' ;;::::==================::.=::===:::=::::::::::==:::::::=======================L=;=À=-V..::V=ENiRE DEL LAVORATORE -~-=.:=============:::::=:::==::=======::.:::============::::::::=~a.:::=::~:i:-·= DottPine marxiste Variabidlietàlrappodrtiograndezza fra il plusvaloree il prezzodellaforzadi lavoro li valore dei mezzt 1chl sussistenza che, in media, sono necessari •al lai 'vorataine, determina riJ. valore dcl.la forza di Javoro. li quantùtativo di taìi mezzi, in una ,data •epoca sociale, ~uò cons.iderrursi 1come costante anche se la doro forma può mwòare, e ciò ,per- ' chè ,i bisogni delle famiglie QPeraie, l socialmente costrette entro ce,rti limiti ben determinatL, non vanno soggetti a m\urt:annenti se111si 1 btLi. Il vailore 1cl.eimezzi di suiSSistenza in ,parola può irweoe sulhiJre, anzi s.ubisoe realmente, cang,iamenti continui. SUJpponendo che le menci siano I vendute -ai! loro gLusto valore e che H prezzo 1dle!llaforza di laivo.ro non scenda al punto da ren,de.re impossibide ali' OJ)eraio I' acqu.i!Sto del necessairio peu- la sua esistenza, avviene I che -la grmdezza dc.I pyez,zo delila 1 1 -forza dJ Lavoro ,come pure quella deJ , pJusvalo;re siano ,condizionate ldialle seguenti ciircOSltanze: dalla lunghezza della &1iornatai lavorativa, dall' intens'Ltà nonmale del favo-ro; infiine dalla produttività del lavoro stesso ohe, secondo il grado iCIJiisvHuppo dei mezz.i di prddJu.zione, può dare un quantitativo vania.bile di prodotti 1mr non vairiando il numero delle ore lavorative. La grandezza del prezzo del!a forza idi ,La,v,oroe del p·lusvalore può inoltre va.riare i-n base al diverso combinairsi, delle ci11eostanze suddette, moltipllica1111dbdi conseguenza le possib:ilità ,di mutarnenti ,del rapporto di grandezza fra il ,pLus,vailore e il prezzo de.Ila forza dii 1lavoro. Partendo da taJ.i p,resupposti, la cui dimostravi-one scaiuri&oe dal!' analisi del processo capi1alistuco di produzione, sii giunge alle seguenti leg;gi: 1. - La giornata di lavoro di una data grandezza produce sempre lo stesso wdore, per quanto cambino la produttività del lavoro, la massa dei prodotti e quindi il prezzo delle singole merci. Per dllustrare meglio tutto ciò ser· viamoci di qua,lche e.s:em;pio.Ammettendo che! in un'ora d!i lavoro di normale intensità, ossia un' oira di lavoro medio quade si può ave.re in un' industria che oooul!)i un discreto nume- , ro di Javoratorj, ognUJno di questi ; prodluca un val or-e di quattro tke, ne I risulterà ohe in ,una giio.rnata di otto ore l'operaio .prod.U1rrà un valore di 32 lire. Se la produttrvità del lavoro do- ,-esse aumentaire per l' intrnduz,ione di nuovi strwnenti di produzione, la :stessa g,iornata lavorativa darebbe una maggiore quantità di prodotti, ma non. un maggior vadore, l)e-rchè i-n tal caso quello su:dldetto dii 32 lilre ye,rrebbe dist!ibu.ito sowa un nume· ro più g,rande cli merci il cui prezzo sul mercato sarebbe appunto di 32 Jir.e. 2. - ll valore della forza di lavoro ed U p[usval.ore variano in senso inverso. Il plusvaJ,ore varia nello stesso senso della produttività del lavoro, ma il valore della forza di lavo ro varia in S8nso oppo:jto. Non è necessairio spender molte -parole per 1dimostrare la ve,racità di questa ·legge. Se ila giornata di otto ore })r,oduce sem'J)re lo stesso valore di cui una rpa.rte costitui,sca iJ prezzo della forza d,i la.varo e l' a-I-tra il 11lusvalo-re, è evidente ohe l' arumento -<li una di queste due parti deve necessariamente determinare una di· minuzione idell' altra. Le variazioni nella produttività generale- de.1 la vc,ro portano delle variazioni in senso inverso nel valor-~ della forza di lavoro, in quanto una più forte ,produttiVlità di merci abbrevb. ccme sappiamo, iJ tempo d; lave.re necessarrio e proLunga invecè il tempo destinato a:1 sopralavoro. In caso di minor p.rorl11Jttività si verificherebbe !"