L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 1/2 - 1 febbraio 1944

La rinascita del socialismo italiano Le esperienze del socialismo italiano hanno un'importanza europea. L'Italia conobbe per prima il fascismo; ver prima esperimentò questo moderno surrogato del socialismo e della democrazia; per prima ne ha visto la decadenza e il crollo; è probabile che per primo il socialismo italiano debba affrontare i problemi concreti della riorganizzazione politica ed economica del paese appena terminata la secònda guerra mondiale. Ci vroponiamo dunque cl.i dare ai lettori un'informazione molto larga sullo stato interno del socialismo italiano, sulle sue difficoltà e i suoi problemi. Lo stesso faremo per il socialismo francese e tedesco. Come i lettori probabilmente già avranno letto sulla stampa quotidiana, le 1:arie correnti del socialismo italiano si sono unificate in un convegno che ebbe ltwgo a Roma verso la fine di agosto 1943. Il convegno nominò una direzione del partito, un comitato esecutivo, una redazione del giornale Avanti!, formulò una dichiarazione politica programmatica, decise la partecipazione nel Comitato di Liberazione Nazionale, e altre questioni politiche importanti lasciò impregiudicate, rinviandole ad un'epoca in cui fosse possibile una discussione e una consulta::;ione libera delle organizzazioni di base. Il partito ricostituito fu chiamato Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. All'ora attuale esso riunisce, si può dire, tutti · socialisti italiani, compresi molti elementi che nel passato erano nel partito massimalista e vari gruppi di ex repubblicani. La situazione creatasi in Italia dopo l'armistizio dell'8 settembre ha collaudata in pieno la resistenza organizzativa del P. S. I. U. P. come pure la maturità politica e il coraggio dei suoi aderenti, ma non ha permesso che fosse proseguito su scala nazionale l'esame dei problemi politici iniziato nel convegno di unificazione. I socialisti dell'Italia meridionale sono rimasti isolati da quelli del nord; i rapporti tra Roma e Milano sono diventati sempre più difficili, come pure tra Milano e alcune regioni del nord. Queste difficoltà non hanno affatto messo in pericolo l'avvenuta unificazione ma hanno certamente ritardato l'affiatamento delle varie correnti sulle stesse questioni politiche d'importanza immediata. La situazione interna del Partito Comunista e del Partito d'Azione d'altronde non è diversa. ln questo numero cominciamo col riprodurre alcuni testi pervenutici dall'organizzazione che prima della fusione si chiamava Centro Interno ciel P. 8.1. e pubblicava «Il terzo fronte». (Il giornale esce di nuovo, ma come organo del partito unificato; il suo contenuto tuttavia rispecchia ancora le concezioni del Centro Interno.) Socialismo federalista Fascismo e socialismo si disputano la direzione della società moderna come la morte e la vita. Il fascismo nacque e conquistò lo stato italiano dopo la prima guerra mondiale in seguito al fallimento del socialismo. Il socialismo è risorto e si prepara al compito di riorganizzare su nuove basi la vita del popolo italiano dopo che il fascismo l'ha condotto alla catastrofe. Il sogno del fascismo di eliminare il socialismo dalla storia si è rivelato un'illusione. Non esiste una legge del progresso fatale e irresistibile, ma neppure esiste una legge che consenta ad una borghesia fiacca e decadente di creare imperi e di prolungare la sua dominazione sulle classi lavoratrici col solo espediente del bluff e del terrore. Ventun'anni di fascismo non hanno creato una nuova società italiana, né un nuovo tipo d'italiano. Quello che resta del fascismo è un cumulo di rovine. Il fallimento del fascismo ha ricondotto sulla scena politica italiana il suo antagonista storico, il socialismo. La vitalità del socialismo risiede nell'insopprimibile aspirazione delle classi lavoratrici alla libertà e alla giustizia sociale. Quest'aspirazione coincide con le esigenze dell'economia moderna e del benessere generale. Tuttavia noi eviteremo di dire che la vittoria del socialismo sia ormai fatale. La vittoria del socialismo è possibile. Esistono tutte le condizioni oggettive per la vittoria del socialismo in Italia. Ma le condizioni oggettive, da sole, non bastano. Le condizioni oggettive per la vittoria del socialismo c'erano anche nel 1919, e tuttavia il socialismo allora fu sconfitto. Per la seconda volta, dopo appena venticinque anni, il socialismo italiano è messo alla prova. La sua vittoria dipende u.n..'