L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 3 - 11 febbraio 1944

L'importanza della democrazia classe operaia per la politica Lo Stato e le classi L'errore fondamentale di quei che vorrebbero interpretare il pensiero di Marx in senso a n t i d e m o c r a t i c o è di credere di potere applicare gli argomenti marxisti a una critica della democrazia fatta su piano politico, cioè proprio sul piano dove, secondo Marx, la Democrazia resta inattaccabile. In altre parole, mentre Marx critica la Democrazia non perché essa sia democratica, ma perché è solamente politica, si viene a criticarla in quello che essa ha di democratico. E' solamente in funzione di un programma più vasto d'emancipazione umana che Marx critica il sistema di libertà s o 1a m e n te politiche. Non si sogna di opporre, per esempio, al regime della libertà politica una dittatura benefica, bensi reclama a 1 d i 1à della libertà del cittadino una libertà più totale, più vera, dell'uomo. La critica di Marx condanna le catene che la libertà politica lascia sussistere, non già la somma delle libertà conquistate colla «dichiarazione dei diritti». Dovremo ancora esaminare il problema essenziale che ha posto il marxismo: in che modo potrà l'umanità superare l'attuale dico t o - m i a tra il cittadino e l'uomo con un passaggio dialettico dall'emancipazione del cittadino all'emancipazione integrale· dell'uomo? Si falserebbe il senso stesso di questa dialettica, se il punto di vista iniziale, col quale Marx esamina la critica dell'attuale Democrazia, fosse interpretato in senso errato. Bisogna fissare nettamente che se nella sua Lotta di Classe il proletario deve porsi come compito «il superamento» dei regimi democratici attuali, questo risultato potrà essere raggiunto, non con la soppressione della Democrazia, ma colla soppressioni delle classi. Fin quando la società resterà divisa in classi, l'unico regime politico favorevole all'emancipazione umana non potrà essere che quello dove gli antagonismi sociali non vengano «compressi superficialmente ed artificiosamente colla forza.» * Un problema sorge ora : come accordare l'affermazione che emana da tutta l'analisi marxista e secondo la quale la Democrazia è lo Stato nel quale ciascun uomo diviene cittadino «cioè persona morale», e l'altra tesi che dimostra come lo Stato non possa essere altro che l'organo di dominazione di una classe sulle altre? Se lo Stato significa oppressione e soggezione, come possono gli oppressi essere al tempo stesso cittadini? E come si può sostenere che siano «emancipati» solo politicamente? La soluzione di questa difficoltà da parte dei teorici comunisti è d'una estrema semplicità : ogni Stato è uno Stato di classe; di conseguenza, quello che si suole chiamare «emancipazione politica» non è in realtà che una forma inventata dalla borghesia per meglio consolidare il suo dominio. La Democrazia politica significa realmente la dittatura della borghesia. Se il regime che emancipa il cittadino implica la dittatura borghese, il governo operaio non potrà sopprimere questa senza sopprimere quello; egli schiaccerà la tirannide sociale del proprietario abolendo le libertà politiche e la dittatura del proletariato s'affermerà sotto la forma d'autocrazia. Se vogliono essere coerenti, i comunisti debbono dunque sostenere che una emancipazione politica, nel senso d'una uguaglianza reale di tutti i cittadini di fronte allo Stato, non si potrà mai realizzare : essa è illusoria in regime borghese nel quale serve di camuffamento alla dittatura dei possidenti; lo Stato proletario la vitupera come un residuo del vecchio regime. Non se ne parlerà più quando le classi saranno effettivamente abolite, perché lo Stato non avrà allora più ragione di essere e con esso sarà sparita ogni questione p o 1i t i c a. L'equivoco di questo ragionamento risiede in una forma tipica di sillogismo : si comincia col criticare la Democrazia Politica nella forma nella quale viene svisata e falsata dalla Società attuale, la Società fondata sulla proprietà privata, e nella conclusione si sostituisce a questa forma imperfetta della Democrazia la Democrazia pura e semplice. Cosicché le obbiezioni contro ciò che v'è di borghese e nel tempo stesso di democratico si appuntano in un modo arbitrario contro ciò che è democratico e per nulla borghese. Differente la posizione marxista. Non si potrebbe infatti spiegare l'analisi, spinta talmente a fondo, delle contraddizioni che lo Stato moderno accumula opponendo il cittadino all'uomo, se Marx avesse semplicemente identificato l'emancipazione politica colla dittatura della Borghe.sia. In realtà, Marx ammette la possibilità dell'esistenza d'un organo politico