·op-posto. occorrendo allora un numero maggiore di ore la. r vorative per prod'li.rre una massa d1 r.ier-ci equivalente ai bisogni dell· operaio. Riassumendo, dunque, la maggior r•roduttività del lavoro diminuisce il valore della mano d. opera ed aumenta il plusvaJcre. La minQlr p,roduttività diminuisce il plusvalore ed aumenta il valore della forza di lavoro. Bisogna però notare che se il valore deUa forza di lavoro e il plusva:Iore, va.riano in senso inverso, ciò non avviene nelle stesse proporzioni. Supponendo infatti la giornata di nove ore, il valore della forza ,dj lavoro di lire 16 e il plusvalore di lire 8, risulta che il tempo di lavo.re necessario è di 6 ore e il sopralavoro di ore 3. Ammesso che per un aumento di Produttività il valore della forza <li lavoro discendaJ a lire 12 e pe,r con- ·seguenza il lavoro necessario sia ridotto a quattro ore e mezza, il plusva:lore a-lJora salirà a lire 12 e quindii ùl sopra.laJvo.ro sarà pure di q1tattro ore e mezza. , Q,ued.lo' ra e mezza che ad una parte si aggi.unge ·e alJ' altr,ai si toglie, non viene ad alterare nelle ste,s,se proporzioni il ralJ)porto di gjraindezza tfra 1~ d,u.e parti, poichè H valore della forza di Jav-oro sarà disceso dii un quar,to, mentre il plusvalore sarà elevato di una metà. Dividendo perciò la, giornata lavo-- rati va in due parti, una diesti1iata al lavoro necessaido e l'altra a~_sop.ralavoro, !Sii trova.i che in generale il plusvadore, 'iin segiuiito ad tli!1 aumento dr prodtLttiJvità del lavoro, è altretta111to maggiore di quanto la parte irappre.sentafa <lai soprailavo.ro era in origine minore; mentre invece la dùminuvione del plusvalore determinata da una diminuzione di prodruttività è proporz.iona1mente di tanto mi· nore di quanto IJ)iù g.rande era 01rig-inairiamente la par,te ra,ppresentata dal sopradavoro, da ciò emergendo sempre più chdarn la permanente e.on/dizione di' .inferiorHà del salariar to di fr-onte al CaiPitaile. Inferiorità che non si bas.a, come molti credono, su differenze speoifi,ohe fra individuo ed individuo, ma su ra.gJoni dipendenti e.sch.!JSitVamentdeai! sistema ca. pltaJ!iistico di proch1z,ione. Lealctàomunista Dall'Avanti! del 13 corr. togliamo il seguente trafileito che riproduciamo senza ,mila togliere e nulla aggillngere: PnOJini'O in ,questi ,g,iC{r,n1iSui 1g,ionrua,fi comunisitli com,Paiono ,note firma.te di ri. clfarni a:sip-r-a,mente oribìcani!i jjJ aornrteg.no cieHa Feicf<'mazione maninai ,nei cor!tfrOTiti -de.gli anmaùo.r:i. li tono è .sempre ~o sitiasso: « Noi oeomun:is~.r .sianno tPerrù'unione ,deH~ .fcuz-e <leiJaF~der.a.zrcmeunaiNna.i, .sramo ,per la « Gamib~ldi » ~al11efino a dE'1rih,atr.,no 1d:i- <S.Jlf czzra.to),si.wno ,per la dtsaiplSna. e Ja l()0n:oondia,idi 1butbii f-é1d.enaitmdia; ITTiv,emò:,chi21mO fantJemem,'.e a nc,t ,l! ,a·irr,to di Oliiit~oamc 1S1etoon.dio Jsa1 l'U:ce ,dott,p1n.airila. 1de:: riootno ,Rantl".'.loH, modio od~ qu,a,\e ,j. ,dfarigenti ·l',onga,nri,zza.71for..e méllrirrara tron- ,~~~amo lai ,oft1ensiv.a ,deg,li ,ammaiburi ». Oiovia ruoon<lame 1che m F,edeTa"ùLOrte 11n21rina1i .hai ri~osto ,ptrr IJe rrme ;a,~lz rt:einrdanZJilo.so,er,itidhe idi quei r.1olfami o_perrainljji iai~l'1omb-nafd:e: P.airtito comunis,ua,. O.na, è aV1v,f:'1111uto un fatto -g,r.aMe ed è quesùo: 10he .a '0-=-po d~i ,lWinatOri ,del oniMebto -gruwo 1111M,i-n-caoi munisti r:' è Anturo Cappa,. In ur.a u.runionc 1.emita l 'ia!LllratSetnaJ ia. iOeinova eg;U ,aivirebbe 'istiga11\o •dej irniarn~rua1. ç{ltJT11u,1·u:l$t i a c~mpìeir~ a bando -de,lle l!