Il Carattere della Rivoluzione Italiana 1 ° Come per il crollo dello stato zarista nel 1917, cosi per la messa fuori combattimento dello stato fascista nel corso della seconda guerra mondiale, si può affermare che la catena dell'imperialismo si è spezzata per prima nel suo anello più debole. La disfatta militare del fascismo è stata la conseguenza estrema di una serie di cause politiche, sociali ed economiche. Non è un esercito che è stato battuto, ma un regime. 2° La portata storica della sconfitta fascista si può misurare partendo da questa semplice constatazione: invece del bramato Impero, invece dell'egemonia sull'Africa. sul Mediterraneo e sui paesi adiacenti dell'Europa, l'Italia è stata scacciata dalle sue colonie, è priva di un esercito e di un governo centrale ed è stata eliminata dalla lotta per il futuro assetto dell'Europa, lotta che tuttavia prosegue sul suo territorio, combattuta dall'esercito tedesco e dagli eserciti anglo-sassoni. Questa congiuntura ricorda per molti aspetti lo stato della penisola italiana nel cinquecento, all'epoca delle lotte per l'egemonia europea tra la Francia, l'Impero e la Spagna, e nel settecento, all'epoca delle guerre di successione tra la Francia e gli Absburgo. L'analogia storica coincide perfino nel particolare che ora, come durante la guerra di successione di Spagna, i Savoia cercano di salvarsi passando disinvoltamente da satelliti di una coalizione alla coalizione avversaria. 3° Le vicende della partecipazione italiana alle lotte per l'egemonia europea e la spartizione dei mercati, nel 1915-1918 sotto una direzione politica liberale e nel 1940-1943 sotto la guida del fascismo, contengono un insegnamento fondamentale che ogni italiano intelligente dovrebbe meditare. La sconfitta subita dallo stato italiano come alleato dell'imperialismo tedesco nella seconda guerra mondiale, ravvicinata al trattamento inflitto alla borghesia italiana a Versaglia dagli imperialisti franco-anglo-americani, conferma in · modo definitivo l'impossibilità per il popolo italiano di sperare, sul piano dei rapporti internazionali imperialistici, con qualunque parte esso si schieri, quella posizione, quel ruolo, quel trattamento di grande popolo libero al quale esso profondamente aspira. L'Italia, come nazione, è interessata nella morte di tutti gli imperialismi. assoluta di tutti gli elementi di una determinata società quella che fissa i termini di una crisi politica, ma sono le contraddizioni interne della società stessa e il rapporto relativo tra l'elemento nuovo e rivoluzionario e le classi in declino. In Italia la demoralizzazione, il discredito, la disgregazione, il fallimento della vecchia classe dominante tolgono ogni premessa ai piani di moderate riforme. Nella crisi italiana sono posti non alcuni ma tutti i problemi della società e dello stato. Lo sbocco della crisi, se forze estranee non interverranno a coartare con 1J violenza la libera auto-decisione del popolo, sarà dunque la creazione di un nuovo ordine politico, sociale ed economico. 6° Il tratto caratteristico fondamentale della crisi italiana è nella coincidenza storica della rivoluzione democratica con la rivoluzione socialista. Queste due rivoluzioni, che i paesi più progrediti hanno avuto la possibilità di affrontare separatamente e a distanza di secoli tra l'una e l'altra, in Italia si presentano oggi simultaneamente per l'incapacità rivelata dalla borghesia italiana nel corso del 1800 di dare un carattere nettamente popolare e democratico al moto di risorgimento nazionale. Questo tratto caratteristico della crisi italiana è d'altronde comune ad altri paesi europei semiindustriali con residui d'istituzioni feudali. Ma numerosi altri elementi d'ordine sociale e culturale danno alla rivoluzione italiana un'impronta del tutto originale. I più notevoli di questi elementi sono: a) una struttura sociale molto più differenziata che negli altri paesi del medesimo grado di sviluppo economico; b) una intimità di rapporti assai stretta fra operai e contadini e fra i ceti intellettuali anche elevati e la campagna; c) una grande ricchezza di vita sociale autonoma nella famiglia, nel comune, nella regione, nella lega, nella cooperativa, nella camera del lavoro; d) una vasta esperienza di vita moderna dei paesi esteri più diversi acquistata da milioni di lavoratori costretti ad espatriare temporaneamente per guadagnarsi il pane; e) un'antica cultura umanista e universalista, più rivolta al mondo e all'Europa che alla penisola. Tutti questi fattori sono sufficenti per giustificare dus affermazioni: a) La rivoluzione che avrà luogo in Italia sarà una rivoluzione italiana, allo stesso modo, ad esempio, come in Russia ha avuto luogo una rivoluzione russa; b) la rivoluzione italiana avrà tali caratteri da lasciarsi facilmente integrare nella più vasta rivoluzione europea. 