Almanacco italiano: piccola enciclopedia popolare della vita pratica - 1914

- 440 - . la mungitura nelle stall.e, dice, è assai difficile pre~ervare il latte dall'azione nociva delle mosche, che in questo caso rappresentano il veicolo più frequente dei germt delle malattie; per cui la distruzione di quelle. s'impone anche sotto il punto di vista della profilassi di alcune infezioni. Il potere di propagazione di. questi sudici insetti. è stL-aordinario: la femmina depone le uova in gruppi di 60-70 in meno di un quarto d'ora su materiali putridi e specialmente sul letame. Si calcola che in un anno una femmina possa avert} 26 milioni di prodotti pei quali 11ecessitano circa 10 quintali di letame per il loro nutrimento. Le larve delle mosche sono assai dannose al letame, perchè accelerano la decomposizione delle .materie medianre un liquido secreto dalle medesime: le parti facJmente. solubili e più u.tili yengono sciolte e consumate dalle lat·ve. Così anche l'agricoltura indirettamente viene ad essere danneggiata da1la JJresenza delle mosche. I mezzi di distruzione cons: glia ti sono molti. Però, avverte il dott. Romolotti, non ba-;ta la sola distruzione di questi insetti: è anche necessario impedire lo sviluppo· di u uove mosche. Soltanto con una scrupolosa pulizia d<:>llastalla, coll'assenza completa di ragnatele e. di sudiciume negli angoli, sul soffitto, ee.; solo colla lontananza d~l letame ed altre materie putrescibili, si ptrò impedire. fa deposizione delle uova e quindi la nascita di nuovi e numerosi insetti. Anche una imbiancatura alle pareti col latte di calne, oltre che abbellire la stalla., la preserva daUe mosche . .Pure un'accurata ventilazione faYorisce 1a fuoruscita delle mosche dal1a stalla. Fra le diverse miscele moschicide che hanno Jo scopo di richiamare ed impigliare le mosehe, sono ritenute efficaci queste: Si fa una pasta molle con pepe in polvere e so] uzione di zuc-chero e si distende su carta da filtro; al momento di usarla si bagna con acqua, pòi si versa su un piatto che verrà porta~o nella stalla dove le mosche si tro vano in maggior quantità. Più 1·azionale è la miscela ::1ttacoaticcia consigliata d;-1,IDietrich, ehe si prepara così: colofonia parti 2, olio di rape 1; dopo di aver fusa la miscela a fuoco, si aggiunge una parte di trementina densa, e si continua ad agitare finchè la massa è raffreddata. In ultimo si aggiunge un paio di cuc.·hiai di miele. La miscela così ottenuta si spalma su dei giornali i quali poi si fiss.ano sulle colonne o sulle pareti della St{l,lla. Sono poi consigliate parecchie miscele da spargere sulla pelle degli animali; per lo più sono a base di sostanze grasse o di catrame, o di essenze profumate. Trattandosi particolarmente di vacche da latte, temo. che sotto il grande potere assorbente del latte per gli odori, esso abbia a rimanerne inquinato. Perciò raengo prudente attenersi ai mezzi di lotta che mirano ad allontana1 1e le mosche dalle stalle senza ricorrere a quelli che possono comunicare sapori od odori estranei al latte. . ' 11 fumo di zolfo per tener fermi i mosti. Per il commercio dei mosti da trasportarsi a grandi distanze e per un nuovo in~irizzo che si vorrebbe da.re alla industria del vino, nel senso di non essere più costretti a convertire il mosto in vino, nel solo breve· periodo della vendemmia, l'impiego del fumo di zolfo per tener fermi i mosti, va a~sumendo sempre più grande importanza. E perciò necessario stabilire bene l'azione del fumo dello zolfo per tale scopo. Il prof. Ricciardelli ba fatto, alla R. Cantina sperimentale di Barletta, delle in ~tressanti esperienze dirette appunto a stabilire la quantità di fumo di zolfo (anidride solforosa) occorren~e per tener fermi i mosti, o, come si vuol dir~, per conservare i mosti. È superfluo riferire i dettagli delle esperienze; per noi basta conoscere i risultati finali. Sono: volendo conservare il solo mosto di pigiatura, c:oè quello relativamente meno ricco di fermenti, la dose di 50 ~r. di anidride solforosa per ettolitro (occorrono circa 100 grammi di metabisolfito per ettolitro) basta appena a tener fermo il prodotto per 9 giorni sia in botticelle sia in damigiane, e le dosi inferiori servono per un periodo ancnr minol'e. Pei mosti nei quali s'è mescolato il torchi,ato, ma non le bucce, la dose g.i 50 gr. di anidride solforosa basta solo per 7 giorni, sia in botti che in damigiane; e per la vendemmia completa (mosto e bucce) la dose di 50 gr. di anidride solforosa tiene fermo il prodotto appena un giorno. BibliotecaGino Bianco Pei mosti bianchi appena prodotti, trattati con 50 gr. di anidride solforosa per ettolitro, e conservati in botticelle nelle ordinarie cantine di elaborazione, la dose stessa di anidride solforosa basta a conservare muti i mosti solo 13 gi'orr.i; le dosi di 25 e di 35 gr. di anidride solforosa bastano rispettivamente per giorni 4 e 5; conservando lo stesso mosto con le stesse dosi di anidride solforosa nello stesso ambiente ma in damigiane anzichè in botticelle, il mosto resta muto per 14 giorni con 25 gr. di an'dri•ie solfoi·osa, per 24 giorni con 35 gr. d1 anidride solforosa, e per 27 giorni con 50 gr. di anidride solforosa. Lo stesso prodotto in cantine più fresche accenna a fermentare dopo 28 giorni con 25 gr. di anidride solforosa e dopo 31 giorni con 35 e ·con 60 gr. di anidride solforosa. A parte la dose -di anidride solforosa che anche a 50 gr. per etto!. è risultata insufficiente a tener fermi i mosti, parrebbe cli.e per la cunservazione dei mosti allo stato muto si prestino molto m~glio i recipienti in vetro, anz~cbè quelli in legno, che, per quanto. accuratamente lavati,. possono presentare sempre nella rugosità delle loro pareti dei nascondogli per i fermenti, i quali inattivi per un pezzo, finiscono poi poco a poco per provocare il movimento fermentativo. Tutto sommato, la dose massima sperimentata di 50 gr. di anidride solforosa. per

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