• Situazionde lcinemadopola guerra Alla fine del conflitto attuale il mercato cinematografico di tutta l'Europa, liberato dal giogo tedesco, sarà dominato dalla produzione americana che deterrà una specie di monopolio mondiale. L'Inghilterra ha una produzione di film assai limitata e per la maggior parte controllata dalle case americane. L'URSS non ha attualmente né una produzione né una organizzazione tale da fare concorrenza all'America. Il film americano è stato a poco a poco cacciato per ragioni economiche da quasi tutti i paesi d'Europa dove una volta dominava indisturbato. Si sa che gli americani non vendono mai i loro film. Le case di produzione provvedono a noleggiarli direttamente fino al più piccolo cinematografo della periferia e tutti gli incassi affluiscono direttamente in America. Le copie una volta sfruttate vengono ritirate o distrutte. La regolazione degli scambi valutari non permetteva sempre l'esportazione di tutto il denaro che gli americani incassavano con la proiezione dei loro film. Essi impiegavano allora i loro crediti congelati in paesi stranieri per l'acquisto sul posto di sale di produzione o di impianti di produzione da gestire in proprio. Questi investimenti in continuo aumento pre- • occuparono tutti gli stati nazionali e cosi le case americane furono a poco a poco estromesse da tutti i mercati, soprattutto dall'Italia e dalla Germania dove la loro cacciata fu totale. E' con spirito di trionfatori che essi ritorneranno con i loro film dopo la guerra. In previsione di questa invasione si discuteva già a Roma, nell'interregno badogliano, sulle eventuali misure da prendere per evitare che l'industria italiana rimanesse completamente soffocata. La soluzione migliore apparve quella di proibire o di limitare il doppiaggio. Ciò non offendeva il diritto dell'arte alla libertà, poiché in tal modo tutti i film esteri potevan essere proiettati in Italia, ma ne limitava notevolmente il successo. Il sistema dei sottotitoli sovrimpressi sulla pellicola richiede una certa fatica per seguire i film parlati in una lingua che non si comprende. Conoscendo il pubblico italiano si può essere certi che tali film non sarebbero andati molto oltre le prime visioni nelle principali città. Sarebbe rimasta libera in tal modo una grande parte del pubblico per lo sfruttamento dei film italiani. L'abolizione del doppiato o la sua limitazione a un numero fisso di film poteva essere cosiderato anche come un omaggio all'arte poiché solo nella versione originale un film può essere apprezzato e giudicato obbiettivamente. In Italia il governo fascista aveva proibito la proiezione di film parlati in lingua straniera rendendo il doppiato obbligatorio. L'autorità riteneva che i film in lingua straniera, soprattutto americana, fossero una propaganda troppo diretta di usi e costumi che si preten - deva di combattere. Enorme errore! La grande quantità di film americani resi accessibili alle masse grazie a una nuova lingua che si venne creando, slang americano con vocaboli italiani, produsse ben più disastrosi effetti creando una superficiale «moda americana», snobismo di pessimo gusto, adottato con entusiasmo come ostentata fronda contro il fascismo. La proibizione delle canzonette e dei film americani non approdò poi a nulla se non a far nascere in Italia una vera industria di brutte copie degli originali proibiti. Sul doppiato si potrebbe discutere eternamente. Il doppiato non è una soluzione troppo brillante, artisticamente parlando, ma è pur sempre una soluzione molto comoda per comprendere i film troppo dialogati. In quanto al problema se convenga introdurlo o no come limitazione alla concorrenza americana, credo sia meglio abbandonare definitivamente simili espedienti. In primo luogo dopo la guerra in Italia gli angloamericani pretenderanno per lo meno che vengano abbandonati i sistemi fascisti già usati nei loro confronti e avranno la forza necessaria per farsi ascoltare. E' inutile ripetere con mezze misure gli errori del passato, non si creerebbe che una nuova diffidenza. In quanto alla loro invadenza economica, essa sarà regolata nel piano generale per la ricostruzione dell'Italia. L'industria cinematografica americana è abbastanza importante per non esserne esclusa. Dovrà per questo sparire la proàuzione di film in Italia? Teoricamente no. Se vi sono in Italia bravi registi e bravi attori, i loro film piaceranno sempre di più al pubblico di quelli americani. Soltanto non si può contare per questo su quegli artisti che si sono rivelati in epoca fascista, salvo rarissime eccezioni. La possibilità di fare dei film italiani dipende in primo luogo dal sorgere di quadri assolutamente nuovi. Al tramonto del fascismo il cinema era in perfetto sfacelo: registi stanchi, attori svogliati, soggettisti in