7° Le forze motrici del rivolgimento italiano anti-feudale e anti-capitalistico sono i partiti operai e i partiti democratici. Una coalizione duratura di questi partiti può assicurare al rinnovamento dello stato e della società italiana l'appoggio attivo della maggioranza della popolazione. Esistono cioè in Italia, attualmente, le •condizioni psicologiche. perché il rivolgimento politico e sociale- si svolga nel rispetto delle forme democratiche. Queste condizioni sono state create dall'inaudita oppressione e dallo sfruttamento sistematico ai quali i ceti medi della campagna e della città sono stati sottoposti durante venti anni di dittatura fascista da parte del grande capitale monopolista. I partiti democratici esprimono appunto il distacco dei ceti medi dalla grande borghesia. Dipenderà dalla politica dei partiti operai approfondire e rendere irrevocabile quel distacco. I partiti operai non devono fare il giuoco del grande capitalismo, non devono respingere i ceti medi e i partiti democratici che li rappresentano verso il blocco reazionario; in maniera del tutto particolare essi devono evitare che i piani socialisti di trasformazione economica contengano una minaccia di proletarizzazione per i ceti medi. I partiti operai devono abbandonare gli ingenui, astratti e anti-economici progetti di socializzazione ad oltranza e devono invece mobilitare tutti i ceti non capitalistici del paese «per l'espropriazione degli espropriatori» e la consegna al popolo dei latifondi e di quelle industrie ed imprese a carattere di monopolio che si sono impinguate col rastrellamento forzoso del risparmio nazionale e col saccheggio autarchico del mercato interno. Se il blocco progressivo dei partiti operai e dei partiti democratici, con l'appoggio della maggioranza del popolo e in regime di piena libertà, rimarrà compatto nella lotta contro il grande capitale monopolista e la grande proprietà terriera, in Italia si compirà una rivoluzione che potrà servire di modello ai popoli progrediti dei paesi occidentali perché per la prima volta l'esigenza del socialismo si vedrà conciliata con quella della libertà. 8° La rivoluzione italiana non potrà raggiungere tutte le sue mete che nell'ambito di una rivoluzione europea affine. Il socialismo nazionale è in Italia un'utopia. Bisogna dunque considerare la rivoluzione italiana come l'inizio della rivoluzione europea. Il coronamento politico della rivoluzione europea in gestazione sarà l'unità continentale. La rivendicazione dell'unità europea non è in contrasto con l'altra, essenziale nella rivoluzione italiana, delle autonomie locali e regionali e del federalismo funzionale. La limitazione della sovranità degli attuali stati nazionali comporterà un aumento di vera libertà per gli abitanti dell'Europa se essa avverrà non solo a beneficio dello stato europeo, ma anche dei comuni, delle regioni, e delle libere associazioni dei cittadini. 4° Al fallimento politico della classe dirigente italiana nei rapporti esteriori corrisponde un uguale fallimento nei rapporti interni. La grande borghesia italiana non è stata mai capace di stabilire tra sé e il popolo quei rapporti politici che si definiscono democratici. Il regno politico della grande borghesia italiana, dal 1860 ad oggi, è stato sempre caratterizzato dalla paura, dal compromesso, dalla corruzione, dalla violenza. Questi quattro elementi si ritrovano in modo costante, seppure in proporzione diversa, secondo le necessità, in tutte le formule politiche esperimentate in Italia durante gli ultimi ottant'anni. La paura e la sfiducia nel popolo hanno 1mpedito alla borghesia italiana di portare a termine, come nei grandi paesi dell'Occidente, la rivoluzione anti-feudale. Per falsare il funzionamento normale delle istituzioni democratiche essa non ebbe ritegno di cercare un appoggio politico sulle clientele elettorali dell'Italia meridionale e di stringere accordi segreti coi capi delle masse clericali. La borghesia italiana rinunziò senza esitazioni alle finzioni democratiche appena i successi dei partiti popolari minacciarono i suoi privilegi. Le responsabilità degli agrari e degli industriali italiani nelle origini e nello sviluppo del fascismo sono un fatto notorio, dagli stessi interessati ammesso, e fuori discussione. A parte qualche esiguo gruppo d'intellettuali, non c'è categoria della classe borghese italiana la quale non si sia più o meno compromessa con la dittatura fascista. In questo stato di cose non c'è da meravigliarsi se, nel momento della prova suprema imposta dalla guerra, il popolo italiano, oppresso e dissanguato dalla dittatura fascista. abbia rifiutato di fare causa comune con l'odiata classe dominante. E' necessario di rivendicare al popolo italiano l'onore di aver precipitato