Alfabeta - anno X - n. 114 - dicembre 1988

Alfabeta 114 4. mai m'ero accorto che avessi bisogno di truccarmi per godere il diritto di sedere fra voi non ho per questo usato belletti che ingentilissero l'aspetto pensavo che attivi fossero i conti o almeno in pareggio perché m'illudevo di non aver contratto debiti cosi ho dormito su meriti che non possedevo e che riflettendo io stesso avrei potuto dimostrare inesistenti visto che irrisori si ritengono quelli attribuitimi da un amico o due se non si consolidano in utili accertati e non ne godo capisco m'imputate una mancanza che considero mio vanto mostrarmi come sono o come mi fingo d'essere per non imbrogliare le carte mentre chi per incensarmi m'aggiunge orpelli in realtà m'uccide sarà minima ma c'è piu vita in me che nelle lodi un groviglio inestricabile certo come dire che l'aspetto in vetrina non si fa maschera del precedente vorrei si sottrarmi all'insania sterile di mostrarmi nudo e credermi autentico per largire amore ed essere amato se gelida non fosse la parola un gioco severo della menzogna del resto l'amicizia che ho per gli altri è tale che piu pena potrà dare a loro il mio dolore almeno credo che a chi l'esprime tanto che dovremmo tentare di confortarci a vicenda ma in uno specchio d'acqua solo tua è l'immagine a cui tendi le braccia l'unica che perché ti rispondesse vorresti al tuo fianco muta imprendibile in frammenti minuti si dissolve ad ogni minimo increspare d'onda e vieni meno come se morissi non udivi la voce senza corpo farsi eco d'amore al tuo lamento Prove d'artista .. 5. un mare di rettili le parole si perdono cosi tutti i compagni ma non è l'infuriare delle raffiche sulla tua tolda il momento peggiore difenderti devi e devi scartare sorge improvviso e si scatena intorno tutto aggrovigliandoti l'uragano come compatto spessore di notte che di voci misteriose t'opprime finché in uno schianto lacerante si dissolve e nel plumbeo cimitero disseminato di memorie inerti che galleggiano fra echi di tuono suggelli la tua muta solitudine perché sai che non sarà piu possibile dire la stessa cosa in altro modo se muore credimi quella è perduta t'affascinano ma mentono i miti non vivrà il sasso gettato alle spalle la strada che hai davanti si percorre senza il conforto al fianco dei ricordi senza che tu sappia dove conduce e i compagni devi di volta in volta trovarli inventarteli fra i possibili ma alla prima critica fra le mani ti moriranno come fiori acerbi se il vomere passando li recide ed altri altri ancora dovrai coglierne riempie d'arsura il morbo d'arrivare e bevendo l'aggravi finché il sangue scorre a fiotti ogni meta è provvisoria e appena raggiunta va abbandonata per un'altra che la prima occultava tutto come all'inizio si rimette in gioco e le soluzioni ottenute servono al piu per essere negate l'ambiguo impallidire della sera cancella affievolendoli i ricordi svaniscono i tuoi compagni e t'illudi di riconoscerne l'appresa immagine nelle luci tremule della notte ma queste hanno seme diverso e troppe ne nascondono alle spalle enigmatiche forse li ho consumati prosciugandone tutta la linfa ed ora sottoterra giacciono polvere e ossa i compagni inservibili stracci da buttare cosi ammutolito ti disperi né il livido chiarore dell'aurora potrà restituirli sono altri che sorgono significano altro 6. giorno e notte per pane la parola un filtro perché si scordi il ritorno e soltanto il presente abbia valore un filtro perché più non si ricordi dove sia l'aurora dove il tramonto già di belva avevo il corpo e la voce ma resa mansueta per strisciare come un cane ai suoi piedi 'non temere' mi blandivi 'un giuramento mi lega stendiamoci perché uniti d'amore ci si possa l'un dell'altro fidare' sedevo muto mangiandomi il cuore 'nudo mi vuoi per rendermi impotente' 'nessuno è piu vile di chi non osa' penetrai in lei per carpirle il senno 7. venga quel che venga lunga è la notte che non trova il giorno ma non raggiungere la morte non vivrai piu alla sua ombra benché corresse a perdifiato e fosse all'anelito estremo per pietà mentre lei già moriva lentamente mori 'no fatti forza andiamo ancora ora ora amore mio muori ora e morirò anch'io' ma ciò che hai non puoi evitarlo anche se qualcos'altro desidera in cuore parte di te mura di pietra non fanno prigione né sbarre di ferro gabbia v'è chi per candore le considera un eremo guardi un bambino e puoi pensare a un vecchio imprigiona fra le tue la sua mano e lascia che deliri il labirinto non ha uno schema e i suoi sentieri portano senza che tu intervenga fuori rotta ma una stasi fra gli opposti ti soffoca non ne è rimasta una fra le ipotesi che cullavi da poter praticare ogni direzione mostra il suo doppio che serve eccitarsi 'all'assalto avanti troppo troppo tardi è per ritirarsi'? qual è il nemico? guàrdati sei tu sotto la visiera quello è il tuo viso imprigionato in una condizione di stallo puoi mutarti in mille aspetti in fuoco in belva in acqua che via scorre ma nessun inganno vale a fuggire sulla distesa immobile del mare la tua zattera perduti i compagni ristagna e se mai dovesse levarsi un alito di vento in sua balia non puoi intendere dove conduce per quanto si distendano i tentacoli non trovano che te stesso e non v'è chi possa riconoscerti i parenti gli amici lei che piu di tutti ami né tu potresti loro i luoghi il tetto la maschera si è impressa nel tuo volto e nel loro gli occhi cosi ogni cosa la scoprono diversa sconosciuta e se un merito conta è lo stupore ma come il bandolo del tuo groviglio l'origine ti è vietato conoscere e neg~to il ritorno in mano ad altri è l'isola in cui sei nato e non sai dove mai sia possibile scovarla forse di là dall'orizzonte no la patria è un mito credi non esiste pagina 37

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