(Oon 9 Wustrazioni}. :'-'11' 1 111111' 1 111 11 ;: Trieste, nel 1913, un vio• lento temporale abbat,tè uno degli alberi secolari, ==- A _-_- lodogni (celtis australis) che sorgono dinanzi alla cattedrale di San Giusto, sul colle cantato da Giosuè Carducci. La gente :=_ = si recò quasi in pellegrimlll1!1illlll11illlll1ill~ naggio a vedere l'antico gigante abbattuto ; chi potè se ne pro· curò un pezzo del legno per tenerselo come ricordo : i giornali ne parlarono diffusamente, illustrandolo per lungo e per largo : gli alunni della Società Ginnastica si presero l'incarico e si assicurarono l'onore di piantarne uno nuovo sullo stesso posto con una cerimonia solenne, per la quale Riccardo Pitteri scrisse una poesia cantando l'origine romana di Trieste, gli uomini illustri che appartengono alla storia triestina, Enea Silvio Piccolomini, Andrea Rapicio, Raffaele Zovcnzoni, e le speranze dell'avvenire. A chi non conoscesse le condizioni speciali della vita triestina e la speciale aura, a cosi dire, psicologica che vi si respirava, questo fatto potrà parere o sentimentale o puerile o ma,gari comico, come quando un elegante ironista prese in giro il cerimoniale col quale a Ravenna fu accesa la lampada di Dante, alimentata dall'ampolla ili Trieste, per mezzo di uno zolfanello d'una scatola della Lega nazionale. Ma va ricordato che gli lta· liani tagliati fuori dalla patria e soggetti all'Austria, potevano ma'nifestare solo r -~· mezzo di simboli quello che non era permesso di esprimere con le parole. E questo è il caso del lodogno, che parve quasi un'h,tituzione cittadina violentemente Rchiautata dall'arbitrio, naturalBiblioteca Gino Bianco mente·, austriaco, come la polizia aveva fatto di tanti sodalizi triestini. Ma quasi a significare che la persecuzione poli• ziesca non arriverà a sradicare il sentimento d'italianità, i giovani della Società ginnastica, la quale in cinquant'anni era stata sciolta e rifatta una decina di volte, ora piantavano l'albero nuovo a simbolo e sfida. Del resto è noto che a Siena, tra il 1848 e il 1860, nell'occasione della famosa corsa del Palio, con uno speciale omaggio di entusiasmo e di applausi veniva salutata la contrada dell'Oca, la quale ba bensl il vanto di aver dato I nataU a Santa Caterina del Benincasa e di contenere la Fontebranda ; ma più Immediata era allora la causa delle manifestazioni popolari: la· sua bandiera istoriata con· tiene il .tricolore, il simbolo del volere unitario d'Italia. Per l'istessa ragio:p,eogni combinazione anche casuale dei tre colori faceva dare un sobbalzo al cuore di ogni buon triestino od irredento in genere, per i quali il Quarantotto, con i suoi entusiasmi e le sue ingenuità, ha durato virtualmente sino all'anno della liberazione. Perciò appunto la 11olizia austriaca dava una caccia accanita ad ogni combinazione dei tre colori : fatica vana, come si può ben comprendere, perchè il bianco, il rosso e il verde sono tra le armonie più frequenti della natura, e percl1è il tricolore come emblema della patria acquistava un valore di significazione ancor più caro in quanto era proibito. Al formare o all'usare il tricolore andava unita una certa piacevole coscienza di correre un qualche rischio, di fare una manifestazione meritoria di un scuLimouto perseguit,ato ùalla legge dello Sta•
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