che, invece di servire come mezzo di oppressione nelle mani di una classe dominante, verrebbe utilizzato a scopi di liberazione da parte di una classe che troverebbe la sua ragione d'essere nella emancipazione umana. L'errore riformista Esaminiamo ora il punta di vista del riformista. Quest'ultimo eluderà la difficoltà in una maniera opposta a quella del comunista. Dei due termini della contraddizione apparente: l'emancipazione politica e lo Stato organo di una classe, il comunista sopprime il primo termine e il riformista il secondo. Agli occhi del riformista, là dove trionfa l'emancipazione politica, lo Stato cessa d'essere lo strumento d'una dominazione di classe per diventare l'organo politico di tutti gl'individui che fanno parte di una comunità nazionale. Ne consegue che lo Stato Democratico non è più lo «Stato Borghese» ; ma può invece - nella stessa Società borghese - regnare «al di sopra)) delle classi. Il proletariato potrà dunque aver fiducia nel funzionamento automatico della «macchina» Statale ed assumere la direzione una volta che il suffraggio universale gli avrà procurata la maggioranza. Tutti gli errori dei riformisti derivano da questa illusione : di credere che una vera Democrazia possa esistere in una Società nella quale la proprietà privata determina i rapporti tra i «singoli». Si nega implicitamente che esista una differenza essenziale fra la Democrazia borghese e la Democrazia operaia; ne risulta che non si vede la ragione per la quale la trasmissione dei poteri da parte dei partiti borghesi al partito del proletariato debba determinare maggiore imbarazzo di una volgare crisi di gabinetto. In una concezione cosi ingenua ed euforica, esula ogni traccia della idea marxista rivoluzionaria, concernente la conquista del potere da parte del proletariato socialmente oppresso. Mentre il punto di vista comunista fa tabula rasa della emancipazione politica in quanto tappa necessaria nell'evoluzione della Società verso la sua emancipazione integrale, il punto di vista riformista sopprime la realtà tragica di questo problema dell'emancipazione umana e, attraverso un rispetto troppo facile delle forme «legali» della Democrazia, finisce col rinnegare il nerbo di quest'ultima che consiste precisamente nello spirito insurrezionale. * Ogni Stato è uno Stato di Classe. Anche vigendo una costituzione democratica, lo Stato nel quale la borghesia predomina socialmente non può essere che ùno Stato di Classe. Ciò non esclude che possa sussistere uno Stato nel quale il potere sia in parte detenuto dal proletariato, ciò che implicherebbe da parte della borghesia una rinuncia parziale al monopolio della coercizione. Non vogliamo negare a priori la possibilità pratica di un simile e q u i - 1i b rio tra classi opposte nel quale K. Kautsky ha creduto trovare una soluzione del paradosso marxista. Ciò non impedisce che in ogni stato nel quale sussistano le prerogative della proprietà privata non sia palese la dominazione di classe e l'emancipazione del cittadino nulla tenente vi sia precaria e spesso anzi illusoria. Evidentemente si possono concepire delle situazioni nelle quali la forza organizzata del proletariato riuscì a «controbilanciare» la effettiva potenza del «muro d'argento» ed allora la Democrazia apparirà «sospesa» tra la dominazione di classe e un regime di eguaglianza sociale. Ciò è, del resto, un effetto dell'antinomia inerente ali' «epoca borghese» che si distingue dai regimi precedenti della Società pel fatto che gli antagonismi di classe si sono semplificati all'estremo e che <<il campo di battaglia» è sbarazzato da tutte le limitazioni non necessarie, da tutte le «sottostrutture illusorie», di modo che i due gruppi avversi possono prendere chiaramente e visibilmente le loro posizioni. La borghesia ha dovuto spezzare tutti i sistemi gerarchici «che erano come compartimenti stagno tra il popolo e la comunità politica» ; le toccò «instaurare lo Stato politico per gli affari generali» e cosi «fare degli affari dello Stato gli affari del popolo», perché «solo in nome dei diritti generali della Società una classe può rivendicare la supremazia totale». Ma la decadenza del regime borghese si palesa precisamente nell'incompatibilità sempre più evidente del suo predominio sociale coi «diritti generali:,; e gli interessi dei più. E' ciò che provoca la svolta decisiva nella quale la borghesia si eleva contro questo stesso principio BibliotecaGino Bianco della Democrazia che per l'avanti fu il suo mezzo più efficace per arrivare. Tutti gli sforzi . dellaclasse possidente tenderannod'ora in poi a falsare o a ricorrere agli espedienti del sistema democratico. Puntellandosi su tutto il peso delle