ùavi baie ,prqpa.gam,da ,d'<l pr.ovqoaire wn, lfùnmldall:Ne 1urto t,r.a iii persan.2!le idi Snato maigigiorre ~oa_pita ni e malaohinrsti) 1dà un ~a;to ,e i ,persùlllalle di lbais,s.a ,i'ctr'Zìa., ITTJaJC.dhinisti, it1oclisr:, ecc., ida 11n aGur-0. Que<sto 1faiJto l3e ,è ,veno - e ohe sia vetro ilo 1d!imo.si'.ma! O •<licma!ra-m◊fl!e qui ri- .ProcLotta - ,oostitmsoe un .aitilo idi ,pazw.900 traldim<m~o oollltro Ja ge11te ,di ma.r,e, 10ontro !l':u.nicme delle fo.rze fede- ,r,a;te. W 100I11frvri,fo;a, jhe 1d!e1llP!aCèldeirazicnc mariooi è rrapJ)Tc-isen.Jato •dalla cor,,gttunzion,e anmorrioa nena ~bes.s,aorga,nizza;zi:o.nc ,de1Ir,.eirs-oTPaHe ,clii S1:Ia1to ma,g,giore cc,n quefo ,c±i iba~.saiorna. Gli istigatori, .a,~o-- ,por.anjd;o ,i ,fed•erra,bi idi ·bassa forza a pro- ,voaaire1a •bandq ,de~!e qu;esticmi contro .i b:l::,rn1tln ·di Stai!o rmag,giore ,mettono fe- -èenaiti 1conbro fcdera!ti e qu.1ndi !wcira- ,r.~ 1rna:1,p-er 1!"ur,;icme ·e :a disoip'.ir..a •e pl'r :1ia 10C.n10cird,di-eaJ'.a,f1e,der.azfonee de)\a « Ca.no.alidi », ima ,per seminare dentro ru.1:i::1. e d'a,lk.a. rtaJhe ,una chsco-ndra da sc,onvo1genb e mov,3narr:'.~ JJrQprio come desideran-o g>ii ainmabcmi; i QuaiLi. n-a!ura.:- melr.de, pol'r,1bbero ,maindarn~ai: comun:isti, t-~po Oaiwa e oompag,nt :e-mlg",i-ori o::inzir1c.1!,u 1? zf.cn; ,e ·IT',ccira::ç~: ;,m .i-:,. i ò· qu-esto imon.do. E f;u.~:o ques!io rei~a\'.lffim.,ntc copcr.,o dal saioro ba:J1-dierone 1del -oamu:i'.srno! .6qoo la diomarr.a~iane ,dc,ourmmrant'.! Ja \mpairqgig:.aibil~ 1cmes1~à di ldhiarezz:1 di fode, ,di 1dobtrina, ai ·,propos'li di cerb ,gonte iohe. ooìla m~ch.c:ra ,comun'$a, a:gisce ,in IT11atniera da non ·di.c;tu11bare sovemcm1a1men.te i •sonni. ,del o~pitaJL:smo: Teniamo a dichiarare, nella nostra qualijà di marinai comunisti e rego- !arrnente inscritti al Partito comunista, che nella seduta del I.o giuwu 1922 del Comitato centrale del Partilo comunista, l' avv. Cappa Arturo si è accanito per indurci a svolgere un'azione capace cli mettere ira i fe· derati della bassa forza contro lo Stato maggiore e viceversa; ci siamo ribel!ati a una proposta di tat ge11ere,perchè rivelava e rivela il Proposito di dividere le forze marinare federate, il che può essere desiderato solo dai nostri avversari, ritenendo che la condotta del predetto avv. Cappa sia contrariai alle vere idealitd comuniste e esiziali all'interesse dei lavoratori del mare, sentiamo l'irresistibile bisogno d~ pubblicamente de· nunziarla sia per smaschera.re questo indegno comwiista, sia per mettere tutti i veri compagni sull'avviso contro le torbifie monovre di coloro che, come it Cappa, sotto la maschera comunista, mentre sui giornaU scrivono per l'unione elette forze nwrinare nelle conventicole private trescano per dividere quelle forze. iEmiJioiMarollo - Antonio Guadalupi. .Qen,qvia, 13 ~ug;T)o ,!'922. Leinfamdie llgaiustizia In Rumenla [)aiva111 ti ~I 11nill)uin,alle mLbi taire ,c!;i B uoarest ha 11u-ogo, id,a, .mesi, tria j !Più .im,umanli .maillbnabtéllmernbi: ,de.i ll)rigicm~e-ri, -wn p.mcooso ,oantno, ,urnb, ucm ·noone,podi opera!~. Siqciiall isti, IQOtrniumi.s ti, ·fil ,qua.Le,neI S\.liO ool11!If!esSO ,e :im, tUJL't'i &U:◊li. ;parr,thcoJ•ani.,12lro)alrtiene .aii più or.r,em,d.i ,cfennti giudieìila!ri ,e &a idegmo ris-00I1tu,o ai fatti ,dell,a, &::iUJSttiziia id H~tlhy. L' « Aur0in 1 » di Buoamest ,oooì ,rhfeir,i.soe rJntonnio .aJL!a ventils'OeS1maig1ii~mata ldie,I 1Processo.: •« ilin ,tr,rste 100frte.o ,gil.i .aio.cUJS'a,ti .si tu-aOC'im.a,v.amio 1dal ,oair,oE:ire mhllta,r~ TLeJla Lea."JUII S@rnea .suno atl.La saLa ,cLe,!ILCao1rte di -Alss~se. J iPél.SSa111ti w,&ia1ni,zz,a1r-o.n-o per es.sii ,una, ~Qflltainea, ,ca,Ld.a ,dimo.sw-iaizio.