.:::amentedalla coscienza, dalla fede, dalla volontà, dall'audacia, dallo spirito di sacrificio dei suoi aderenti. La responsabilità del socialismo è affidata ai socialisti. Noi dobbiamo bollare a fuoco ogni tentativo d'infiacchire nei socialisti il sentimento della loro responsabilità a benefizio di pretese leggi scientifiche. La storia umana non è storia di una qualche sezione della natura, come la geologia o la botanica. La storia umana è storia di uomini. Cosi, sulla base delle favorevoli condizioni storiche create dall'evoluzione della tecnica produttiva, il socialismo è ora unicamente una questione di coscienza, di fede, di volontà, di audacia, di spirito di sacrificio. Il primo compito dunque di ogni socialista cosciente è quello di diffondere attorno a sé il sentimento di questa grave responsabilità. Sullo stato attuale del socialismo italiano noi vogliamo limitarci per ora a questa constatazione: accanto a elementi nuovi, che dimostrano di avere assimilato la tragica esperienza degli ultimi venticinque anni, ve ne sono altri rimasti in arretrato, al 19261 al 1922, e anche, beati loro, al 1919. Noi auguriamo sinceramente che l'omogeneità spirituale del socialismo possa rapidamente completare l'avvenuta unità organizzativa. Questo può realizzarsi se nell'mterno del partito regnerà la più assoluta franchezza e ampia libertà di discussione. Noi non osiamo dunque presentare la nostra concezione del socialismo come già acquisita a tutto il partito, ma riteniamo fermamente che essa è la più consona alla sua storia, la più aderente alle nuove necessità, la più adatta a realizzare l'auspicata unità. Il socialismo federalista è nato nell'illegalità dalla meditazione sugli errori del passato. La vita di catacombe alla quale il fascismo ci ha costretto durante molti anni ha purificato la nostra fede socialista da molte scorie ed elementi estranei. Noi abbiamo sentito rinascere in noi lo spirito fresco, ribelle, creatore delle origini. Il socialismo federalista risponde alla sete di rinnovamento della gioventù italiana. E' indispensabile, per fissare senza possibilità di equivoci le posizioni attuali, di guardare indietro il cammino percorso, gli errori superati. Il socialismo federalista considera come aberrazioni e anacronismi: il socialismo riformista, tanto sindacale che politico, il massimalismo retorico, passivo e inconcludente, l'operaismo gretto ed esclusivo, l'indifferenza nella questione istituzionale dello stato, lo statalismo e il centralismo, il provincialismo pratico e l'internazionalismo astratto. Noi riteniamo che questi errori e manchevolezze furono accessori alla sostanza del socialismo e non devono comprometterne la lotta attuale. Ad ognuna delle deviazioni nominate il socialismo federalista oppone un rimedio preciso. Contro il riformismo e il mass ima 1 i s mo , noi affermiamo la necessità di un programma concreto di cambiamenti radicali della struttura economica e politica del paese. Non un programma «minimo» e un programma «massimo», non alcuni miglioramenti per l'oggi e l'utopia per le calende greche, ma un certo numero di misure radicali, capaci di colpire al tronco la potenza del grande capitale e di porre l'economia e lo stato sotto il controllo del popolo. Contro l'operaismo settario, che ha come risultato d'isolare il proletariato industriale dal resto del popolo lavoratore e di facilitare i piani politici della reazione, noi affermiamo la comunità sostanziale degli interessi di tutti i ceti non capitalistici del paese e propugnamo in maniera particolare un'intesa tra gli operai, i contadini e gl'intellettuali, da realizzarsi sul terreno economico e politico, attraverso i partiti e le associazioni che questi ceti rappresentano. ' Contro l'agnosticismo istituz i o n a 1 e , noi ci dichiariamo repubblicani e concepiamo la repubblica non soltanto come semplice soppressione della dinastia, ma nel senso più lato della parola, come res-publica, come stato popolare, sottratto all'influenza interessata delle vecchie classi dirigenti e delle caste militariste e clericali, e sottoposto al controllo permanente e diretto di una opinio'ne pubblica sovrana. Contro lo statalismo e il centra 1 i s mo , agli occhi di molti quasi sinonimi di socialismo, noi ci dichiariamo federalisti e consideriamo il federalismo come la forma politica più adeguata dell'auto-governo popolare, specialmente in un paese a sviluppo regionale cosi diverso come l'Italia. Estendendo il concetto federalista all'economia e alla vita professionale, consideriamo il federalismo funzionale come la forma più razionale e la sola democratica per la gestione dei monopoli socializzati e delle grandi imprese di produzione cooperativa. Contro il cosmopolitismo vago e i 1 p r o v i n c i a 1 i s m o p r a t i c o , noi proclamiamo la necessità dell'unificazione politica dell'Europa per risolvere i problemi di benesBibliotecaGino Bianco sere e di civiltà che le singole nazioni europee da sole sono incapaci di affrontare, e per impedire che