col proprio coraggioso atteggiamento disfattista la sconfitta militare dello stato tirannico. I Sociali~ti e la <<Dla~~a>> 5o La debolezza della struttura economica e sociale italiana e la relativa arretratezza del paese rispetto alle grandi nazioni industriali, non devono indurre nell'errore di considerare limitate le possibilità di sviluppo dell'attuale crisi italiana o di attribuire scarsa importanza alle sue soluzioni. Un simile errore di valutazione fu commesso nei riguardi della rivoluzione russa. Anche nel 1917 fu preteso, perfino da sedicenti marxisti, che in un paese arretrato come l'ex-impero degli zar la rivoluzione dovesse necessariamente limitarsi ad eliminare quegli ostacoli che gli avevano impedito l'accesso alla moderna civiltà capitalistica. Per ciò che riguarda la Russia gli avvenimenti hanno in seguito dimostrato che non è l'evoluzione Il buio addensato attorno alle masse popolari non è di tenebre naturali; un insieme veramente «massiccio» di menzogne, di spudorata demagogia, di «diseducazione» ha funzionato per anni con spreco di mezzi enormi ed abilità non comuni per portare i popoli europei a quella «temperatura» (come diceva Mussolini) in cui hanno pieno effetto i miti del millennio totalitario; gli organizzati deliri di dedizione a un idolo vivente; le calunnie più forsennate contro uomini, partiti, classi sociali, «razza» ; la promessa di magnifiche prede dopo un non meno radioso sfoggio di eroismi guerrieri. Per il rinnovamento del socialismo sarà di primissima importanza l'avere una coscienza chiara del fatto: che è relativamente facile eccitare, sommuovere, traviare, terrorizzare, imbestialire le «masse», con l'antichissima arte del demagogo il quale per intuizione trova la parola ed il gesto adatti a suscitare l'orgasmo collettivo, a risvegliare e esaltare speranze, ogni conato di ragionevolezza; mentre è molt0 difficile e troppo spesso trascurato dagli uomini che sostengono una parte responsabile nella vita pubblica, lo sforzo per conoscere esattamente i sentimenti, l'orizzonte mentale, i desideri profondi degli esseri umani che compongono le «masse». Questo contrasto fra demagogia e ricerca di una vera «volontà generale» - come fu sentito profondamente da Filippo Turati - corrisponde agli opposti obiettivi: di una massa dominata da «un'autorità che procede dal centro verso la periferia» e di un vero popolo in cui le decisioni matureranno «procedendo dalla periferia verso il centro». Dobbiamo tener conto delle modificazioni avvenute nel popolo in questi ultimi tempi. Vi sono anzittutto i grandi cambiamenti che il progresso tecnico, l'urbanismo moderno, la soppressione dell'analfabetismo, le istituzioni democratiche hanno operato nel tenore di vita ibliotecaGino Bianco ~ e nella psicologia degli «uomini del popolo» che di solito costituiscono la cosidetta massa. Ai tempi del «Manifesto Comunista» e della Prima Internazionale, che erano pure i tempi dei «Misteri di Parigi» e dei «Miserabili», le condizioni di esistenza nei quartieri operai dea terminavano una certa trasparente semplicità di reazioni sentimentali, di mozioni morali, di idee sul mondo come è e come dovrebbe essere. Il popolano di oggigiorno (ma questo termine stesso di «popolano» appare subito un anacronismo), lettore della grande stampa, frequentatore del cinematografo, assuefatto a meccanismi estremamente complicati, edotto di una quantità di dicerie sensazionali, spesso assurde, su uomini e paesi, consapevole dei suoi diritti di cittadino e non più segregato da molte «tentazioni» della civiltà, ha una visione della vicina e lontana realtà molto più vasta, molto più confusa e si può dire «sofistica»; nel senso che surrogati di quasi-scienza teorica, di quasi-esperienza pratica di cose disparate vi ingombrano parecchio posto. Sulla traccia di etnologi (soprattutto della scuola di Malinowsky), i quali solo recentemente sono riusciti con metodi minuziosi e pazientissimi a darci un'idea più esatta della mentalità e dell'intima infrastruttura sociale di popoli detti primitivi, giovani studiosi in America e in Inghilterra hanno applicato gli stessi procedimenti ad indagini sull'esistenza quotidiana, convinzioni, pregiudizi, modo di giudicare gli eventi del giorno presso le varie classi sociali in grandi città, in provincia, in villaggi dei paesi moderni più evoluti. Ne sono risultati parecchi volumi estremamente istruttivi di «Mass-Observation». Citeremo come esempio minore di mole ma assai curioso la registrazione fedele di reazioni del popolo di Londra alle notizie su la situazione mondiale quando Chamberlain andava a trovare Hitler per mercanteggiare l'abbandono della Cecoslovacchia ed impediva già la minaccia di una guerra europea. L'impressione più generale che rimane dopo la lettura di questo o di altri documenti