- 111e. tLe filnJeisiliri,edleùle IOa!S'e eraino -z e,ppe di ~eithaitori. J IJTliar<eiaJPiedù si r,ilemj)iv.ain-o -ciii genl!e ,s,d1,e,g1rna,tai, e qua1nid,ci ,d!aJ1.a. i!ii 1 l'a ldlegl&i 1a1oou,s.ati, dhe .a ma,lia 1pe1r1a si nr,aisoiln~~ a1LcUlllli 'flrai 1cllli i001Jd:- ma;llln. tùuipu, IRJolbhmairu111, J a ruou, Oheoo-- giu, J:"v1a/11JOemiko ,e 16:iheil. 1Fie1herr caidldlro svetrnufu <i:nimtezzo ,alitai istir.aid.a, J.ai f•ohla, i1n, pr,eda ai!llial :IT)ialSSÌln.laigil:a!Ziane -P'!"OrUl])- p1e ~Il gir~da ,clii ,s,de,g,oo. ,cqr s,yemu ti fu, nano na;lzaibi ,dlai il:O\ro ,compaigni, i qu,alr m tiraisip-or'taniono iai lbr.aioc.ia si,ooh il ,cor- ,teo 1pamev.a, ,cna.sipC!rtaire ,dei ica<laJve,ri. Gtulllti ai! T1rilbuna'1.e, gti~ weiru11ti .tur-ono dis.tlt'.si ,s,u ,ta1v-01:v,ek,,\1n10 1all,lcquali j sdld:aiti ainmati. ifalow.amo la ,giuamdi,a. Le g<ail'le,rie td'.eJlYsa,na ,deltla Oc,r:te <l'Assise s·01l1JO. I )iemez,eu:we 1ct:ei ·pa:re,n,:,i degli lliccusaJt~ ,i ·QiuaiBi 1 oe:ncai1110 i fc1110 cor.,gi•1.mt~e al.Jo-rq uain,do ,g1~; .aiccusaiti erutma,n o .in sada sì ise1111tioo,gemiti e ,1 isos,piri idi qUJeL- !e ;pemsicine g;ià slr.initle· -daiH-0scioiPero del1l!a fu!mei; :hl TmJbumail-e idi .giu•emna ;peirò, gjà aiVìVi~zo a q,uelSitosiDeitba!oollon,on ne IP[le!nde 111!Qta. IAiPEfrtai Il' <UJchenm., ,La Hhief: FeJJ!e;r fu a:>nesa, :cl)a :tlln sooo)llJdo .svem~m'eln~o; ,oo>sì pure il.llTI b,uQn 01/Uimeir•.dai altr·i .aiaousati. Un meclioOI l!ùOllll ,era,IJ)r,ooeinte miè si ·'Pemsa .a1 -nain1ovenhre. [..,'1UJd·iem.ozal11~'iin:uò. F,u semitiiltro Il.ID itc.sitirn01:nlio idi idiiiE'~, il qua:te <iliecFe .ar pnol:QCOll'lohe mo.iti c]<e,gl,i ia.rooi.nsait:i aiv~varn,o fu.brio tr 1-o.ro po.ssibìl! 1e ;pe,r impeidime ~c~qpeai 10d.a1br-e Ifotte. La imaigiglor ,pair,te 1d)egni lél!C0u.sa.ti ll)eirò è tiai!nnenitle 1e.st<emruata rda nòn ·E'ISISer.e m ,gr.aldo •dli ;fa:re 111è -d'etLe damaJnde ai ,té, &tl'nncmimè 1dfl .se,g;uirel)e de1I>OS'izion-di lei testi; ,per 10ui 1TY11<1ruc:téll1110 aHa -d~po.siz,iooo dei ;testlirrnp.ni ~ <l'Yfe~. iL' aJViVQCafo,d.iif\n.sOrr;e Ta.kie Po.Iicra.t dk:lhiairò che 00: 10110 1i ,q,u,aJl1hiammotcirrner.it?Jbo tCO'sì •Jil:umalnannentie &ili iaioousat:!, ne dQ\lfriamm(oPOirt)a)r,e Il ,c:Oln:Slew;•u mze. OueJi~o clre .a!V'Vieme 111JeilLc cair,oeri \! pe_&jgi,0 ,ah e im:uima•:10, 1111a. l ,difeisa, foir:ì. in modo ohe g:li autari -d,i que1Vle lbessi:I;ia:- it,à smo trraidobti ·d.a:v.am,t iiia,J Trr;fuutnaf'Je. A q,uesta. osser,v.azion-e DI D.nes-i<llerne passò ol~re oan sc,rri-so ,di schetPrJJO. I r,>r;,goontleri son,o idedsf a conti,nitla,re lo .s6c:J)erio ,d!eill-a fame; di sEtr.a iiu ,d-aita lor o idie W ooq UJ'.l., ma i. ima,!rtrnaJttamein,ctol nEr-11.La1n,o. I s.-ol)dati di ig,ua111dna .sctno mur.-i:~ di 1b2..ston•ei, quarndo i 1I>rt,.giar.<1eri, 1De,r !Jie<SJp,:ir«!Jre aùrn m,o wn IJ)O' ,d' ari.a, si ia.vv~c;inam,o ad un11 iinutra, i sa'.'da,ti li basta.-,:!lno e Oi cacciamo indietro. Cct:~!JTlo ~e Ib<r,utatJà,: oommesse su D.obroge.a1nuGiherea, fL~ii.o del ùCrmipa- '.!70 Pt:1meno -:;11nc1,1:rno m to e r,mpe ta;to in Lut ho il mciv:m:m to operaio ~nrt:enn,az:arua!le pr,obe.stò ai;1che 1,I JDr◊treis.scire .! orga, ucirno ljX)li,t~o rrtm11:1n,o ci:eu11c:ora1{,c-oaf.,tamemteir,'.$tpett,a1t.o, g'i.