- 274 -- lhl'nto ohe poteva e!lsere la conseguenza doi sentimenti e delle speranze llberameut,o ospre,1so. Sl formò cosl tra gli irre- (h>nti un'1trto di parlare a sottintesi cd allusioni che somiglia. in certo modo al gorgo ronvcnzionale delle societ:l segrete, ma cho cl'a l.1enc aprrto anche alla polizia. Ma qncilta vi si trovava di fronte disarmata, giacchè ad interpretare proprio tutte le allusioni in danno dell'Au11tria. al dava. la. zappa sul piedi da. sè e, del resto, se venivano intese secondo l'intenzione dell'oratore, la colpa.... o il merito era. di chi sta.va a sentire. Si narra. di una guardia che arrestò uno accnsandolo di averlo sorpreso a grida.re : nbbasso (veramente la parola era pilì drastica) l'Austria; ma scusandosi l'arrestato che non era stato bene sentito e che aveva lanciato l'offesa contro l'Italia, la guardia sentenziò apoditticamente : • Ah I no I quando è abbasso, è sempre per l'Austria! •. Insomma l'unico modo per la polizia, se vol~va impedire, era dl conrlannare al silenzio assoluto, come tal• volta teco. FELICE VENEZTAN. (3 agosto 1851 - 11 settembre 1908). Felice Venezian, che di quest'arte fu il maestro, cominciò per tempo a ùarne prova. Per esempio, nel 1872, quando il sistema dl stenografia Gabolsbergcr•Noè, del quale era un convinto propugnatore, tu adot.tat,o in una scuola di Ròma, in - serl nella Gazzetta stenografica dl Trieste (n. 3) un articolo nel qnalo attraverso la soddisfazione dello stenografo traluce la speranza del propagandista politico. Si intitola : • A Roma ! •· Comincia : • Da quando con la coscienza politica rinacQue negli Itallani l'amore degli studi Biblioteca Girro 8 anca seri, ... •• pol a.ltermn. : • ln faceta alla vittoria che la nostra scuola ha riportato testè in Roma, dimentico volentiort le passate peripezie e guardo fidente nel· l'avvenire che ci si prepara•· E conclude: • Gaudenti por il trionfo ottenuto, pieni dl speranze por le future sorti dell'arto, un griùo c'h•rompe involontario dall'animo : A Roma ! a Roma ! •· Entusiasmo che anche per un appassionato stenograf~ sarebbe eccessivo, se non fosse patriottico. Del come si arrivasse a far intendere tutto, rasentando magari l'alto tradimento, può fornire un ei:;empio il seguente inno musicato dal maestro triestino Gin· seppe Ilota alcuni decenni fa, e che ha uu significato anche ora. A TRIESTE. Quando sventola nel sole Della patria la bandiera Rileviam la fronte altera Con un frr:mito del cuor, E dal grembo del futuro À l pensier che mai non posa, Vien la spr:me or(Joqliosa Viene il forte antico amor. O vessil dei nostri padri, Splendi in vetta alla collina Splendi in faccia alla marina Come un nume tutelar. Noi verrr:m do1·e ci chiama Di Trieste immenso amore, Con la mente con il core Con il forte antico amor. Ma l'ultima volta che il poeta e patriotta Giuseppe Picciola venne a Trieste per commentare il canto dantesco df'Matelda aJJ'università del popolo ed aveva preparato un proemio di introduzione e di saluto. quando fu avvertito che la polizia minacciava di proibire lo conferenze seguenti al minimo accenno irredenti· stico, egli per riguardo dell'università del popolo, spppresse di propria iniziativa il proemio, giacchè, come disse, non c'era dentro nessuna parola o frase di irredentismo, ma non v'era una parola o una frase che non lo contenesse. A mantenere i significati irredentil'tici alle cose la miglior collaboratrice era la polizia col proibirle o perseguitarle. Segno d'irredentismo, ad esempio, era il numerare le ore in continuazione sino al numero 24, poichè le ferrovir austriache non avevano adottato quell'uso Emblema e contrassegno irredentistico era la. alabarda, stemma trecentesco della
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