t - 225 - . ,. romagnoli, come già sudditi pontifici, eravamo di casa ; gli abruz7.esi e i meridionali in genere, erano designati «cafoni»; quelli dell'Alta Italia • buzzurri »; ma queste tipiche designazioni popolari, non racchiudevano nessun risentimento, e si viveva tutti nella più allegra fraternità. . All'Università prevalevano, naturalmente, i romani. I liberali moderati raggruppavansi attorno a Tomaso Tittoni, vi erano i radicali e re pub hlicani che avevano anch'essi il loro gulùone; ed avevano i loro anche i clericali. Eranvi però sempre rapporti cortesi, senza esagerazioni polemiche, e con una sempre cordiale amicizifl personale. Come Tittoni e Scialoia, Filippo Crispolti è uno anch'egli dei superst.iti di quei begli anni. Nè mancavano i simposii annuali apolitici, e allora l'allegra baraonda ci univa insieme di tutti i colori. Si viveva molto nei caffè e all'ap.erto -· e, Roma, per questo era deliziosa,. - Il caffè tradizionale era quello di Roma a San Carlo al Corso. Un vecchio ritrovo del generone romano, poi di molti uomini politici. Noialtri studenti vi capita.vamo, in via eccezionale : era il più caro, per quei tempi, ma era, quello dove ogni consumazione era cli primo orrline, a non volere andare in piazza cli Spagna da Spillmann o da Nazzari. Sul Corso, dirim,etto a palazzo Chigi, vi era il Caffè del Parlamento, all'angolo di vicolo Cacciabove, oggi Rparito. Ivi notavasi un gruppo immancabile all'ora di colazione : Giovanni Prati, un suo ineeparabile amico, marchese Pallaviciuo, di Nap1li; Angelo Messedaglia, Tommaso Bucchia. Qualche volta vi capitava Giuseppe Revere. Dopo le colazioni all'ora del caffè i giornalisti vi convenivano in massa, poi vi riapparivano cli prima sera. Socci, Filandro Colacito, della Capitale, un Antonaz triestino, Ferro e De Luigi moderati, Erculei della Nazione, Piccardi (Lelio) del Fanfulla, Vico Mantegazza della Libertà, sempre tutto in nero e in oihus; Do belli, pure della Capitale, Luigi Castellazzo, Canori, cronista teatrale del Popolo Romano, e qualche volta Ugo Pesci del Faniulla e De Tot (Don Peppino) sordo com~ una talpa; Greco, Ardizzone, Pantano, Domenico Narratone del repubbli· cano Do1;ere. Verso le due c'era la imman· cabile passeggiata a piedi per il Corso, fino al Popolo. Ugo Pesci abitava agli ammezzati dell'ultimo palazzone a sinistra e lo lasciavamo là. Altro ritrovo Biblioteca Gi o Bianco era il Caffè il.'ltalia, sul Corso, a Palazzo Bernini, all'angolo di via Frattina. Borghesia romana, professionisti, consiglieri comunali. Nello stanzino verde verso Piazza del Popolo ritrovavansi seralmente varii repubblicani: Raffaele Petroni, Federico Zuccari, Augusto Bellardi ed anche il suo maggior fratello, Gigi ; Vincenzo Montenovesi, Ettore Oiolfl, tutta quella che il giornale l' Itnlie soleva chiama,re la« jeunesse dorée » della il.emocrazia romana. Una sera eravamo tutti 11nel nostro stanzino verde, e non eravi che un estraneo -- un uomo bruno dai grossi baffi neri, che mangiava avida· mente ed insaziabilmente. Noi non badavamo affatto a lui, quando d'un tratto rimbombò una fortif!sima detonazione e ci sentimmo colpiti come da una ondata di caldo. Sobbalzammo e voltandoci vedemmo lo sconosciuto ancora seduto al proprio tavolo, ma senza la testa,! conciati lui e il soffitto al disopra rli lui, in modo spaventevole. Si era suicidato con un pistolone da .fondina che teneva tra le ginocchia. Era un ex ufficiale di cavalleria. Per tre o quattro sere lo stanzino verde del Caffè d'Italia rimase chiuso per le riparazioni. Ma la nos;tra c·omitiva aveva altre corde aJ proprio arco. Uno dei nostri ritrovi serali era anche la fiaschetteria Toscana in via della Mer0ede. Bei lo· C'ali, spaziosi, allegri, frequent::i,ti di preferenza da. impiegati. La penultima tappa serale o, per meglio dire, notturna, eta in Piazza Colonna al Caffè Cavour - al pianterreno del palazzo Ferraioli, nei locali dell'antko caffr. di Piazza Colonna che con la liberazione aveva preso il nome del grande statista. Quivi, verso le ventitre, come oggi. si dice, il convegno 'era al completo. Patriarca ò.el gruppo più affollato cr::i, il marchese Orazio Antinori, il nobile patriota o infervorato viaggiatore afrir}ano, che fini a morire nello Scioa a Lct Mareftà. Capitava Napoleone Parhoni l'appaltatore di asfaltature e capo popolo romano, sul conto ùel quale correvano, malgrado il favore popolare, tante voci contraddittor·ic, e che, non molti anni sono, in avanzata età, fini tragicamente per una inverosimile passione amorosa. Capitava Giuséppe Luciani, che da candidato politico e deputato fini al bagno di Nisida come mandante nell'assa.ssinio di Raffaele Sonzo· gno. Capitava Salvatore Morelli che come propugnatore instancabile dei diritti della il.onna oggi esulterebbe vedendo le donne - ma non proprio quelle di cui pro15
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