à ,pr~òdente d.1: .Pa,r!'alll1e,r.1tc, nu m-;:ino. E_g:;i, cri,ve: « T più pri!lTii,:ivi _entimenti cri,stiain,i e ili r:i1pett-0 a1!f!ia J)lfffsonaìrtà uma.m,asooo stalti 1Pro.icmid:irrne,nte cC'Lp:it:i dai:le az·>o,ni c,r,mmes.se 111f!ile c.airce,1 i mJiitari di Dea· lul $piirei. U:n a:oou.sa.io,deg-ro dei: mas- ~imo rr:·,sp~,tto, è stato ma·ltr.aittato da ~~1Ga1L'i.. PJ0!1 si &a s,c IPCr lo.ro 11)arb~•ra k1:ziati,v;a 10 1Peir aretine dcTI p,resiG'einte. Il ,persotnale de,I1J-e ca,rceiri m:l"iitarri ha b~stOJn.arr,.oa sain1g,ueDc,bircgeamiu Gh~· Tea, gli f.u.roin.o me~e ,:e oa.teme iail collo e a~ polsi:, e ,oc.sì fu g,ebt,a,,o il!l '1J'l1<a celll'.a, tanto 1Pi:0cola -ohle eg-I-i•rion [PO:tev;, ,sfar:! .i:n piel(f;: nè ;d,(st.en,dersi, ,e gli fu ordinato <li 111c1anf.l01n1,a,n,airsi ·dla~kl ce,:• 1:1 lltCfPp,u,repe,r so<ldi faire ai rPiù U1r.ger-li b-i.s,o,gmh. Jon~a ifinòsoe questa ,desicniz,:onc,cc,:, alc1.lll1efonti ,parr.if•edi p111otc,sta. Tanno 'i gionnalli da noi c,taiti, quainto il ,professor J orda .seino 'bc.rghesr, ,ohe [H~.S&ll!rJJ0 pOi:brà ,aiveme;n sosipetto di ~ilmpat'iz~arnJti ron soc;.aiListi e comuirn:s•;i. QuClS.ile .sO!i'O oondizio,ni, ,che mettono la Rumeni-a a,l'laste~sa SlhPeigu.a1d1 Hor,tlhy in Unigh~,r,:iae g!:i HO!rihy r,u,me1n,i non po&..0no IrJcmmeno aippigg,i.arsi al fatto 1otecaGino Bianco deil¼. veln/<Fettalde81a ,oollltJroo-.iMO!liuzionc. Clii ®ous.aitfil lllJ (JJUJelSlb\Ol).POOeS-SO S◊!OO tutti OOl!npa/g)T!ii~ i qual'ì lffil!t1111JO'COITll!TieSSO, tl' 'Oirr1lbille ,d)e<Ektiltdlqii ;pairtecip:ame .a '111110 ooilo11>eiro ,g,enerailte. ~Apuire idi a,veir,e vpt,a,t,o Ln lll/lù 10an@ne.s.so 1cfelp'.,air,ti-to, che :Le iauflQrfttà a;v,eviano 1Penmeisiso, Hlll [3."/0re 1de;M,a, T1emza. ffinl!euinazi\)Il,alie. LUNA MALIGNA Novella di Henry Barbus■e Us.ciro111,odalla terra - uno, due, tre, si·no a sei - sotto il dih1vio della pioggia e dell'ombra. Si sarebbe det~o che uscissero o :1!l'a::- qua, tanto la pioggia1 diro•tta, che cade,·a senza interruzione da un mese. aveva sommersio !e prunaie e conferito alh pianu1 a che circondava DevanjarQs c ,,ù~:;:- nopoli Taispetto del mare. Si scossero, lacrimanti per aver tanto sbadigliato, ma con le. facce increspatle. Si issarono fuori del lungo fossato. Marciarono, marcia,rono, spalancando smisuratamente gli occhi, sentendosi applicare sul voito, ogni qual volta osavano osservare fa luna, una brutale m.i.ischer.a. di pioggia. Bravo Benzo Un vo' in ritardo e forse anche non senza una punta dt malizia, ci è stato riferito il seguente ,episodio, che se non è esatto in tutti i particolari, è verosimile: I r(hPJJresentantideli.a Lega reduci proletari sono riuniti a C@ngresso in una sala della Casa del Povolo di Zurigo. Toc, /oc, toc: la porta si dischiude e penetra il naso di Renzo dal Ferro (brrr !) , al secolo Lu,i,gi Rainoni, detto anche il purissimo cavaliere senza macchia e senza paura. :_ E' vermesso di entrare? - No, vattene, tu non c'entri. - Ma sono anch'io un .reduc,e! - Da dove? - Dal Burgholzli (I) ..... Movimento generale di sorpresa; i congressisti si scambiano uno sguardo interrogativo. E poi: - Ah! abbiamo capito. Sì, sì, va bene, sta bene, è giusto, hai ragione, bravo Renzo... attendi di fuori. Il naso di Renzo si ritira più lttngo di quando era penetm.to; la porta si chiude. Nella sala si commenta; poveraccio, non guarisce più. (r) - Burgholzli è il manicomio cantoruile di Zurigo, Propagandafemmlnlle Agli uomini Se desideri, compagno, che tua moghe divenga la compagna buona e affezionata, ,devi Prima di tutto tratta,.rla da pari a pari, abbarui.onando il cipiglio nero, il tono antopatica del superiore, del padrone, come spesso accade. Ora avvenga ch'essa si dimostri ciarliera, bisbetica, provocante, vedi d'usarle compatimento e di correggerla con modi affabili, rammentando che essere gentile, corretto, non significa affatto essere minchione o debole. Tutf altro! · Tua moglie ha dei difetti ? Oh, rwn far la voce grossa, compagno! Ne hai anche tu, forse più di lei. Chi è senza d'ifetti scagli la prima pietra ... Peccati su la coscienza ne han più