cerca dell'affare e non del buon soggetto. Dieci anni di compromessi con chiunque a qualunque costo, pur di arricchirsi hanno fatto di tutto il nostro , . . apparato artistico un guscio vuoto. In~ustria~- mente la situazione è più confusa. Rrmane 11 fatto indiscutibile che mentre un film americano giunge in Italia già ammortizzato dal mercato interno e dagli altri mercati stranieri e perciò quello che incassa è sempre un utile in più, un film italiano deve contare soltanto sul mercato interno perché l'esportazione non si conquista dall'oggi al domani. Ne consegue che se per un film americano basta, poniamo, un incasso minimo di 100 000 Lire ( spese di edizione), per un film italiano occorreranno almeno 2 000 000 Lire per coprire le spese di produzione. Un film costa sempre moltissimo e pur accontentandoci in partenza di spendere magari un decimo di quanto lo stesso film costerebbe in America, avremo sempre una cifra enorme per un mercato interno dove la concorrenza fosse libera. Ammesso che lo stato desideri una produzione di film Mazionali, esso dovrà evitare accuratamente tutti gli errori del passato regime. Prima di tutto, non fissare assolutamente un programma quantitativo da raggiungere ad qgni costo, ma limitarsi strettamente alle possibilità offerte da quelle squadre tecnicoartistiche capaci e nuove di idee che sorgeranno nel dopoguerra. In secondo luogo, fissare invece un limite massimo di film da produrre annualmente in base alle possibilità di assorbimento del mercato di lingua italiana, massimo che non dovrà assolutamente essere sorpassato a meno che il prodotto non conquisti per le sue qualità importanti mercati stranieri. Non dimentichiamo che il cinema italiano è già stato due volte malato di elefantiasi. Produzione modesta a tutti i costi anche se tecnici e artisti sembreranno abbondare. Il cinema è come uno specchietto per allodole. Gli uomini veramente capaci sono in questo campo più rari ancora che altrove. Nessuna debolezza per tutti quegli elementi che invocheranno un «diritto al lavoro» in \)ase alla loro carriera passata. La carriera p'assata, salvo rare eccezioni, dovrà sempre costituire una referenza negativa. Di troppe macchie si è coperto il cinema fascista e chiunque vi abbia partecipato ne era in un certo senso responsabile. Il regista, l'attore o l'operatore non sono paragonabili all'operaio che se non va in fabbrica non può vivere. Essi, in generale, hanno scelto il cinema perché era una industria comoda e ben pagata. Tutti potevano guadagnarsi in altro modo da vivere se avessero avuto una coscienza politica o morale. Il cinema esige la responsabilità di chi vi partecipa. Approssimativamente si può dire che .s.e-.ifi. Italia si producessero venti film all'anno, sarebbero già molti per le possibilità del mercato e forse troppi per il rischio che il finanziamento iniziale dovrebbe sopportare. Per venti film all'anno occorrono circa quattordici registi. Un regista che fa più di un film e mezzo all'anno è un mestierante senza scrupoli. Mi si citino quattordici registi degni di continuare a lavorare in Italia? Ne conosco a mio avviso tre o quattro appena. Gli altri dovrebbero sorgere dal nulla; anche con molto ottimismo sarà difficile che questa cifra possa essere raggiunta presto. Lo stato ha interesse ad appoggiare una produzione di capolavori. Il prodotto dozzinale lo faccia chi ha tempo e convenienza; che importa che ci giunga dall'estero? Il film dozzinale, accuratamente controllato, è un passatempo e null'altro, come il circo1o il p~rco. dei divertimenti. Se sotto il nuovo governo italiano che sorgerà dopo la guerra si produrranno nel primo anno ci n q u e film veramente originali, italiani nel vero senso della parola, senza retorica, senza situazioni convenzionali, pieni di amore per l'Italia del popolo e non per l'Italia ufficiale, sarà un grande successo politico e culturale. L'industria potrà essere sia dello stato sia di privati, a seconda dei piani economici del nuovo governo. Probabilmente pochi industriali avranno tuttavia ancora il desiderio e la possibilità di occuparsi di cinema. Noi ci auguriamo che sia un'industria seria, e per questo più sarà modesta nei progetti e accurata nell'esecuzione, tanto meglio sarà. Una specie di ente morale, con capitale iniziale dello stato, sarebbe la soluzione migliore; naturalmente, un'istituzione non burocratica, diretta da uomilli nuovi, responsabili, esposti alla critica, animati dalla passione artistica e da quella del rinnovamento rivoluzionario del paese, e perciò alieni dagli affari, dal nepotismo e dallo spirito di cenacolo; un'istituzione autonoma nel suo funzionamento e da giudicare solo dai suoi risultati, ma libera nelle sue iniziative, senza dipendere ... dal consiglio dei ministri. Insomma, nella