L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 1/2 - 1 febbraio 1944

• LIBRI E RIVISTE Il socialismo e . Harold J. Laski fa parte della direzione del Partito Laburista Inglese dal 1937, è professore di scienze politiche nell'Università di Londra e autore di molti libri (tra gli altri: «A Grammar of Politics», 1925; «The State in Theory and Practice», 1935; «The Rise of European Liberalism», 1936; in italiano è stato tradotto da Alessandro Schiavi e stampato da Laterza nel 1931 il suo libro «La libertà nello stato moderno»). Attualmente Harold Laski si trova a Mosca a capo della delegazione laburista che discute coi capi soviettici sull'avvenire del movimento operaio europeo. Si deve considerare dunque il pensiero di'Harold Laski non solo alla stregua della sua posizione accademica, ma anche come quello di un capo responsabile del Partito Laburista, attualmente in minoranza nella coalizione governativa inglese, ma che molti sintomi indicano come il partito successore di Churchill dopo la fine della guerra. In un libretto apparso nel 1940 a Londra e intitolato «Where do we go from bere?» (Dove andiamo di qui?) Harold Laski ha riassunto il suo pensiero sulla natura della crisi europea e sulla politica necessaria per superarla. In un libro di più vasta mole, pervenutoci in questi giorni, Laski torna sugli stessi argomenti. Di esso ci occuperemo nei prossimi numeri, mentre più sotto traduciamo larghi estratti dell'opuscolo del 1940: La guerra del 1914-1918. «Al principio del ventesimo secolo si era sviluppata una situazione nella quale gli imperialismi rivali si disputavano la possibilità di sfruttare le maggiori fonti del profitto. Dalla loro capacità di ·ottenere quelle fonti dipendeva anche la possibilità di mantenere nell'interno dei loro paesi l'instabile equilibrio tra capitalismo e democrazia. Senza di esse, si sarebbero trovati costretti a riorganizzare a fondo le basi dei loro sistemi economici.» «Questa fu la causa del conflitto del 1914. Esso fu essenzialmente una lotta per i mercati tra la potenza in ascesa della Germania e gli imperi alleati minacciati dalle ambizioni economiche tedesche. I sistemi economici dei belligeranti erano adeguati alla forma di stato nazionale sorta dal collasso del feudalismo ; ed essi soffrivano per il fatto che le loro istituzioni politiche erano incompatibili coi loro bisogni economici. C'indubbiamente vero che vi erano, accanto a quella causa fondamentale, una ventina di motivazioni minori le quali complicavano il conflitto. Il sentimento di solidarietà nazionale, le ambizioni dinastiche, la paura del socialismo, la sensazione che l'unione contro un nemico esterno rimandasse le rivalità di classe, il sentimento, come tra russi e serbi, di affinità razziali, ecc. ~ tutti questi motivi ebbero anche il loro ruolo nella guerra. Ma essa fu essenzialmente un conflitto di imperialismi rivali per ottenere il controllo delle maggiori fonti, ancora non sfruttate, di profitto capitalistico.» La guerra attuale. «La disfatta delle democrazie minori da parte dei capi fascisti non deve sorprenderci. Esse mancavano di quelle risorse che avrebbero permesso, come stati indipendenti, di dare una base al principio della neutralità, e quando seguirono l'esempio delle grandi democrazie, abbandonando come vana la speranza della sicurezza collettiva, esse segnarono il loro destino. La loro esperienza prova che una seria Società delle nazioni non può costruirsi sul principio delle sovranità statali. Quel principio significa che gli interessi privilegiati di ogni paese sono destinati a prevalere, nei momenti critici, sull'interesse comune. L'illusione che con un po' più di buona volontà dalla parte dei politici di Ginevra, la Società delle Nazioni si sarebbe potuta salvare, dimentica due cose. Primo: essa non tiene conto della contraddizione palese tra l'idea di una società organizzata di stati, e l'idea di uno stato sovrano che non può essere costretto da quella società a nessuna linea di condotta, contraria alla propria volontà. Secondo: essa non si rende conto che i grandi stati (che soli possedevano una sovranità effettiva) si rifiutavano di sacrificare quella sovranità perché essa era una protezione essenziale di quelli che essi consideravano come i loro interessi vitali. E l'analisi di q/egli interessi li dimostra sempre direttamente legati alla potenza economica nell'interno di ogni stato. L'evoluzione pacifica non fu possibile tra i grandi stati in modo organizzato e continuo, perché appena essa avesse toccato quegli interessi vitali avrebbe significato anche un cambiamento, all'interno di ogni stato, nella distribuzione del potere economico, con risultati importanti e forse decisivi per le classi