gli uomini che le dorme. Oh certo! Lascia che colei che condivide la tua sorte sia l' ammi,nistratrice della casa. All'uopo; le darai i denari occorrenti, senza lesinare. Avvenendo eh' essa approfitti della cassa dome· stica per spendere nel lusso e nella civetteria, viglla, allora, con fermezza e richiama la tua donna al suo dovere di massaia. Non transigere mai in tema d'igiene della famiglia e della casa, spiegandole la massima proverbiale del tedeschi: - Mangia meno di quel che sei, vesti quel che sei. abita meglio di quel che sei. Fa poi eh' ella non pigli il vezzo del pettegolezzo nelle scdt'e ,con le vicine. La sua miglior compagnia sia la tua. Esortala a non nasconderti mai nulla delle sue vicende, delle sue speranze: maJ. - intendiamoci - devi far tu altrettanto. Se tll cominci a chiuderti nel tuo mutismo altezzoso, infiuci la donna ad essere, alla sua volta, riservaf'(fJv, erso di te. I ma· riti che fanno da padroni in casa, spingono te mogli a ricorrere al consiilio del prete o d'altro uomo. Se ambisci di avere al tuo franco una campagna cotta, una saggia educatrice dei tuoi figli, consiglia la moglie a leggere i tuoi giorrudi. i tuoi libri, e a venire teco in. discussioni di economia, d' igiene, di religione, di ;,,o!itica, di scienza, d' arte e di qiw.nto la può, in un modo o nell' alfro,,interessare. Vlloi eh' ella tratti bene i tuoi parenti ? Principia tu -a trattare con deferenza i suoi. Se hai figli, regolati in modo che essi abbiano sempre nei genitori lo specchio della tolleranza, della gentilezza, dell'urbanità reciproche. In queste pabriarcali, semplici e JJllr sublimi ,nassùne sta il segreto dellu. armonia famigliare; la Pietra miliare della filoso/ ia e de/I<~nobiltà del vi· ver bene e del sapere lasciar vivere meglio. Il problema sociale è grandiosamente complicato, sì, ma cominciamo col tentare di riSolverlo principiando da noi e dalle persone che ci vivono a lato, ed esso ci apparirà infinitamente JJiù semplice; così le armi per la sua risoluzione ci appariranno a miglior portata di nuuw. Oome mai? Ancora ne~una •sen:tinellai? .\'"dia po:vere gialla del ore?us~olo O· grun,o di essi appariva come un al,o mucc·no di pelli di m1 0,n,tone dal qu1'-~ scaturiva la canna di un fucile: tutti c sei sormon-tati da berretti di astrakan con la calotta verde. Si fermarono. Si era,no smarriti. Colpa della luna con I.ai sua mezza luce, con la sua fa'sa luce, che inganna.va ... Rabbrividirono, ripartirono. Tiravan molto sù i piedi fuori del padule. Evitavano appena i buchi d'obice, picoo:li s~ g-ni nei quali un carro si sarebbe anruegato e che di gio·rno sono rossa-stri. In capo a una mezz'ora nessun fuoco, nulfa. l::,ra una pattuglia di Maa i • !i incorporati neld'esercito bul~aro che att;:i, ,.-rsa•·:i gli a.vamposti. l-:éi,ta<t1tie scossi dai foschi yort:c, li ce11cr<', agitarono le loro '.unghe braccia ad al; di mulino, si fecero il seg!·•·>C:d~a n l ce, punta.rono destra, a sim! .,:t i lor~ ceffi, neri spala.ncando en,orn1i ,)cebi torbidi •da roditori. Aci una cinquantina di passi un ramo piantato ne· terreno cominciò ad agitarsi. I Macedoni si diressero verso il buco donde partiva quel segnale. Era la trincea abbandonata, daJ,la quale il sergente N.aritch e i suoi cinque u_omini. che vi si erano rintanati, aveyano fatto il seg1na'e. Quei 1SeiBulgari amavano: quei sei Macedoni. Diplovitch e Kaloub erano amici di vecchia. data. Il vecchio brigante Nexis era stat-0 un tempo professore di Naritch. Potrof e Reff si erano riconosciuti per cugini di oosì prossimo grado da riderne sino alle lagrime allorchè lo constataro,no m,el loro primo incontro. Quanto a Suleiman e a Nazif, essi dovevano vendicaire ,]'assassinio! di