sue risorse economiche essa cercherà di frenare e di pervertire, di snervare e di abbassare il giogo delle istituzioni popolari. Disponendo del monopolio della grande stampa, essa dominerà o stroncherà l'opinione pubblica organizzando quello che è stato chiamato «lo imbonimento dei crani». Avendo a sua mercé l'opinione pubblica, non esiterà a far passare come i responsabili dei peggiori mali del capitalismo proprio quelli che sono le vittime. Lo sforzo più teso si dirigerà sovrattutto a fomentare discordie speciose tra contadini e operai, tra proletari e piccoli borghesi, perché un «fronte popolare» unito è il pericolo mortale che la plutocrazia teme a piena ragione. Ma per fronteggiare questa suprema minaccia, la borghesia tiene in riserva ben altre risorse. Esiste una analogia profonda tra il diritto di proprietà e il diritto dello Stato alla coercizione incondizionata sui suoi membri (quest'ultimi non possono uscire liberamente dallo Stato, né sfuggire alle sue sanzioni) : sono i due diritti i più a s s o l u ti che si riscontrano nella vita collettiva, le due ultime istanze, i due poli verso i quali convergono tutti i problemi fondamentali dell'organizzazione sociale. La borghesia è onnipotente finché possiede e tutti i vantaggi della proprietà e tutte le leve di comando che regolano l'azione dello Stato. Il parlamentarismo, la burocra.zia, l'esercito permanente sono i principali ingranaggi di questa macchina in regime di democrazia borghese. La divisione dei poteri era stata concepita come una garanzia di libertà affinché all'interno stesso dello Stato «il potere frenasse il potere» (Montesquieu). Ma quando gli interessi della proprietà non concordano più colle libertà •e colla legalità del sistema democratico, questa stessa suddivisione delle funzioni sovrane tra il potere legislativo, l'esecutivo ed il giudiziario diviene una pericolosa finzione, perché una sola e medesima volontà - quella delle «potenze del denaro» coalizzate - tiene i fili dei differenti «congegni» : influenze parlamentari, giudici compiacenti, polizia, forze armate, organi dell'opinione. Manovrando dietro le quinte, si falsa sufficientemente il gioco di questi ingranaggi per permettere che si riaffaccino negli interstizi tutte le forme i 11 e gal i dell'oppressione: leggi inoperanti o contradditorie, magistratura asservita agli interessi d'una classe (o di una consorteria), investitura delle «feudalità finanziarie», carta bianca rilasciata alle bande mercenarie d'una polizia sempre più invadente, ingerenza degli Stati Maggiori in combutta coi «mercanti di morte violente», dittature occulte o sanzionate dal voto dei «pieni poteri». Il «gigantesco colpo di scopa della Rivoluzione Francese» aveva cominciàto col fare sparire «ogni sorta di anticaglie» mediovali : diritti signorili, privilegi locali, monopoli delle città e delle corporazioni, costituzioni provinciali», ostacoli tutti alla costituzione dello Stato moderno. Questo Stato moderno, «centralizzato, coi suoi organi dovunque presenti : esercito perm~nente, polizia, burocrazia, magistratura», fu edificato in parte dal Comitato di Salute Pubblica per i bisogni della resistenza contro l'opposizione interna e contro «la coalizione della vecchia Europa semifeudale», poi consolidata in senso autoritario sotto il Consolato e l'Impero. Nei differenti paesi capitalistici, questo sistema dell'anno VIII fu poi imitato e adattato alle tradizioni locali e sottoposto, del tutto o in parte, «al controllo parlamentare, cioè al diretto controllo delle classi possidenti. Divenne, da una parte, vivaio di enormi debiti nazionali e di imposte schiaccianti, grazie agli allettamenti irresistibili derivati dalla sua autorità, dalle sue rendite, dai suoi favori, e divenne il pomo della discordia tra le frazioni concorrenti e gli avventurieri delle classi dominanti; dall'altra, a misura che il progresso dell'industria moderna approfondiva l'antagonismo tra il capitale ed il lavoro, il potere dello Stato assumeva sempre più il carattere di una forza coercitiva destinata ad asservire la classe operaia, di ordigno di dispotismo di classe.:,; (La guerra civile in Francia, 1871.) E' per questo che «la classe operaia non può limitarsi a prendere possesso del meccanismo dello Stato per farlo funzionare a suo profitto». E in una lettera a Kugelmann del 12 aprile 1871 Marx precisava il suo pensiero: «se rileggi l'ultimo capitolo del mio XVill Brumaio, vedrai che sostengo che la Rivoluzione in Francia deve anzittutto cercare, non di far passare come pel passato la macchina burocratica e militare in altre mani, ma di spezzarla». La democrazia socialista Quale sarà l'organismo politico che il proletariato