Almanacco italiano : piccola enciclopedia popolare della vita pratica - 1915

- 421 - il marchese Orazio; questi, che girando lo sguardo attorno a sè non avrebbe avuto che l'imbarazzo della scelta adorava la contessina Maria come un pazzo ; a lei aveva consacrato la sua giovinezza, la esuberanza del suo ingegno, gli slanci del suo cuore forte e gentile. Eppure, tutte le volte che il marchese Orazio, fremente d'amore, con la febbre nel sangue, col cuore e col cervello inebriati dalle speranze e dai sogni più smaglianti e più fascinatori, chiedeva la mano della contessina Maria, questa scoteva la testolina bella e rispondeva invariabilmente: No. E questo monosillabo crudele, che penetrava nelle carni del suo adoratò come una lama affilatissima, ricercandone le fibrille più delicate e producendo spasimi inenarrabili, ella lo pronunciava con un tremito nella voce, mentre sulle guancie si di:ffondeva un pallore di cera, e gli occhi, quei begli occhi azzurri come la pervinca, si riempivano di lagrime. C'era. da ··•giurare che lo spttsimo di quel no colpiva due cuori ad un tempo. * * * E questo era il gran segreto, l' in1penetrabile mistero della contessina l\'Iaria che aveva solleticate tante curiosità, suscitati tanti con1menti, dato vita a tanti pettegolezzi. La baronessa Mosella, cugina della contessina Maria, una vecchia lunga e stecchita come un bastone da spegnimoccoli, con certi denti lungl!i è tentennanti come i tasti d'una spinetta centenaria, aveva giurato di venirne a capo in qualsiasi modo. ·Per due mesi non eb~e requie, lavorò come un esperto e malizioso segugio della polizia. Ben. altri misteri aveva saputo penetrare ne' suoi sessant'anni di vita non tutta itnn1acolata nè èompletainente irriprovevole. Più d'una donna avea visto il proprio onore alla mercè di quella lingua viperina, la fama e la quiete di piu d'una famiglia illustre per nome, per relazioni e per nobili parentele erano state appese al debolissilno filo della discrezione di questa vecchia che aveva nel sangue tutti gl'istinti raffinatamente crudeli e felini d'un padre inquisitore. Si buccinava infatti che nell' albero genealogico dei Mosella figurasse il nome d'un celebre domenicano, il quale aveva raggiunto uno dei più alti gradi nella gerarchia ecclesiastica a furia di torturare ed arrostire dei m~scredenti L.J.11vlc;va u11 lu 01c:111vu ad majorem Dei gloria.m. Or bene anche costei aveva dovuto darsi per vinta. Un giorno il cav:~lier Piari, un vecchio gaudente buon gustaio di scandali e di storielle appetitose, a furia d' indagini e di studi era riuscito a scoprire che un antenato di Santaflora aveva sposato una giovane americana, la cui bellezza e i cui capricci avevano lasciata una traccia non ancora completamente cancellata ne' fa~ti della famiglia. Se ne dedusse che la contessina Maria aveva nelle vene qualche gocciola di sangue di quella bisavola eccentrica, figlia di qualche piantatore di canne da zucchero. Nessuna 1neraviglia quindi se la contessina Maria di Santaflora era una testolina balzana, un cervello bislacco fatto apposta per torturare senza un motivo qualsiasi il proprio simile .. Questa sentenza, che dispensava tutti gri accaniti inquisitori da ogni ulteriore ricerca, era stata universalmente accettata. Solo qualche. n1amma che aveva delle figliuole da marito trovava questo giudizio troppo mite e tropJ>O benevolo. .· - Altro che bizzarra! altro che èccentricità ! Questa era malignità e civetteria bella e buona. Se la contessina Maria non voleva saperne del marchese Orazio, padronissima e tanto peggio per lei. Ma che altneno lasciasse libero quel giovinotto e non cercasse di tenerlo -.,:retto e avvinghiato ai proprii capricci, non lo lusingasse ogni giorno più dandogli delle prove evidenti d'una simpatia che veniva poi smentita dai costanti e ingiustificati rifiuti. - Un giorno o l'altro quel povero giovanotto commetterà qualche follìa - dicev.ano in coro queste mamme esasperate - e allora di chi la colp_a? Oh se la contessina Maria fosse nostra figlia !... E quest-· ultima esclamazion"a .. voleva dire chiaramente; - Oh se a noi si presentasse un genero siffatto! ... * * * Il marchese Orazi o era un fior cli gentiluomo nel più alto e nel più ampio significato della parola. Egli era nobile e non soltanto per virtù del sno titolo e del suo blasone. Leale e generoso, forte e gentile aveva tutte le audacie e tutti gli ardimenti d'un cavaliere antico, tutte le delicatezze di sentimento d'una fanciulla. Ogni causa giusta e santa aveva nel marchese O:r;azio un paladino strenuo ed incondi_zionato.; nulla che più gli accendesse il sangue dello spettacolo

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