- 292 - Tnt.t.01 tnU.o, pr.re110 con l'amore Ri cui l' assr.nin, <lcl Ho e la jnfoli('e org:aRn.1<1 i la, 11 nova frat,clla,ll zn. ln,tina in at;. 11ir.zttzio11c lrnm10 1,o] to Role1nii t,i'l,. Non tc~a ehc i ricostrnttol'i abbiano prcva- appena il cott~a.tto con la. fo1ln. è 1·ipl'eso, 1·at;o il pii:1 grande cemmlto: il sangue l' cloqne11za del D'Annunzio b1gigantid' l ta.lia,. Ree cli potenza, di 1novimcnto, <liardore. Ell,occo, impa½.iente lli attesa, il san- B la lingua acqnista una p1·ccisione di gne d'Italia. in Argonno; ecco la tra- vocaùo1i e nna, nmn.nità di inuna.gini, dizione gn.l'ibaldina risorta! E a Bcp- fp1ali fon;e mai si erano avute nc1l'o1>epiuo Ga1:iln1ldi il Poeta telegrafa: ra sua. '« Il faut n:ionter nne laisse nouvelle ìt - Ed ceco ai Dalmati in Genova: la Chanson de Garibaldi. Gloire ù, vous « Siete quasi orlo di toga ma tutta la, et ù, votro légion qui renonvelle les pro- ~oga, è ro1na,na, »-. cliges dc Villa Corsini. J'espère qu'un E ai superRtiti dei l\Ii1le: « Bevo a jour prochn,in nous partirons ensemhln voi &loriosissin1i veterani che ei riugioponr cl'n11trcs comhats. Vive l' Italie ! vanite inscgn_andoci sn questa. mcusn. ViYc la Prnince l Vivo ]a I. . iberté 1:1- come di peusie1·0 Itntivcggente e di fede tiue ! • confessata si compo~1ga, la- colrna cùE partirono insie1ne per la ln:1ittaglia della vigilia italiana. · L' esercizio f:.~.tieoso della, sua passione, la grandezza imponente doli' ora non impedirono alle vipere <limor<,lerlo 11<'ppure in qnei giorni. Si sussurrò che egli obbedisse ad un mandato politico affidatogli dalla Francia; si oso precisare la cifra del ~µo compenso. Sarò io perdonato dalla sdegnosità del 1naestro se rivelo qui qualcosa che pochissimi sanno e che più gli fa onore1 'fntto preso dalla 1nissione latina ché nessuno gli aveva affidata tranne la sua alta· coscienza italiana, il Poeta aveva nel prhno anno di guen·a trascurato i suoi interessi, interrotto i suoi lavori, affidate le sue necessità quotidiane ai cespiti normali della sua produzione anteriore. La guerra era stata per lui ancora più che per molti altri un grave disagio finanziario. Quando si trattò di ritornare in Italia per la 8f1,gra dei Mille il l)oeta era, assai più ricco di fede che <.li a veri. Egli non esitò ed inviò a. Londra (come più generoso mercato di gioielli) certi suoi s1neraldi degli Urali a lui ca1·issimi e con la somnu1 tratta dall' impegnarli, si pose in viaggio. (1) Ecco la verità umile e chia.ra contro la sozza leggenda. A Quarto il disco1·so del Poeta è ancora un po' impalud:1to e lontano dal popolo al quale parla in una ccrimoui,1 (1) Li riscattò da Veuezia nella primavera del 1917 e non furono lievi le pratiche I,>erriaverli, dovendosi ottenere dal go-lerno mglese una eccezione al divieto c1i esportazione dei gioielli. Li rivolle con sa.crifizio per non essere uel pericolo senza quelli che egli reputa suoi tu.lismalii, « (Ili smeraldi di <Jnarto ». BibliotecaGino Bianco ln·czzn, ►. E agli studenti genovesi: ~ Se è vero - co111e è vero, c01ne io giuro esser vero, che gli Ita,liaui hanno riacceso il fnoco sull'ara d' I ta.lia, prendete i tizzi con le vostre mani, scotcteli, squassateli ovunque passiate, ovunque voi andiate. E appiccate il fnoco, 111ieigiovani compagni, appiccate il fuoco pugnace! Siato gli incendiari intrepidi della grande patria! • In Genova si ferma più giorni, in· Genova la sua passione si sublima di tenerezza per questa Italia 1neravigliosamente ansiosa e i1npaziente. Ma da Roma giungono le prime yoci dcll' intrigo tra.nuito nell' on1bra, e da Roma si grida forte al Poeta che il suo posto è alla sca,lea del Ca1npidoglio. Non so quale .anhna n1en che vile possa pensare senza rispetto o com1nozione a quel che in cuore al D'Annunzio si agitò d1nante il viaggio da Genova a Roma. Gli amici videro il suo pallore, la folla gli sentì nella voce l'angoscia, i traditori udirono nella sua invettiva il 'tremito del più sa.ero f'nrorc. E quando tntti avessero dhnenticat.o quel pallore, quel tremore, quel fnl'ore, ancora li rievocano dalle fredde carte i discorsi da lui pronunziati quei giorni. Le pietre sacre cli Roma che tanto voci di dominatori as~oltarono uei secoli devono aver creduto riecheo-o-iasse 00 nel Foro la violenza oratoria dei grandi tribuui nelle giornate di salvazione della Patria e della Libertà. 'l'nglientissirna l'ironia, atroce l' invettiva; concitato l'appello, solenne ln, perorazione. Da una finestra o in un teatro, dalla piazza o dal· Campidoglio la voce del Poeta don1ina il tumulto, accende la folla, la rovescia contro i traditori, giustifica ogni violenza, pul'- cllè la volonti'~ popoh1ite e i destini delta
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