privilegiate. Cosi, dietro la facciata della Società delle Nazioni, dopo il 1919, la politica rimase quella stessa che era stata prima del 1919. La Società delle Nazioni non poteva mantenere la pace, l'unità europea perché davanti alla sovranità dei suoi singoli membri, essa mancava di autorità per imporre ad essi la sua volontà; anzi, appena uno di essi faceva uso della propria sovranità, la Società delle Nazioni non aveva più nessuna volontà effettiva. E la lotta per il potere nel mondo del dopo-guerra continuò senza cambiamento perché i bisogni economici dell'umanità si tro! vavano in contraddizione con le sue istituzioni politiche. Queste, in ultima analisi, proteggevano un sistema di interessi stabiliti i quali, come la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, l'Unione Sovietica, l'Italia, il Giappone, erano disposti a battersi piuttosto che cedere su qualunque punto considerato fondamentale. E ciascun sistema di interessi, organizzato come stato, poteva mobilitare, a propria difesa, il sentimento nazionale degli abitanti del territorio sul quale esso esercitava un controllo. Con la crisi economica, questi interessi stabiliti non solo avevano bisogno di essere protetti dalla concorrenza estera (quindi, i tentativi di autarchia dopo il 1919), ma avevano pure bisogno di mercati di espansione dove smerciare con profitto l'immensa quantità di prodotti resa possibile dallo sviluppo tecnico. Senza queste possibilità, essi sarebbero stati costretti ad affrontare un vasto numero di disoccupati; e l'esperienza aveva insegnato che una disoccupazione di lunga durata minacciava la sicurezza politica e sociale delle classi privilegiate. Questa è, in buona parte, la ragione per cui la guerra attuale è anch'essa una guerra tra imperialismi rivali.» Il fascismo. «Il problema del fascismo non consiste nel sostituire degli uomini cattivi dominati da ambizioni cattive, con uomini buoni animati da ambizioni giuste. I fascisti arrivarono al potere perché le classi privilegiate in una democrazia capitalistica preferirono, in ultima analisi, il capitalismo alla democrazia, ed erano quindi disposte ad accettare i rischi del fascismo. Ed il fascismo trovò il suo maggior appoggio nella massa di piccoli borghesi rovinati, disillusi, incerti, infelici a causa dell'incapacità della democrazia capitalistica di risolvere i loro problemi.» L'avvenire. «Il mondo che sorgerà dopo questa guerra non sarà lo stessa mondo che entrò nella guerra. Esso non potrà tornare alle contraddizioni confuse che lo portarono al conflitto, senza suscitare un'anarchia cosi profonda che perfino l'idea della ragione perderebbe ogni significato per l'umanità. Noi tutti diciamo di combattere il fascismo per la libertà e la democrazia. Ma dobbiamo decidere, e al più presto, chi godrà di quella libertà e democrazia per le quali combattiamo. Saranno tutti gli abitanti della terra o soltanto alcuni di essi? Se saranno tutti, allora è chiaro che, qualunque sarà l'organizzazione futura della società, essa non potrà modellarsi sulla base dell'organizzazione attuale; perché è precisamente l'organizzazione attuale, con le sue contraddizioni confuse, che ci ha portati a questa guerra. E se sarà libertà soltanto per una categoria di uomini, allora abbiamo il diritto di sapere secondo quale criterio i buoni saranno divisi dai reprobi.» «Noi non dobbiamo identificare la democrazia capitalistica con la civiltà. Ciò vuol dire anche che i capi laburisti i quali si sono impegnati ad una ricostruzione socialista della società dovranno battersi, appena vinto il fascismo, con i loro attuali alleati. Ed in un momento simile sorgerà anche presso di noi il pericolo che quelli che temono per i loro privilegi sopprimeranno la democrazia piuttosto che perderli.» «La posta in giuoco, in questa guerra, è il diritto dell'umanità ai valori inerenti al modo di vita democratico.» «Ci troviamo nella storia della nostra civiltà in una fase rivoluzionaria perché il carattere delle nostre istituzioni politiche è in contraddizione cçmle nostre possibilità economiche. Lo sviluppo tecnico ci offre i mezzi per una vita infinitamente più ricca; ma per realizzarla abbiamo bisogno di una rivoluzione nel nostro pensiero e nelle nostre istituzioni politiche. L'ostacolo è rappresentato dagli interessi stabiliti delle classi privilegiate che temono le conseguenze di quella rivoluzione. La loro capitolazione davanti ai capi fascisti era un riflesso estremo della loro paura.» «Il fascismo è l'epitaffio su quelle forze del privilegio che cercano di imprigionare l'avvenire difendendo con violenza un passato superato.» «In ogni epoca nella quale gli uomini dissentano profondamente sui problemi della costituzione sociale, il metodo democratico