Almanacco italiano : piccola enciclopedia popolare della vita pratica - 1917

24i - non è cessn.to il periodo della nrn,ssima nostra attivjtà, ma è ancora di tutta necessità perfezionarla, intensificarla, spingerla al massimo dell'umana possibilità, per superare le difficoltà che ancora incombono e per prepararci a superare rapidamente e vittoriosamente quelle che dalla gt-ierra proseguirap.no e ancora scaturiranno. E nessuno vorrà certo venirvi meno, sia per l' interesse proprio sia per un profondo sentito dovere verso la Patria, la quale anche ora, più che mai, attende che ciascuno faccia il proprio dovere. E l' agricoltore è in prima linea ! II. - Coltivazioni e produzion.i agrarie dopo la guerra. A guerra finita, si renderà necessario fare la revisione delle nostre colture per vedere quali si potrebbero introdurre e quali intensificare. È un' indagine fatta dall'onor. prof. Poggi, segretario generale della Società degli agricoltori italiani. Egli premette però, e ben a ragione, che l'agricoltura non può svolgersi indipendentem2nte dalle condizioni in cui versa il paese, e, in altri termini, dall'ambiente economico che la circqnda, subordinato a questioni politiche finanziarie, commerciali, industriali, de~ogra:fi.che, ecc. Tale ambiente va profondamente modificandosi, nè è oggi facile prevedere quale sarà il suo assetto futuro, dopo la guerra. Occorre tuttavia evitare, quanto è possibile, delusioni ali' agricoltura, pensa il Poggi. Egli distingue due periodi. L' attuale immediato che reclama il massimo sviluppo delle coltivazioni alimentari: cereali tutti, patate, civaie; l' altro a pace fatta, che considera un· problema vastissimo, alla cui soluzione converrà anzitutto concorrere col mettere in evidenza quali siano le vecchie colture da intensificare e quali le nuove da intro- ·dutre. • Il concetto da cui bisogna partire - non possiamo a meno di convenirne tutti - è quello di produrre in casa nostra il più che si possa. Il frumento anzitutto, l'orzo da malteria di cui eravamo tril>utarii all' Austria, le civaie in genere: le piante tuberifere tra cui le patate da fecoleria, il che potrebbe dare . impulso alla industria della fecola: le piante industriali e specialmente le oleifere: .le piante tessili, le piante zuccherine, quelle tintorie, quelle aromatiche, b1u11vlcluè:t ~Il h..1 u,è:tfll.;O il tabacco, il giaggiolo: tutte ie piante da profu1neria, niedicinali, officinali, succedanee da caffè, ecc. Sono queste le coltivazioni delle quali il prof. Poggi mette in evidenza la convenienza di una più larga e intensa coltivazione a guerra finita. Però ritiep.e debbasi pure ·chiede1·e ed ottenere condizioni doganali, di trasporto e .fiscali onde sopravvivano e sorgano le vere industTie rurali, quali · zuccherifici, fecolerie, distillerie di profumi, cicoria da caffè, conserva di .pomodoro, fabbrica di pasta di legno, ecc. Bisogna industì'ializzare bene le nostre produzioni, conchiude l' on. Poggi., organizzare il coinmercio, fissare i tipi, e dare la garanzia di genuinità. Un' Italia pi-çt. grande e povera, sarebbe un controsenso : sia grande e ricca mercè una savia, razionale, intensa agricoltura! III. - L'industria zootecnica. La guerra richiede un enorme consumo di equini: la nostra disponibilità, già insufficente in tempo di pace, non poteva certamente bastare ai bisogni della guerra. Del resto, anche l' Inghilterra e la Francia, che pure hanno una produzione ippica assai fiorente, hanno dovuto ricorrerer oltre alla requisizio:q.e aH' interno,. a forti acquisti ali' estero. E così si è fatto. anche da noi. Da principio la requisizione dei cavalli provocò grandi lagnanze, specialmente dove i cavalli avevano larga parte nei lavori agrari.i ; ma poi, per gli accordi intervenuti tra il Min,istro dell'Agricoltura e quello della Guerra, la requisizione dei cavalli e muli si fece con più opportune direttive intese a salvaguardare la produzione dell' avvenire : e per i bisogni della guer~a si fecero grandi acquisti all'estero. Ora, necessita. intensificare gli allevamenti per colmare i vuoti, che, nonostante la anzid~tta mitigazione della requisizione, sono certàmente grandi. Si sta meglio quanto ai bovini. A questo riguardo ab biam·o una accurata indagine fatta dal ministro dell' agricoltura on. Raineri. Egli, risalendo al censimento del bestiame del 1908? aggiungendovi le cifr:e che si riteneva potessero rappresentare l' aumento del bestiame dall' anno in cui la statistica venne eseguita al luglio 1915, suppone la esistenza di un numero di capi bovini in Italia, allo 16

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