cristo vale più, infinitamente più, del cristianesimo. Se c'è qualche motivo di speranza, esso oggi non è riposto negli «ismi», non tanto nei partiti, quanto nella forte nostalgia degli uomini ad uscire ad ogni costo dalla forzata burocratica promiscuità e a ristabilire tra sé e il prossimo i legami di affinità, di ordine, di armonia, di solidarietà che solo la libertà consente e dai quali soltanto può nascere la comunità. La nostra avversione al fascismo è dunque molto di più dell'opposizione di un partito politico ad un altro. E' un rifiuto sdegnoso del pecorile surrogato di «comunità» che esso promuove; è un bisogno di vera e autentica e libera coniunità. Noi siamo socialisti perché sappiamo che questa comttnità timana, ordinata, armoniosa, libera, è veramente incompatibile col grande capitale monopolista. Ma noi sappiamo che l'opposizione tra promiscuità e comunità può ripresentarsi disgraziatamente anche nell'interno del socialismo. Sappiamo che la fabbrica può essere disgraziatamente un carcere o una caserma anche senza padrone. Sappiamo che il partito, il sindacato, la cooperativa possono essere greggi promiscui d'individui impauriti, diffidenti, solitari, anche, disgrazicltamente, dopo l'abolizione della proprietà privata. Noi aborriamo e rinneghiamo un simile degenerato socialismo con la stessa veemenza della forzata promiscuità impostaci dal fascismo e dalla guerra. Noi vogliamo un socialismo ad immagine di quello che c'è cli più uniano nell'uomo e che realizzi il suo profondo e insopprimibile bisogno di libertà, di amicizia, di simpatia, di buon vicinato. •

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