viene messo da parte finché non si trovi un nuovo equilibrio. Se esso non può trovarsi per consenso, viene imposto con la forza; in tal caso contraddice una premessa vitale della demoBibliotecaGino Bianco crazia. Ogni volta che il privilegio, e soprattutto il privilegio della proprietà, si trova in pericolo, esso cade in un panico nemico della ragione; e sarebbe perdita di tempo chiedergli di considerare dei ragionamenti che pure in situazioni normali sarebbe capace di capire.» · «Ecco perché è piuttosto unica la nostra attuale possibilità in Inghilterra di iniziare la nostra rivoluzione col consenso della maggioranza. Gli interessi del privilegio sono minacciati su due fronti. Da una parte, i fascisti minacciano l'annientamento dell'impero britannico; dall'altra parte le masse inglesi chiedono un inizio di ridistribuzione fondamentale del potere economico. Respingere la minaccia fascista comporta trovare un accordo con la richiesta delle masse.» La successione del fascismo. «Per chi bisogna vincere? Per le masse: è la sola risposta possibile. Sono esse che perdono di più nella guerra e sotto la dittatura. Sono esse che in ogni paese si sono battute più accanitamente, sia per impedire la presa del potere da parte dei fascisti, sia per combatterli una volta al potere. E sono stati gli interessi capitalisti le fonti principali del disfattismo e del tradimento nei paesi occupati dal fascismo. Rimpiazzare i fascisti con altri rappresentanti d'interessi capitalisti (generali o aristocratici o grandi industriali che siano) non significa risolvere il problema di una pace duratura. Significa lasciare al potere quelli che davanti alle conquiste fasciste chiusero un'occhio. Significa lasciar in vita quelle condizioni sociali ed economiche le quali, nell'epoca della decadenza del capitalismo, costituiscono il terreno dal quale cresce il fascismo. Significa insomma lasciar al potere il privilegio: cioè impedire precisamente quella transizione dall'economia della miseria all'economia dell'abbondanza che sola può dare alla vittoria un significato creativo.» Solo il socialismo può unificare l'Europa. «La condizione essenziale della pace duratura è il principio che ciò che riguarda tutti debba essere deciso da tutti.» «La volontà di mettere fine alla sovranità degli stati nazionali è - a parte l'organizzazione cosciente delle condizioni che renderanno possibile qu~lla fine - cosi astratta ed irreale come la volontà di giustizia quando quelli che dovrebbero voler e non sono uniti da un comune interesse. Dato lo sviluppo economico ineguale dei paesi europei nell'accumulazione del capitale, nella capacità di sviluppare le proprie risorse, nel possesso delle materie prime essenziali e cosi via, il mantenere, in qualunque forma, l'attuale sistema economico, significa accrescere il potere di sfruttamento dei forti sui deboli. Perciò un vago desiderio generale di mettere fine alle sovranità statali nazionali non troverà nessun'espressione istituzionale effettiva finché non avremo cominciato - prima della vittoria - a mettere fine agli interessi stabiliti che hanno bisogno di essere protetti dagli stati nazionali. Controllare con leggi comuni quelle cose che ci riguardono tutti - che siano le tariffe o la migrazione, il disarmo o le condizioni del lavoro - sarà possibile se avremo nel funzionamento di quelle leggi comuni lo stesso interesse. E per un.a prospettiva brevemettiamo la vita di due generazioni - quell'interesse comune non vi sarà a meno che la vita economica degli stati desiderosi di mettere in comune la loro sovranità non venga posta su un piano di uguaglianza. Ma tale comunità non può stabilirsi finché esistono gl'interessi delle classi il cui privilegio dipende dall'ineguaglianza. Essi sono un ostacolo non solo al benessere dei loro dipendenti diretti; ciò che è più importante, sono un ostacolo anche a quell'economia dell'abbondanza che sola rende possibile un qualsiasi tentativo di organizzazione internazionale.» Alcuni principi senza i quali la futura vittoria· sarà di nuovo soltanto W1apausa tra due guerre: «1° Dobbiamo iniziare ora nella Gran Bretagna la socializzazione di quegli interessi privilegiati i quali, come nel 1918, ci impediscono di rinunciare al principio della sovranità statale. 2° Nel costruire la nuova Europa è essenziale la socializzazione degli stessi interessi sul Continente. 3° Solo su questa base si può prevedere un'organizzazione internazionale capace di utilizzare nell'interesse comune sia le fonti di ricchezza materiale non ancora sfruttate, sia quell'utilizzazione di esse resa possibile dalla tecnica. 