Almanacco italiano: piccola enciclopedia popolare della vita pratica - 1914

441 ettol. di prodotto si è dimostrata troppo bassa per conservare sterili i mosti, e occorrerà sorpassarla for.:;e di parecchio se si vuole ottener piellamente lo scopo. 11 prof. Riceiardelli fa però o5servare che l'andamento della stagione durnn· e la maturazione dell'uva e nel periodo più prossimo alla vendemmia, ha un'importanza grandissima sulla qna.ntità di anidride solforosa necessaria per sterilizzare i mosti. Per est·mpio, nella vendemmia· 1909 in Puglia e altroYe, si è constatato che anche i fi!trnli dolei fatti con tutte le norme già generalizzate e tradizionali, non sono restali aff,ttto fermi, pur ripetendo le filtrazioni e usando notevoli aggiunte di anidride solforos,t; meutre in qualche altro anno i fiìtrati stessi si mantenevano magn1tica.mente senza ricorrere a tali ripieghi. Questa o~serva.done potrà fare ragionevolmente supporre che in qualche annata non sarà necflssario andare ai 125-150 gr. di anidride solfor,)sa per ettol.; pèr quanto que-, sta dose stessa e anche una maggiore, si as-, sicu:ri sia senza inconvenienti per la futura fermentazione. cui si vorrà sottoporre il prodotto, ~n inteso sottoponendo il mosto a1la desoltitazione (scaccia-re il fumo di zolfo) p,ri-, ma di farlo fermèntaee. · - Dal complesso delle prove risulta poi, che per conserYare muti i mosti è necessario addizionare in un'unica volta, e prima della fermentazione, una fo1;te dose di anidride solforosa: la stessa quantità data ad intern1lli frazionatamente·, a mano a mano che la fermentazione accenna a svolgersi, non è sufficiente ad arrestare la fermentazione stessa. Da altre esperienze fatte allo stesso scopo dai professori Sannino e Tosatti alla R. Scuola Superiore di viticoltura ed enologia di Conegliano, si traggono queste deduzioni: I mosti solforati con 70 gr. di anid1·ide solforosa per ettol. si possono conservare tutto l'autunno e anche fino alla primavera su,icessiva se si adottano recipienti chiusi .e si limita il numero dei travasi. I mosti che si devono conservare fino a primavera avanzata, o che si devono tra,sportare in stagione un po' calda, sarà prudente solforarli di nuovo, specialmente quelli che hanno subìto un travaso. Si devono adot.tai:e re.cipienti chiusi e preferibilmente tenuti colmi, perchè con la conservazione prolungata si possono avere per-· dite sensibili di anidride solforosa. e rendere facile lo sviluppo delle,.,muffe _alla su,per:ficie del mosto, o avere unà fermentazione loèa.- lizzata alla sola superficie da principio, ohe si può diffondere in tutta la massa in seguito, coll'innalzar:;i della temperatura e coll'abituarsi del fermento sempre più all'anidride solforosa. Evitare l'uso di tàppi, spine, e recipienti di metallo per non comunicare sapore disgustoso al mosto, che intacca i metalli molto più facilmente dei mosti non solforati. Con queste interessanti esperienze si può andar meno a tentoni nella pratica di rendere muti e fermi i mosti. La concimazione deII•oiivo secondo la potatura. Ormai non dovrebbe esservi più alcun olivi-eoltore che non fosse ancora ben persuaso della. necessità di una razionale potatura dell'olivo come una delle principali cond-izioni della produttività costante annuale. l\la la potatura non basta: occorre anche la concimazione. . Osservando bene queste due condizioni, è possibile ottenere la prudttzione annua costante e non saltuaria ogni 2 o 3 o più anni, come ancora si ha· in molte plaghe oleifere. Ma la coneimazione deve essere appropriata, coordinata alla ,potatura; altrimenti è facile produrre nella pianta squilibri assai pregrudizievoli per la fruttificazione. La ragione ce la dà chiara il prof. Franeolini, ed è questa: 1nell' ann.o in cui si fa la potatura, se si dànno all' olivo concimi organ ci ricchi di azoto (cotne il letame, caprino o pecorino, o il sovescio), la pianta, alla quale è stata amputata parte d.ella chioma., non potrebbe smaltire i succhi assorbiti dalle radici in quantità rilevante. d..tto lo stimolo della concimazione soverchiamente azotata; per conseguenza si avrebbe uno sfogo eccessivo d'i rami e legno (succhioni), causato dalla pletoricità. Al contrario, nell'anno in cui non si fa la potatura, ma una semplice rimonda, la pianta, data la ricchezza della sua chioma, ha modo di elaborare completamente l' abbondante linfa senza che si verifichino gli inconvenienti di cui sopra. Perciò ne deriva BibliotecaGino Bianco l'opportunità di fare in questo caso la concimazione organica, mentre ci limiteremo all'uso dei soli concimi chimici nell'anno della potatura. Stando ai risultati dell'esperienza, la potatura biennale è quella che si ritiene generalmente più raccomandabile: e allora si fa la conci1:nazione in relazione allo stato in cui viene a trovarsi la pianta per effetto della potatura. ~ ell' oliveto del R. Oleificio Sperim-entale di Spoleto, e che si coltiva appunto coi criteri anzidetti, si segue questo sjstem.a: Primo anno: Potatura e concimaz"ione con kg. 1 1/ 2 di scorie Thomas per pianta, gr. 900 d1 cloruro o solfato potassico; Secondo anno: Rimonda e concimazione con kg. 25 a 30 di Jetame,corretto· .còn kg. 1 di perfosfato minerale; Terzo anno: Potatura e concimazione come al primo anno; ' Quado anno: Rimonda e sovescio di fava sussidiato da. kg. 1 di perfosfato e gr. 500 di cloruro potassico. I concimi si diurno cosi: se l'oliveto è in pendìo, si scava una buca semicircolare a monte, larga quanto la proiezione della chioma, ed in questa buca si mette il letame di stalla che si ricopre accuratamente con la terra di scavo. I concimi chimici si spargono sulla rosa proiettata dalla chioma e s' interrano cou un'energica zappa.tura.

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