produzione dei film, la stessa sintesi di collettivismo e di libertà che ricercano nel campo della produzione industriale i socialisti più intelligenti. Bisognerà coraggiosamente eliminare dall'industria cinematografica italiana la corruzione introdottavi dal capitalismo speculatore. Più i salari degli artisti saranno modesti e si avvicineranno a quelli dei tecnici delle altre industrie, e meno opportunisti avranno voglia di occuparsi di cinema. Gli artisti intelligenti BibliotecaGino Bianco troveranno nel nuovo contatto col popolo e nella nobiltà della funzione artistica e morale che ad essi spetterà in regime di libertà un compenso finora sconosciuto. Per far fronte sul mercato interno alla concorrenza dei film stranieri il film italiano non dovrà più contare sul protezionismo forzoso, ma sulla propria qualità. Un'arte cinematografica la quale esprima i bisogni profondi e le aspirazioni 'lungamente represse delle classi lavoratrici, e li esprima s'intende col linguaggio della bellezza artistica, non ha paura di concorrenza. Di più: una simile produzione italiana avrà molte possibilità di successo all'estero, come il film russo quindici o venti anni fa. Nella società contemporanea il film, come il libro, come il disco di grammofono, come il quadro del pittore, è una merce, esposta perciò alle leggi del mercato, ma è una merce di un genere speciale : la sua forza d'irradiazione nel pubblico dipende in definitiva dall'intensità del suo contenuto spirituale. Il problema del film s'identifica perciò con quello del teatro, del mercato librario, della stampa ecc. : è un settore importante della sovrastruttura culturale che bisognerà ricreare da cima a fondo e metterla al servizio del popolo. Risolto il problema fondamentale, non sarà difficile escogitare gli espedienti organizzativi per «democratizzare» i rapporti tra i produttori di film e gli spettatori. La classe degli intellettuali dovrà essere mobilitata per questo scopo: giornalisti e scrittori, con una critica intelligente e una propaganda attiva possono fare molto. L'altra tappa importante che il governo deve compiere è di considerare il cinema non solo come un passatempo ma come parte integrante della cultura del popolo e di appoggiarlo almeno quanto finora lo sport. «Tutti al cinema, due volte ogni settimana», ecco il nuovo slogan. Sconti a chi va più al cinema, concorsi popolari di critica cinematografica, referendum per il migliore film o il miglior regista, proiezioni illustrate da conferenze, proiezioni retrospettive per insegnare a tutti la storia del cinema, lotterie cinematografiche. Proibizione assoluta degli spettacoli continuati e degli spettacoli misti di cinema e varietà. Tutto questo aiuterà ~ chiarire le idee. Una volta stabilito quali sono i film da boicottare, perché non si deve poter giungere a un vero e proprio sciopero degli spettatori? L'educazione politica delle masse andrà di pari passo con la loro trasformazione a pubblico cosciente di ciò che vuole e di ciò che non vuole. Boicottando un film, il pubblico lo esclude automaticamente dal mercato. Gli americani non avranno mai nessun interesse a proiettare in Italia dei film che al pubblico non piacciono. L'essenziale perché l'ente produttore riesca e trovi la forza per imporsi è che esso conservi sempre un cosciente senso critico verso i film italiani, che sia sempre disposto a rinunciare a fare dei film piuttosto che farli ricorrendo ad artisti mediocri. Si tratta prima di tutto di ridare al pubblico la fiducia, mentre ora le masse partono da una automatica diffidenza appresa in venti anni di delusioni. Il pubblico italiano è ora il più scettico del mondo; un po' per natura un po' per le disgrazie che gli sono accadute è ormai incapace di ammirare e di entusiasmarsi sinceramente. Ridiamogli questa fiducia. E questo spetta prima di tutto agli artisti che devono essere all'altezza del loro compito. VOCABOLARIO «Abbiamo smarrito i nomi delle cose.» Ideologia. La parola ideologia sembra sia stata inventata da Destrutt de Tracy per designare il mondo delle idee. In questo senso l'impiegò anche Marx. Il malvezzo di designare il marxismo come ideologia del proletariato e le espressioni: ideologia socialista, ideologia comunista, ideologia rivoluzionaria, sono dunque essenzialmente anti-marxiste. Questo malvezzo ci viene dalla Russia, ma non è una ragione perché sia tollerato. L'espressione ideologia socialista o comunista è corretta solo se si vuole designare un modo di pensare socialista o comunista del tutto astratto e indipendente dalla realtà; anime, a detta di Dante, «pasciute di vento». Dunque, è una parola che eviteremo, modestia a parte, per designare il nostro modo di pensare. l\Iassa. La parola massa indica un mucchio informe di qualche cosa. E' dunque corretto dire : un mucchio di pietre, se si tratta, per es. di macerie. Ma una cosa che si regge ancora in piedi non è una massa di pietre. Allo stesso modd si può dire una massa di soldati, e i soldati sono tra loro confusi senza distinzione di unità o di grado; ma un reggimento non è una massa di soldati. Allo stesso modo si può dire: una massa di gente, parlando di profughi o evacuati; ma la maestranza di una fabbr_ica1 non è una massa di gente. Le espressioni dunque «andare alle masse», «~onquistare le masse» «dirigere le masse», «inquadrare le masse»' sono tipicamente fasciste o comuniste, e perciò noi avremo cura _di elimi_nar_leda_l nostro linguaggio quando si trattera di designare l'azione socialista tra il popolo, tra le A che punto stiamo, cara terra, stamane? A che punto stiamo, cara terra, stamane? Andai a letto iersera e un problema mi assillava e bruciava. Mi hai destato, o mattino, per qualche rivelazione? C'è qualche cambiamento nell'aspetto della terra e nell'aspetto degli uomini? Andò avanti la Vita, mentre la mia vita riposava? E' successo qualcosa del mio sogno di amarezza e di gioia, di capovolgere il peso dei doveri quotidiani? Sono risuscitati per partecipare alla festa rinviata i profeti che morirono anzitempo e i coraggiosi uomini donne e bambini che furono vittime dell'ingiustizia o abbandonati alla morte per fame? * Le cose rubate restano rubate? La vita distrutta resta morta? Falliscono i ritardatari, i falliti, ancora? Il dormiente che ha dormito il sonno dell'uomo d'affari, si risveglierà uomo d'affari? La Legge che ieri mi afferrò alla gola, si sveglierà ancora come Legge? Il cantante si sveglierà sol<1per cantare, il pittore per dipingere, l'oratore per discorrere? Oppure il nient'altro-che-commerciante si sveglierà uomo? Oppure la Legge dello Stato diventerà la Legge dell'Uomo? Oppure torneranno gli oggetti rubati al loro posto? Oppure tacerà il cantante, deporrà il pennello il pittore e l'oratore rinuncierà alla parola, poichè qualche cosa più grande del cantare, del dipingere e del declamare si è rivelata alle masse? * Dimmi: a che punto stiamo, cara terra, stamane? Noi eravamo una volta intimamente uniti, ma in qualche modo la nostra intesa di oggi è più dolce. Tu mi ritrovi, anche se io sono lontano; tu mi scopri, anche se io mi nascondo; tu mi rafforzi se io sono debole. , Tu mi sollevi dalla banalità e dalla dissipar zione nella purezza e nell'armonia. Tu mi spieghi finalmente il segreto dei sogni delle mie notti trascorse e mi riconcili col vero senso del mio inquieto passato. Tu mi liberi dalle mie angustie e mi conduci nella pace e nella calma. * Perchè adesso io vedo che quando una volta pensavo alla Giustizia e credevo di sognare, in realtà proprio allora ero sveglio. Perchè adesso, nella rivelazione di questa mattina, ancora in dormiveglia, io sento le mie più lontane radici nel passato e nell'avvenire, in tutte le epoche e presso tutti i popoli. Camden (U. S. A.) HORACE TRAUBEL (1858). maestranze proletarie, nei villaggi, e così via. Noi contiamo sul popolo e non sulle masse. Nazionale, patriotta, ecc. Questi aggettivi, fino a pochi anni addietro, designavano partiti, uomini, istituzioni conservatrici. Spesso essi servivano a dissimulare la politica egoista e reazionaria dei capitalisti che amavano identificare la loro cassaforte col tabernacolo della nazione e della patria. Nei partiti proletari, senza distinzione di tendenza, vi era sempre stata una viva avversione ai simboli e alle parole nazionali. La qualifica sprezzante di socialpatriotta servì dopo la prima guerra mondiale a designare quei socialisti che avevano tradito il socialismo e si erano asserviti all'imperiar lismo. (La parola «nazionale» non veniva tollerata da taluni neppure per indicare una realtà geografica. Colui che scrive, redigeva venticinque anni fa un settimanale comunista, la cui ultima pagina raccoglieva le corrispondenze delle sezioni sparse in tutto il paese e perciò recava il titolo : nazionale; allo stesso modo come, in altra pagina, le lettere dall'estero erano mccolte nella rubrica: Movimento internazionale. Dovette sopprime, in seguito a molte proteste, la dicitura nazionale!) Nell'uso di queste parole è intervenuto, in questi ultimi tempi, un mutamento importante: esse sono ora sinonimo di comunista (per spiegarci meglio, di stalinista). Se dunque, amico lettore, tu trovi sul tuo giornale che a Bari o a Calcutta o a Santiago, si è formata una guardia nazionale, o che ha avuto luogo iin'assemblea di patriotti aperta dal canto degli inni nazionali, o che i patriotti hanno promosso una certa iniziativa, è superfluo che tu cerchi d'inf armarti di chi può trattarsi, e puoi essere certo che si tratta di comunisti. «Ex fumo lux!»
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