colei che amavano tutti e due: erano dunque più che . fratelli. Da"l'inizio dell'assedio, quei dodici uomini si riunivano neU!'ora grigia nell'a quale i fucili diventano ciechi e sono obbliga.'ti ad addorll!entarsi. · Si ritrovavani0 nella. vecchia trincea c?le 11011s1erviva più a nulla. E là si rruettevano di fronte addossandosi alle pareti, -coi piedi nel medesimo fango. Scambiavano alcune poche parole, frater_naiménte, cOln aspetto selv::i.ggio e calmo. Dicevaino: < La guerra sarà lunga», « Che Dio: di-- sperda il Turco! ». Poi. senz'altro aggiungere, i dodici uomini pensa vano l'uno a fia1nco dell'altro, e così a contatto avevano le anime pl!t calme, e le teste più gravi. Alla fune si separavano e le due squadre rientravano nel campo seguendo i -rispef:1:ivi sentieri. Quella sera. riunendosi. i compagni di arme erano tristi. La pioggia incessantte, il freddo perpetuo e come un.a immensa noia nuova. li opprimeva stranamente. - La guerra non finirà ma-i, amnunziò Kaloub con 1111._asmorfia che gli sti-rò le gote nere come polvere da sparo. - Mai! rispose Nazif. E sbadigliò come un lupo maJinconico. Abbassano,no tutti la testa. e tutti isputarono_ E come avviene quando l1 a malattia della malinconia si impadronisce di tutto un gruppo, pensarono prime in s-e stessi. poi ad alta voce, a delùe cose misteriose. - La luna pare la mezzaluna turca, disse Ka,loub con voce mutata, come uno che si metta a ca:ntare. - Cattivo segno, constatò Alexi,s, il brigante venerabile che aveva l'esperienza delle cose della vita e della morte. « E' la influenza maligna della luna». Raccontò 'a leggenda del primJo quarto maligno che uccide per vie indiret,te tutti coloro che essa guarda- dall'alto. G'.,i uomini alzarono il capo e sbirciarono l'affilata falce funare velata a lutto. - Xon bis,ogna t~ntare la 1una! brontolò fra i denti Potrof che era. quantunque grigio, sposato da poco. Ci cogJjerà disgrazia! - Io ho sonno. disse Ref-f, lamentosamente come un fanciu'lo. - Rientriamo! grugnì Alexis. Alexis si infilò la baionetta nel gambale di pelle. I :.facedoni non hanno cinturino ed è nei gambali ~he mett0'11o l!a baionetta e la posata di legno. T :.facedoni pa,rtirono ad uno ad uno. I Bulgari li guardarono, e si rammaricarono del loro allontanarsi. Poi, invece di andarsene ara loro volta. rimase.no nel fossato, in preda ad una grande incerta minaccia, con la molestia cli sentirsi guardati eia quella ]una nemica. ubbriachi cli stanchezza e di supen,tizione. Ognuno pcnsaYa a se stes-so. E il seirg-ente !'\aritch Yicle la sua casetta. e sua moglie con la veste pesante variopi-nta come un'aiuola. Scorse in sogno la svolta brusca del viale, là dove una risatina preziosa annunciava. l'avvicinarsi cli una testina clorata. Sentì l'odore del'.a siepe e riconobbe i salici intristiti messi in fila, lun~v Il ruscello, come solda-ti. Ria 1zò bruscamente il mento. Si stropicciò gli occhi. :\'on Yide più che l'ombra umida. e nel profondo dell'ombra la lama aguzza del'a luna che splendeva sospesa. Tentarono di -orientarsi m,egli101nella vasta pianura melmosa,, e nuovamente filarono dritto avanti, a testa bassa. D'improvviso, una fucilata .... Il sergente bestemmiò. Si voltò da una parte, poi daill'altra, come un.a banderuola. - Siamo nel campiq turco! La frase sa.rebbe -sembrata assurda, da tanto poco tempo: avevano lasciato la vecchia trincea, se non vi fosse ,stato -iill tutta questa faccenda l'odio della ,luna. Scossero il capo. Kaloub borbo-ttò: - Avrem1m,o dovuto rientra-re aj campon contemporaneamente ag.li altri: i Macedoni sentono la strada giusta al fiuto. Rimasero fermi, coi volti furiosamente protesi i,n avanti. · - Ohi, ansimò Diplovitcb", ci sono ~ nemici appostati.. .. L'incerto chiarore lunare, schia.rito un poco da un vento vigorooo, mostrò infat'ti delle informi sagome di soldati aggruppate su·la prunaia, vicinissime, a portata di voce. - Per Dio', abbaiò u,n altro bulgairo. Erano talmente certi del tranello n-eL quale li co,nduceva la lu•na che so.Io a stento riuscirono a non urla.re, nella certezza terribile di avere finalmente trovato il péricolo. ' Naritch, sottovoce, coma.ndò il fuoco. Fu la schie1:1 rtmica che sparò per la prima. C'O.ne s~ avesse udi,tio. - O .11f ! fece P~trof, lfuomò che ria poco en sp0~0. Va~1l10 ·:c:1. ! .::osi il ven,tre, e si ao',c:.•- t?: quntunquc· facesse energicamente col c::.po ~q:;no <li 110! l coli 1 ù: fucile crepitall01ll!o dall'::n:\ e da!Lt:~cà parte, si moltiplicarono. Tos,o tutti g-1; nomini caddero. J;ultimo r;masfo in piedi finì per chinarsi, éhinarsi, e adagiarsi. E gli parve ne' suo sogno preagonico che qualcuno laggiù, fra quel!i che l'aVJevano ucciso, geme~::e il· suo nome. Ram.toli risuona::-ono dal!'tma e c\a1l'a1tra parte, poi si attenua• ro11-) e si ccmfusero dolcemente, come una musica. Tutto era quiete e silenzio, quando giunse un distaccamento agitain<lo- dell'e lanterne. Dod'ici cadaveri: da una par1:e i sei Macedoni. dal"altra i sei Bulgari.... In preda ad un'angoscia sovrannaturale. abbac;mati dalla fantastica 1-eggenda, nè gli uni nè gli altri avevano più saputo rientrare nel caimpo. Gli uomini delle due pattuglie si eran,o appena intravveduti, come ombre, e si erano ucci-si a caso alla cieca, a tastoni. sen,za, ;ic01nosc~rsi . . senza capire che erano f,ratelli - come avviene sempre nella guerra .... Federazione svizzera dei lavo:ratopl edili GASSA MIMALA "PI iDunaJrJbiel!a, isettmLama ~e ;v,aìg,e ·ai~la fanieISCino sta,te, inviaite alle ooz,1oni e .P ré1ci 1 salmen te iai <Ca!ss,;eri sezi onaili, I e cefdiole d' ms,ani.zicme ·alla Cassa arrnna1-ati. I isaoi. rdhe rv,qg.lion,oi11S1cnweJ1S.ì ia1:•l'a Cassa <llm'mal)ait!i ha1111<nloa irivOl:ìg,eir.s,i a.I caissieaie1die1H{]at()(J1o Sez1Qne ,e triemw.ilfe i: formt11tarr~o 1dl aJdesiorne. 1Peiri isaci, 1ohe m,cxn sQ!lJo .a1S1Si'our,a,t,j oornbro ·le 011'alattie, ,I' ,i115omzione è dblJlig;aJbQnHa. I sqci iohe diairmo iglà iPaTbedt una ~a rioonQsoiultai 1d'aildSofiato1, :DOS 1S1ono a!deri1rea. lba Ca1SlS1a f~dera1:e, senma essere dbbtl!ilg;aiti ald ~aire ida. q:t1elh·la' 11br.a. Q,uei isQloi iill(v,eioe 1dl1e,falnmo '])alrt-e di k]ue Casse ~a11l rioon,ooCÌitlte daù1 u Staito, 1P0C."'5i0fl110 1V,emime ·aimme&Si atl<~a Ga,~a ifelderr.ail-.esal,t.a1n,to se 1 e1sooinoda u1111adleùle1tLU1pe-r,eJd'e,tllie. Non si 1Preleva ,aibqunia. ta:ssa. id' .a1mmi&s<i,ane. l.Jai ,QUJot·a IS'actimama,J,e è Idi 50 ,oentesim i. Dqpo .alv-erfl)alg,a be, % ,q1U10:f,e 'l) ,r 13 seibb'lmam e, .im. OéllSIO-1d1 maila ttì.a •vien~ oa..rrdspqsifio l\.lln ISIUSlS~dia 1ct:i ,fir. 4 al •g,ic,r- -no 1PC1r ~ IJ)rìmi 60 1g;ionn,ie <li mr. 2 al ,gicxnn,o iper aMri ,i.ao ,gi;mmi. Do.po aver a,ppair.~emiu no ,a1Ua Ca.sisa, pro; lJ04setbiim.a1ne, isi 1cCinri<S(J)Qi11don,o iir. 4 .al giQrin,~ per 180 .g>iQnn1r. • IRJa1aco'm!a.nldìianno rv ÌWl!m'enite a tutti i SIC1Ci ,dli,cm firaine a ifrairII)<rrte ,cfeUaCassa, a1 mmallaJtii ,fdd,eir1ai1 1 ei ,dhe è J1 otor iamem~e wn,a. ,defll e ~liari. Si scosse. Che co-sa andava mai pensando? Era tardi. Il vecchio colonnel1o sui loro passi. sarebbe salt.a,tio fuori da!l; ·"""'"""'"""'"""'"""'"""'"""'"""''""""""'"""'"""'" tenda come da un tabernacolo, agitando Compagni proletari, leggete come una fiamma il mantello grigio fo- e diffondete derato di rosso, e allora guai! - Su, bisogna andare! I' I I A vanti I I I
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