4° Tale organizzazione dovrà avere delle leggi comuni valide per tutti gli stati-membri e la distribuzione del potere economico dovrà avere come base l'interesse comune.» «Non sottovaluto l'importanza dell'apparato. Ma l'apparato è molto meno importante della base sulla quale riposa. Non vi può essere pace senza un' organizzazione internazionale che abolisca la sovranità dei singoli stati; non vi può essere abolizione di sovranità finché non si abbia cominciato a distruggere, all'interno di ogni Stato, gli interessi privilegiati che richiedono quella sovranJtà. Per attuare la rivoluzione pacifica, bisogna eliminare il paradosso della miseria in mezzo alla potenziale ricchezza, e non si può eliminare quel paradosso senza una ridistribuzione totalé del potere economico. La pace tra gli stati dipende dalla pace all'interno degli stati. La giustizia internazionale all'esterno dipende dalla giustizia sociale all'interno. Se si lascia piena libertà al profitto capitalistico, la v.ittoria significherà l'inizio di un nuovo ciclo destinato a finire in un muovo conflitto. Se si permette ai grandi interessi stabiliti, ad esempio, a quelli della banca, del carbone, dell'acciaio, dei trasporti, dell'elettricità, di trattare con lo Stato come poteri indipendenti, essi l'annetteranno come l'han.no annesso nel passato. Per entrare nel regno della pace come in un'eredità che ci spetta, ci vuole una rivoluzione nello spirito dell'uomo; e tutta la storia dimostra che una rivoluzione nello spirito dell'uomo non può precedere, ma seguire una rivoluzione nei rapporti del mondo materiale per mezzo del quale egli vive.» «La paura è figlia del privilegio: per abolire la paura bisogna abolire il privilegio.» Necessità della rivoluzione europea: «Il prezzo della vittoria è una rivoluzione europea: non si può, rimanendo attaccati alle vecchie regole, mettere in moto le forze essenziali della vittoria. Senza questa rivoluzione, sia la guerra che la pace non saranno altro che una lotta nell'interno di un ordine sociale che già due volte ci ha condotti ad un conflitto mondial~ e vi ci porterà di nuovo finché cerchiamo di conservarlo. Con questa rivoluzione liberiamo nuove ed immense fonti di produzione che renderanno possibile un mondo diverso e migliore. La promessa che implica questa nuova civiltà ci autorizza a richiedere dei sacrifizi. Essa offre la fratellanza tra gli uomini e la pace tra gli stati, su una ~ase più sicura che in qualunque altra epoca. Essa ci offre la prospettiva di ordinare la nostra vita coscientemente e in libertà. Ci offre l'accesso a ricchezze più vaste e più giustamente ripartite. E sappiamo che l'alternativa è un'epoca di conflitti, nella quale gli odii si moltiplicherebbero e le paure si farebbero ancora più profonde. La nostra scelta è tra un'oscura epoca di privilegi e l'alba di una fratellanza tra gli uomini.» «liberare e federare• Scritti di politica, economia e cultura E' già uscito: OLINDO GORNI SOCIALISHFEODERALISTA Sommario: Lo stato. La questione dello stato. - A proposito della concentrazione dei mezzi di produzione e di scambio. - Le linee fondamentali dell'organizzazione economica socialista. - Il sindacato di resistenza. - Sindacato unico. - Riconoscimento giuridico dei sindacati? - Gestione accentrata, autoritaria, di stato, o gestione autonoma, federata, di sindacati-cooperative? - Una ingiustificata prevenzione contro il sindacato-cooperativa di produzione. - Socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio. Tendenza statalista. - Tendenza federalista. - Tendenza intermedia. «La lunga esperienza di Garni, filtrata da un'intelligenza chiara e disinteressata, del tutto aliena dalla demagogia e dalle pose oratorie, l'aveva condotto ad una concezione realistica e rivoluzionaria del socialismo, in cui è superato il vecchio contrasto tra riformismo piccolo-borghese e massimalismo astratto.» Un opuscolo di 40 pag., et. 60 la copia. «liberare e federare» Scritti di politica, economia e cultura E' già uscito: CARLO ROSSELLI PROFILO DI FILIPPO TURATI E' una piccola ma precisa e istruttiva storia del socialismo italiano, attraverso le vicende della forte personalità di Filippo Turati. Raccomandiamo questo opuscolo ai giovani che del socialismo hanno solo una vaga idea, per lo più attinta dalla polemica giornalistica. I problemi politici istituzionali, sociali che il socialismo italiano h~ dovuto affrontare nei suoi cinquant'anni di vita sono esposti .da Carlo Rosselli con la passione del vero storico che ha sempre in mente rievocando il passato, di servire il presente. ' Un opuscolo di 70 pagine, 1 franco. 1nviareordinazioniallayenossens&Jaftsbuchhandlung, 'Volkshaus,Stauffacherstrape 36, Zurigo 4 o a «libera Stampa., via al ':Forte 1, .Cugano. Ai librai e ai rivenditori lo sconto abituale.

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