vittorioso metterà al posto dello Stato borghese che avrà demolito? E' evidente che l'ordine e la sicurezza garantiti da un Governo operaio emaneranno ancora dalla dominazione d'una classe e precisamente• della classe la più numerosa della società. Cessando di essere una massa di salariati, essa dominerà e c o s t r i n g e r à alla eguaglianza non solo di diritto ma anche di fatto la minoranza degli ex proprietari. Ma dato che la sua ragione di essera sarà l'abolizione delle classi sociali e non il mantenimento della loro gerarchia, lo Stato proletario sarà necessariamente uno s t r u m e n t o s p e c i f i c o d' e m a n - c i p a z i on e al posto d'essere, come lo Stato borghese (e tutte le forme di Stato che lo hanno preceduto) 1.illO s t rum e n t o d' oppressione. Ora chi dice emancipazione dice libertà politica e la nozione di libertà politica è inseparabile da quella di «Governo del Popolo da parte di esso stesso» cioè, della Democrazia. E' certo che «l'essenza della Democrazia è infinitamente più complessa, più sintetica di quello che lo farebbero credere certe formole correnti» e che «nella definizione della Democrazia bisogna tener conto di tutto un complesso e di tutta una gamma di elementi» (Giorgio Curvitch). Si prenda, difatti, tanto la supremazia della maggioranza sulla minoranza (definizione della Democrazia presso gli antichi), o il principio di uguaglianza sul quale si è insistito particolarmente nel 1793, o l'affermazione della Libertà individuale messa in prima linea da tutte le «dichiarazioni dei diritti» democratiche, sia la sovranità inalienabile del popolo interpretata in svariati modi da Marsilio da Padova fino a Rousseau, infine, il principio del «relativismo politico» il quale a detta di Kelsen, ammette la «coesistenza pacifica di molteplici sistemi ideologici nel seno della medesima Società», nessuno di questi motivi fu sufficiente per determinare l'essenza della Democrazia e fu solo traverso il loro incrociamento che nacque - verso la fine del XVTII secolo - una concezione concreta della Democrazia politica : essa si radicò negli spiriti come una sintesi complessa, come un equilibrio semimovente tra l'aspirazione alla Libertà e !'esigenze della eguaglianza colla sovranità del popolo per base. L'emancipazione dell'uomo, se vuole superare l'emancipazione formale del cittadino, deve basarsi su un'approfondimento considerevole delle nozioni di eguaglianza, di libertà e di sovranità del popolo: la libertà si concepisce in una maniera più immediata, come la manifestazione, sia pure parziale, del carattere originale di ciascun individuo; l'eguaglianza diviene una nozione qualitativa, non più l'eguaglianza formale, ma l'eguaglianza materiale, «l'eguaglianza delle possibilità:,;; e la sovranità del popolo non verrà più concepita come una «volontà generale» acquisita e determinata a priori, ma come una forza vivente che agisce in ogni istante ed «imbeve in qualche modo le istituzioni dello Stato», gli organi di quest'ultimo dovendo essere costruiti in maniera da «restare accessibili a tutte le fluttuazioni dello spirito popolare». L'organizzazione del potere e la garanzia d e i d i r i t t i formano per la Democrazia un unico e medesimo problema. Quando Lassalle esclamava in uno dei suoi celebri discorsi : «la Democrazia - e ciò forma il suo vanto - ha essa sola il diritto di parlare del diritto; è solamente in un regime di Democrazia che il diritto regna dovunque» (Opere, in tedesco, Ed. 1923, I, p. 550), marcava giustamente il fatto che al di fuori della Democrazia non vi sia nessun modo d'inserire il diritto ( cioè i rapporti giusti e liberamente consentiti tra individui) nel tessuto della organizzazione sociale. Mentre una «Democrazia» falsata dalla dominazione effettiva di una oligarchia di proprietari annulla di fatto la libertà, l'uguaglianza, la sovranità popolare che continua ad affermare in diritto, in una democrazia il cui principio animatore sia la soppressione dell~ classi, i diritti re al i sono garantiti a tutti compreso agli stessi ex borghesi che si hanno spossessati. La critica marxista della Democrazia attuale, non ha senso se non in vista di questa Democrazia superiore che abolirà nello stesso tempo le classi e lo Stato. Ciò che Marx raccomanda alla classe operaia non è la distruzione del sistema democratico per sopprimere le classi sociali, bensi la soppressione delle classi allo scopo di spezzare le pastoie politiche che mutilano e falsano oggi la Democrazia. GIUSEPPE SARAGAT. Dal vol. «L'Humanisme Marxiste», stampato a Marsiglia nel 1936 in lingua francese presso la casa editrice E. 8. I. L. '

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==