del genere è che fra le ufficiali manifestazioni di una supposta «opinione pubblica» ed i reali sentimenti e pensieri della gente che pur dovrebbe contribuire alla formazione della suddetta opinione corre un abisso incolmabile. Nei primi tempi del movimento operaio ogni propagandista, ogni fondatore di un sindacato doveva affiatarsi nel modo più cordiale con i proseliti che riusciva a convertire: li conosceva uno per uno e l'organizzazione procedeva da un consenso esplicito e attivo. E' naturale che un partito che conquista milioni di voti alle elezioni, in una federazione che conta centinaia di migliaia di tesserati, i dirigenti responsabili, sovraccarichi di lavoro, assediati da impegni urgenti, non vedano più i compagni che riuniti in «massa}) e non abbiano più tempo per rapporti con essi che non siano di «servizio». Il successo di una campagna elettorale, di un comizio, di uno sciopero, di un concordato esige la rapidità delle decisioni e quindi semplificazione di parole di ordine, di argomenti persuasivi, di obiettivi immediati. E la m a s s a non interviene più come tale, cioè con l'irruenza, l'instabilità, i subitanei entusiasmi e collassi caratteristici per ogni «psicologia delle folle». Ai socialisti non può bastare di essere seguiti in questo modo da grandi numeri statistici. Nella risorta Internazionale e nelle sue sezioni sarà necessaria l'attiva manifestazioni di una coscienza di classe non già supposta come una specie di «mistica» connaturata alla condizione del proletariato, ma effettivamente elaborata in ciascuno con personale sforzo di pensiero, rafforzata da profondi, umani legami con i compagni di lotta, sviluppata da un continuo lavoro di educazione, di selezione. E bisognerà pure trovare il modo affinché i rapporti fra «elementi di base» e militanti «responsabili» non degenerino in una gerarchia di funzionari da un lato e dall'altro in schiere di gregari invitati a mantenere una disciplina quasi militare e ad applaudire nelle adunate e «sagre» rosse gli oratori del partito. Gli organi centrali del partito devono collegarsi in modo diretto con i nuclei fondamentali del proletariato. Le maestranze delle grandi fabbriche devono essere rappresentate direttamente nel comitato centrale del partito. Una direzione del partito composta esclusivamente di avvocati, di oratori, di p!'ofessionisti della politica, tende naturalmente a comportarsi con la massa secondo l'antico malcostume. I criteri che hanno presieduto nell'agosto del 1943 alla nomina della Direzione del partito socialista di unità proletaria sono stati troppo «elettoralistici», si è cioè tenuto conto eccessivo della notorietà dei compagni a scapito del criterio della loro fidatezza politica, della loro coerenza, del loro costume socialista. E' indispensabile segnalare la riposta grottesca data da uno dei «dirigenti» al delegato di una importante organizzazione regionale che chiedeva l'integrazione degli effettivi da lui rappresentati nei quadri del partito unificato: «Ma chi siete voi? Non c'è tra voi una sola personalità conosciuta!» Per creare in Italia una nuova atmosfera politica è indispensabile eliminare dai partiti antifascisti ogni criterio gerarchico e articolare la volontà politica del paese in modo che dalle fabbriche, dagli uffici, dalle scuole, dai villaggi salgano direttamente al centro e vi prevalgano, i voti, i desideri, le mozioni, le proposte, i postulati, di libere e coscienti comunità. Cosi l'indistinta massa cederà il posto al popolo. Ma, per cominciare, bisogna organizzare in tal guisa la stessa struttura dei partiti antifascisti, le assemblee e i congressi. Nell'interno del partito socialista noi non ammettiamo il ducismo! LETTERE «Il tono elevato del giornale ci fa piacere, ma esso permette difficilmente d'interloquire. Dovresti sollecitare i lettori ad esprimere la loro opinione, se non per mezzo di articoli, a1meno per mezzo di lettere.» «Le cose che tu scrivi io le pensavo già, ma non osavo esprimerle credendo che dal punto di vista socialista fossero delle eresie. Mi fa piacere di vedere che sono in buona compagnia.» «Trovo insopportabile che vi siano ancora dei socialisti i quali mettono in discussione l'esistenza del loro partito. Se vi è qualche socialista favorevole alla fusione col partito comunista, non ha che da aderire al partito comunista e lasciarci in pace. Se vi sono dirigenti del partito socialista cosi sleali da meditare un piano di liquidazione del partito è indispensabile smascherarli a tempo. Conoscete anche voi la storia del cavallo di Troia.» «Evitate polemiche e mandateci degli scritti di propaganda elementare.» Redattori: Or. WERNERSTOCKER,Zurigo; PIERRE GRABER,Lausanne;ELMOPATOCCHI,Bellinzona Druck: GENOSSENSCHAFTSDRUCKEREI ZORICH
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