il continente europeo venga colonizzato e ridotto in servitù dai grandi paesi imperialisti. Socialismo, umanismo, federaI i s m o , u n i t à e u r o p e a , sono le parole fondamentali del nostro programma politico. Per la sua realizzazione noi non facciamo appello alla cupidigia, all'interesse, alla convenienza, ma alla dignità, all'onore, alla fierezza, all'intelligenza di quanti sanno riflettere onestamente sui problemi da risolvere. Questi valori morali hanno salvato l'antifascismo sotto la dittatura fascista. Questi valori morali dovranno ispirare il costume politico della nostra vita pubblica in regime di libertà. Sappiamo che questo programma e questo spirito non sono esclusivi del nostro movimento, ma sono condivisi da molti uomini del Partito d'Azione, del Partito Democratico Cristiano e del Partito Comunista. E' dunque ben più di un interesse di parte che ci muove nel propagarli, ma vivo amore della causa comune. Secondo risorgimento o rivoluzione socialista? L'affermazione che in Italia si pone oggi il problema della conquista della democrazia politica è vera, ma è solo una parte della verità. Caratterizzare la rivoluzione in corso attualmente in Italia come secondo risorgi - m e n t o significa occultare al popolo italiano la natura profonda della crisi mondiale attuale, di cui quella italiana è solo un settore. L'originalità della situazione italiana è nel fatto che i compiti della rivoluzione democratica borghese si pongono oggi simultaneamente a quelli della rivoluzione socialista. Questo vuol dire che in Italia è una necessità impellente, per salvare il paese dalla decadenza e dalla barbarie, liquidare i residui di medio-evo che ancora vi esistono (la monarchia, i latifondi, i privilegi della casta militare e clericale) nello stesso tempo che la potenza del capitale finanziario e dei monopoli industriali. Il doppio carattere della rivoluzione italiana in corso non implica che vi siano due classi rivoluzionarie e che protagonista del movimento sia, come nel 1848, genericamente il popolo, guidato da intellettuali. In realtà la borghesia italiana che nel secolo scorso fu incapace di portare a termine la sua rivoluzione, oggi è incapace di qualsiasi iniziativa politica; profondamente scissa tra i due gruppi belligeranti è solo preoccupata della sua sorte sociale. Come in Russia e in Spagna, protagonista della rivoluzione democratica anche in Italia è la classe operaia, alleata dei contadini e dei ceti medi. Se i socialisti italiani non capissero questo e non ne tirassero tutte le conseguenze essi cadrebbero nel mortale errore die Kerenski; se essi chiamassero il popolo ad una lotta per la democrazia formale senza alcuna trasformazione economica, ripeterebbero l'errore di Mazzini e del P. d'A. nel secolo scorso. - Il socialismo italiano non vuol seguire né il destino di Kerenski né quello di Mazzini. Questa nostra concezione del carattere della crisi italiana non ci fà sottovalutare il contributo efficace che possono apportare nella lotta in corso i partiti e i gruppi della piccola e media borghesia, tra i quali sono energie preziose per la costruzione di un nuovo ordine politico e sociale. In un senso più preciso, noi affermiano la necessità di un accordo duraturo tra il partito socialista democratico e il partito d'azione. Il duroprezzodellalibertà Il dolore vivissimo per il molto sangue che il popolo italiano deve ancora pagare per acquistare la sua libertà, non deve farci dimenticare che solo a questo prezzo la futura democrazia italiana non sarà forma effimera e vuota. La libertà, purtroppo, è un bene preziosissimo che costa caro. Tutti i popoli hanno pagato col sangue la loro libertà. Una libertà ricevuta in regalo, per elargizione sovrana o fortuna di circostanze, è un bene che vale poco e alla mercé di ogni avventuriero. I fondatori della futura libertà e civiltà del nostro popolo sono ora quelli che giornalmente sacrificano la loro vita in lotta contro il fascismo e il nazionalsocialismo. Si era sempre detto, dagli storici più seri, che la disgrazia del popolo italiano era da ravvisare nell'assenza di una vera e radicale rivoluzione in tutto il corso della sua lunga storia. Il popolo italiano non ha avuto nel passato nessuna crisi che sia lontanamente paragonabile alla rivoluzione russa, o francese, o inglese, o americana. Vi sono stati nel nostro paese moti cittadini, rivolte locali, congiure; ma, in nessun secolo, un rivolgimento profondo di tutta la società, attorno ad una qualche questione elementare che riguardasse ogni cittadino; in nessun secolo, un movimento violento di popolo che con la sua forza creatrice determinasse un, ordine nuovo, politico o sociale. Il 25 luglio sembrò a molti che ancora una volta il popolo italiano fosse sul punto di fare l'economia di una rivoluzione. Ma quello che è successo da allora sembra dimost~e il contrario. Prima di ammetterlo nel novero dei popoli liberi, la storia vuol presentare al popolo italiano la nota da pagare a prezzo di sangue. E' un imperativo tragico al quale non possiamo rifiutarci. Come socialisti aborriamo dalle «inutili stragi»; ma il sacrificio cosciente, coraggiosamente affrontato, il sacrificio per la libertà è il più grande onore cui l'uomo possa aspirare. Unità Socialista Tra i vari raggruppamenti socialisti sorti negli ultimi anni in regj.oni diverse d'Italia e attorno a capi e a programmi differenti si è addivenuto ad una unificazione organizzativa. L'omogeneità politica e ideologica del nuovo partito unificato è lungi dall'assere perfetta, tuttavia anche noi abbiamo accettato l'unificazione, mossi da ragioni che i compagni approveranno. Dopo il 25 luglio era indispensabile che il socialismo italiano si presentasse alle masse e agli altri partiti antifascisti come una forza politica compatta e solidale, capace di raggruppare intorno a sé e di rappresentare quella parte di popolazione che in ogni paese è la base sociale del socialismo democratico. D'altronde non era da attendersi che l'eterogeneità ideologica tra i vari gruppi che partecipavano all'unificazione potesse sparire nel corso di un convegno e di qualche appassionata discussione, e fu quindi naturale che l'intesa si realizzasse su pochi e rudimentali punti d'imm~ta necessità, lasciando impregiudicate le questioni controverse, nella speranza che gli sviluppi ulteriori della Rivoluzione italiana realizzeranno, tra gli uomini e i gruppi rimasti separati negli anni della cospirazi.one, l'unità spirituale che ora fa difetto. Noi condividiamo sinceramente questa speranza a collaboreremo con i compagni del Partito Unificato con la più grande lealtà. Tuttavia noi siamo dell'opinione che, senza intaccare la disciplina dell'azione, debba essere lecito ad ogni compagno di esprimere la sua opinione sui problemi vitali che il cònvegno di unificazione ha lasciato impregiudicati. A ciò noi dobbiamo aggiungere alcune riserve sui limiti stessi della proclamata unità, - riserve che non potemmo avanzare nel convegno di unificazione perché il complesso di forze che a noi facevano capo (comitati regionali, gruppi di fabbrica, gruppi e comitati sindacali socialisti) vi furono scarsamente rappresentate. Le nostre principali riserve sono le seguenti: 1° Noi non possiamo accettare il principio che come base per la costruzione del partito possa bastare l'appartenenza alla classe lavoratrice e l'accettazione del generico ideale di una società senza classi. Un simile criterio ricondurrebbe il Socialismo moderno a ritroso nella storia, lo ricondurrebbe a riunirsi con gli anarchici, i sindacalisti, i massoni, i comunisti, dai quali nel corso del suo sviluppo si è scisso, e lo condurrebbe anche alla fusione con i migliolini e con una parte dei corporativisti fascisti. Naturalmente, dopo aver compiuto questo cammino a ritroso, il Socialismo Italiano riprenderebbe la sua marcia in avanti e procederebbe di scissione in scissione, nell'incapacità assoluta di intervenire come fattore attivo nella politica del paese, essendo paralizzato dai contrasti intestini. Contro questa concezione antistorica del partito, noi sosteniamo che una organizzazione politica è una raccolta di uomini animati dalla stessa volontà e che l'accordo nell'ideale generico del socialismo non basta se non v'è intesa sulla via da percorrere per raggiungere quell'ideale e sui mezzi da impiegare. 2° Nei venti anni di dittatura fascista noi non siamo soltanto rimasti fedeli all'ideale socialista, ma, a prezzo di sofferenze inaudite, di sbagli e di illusioni pagate a caro prezzo, siamo anche arrivati ad una concezione del socialismo che è democratica, federalista, umanista, e a nessun costo siamo disposti a rinunziarvi in omaggio ad un più largo reclutamento di membri del partito; anzi continueremo a lottare perché questa concezione sia adottata dall'intero partito. 3° Nell'estendere l'organizzazione del partito a quei molti che nel periodo dell'illegalità per ragioni evidenti non potevano parteciparvi, noi pensiamo che bisogna essere larghi con i giovani, con i reduci della guerra, con i semplici operai e contadini, ma severissimi con gli ex dirigenti, gli ex deputati, gli avvocati, i professori, la cui condotta politica durante la dittatura fascista non sia stata irreprensibile. I quadri politici del Partito, sia al centro che alla periferia, dovranno essere costituiti con i militanti dei gruppi clandestini. Redattore: Dr. WERNER STOCKER (Zur Igo) Druck:OENOSSENSCHAFTSDRUCKEREIZ0RICH

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